sabato 9 luglio 2016

Il Socialismo del XXI secolo: un saggio edito dal Circolo Proudhon. Articolo di Luca Bagatin

In Europa le notizie sull'America Latina sono scarse o spesso distorte e ad uso e consumo del mainstream.
Nell'Europa del trionfo del capitalismo assoluto, sostenuto tanto da destra che da sinistra, è quasi impensabile parlare, senza pregiudizi, del Socialismo del XXI secolo, termine coniato dal sociologo tedesco Heinz Dieterich per caratterizzare la corrente politica e sociale che ha fatto rinascere, negli ultimi quindici anni, Paesi che vanno dal Venezuela all'Uruguay, passando per Bolivia, Argentina, Brasile ed Ecuador, senza dimenticare il Nigaragua sandinista.
Ebbene, è benvenuto un saggio come quello dei giovani Luca Lezzi (classe 1989) ed Andrea Muratore (classe 1994), edito dalle edizioni Circolo Proudhon e dal titolo emblematico: “Il socialismo del XXI secolo. Le rivoluzioni populiste in Sudamerica”.
Sebbene lo stile tradisca un po' la giovane età degli autori, il saggio è un compendio che colma diverse lacune nel panorama geopolitico e storico italiano, che poco sa o parla di determinate realtà.
Il saggio di Lezzi e Muratore innanzitutto offre un ampio spettro della realtà latinoamericana, presentando la realtà storica, sociale, politica ed economica di tutti gli Stati latinoamericani, focalizzando l'attenzione sui Presidenti socialisti, libertari e peronisti che hanno governato questi Stati negli ultimi sedici anni.
In secondo luogo pone, per la prima volta in Italia in un saggio divulgativo e ce ne compiacciamo, l'accento sull'aspetto positivo del termine “populista”. Termine che deriva dall'omonimo movimento politico e sociale sorto in Russia alla fine dell'800 e caratterizzatosi per porsi a tutela del contadini e dei servi della gleba.
Tale termine fu spiegato di recente nella sua accezione positiva solo dal filosofo francese Jean-Claude Michéa ed a lungo è stato denigrato tanto dagli aristocratici che dai ricchi borghesi in chiave antipopolare e lo è ancora oggi dai media e dal mainstream.
Ecco che invece, tornando alla ribalta nell'America Latina del Socialismo del XXI secolo, il populismo torna a porre al centro l'essere umano, i suoi sogni e bisogni ed ecco che Lezze e Muratori, nel loro saggio, ci parlano della “decade dorada” che si aprì con l'elezione di Hugo Chavez a Presidente del Venezuela – nel nome del Libertador Simon Bolivar – e proseguì con l'elezione di Lula e della Roussef in Brasile, dei Kirchner in Argentina, di Correa in Ecuador, di Morales in Bolivia e di Mujica e Tabaré Vazquez in Uruguay.
Una decade che ha favorito la nascita dell'ALBA, ovvero dell'Alleanza Bolivariana per le Americhe, comprendente principalmente Venezuela, Cuba, Nicaragua, Ecuador e Bolivia, vero e proprio progetto di cooperazione economica fra Paesi fratelli e sovrani.
Ma, come nasce il Socialismo del XXI secolo ? Sarebbe da chiedersi innanzitutto perché nasce. Esso nasce principalmente dalla necessità di ampi strati della popolazione di liberarsi dalla vecchia partitocrazia corrotta, dal neocolonialismo delle multinazionali straniere e dalle politiche di indebitamento propugnate dal Fondo Monetario Internazionale. Tali istanze sono recepite, in Venezuela, dal Comandante Hugo Chavez e la sua opera farà da volano agli altri Paesi vicini, con l'eccezione della Colombia, del Perù e del Paraguay ed in parte del Cile, che pur è raccontata nel saggio di Lezzi e di Muratore.
La Rivoluzione chavista sarà pertanto una Rivoluzione Bolivariana, nel nome del Libertador, la quale porterà ad una nuova Costituzione rispettosa dei diritti civili ed umani e votata a larghissima maggioranza dai cittadini; alla nazionalizzazione del settore petrolifero, i cui introiti saranno utilizzati a beneficio delle missioni sociali e della scolarizzazione e ciò porterà il Venezuela a ridurre drasticamente i morti per fame e l'analfabetismo ed alla rottura con il Fondo Monetario Internazionale. Tutte politiche che porteranno comunque a tentativi di golpe continui sostenuti dagli Stati Uniti d'America e dalle multinazionali straniere, le quali vedranno perdere il loro potere in Venezuela e sul continente Latinoamericano.
Politiche molto simili saranno adottate da Evo Morales – primo Presidente indigeno - in Bolivia, la quale vedrà crescere il suo PIL del 5% all'anno, accumulando importanti surplus fiscali e riducendo drasticamente le diseguaglianze sociali, la povertà e l'analfabetismo.
L'Ecuador guidato dall'outsider della politica, ovvero l'economista socialista cristiano Rafael Correa, a capo dell'Alianza Pais, ovvero il movimento civico e civista di ispirazione socialista da lui fondato, ha reintrodotto il concetto del “Buen Vivir”, ovvero un modello di sviluppo già in uso dalle antiche civiltà indigene, basato sul concetto del riconoscimento vitale fra uomo e natura e su un'economia fondata sulla conoscenza. Correa, infatti, ha investito moltissimo nella formazione dei cittadini ecuadoriani e su piani di sviluppo in grado di fornire totale indipentenza economica e sociale al Paese.
L'Argentina dei coniugi Kirchner, poi, sino a che hanno governato, è riuscita a liberarsi dal giogo neoliberale di Menem e De La Rua che, oltre ad aver creato diseguaglianze sociali, aveva affossato completamente il Paese.
Il kircherismo, interpretando in chiave moderna in peronismo, è così riuscito a rimettere al centro del progetto politico l'essere umano. Rinegoziando il debito con l'estero, rivalorizzando i prodotti nazionali e penalizzando le importazioni, nazionalizzando i settori chiave dell'economia estrattivista, istituendo il salario minimo, riformando il mercato del lavoro, istituendo forti tutele contro i licenziamenti arbitrari ed investendo sulla formazione scolastica. Fu così che il tasso di povertà si è ridotto e così l'analfabetismo.
Purtroppo, la divisione interna del fronte peronista e la conseguente partecipazione alle elezioni Presidenziali del candidato Sergio Massa, in contrapposizione al candidato kirchnerista Daniel Scioli, ha causato la vittoria dell'oligarca Mauricio Marci, il quale sta facendo nuovamente scivolare l'Argentina verso il suo tragico passato, cancellando ogni riforma sociale dei Kirchner e riducendo la democrazia nel Paese, esautorando di fatto il Parlamento.
Il Brasile lulista resiste, pur fra i tentativi di golpe striscianti e così l'Uruguay della felicità di José Pepe Mujica e Tabaré Vazquez, di cui abbiamo spessissimo parlato.
Purtuttavia, come il saggio di Lezzi e Muratore ravvisa, la prematura morte di Hugo Chavez ed il venir meno di leadership forti all'interno del fronte del Socialismo del XXI secolo, rischiano di far perdere all'America Latina l'occasione di proseguire nel suo riscatto ed in una possibile integrazione economica e sociale.
Il Presidente Nicolas Maduro in Venezuela non è Chevez. Come ho altre volte scritto, dovrebbe fare un passo indietro ed aprire al fronte giovane del Partito Socialista Unito del Venezuela, riscoprendo lo spirito chavista e bolivariano delle origini. Idem il Brasile. E in Argentina il fronte peronista dovrebbe ricompattarsi in nome del popolo amato da Evita e Juan Peron, oltre che dai coniugi Kirchner.
In generale, ad ogni modo, pur fra mille difficoltà e sofferenze patite dai popoli latinoamericani nella loro lunga marcia verso l'emancipazione, possiamo dire che questi hanno molto, moltissimo da insegnare a noi europei.
A noi europei che viviamo una crisi di valori e di rapporti umani. A noi europei egoisti e tronfi che ci riteniamo da sempre superiori a tutti gli altri...salvo a quegli statunitensi che, invece, avrebbero molto da imparare sia da noi che dai latinoamericani.
A noi europei che abbiamo dei partiti socialisti che, di fatto, sono capitalisti e antipopolari e che abbiamo delle destre confusioniste e neonaziste e dei liberalismi privi di ogni tipo di libertà ed apertura mentale e sociale.
Il Socialismo del XXI secolo, dunque, non è ideologia, ma essere umano e amore per l'umanità.
C'è molto, molto da approfondire e da studiare in merito e senza pregiudizi. Un saggio come quello di Luca Lezzi e di Andrea Muratore ci aiuta a saperne e a capirne certamente di più.

Luca Bagatin

2 commenti:

  1. Rispetto ad un'accezione positiva di populismo non dovremmo dimenticare Ernesto Laclau e Jacques Ranciere. Non saprei pero' dire se le loro formulazioni precedano o siano successive a quelle di Michea

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    1. Molte grazie per la segnalazione di questi due autori che non conoscevo.

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