venerdì 31 marzo 2017

"Libertà è Spiritualità": riflessioni di Luca Bagatin

Mi dicono che le religioni sono state inventate dall'uomo per darsi delle regole. Può anche darsi.
Personalmente ho sempre odiato le regole e ho sempre preferito decidere da me quando, come e se regolarmi.
Ora comprendo quindi perché ho sempre detestato le religioni e amato, invece, la spiritualità.
La spiritualità non fornisce né impone regole, ma è semplicemente una libera ricerca interiore, che permette al singolo di entrare in comunione fraterna con le forze della Natura e con tutti gli altri esseri viventi. 
(Luca Bagatin)

Produci ciò che consumi e dona agli altri ciò che hai prodotto in eccesso.
Questa una sana economia della decrescita, del dono e dell'armonia.
(Luca Bagatin)

mercoledì 29 marzo 2017

"Donna !". Poesia di Luca Bagatin

Donna !
Nuda, con una sigaretta in mano.
Un bacio carpito.
Il tuo sguardo stupito.
Il mio sguardo nel tuo.
Il tuo seno sul mio petto
villoso...
Oso.
E così taccio e bacio:
i tuoi occhi,
le tue labbra,
la tua bocca,
il tuo seno sino a scendere
e ardere
di un piacere infinito.
E rimango rapito.
E' così che inizia la nostra danza
e gira la stanza
e gira
e gira
e si accende la pira
di fuoco.
E' questo un bel gioco
d'amplessi e
vicendevoli eccessi.
Sembriamo dei ritratti di Vettriano:
siamo noi.
Noi che ci amiamo.
(Luca Bagatin)

Perché sono socialista rivoluzionario (tradotto e tratto da http://rebellion-sre.fr/pourquoi-je-suis-socialiste-revolutionnaire)

 Perché sono socialista rivoluzionario (tradotto e tratto da http://rebellion-sre.fr/pourquoi-je-suis-socialiste-revolutionnaire)

Io sono socialista rivoluzionario perché sono umano e perché mi ribello di fronte ad un sistema che ha generato un mondo inumano. 
Prima di qualsiasi discussione, prima di qualsiasi riflessione è l'umano dentro di me a dire di no. In un mondo umano esiste il peggio, ma il meglio è ancora possibile e va concessa una chance a questo possibile. Ma in un mondo disumano in cui l'uomo è soggetto alla dittatura capitalista, alienato dalla tecnologia, dove tutto è modellato, monitorato, formattato, vi è una totale schiavitù dell'essere umano rispetto a tutto ciò che è più profondo e intimo. 
In questo mondo ci vediamo costretti ad abbandonare ogni speranza, perché il suo obiettivo finale è la distruzione dell'essere umano e della sua esistenza.
Io sono socialista rivoluzionario perché il sistema capitalista è un sistema totalitario che vuole imporre la passività per meglio sottometterci. Riduce l'uomo ad una formula matematica, biologica, ad un fattore economico per meglio per consentire ad una minoranza di sfruttare la maggioranza.
Io sono socialista rivoluzionario perché sono nato in questo mondo capitalista nel quale il danaro è sovrano, dove tutto si compra e tutto si vende, ove io non sono che una merce assieme ad altre merci.
Io sono socialista rivoluzionario perché penso che l'uomo sia più di tutto questo; che vivere non significhi consumare, ma battersi contro tutte le forme di oppressione e che sia dovere di ciascuno mettere nelle proprie mani il proprio destino.


Pourquoi suis-je Socialiste Révolutionnaire ? (http://rebellion-sre.fr/pourquoi-je-suis-socialiste-revolutionnaire)

Je suis socialiste-révolutionnaire parce que je suis humain et que je me révolte contre un système qui a engendré un monde inhumain. Avant toute réflexion, avant tout jugement, c’est l’homme en moi qui dit non. Dans un monde humain existe le pire mais le meilleur est aussi possible et une chance est laissée à ce possible. Mais dans un monde inhumain où l’homme est soumis à la dictature capitaliste, aliéné à la technique, où tout est modélisé, contrôlé, formaté, il y a un total asservissement de l’humain dans ce qu’il a de plus profond et de plus intime. Dans ce monde là, il faut abandonner tout espoir car son but ultime est la destruction de l’humain et de toute vie.
Je suis socialiste-révolutionnaire parce que le système capitaliste est un système totalitaire qui veut nous imposer la passivité pour mieux nous soumettre. Il réduit l’homme à une formule mathématique, à des facteurs biologiques et économiques pour permettre à une infime minorité d’exploiter la majorité.
Je suis socialiste-révolutionnaire parce que je suis né dans ce monde capitaliste où l’argent est roi, où tout s’achète et où tout se vend, où je ne suis qu’une marchandise au milieu d’autres marchandises.
Je suis socialiste-révolutionnaire parce que je pense que l’homme est plus que cela, que vivre ce n’est pas consommer mais se battre contre toute forme d’oppression et qu’il est du devoir de chacun de reprendre son destin en main.

venerdì 24 marzo 2017

Con Lenin Moreno alla Presidenza dell'Ecuador la rivoluzione civica avanza ! Articolo di Luca Bagatin

Una visione differente del Paese e del mondo quella che si contenderà la vittoria il 2 aprile prossimo in Ecuador, fra il candidato del partito di governo Alianza Pais (Patria Altiva y Soberana, ovvero Patria Orgogliosa e Sovrana) Lenin Moreno, che ha vinto il primo turno delle presidenziali con il 39% contro il banchiere Guillermo Lasso – fautore di politiche antisociali e liberiste – che ha raccolto il 28,8%.
Lenin Moreno (il cui sito web è http://elfuturoesahora.com/) raccoglie l'eredità del suo predecessore Rafael Correa, l'economista leader della Revolucion Ciudadana, ovvero della rivoluzione civica che – come ho già scritto in numerosi altri articoli (http://amoreeliberta.blogspot.it/2015/07/la-revolucion-ciudadana-in-ecuador-ed.html - http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/07/lecuador-della-revolucion-ciudadana-una.html) - ha portato l'Ecuador, dal 2007 ad oggi, a rinegoziare il debito con l'estero; ridurre l'influenza straniera nel territorio; ridurre il tasso di povertà ed analfabetismo e far approvare una Costituzione inclusivista e pienamente democratica che ha fra l'altro riconosciuto i diritti alle coppie di fatto eterosessuali ed omosessuali e superato l'individualismo neoliberista, includendo il diritto all'istruzione pubblica e gratuita per tutti e l'attuazione del modello socio-economico del Buen Vivir, ovvero la costruzione di un'economia popolare e solidale rispettosa dell'ecosistema e dei diritti dei lavoratori.
Lenin Moreno rilancia e propone un “piano per tutta la vita”, che garantisca ogni singolo cittadino per tutta la vita: una casa per tutti, soprattutto per i più poveri; un piano di sostegno alla maternità ed al lavoro giovanile attraverso prestiti agevolati; il raddoppio delle pensioni degli anziani; un Paese libero completamente dalla povertà ed investimenti nello sviluppo umano, migliorando ad esempio qualitativamente il servizio sanitario ed i servizi pubblici in generale e costruendo nuove università di studi tecnici, oltre che permettendo a tutti di poter sviluppare al meglio le proprie intrinseche capacità.
Un programma radicalmente diverso ed opposto rispetto a quello di Lasso, il quale è in continuità con le politiche oligarchiche dell'argentino Macri che sta via via facendo piazza pulita di ogni conquista sociale ed emancipatoria attuata dal peronismo e dal kirchnerismo in questi ultimi anni in Argentina.
L'America Latina del Socialismo del XXI secolo, dunque, auspica una vittoria di Moreno, al fine di continuare una rivoluzione di ispirazione socialista, libertaria, democratica e bolivariana.
Mai come oggi è opportuno che tutti i Paesi latinoamericani ed in particolare quelli del Socialismo del XXI secolo, rilancino le loro prospettive di emancipazione umana e sociale e si uniscano fra loro in un metaforico abbraccio d'amore fraterno, per costruire un presente ed un futuro di pace e prosperità e di rinnovata sovranità nazionale.
Ed è altresì opportuno che tutti i Paesi di matrice latina, fra cui l'Italia, si uniscano anch'essi in un abbraccio di amore fraterno nei confronti dei propri parenti stretti dell'America Latina. In nome dell'autodeterminazione dei popoli e dell'emancipazione sociale degli stessi. In nome, quindi, degli ideali di Simon Bolivar e di Giuseppe Garibaldi.

Luca Bagatin


martedì 21 marzo 2017

Donne dell'Est


Nude, scalze, con una corona di fiori in testa
Siete pronte a far la festa
Al patriarcato familista 
e all'occidentale consumista.
Oppure con un bavaglio sulla bocca
e la bandiera rossa
scavate la fossa all'ignoranza crassa,
dei media che nulla sanno di voi
e mai parlan degli Eroi.

(Luca Bagatin)

giovedì 16 marzo 2017

Il populismo è politica dal basso, così come il socialismo che ne è sinonimo. Articolo di Luca Bagatin

Da tempo si sente parlare a sproposito ed in termini spregiativi - in Europa e nella sola Europa - del termine “populista”.
Il termine populista deriva semplicemente dall'omonimo movimento politico ed intellettuale russo sorto alla metà del XIX secolo a tutela e per l'emancipazione dei contadini e dei servi della gleba sulla base di un programma socialista e comunitario.
Ispiratosi al populismo russo sorgerà, sul finire dell'800, negli Stati Uniti d'America, il Populist Party, ovvero il Partito del Popolo, a rappresentanza delle classi contadine, operaie e meno abbienti, che proponeva la nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, l'elezione popolare diretta ed era in generale ostile alle élite ed al sistema bancario.
Ancora oggi, infatti, nelle Americhe, il termine populista è e rimane un termine ed un concetto positivo (pensiamo all'emancipazione sociale e civile portata avanti da Evita e Juan Domingo Peron e da Hugo Chavez, ingiustamente denigrati in Europa, senza che se ne conosca o approfondisca la vicenda umana e politica e così da José “Pepe” Mujica e dai tanti Presidenti latinoamericani di ispirazione populista democraticamente eletti in questo secolo), che solo i mezzi di comunicazione europei sembrano aver stravolto, accostandolo a fenomeni che nulla c'entrano con esso.
Ricordiamo - come peraltro già fatto in altri articoli (http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/02/la-differenza-abissale-fra-il.html) - che populisti furono i socialisti, gli anarchici ed i repubblicani dell'800 (Pierre Leroux, Michail Bakinun, Pierre-Joseph Proudhon, Karlo Marx, Friedrich Engels, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi) che daranno vita, nel 1864, alla Prima Internazionale dei Lavoratori, in quanto sostenitori di una politica di popolo ed in favore del popolo.
Oggi, a ricordarci la positività e l'esigenza di una politica populista, ovvero di una politica dal basso, intellettuali contemporanei quali il sociologo statunitense Christopher Lasch (1932 – 1994), il quale affermò in una intervista “Se proprio devo essere classificato con una etichetta, non usate le vecchie categorie, dato che non sono né di destra né di sinistra: chiamatemi populista”. Ed il prof. Lasch abbandonò il pensiero “liberal” negli Anni '70, in quanto rilevò come i programmi di emancipazione sessuale e femminile di quegli anni spostassero semplicemente l'autorità dalla famiglia ai mass-media, il cui scopo era semplicemente trasformare gli individui in consumatori. Ecco dunque la critica di Lasch alla destra ed alla sinistra, sostenitrici della crescita economica illimitata e dei consumi materiali in luogo dell'autentico senso di libertà, emancipazione e di comunità/fratellanza delle persone. La medesima critica la pongono peraltro filosofi quali Jean-Claude Michéa (di cui parlai già nei seguenti articoli http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/il-socialismo-non-e-di-sinistra-parola.htmlhttp://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/il-vicolo-cieco-delleconomia-articolo.html), il quale pone una forte critica al liberalismo, reo di aver sostanzialmente messo in vendita ogni rapporto sociale, politico e umano in nome dell'incultura del piacere, del desiderio e del consumo e proponendo, quale alternativa, una società populista e socialista che superi capitalismo e modernismo, che guardi ad un'economia basata sul dono, il senso civico e l'aiuto reciproco. Infine Alain De Benoist, il quale sostiene che il populismo supera la vecchia contrapposizione orizzontale destra-sinistra e propone una contrapposizione verticale: il popolo contro le élite, ovvero le persone ordinarie che stanno in basso, contro i privilegiati che stanno in alto.
I media europei sembrano purtroppo lasciare poco spazio a queste riflessioni e ad intellettuali di questo calibro che, ad ogni modo, hanno fotogratato, molto meglio di altri, la situazione di profonda crisi politica, umana, economica e civile nella quale oggi ci troviamo ed hanno individuato possibili alternative dal basso. Così come peraltro già fecero, in tempi non sospetti, altri due intellettuali assai poco ascoltati: Michel Clouscard (1928 – 2009) e Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975).

Luca Bagatin

venerdì 10 marzo 2017

Giuseppe Garibaldi: l'amico degli umili e dei popoli. Articolo di Luca Bagatin

La figura di Giuseppe Garibaldi (1807 - 1882) è ancora oggi poco conosciuta, in quanto poco studiata ed approfondita, specie attraverso gli scritti di coloro i quali vissero e combatterono con lui e ne descrissero le gesta. Prima fra tutti la biografa e giornalista, oltre che patriota Jessie White Mario (1832 – 1906), le cui opere dell'epoca non risultano più essere state di recente ripubblicate.
Purtroppo sulla figura di Garibaldi, salvo gli storici contemporanei Denis Mack Smith ed Aldo A. Mola, pochi sono coloro i quali hanno scritto del Generale in modo obiettivo, senza livore complottistico ed antirisorgimentale tipico di coloro i quali hanno preferito seguire certa storiografia clericale e marxista anziché la realtà storica e le gesta dell'Eroe senza macchia, che visse e morì povero, senza onori, che peraltro rifiutò.
Giuseppe Garibaldi fu fra i fondatori, con Mazzini, Marx, Engels e Bakunin, della Prima Internazionale dei Lavoratori (1864) e questo certa storiografia preferisce dimenticarlo, forse perché il Generale, lungi dall'essere marxista, fu socialista libertario, sansimoniano e umanitario. E Friedrich Engels (1820 - 1895), grande sostenitore dell'impresa dei Mille (1860), ebbe sempre per lui parole di stima, come quando, a proposito di tale azione militare, scrisse: “Garibaldi ha dimostrato di essere non soltanto un capo coraggioso, ma anche un generale dotato di una buona preparazione scientifica. L'attacco aperto a una catena di forti costieri è un'impresa che richiede non soltanto talento militare, ma anche scienza militare”.
Pochi sanno che il Generale Giuseppe Garibaldi scrisse peraltro due romanzi, ripubblicati nel 2006 dalla casa editrice Kaos, ovvero “Cantoni il volontario” e “Il governo dei preti”, entrambi pubblicati per la prima volta nel 1870, prima della Breccia di Porta Pia. Scrive in proposito il prof. Giorgio Galli nella prefazione ad uno dei romanzi di Garibaldi, ovvero “Cantoni il volontario”, riedito dalla casa editrice Kaos nel 2006: “Tra le righe di “Cantoni il volontario”, così come del “Governo dei preti”, si possono leggere i tratti del profilo di Garibaldi. Socialista libertario ingenuo ma non incolto, generale guerrigliero ma non militarista né guerrafondaio, eroe popolare vittorioso ma schivo, anticlericale eppure non insensibile alla fede e alla spiritualità. Solidale con le condizioni delle classi subalterne, rispettoso della figura e del ruolo della donna, cosmpolita e terzomondista ante litteram, perfino dotato di una sensibilità ambientalista (…)”.
Ritango che tale descrizione fatta dal prof. Galli sia davvero emblematica e riassuntiva del personaggio che fu eroe di tutte le cause – dall'America Latina all'Italia – d'emancipazione popolare e sociale. Eroe che richiese sempre precisi impegni ai suoi interlocutori e, non a caso, rifiutò di combattere a fianco dei nordisti nella Guerra Civile Americana o Guerra di Secessione Americana (1861 – 1865) in quanto Lincoln non prese mai un impegni pubblico per l'abolizione della schiavitù.
Fu amante dell'ambiente e degli animali, tanto che fondò l'Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA) tutt'oggi attivo. Fu ingenuo, certo, in quanto si fidò del Re e di Casa Savoia pur di fare l'Italia. Un'Italia che però non nacque come egli e Mazzini auspicavano: onesta, laica, indipendente, sovrana. Ma corrotta e ben presto clericale, al punto che Garibaldi – coerentemente con i suoi principi e le sue idee – il 27 settembre 1880 si dimise da deputato al Parlamento scrivendo sul giornale “La Capitale” di non voler essere “tra i legislatori di un Paese dove la libertà è calpastata e la legge non serve nella sua applicazione che a garantire la libertà ai gesuiti ed ai nemici dell'unità d'Italia. Tutt'altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa, miserabile all'interno e umiliata all'estero”.
Dopo di ciò il Generale tornò nella sua Caprera a fare il mestiere di sempre, ovvero l'agricoltore.
Garibaldi fu massone e teosofo e lo rimase per tutta la vita nel suo cuore, anche allorquando, in polemica con i massoni della sua epoca assai poco massoni, si dimise da ogni carica. Ricoprì la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia e fu il primo ad iniziare le donne in Massoneria, iniziando, pare, anche l'occultista russa Helena Petrovna Blavatsky (1831 - 1891), fondatrice della Società Teosofica e che fu sempre una sua sostenitrice, anche durante la battaglia di Mentana (1867) alla quale prese parte.
Molte cose potrebbero essere dette su Garibaldi, come sui suoi amori. Il più grande fu quello per la rivoluzionaria brasiliana Anita, ovvero per Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva (1821 - 1849), la quale combattè al suo fianco sia in America Latina che in Italia, in particolare durante la Repubblica Romana (1849), ove morì poco dopo a causa della malaria a soli 28 anni. Di Anita, ad ogni modo, parlai già in un altro articolo di qualche tempo fa (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/01/anita-garibaldi-eroina-dei-due-mondi.html).
Giuseppe Garibaldi è e rimane una figura centrale nel panorama non solo risorgimentale, ma anche degli Eroi di tutti i tempi. Giuseppe Garibaldi fu infatti prima di tutto l'amico degli uomini e dei popoli per eccellenza e, come al conte Alessandro Cagliostro, sembrò toccare la stessa sorte: amato dagli umili, vilipeso da coloro i quali erano e sono in malafede.
Ma ciò non può toccare il cuore di coloro i quali ricercano, intimamente, il bene dell'umanità e credono nel valore dell'amore e della fratellanza universale. Senza distinzioni.

Luca Bagatin

E' uscito il nuovo numero della rivista francese "Rébellion" !

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lunedì 6 marzo 2017

Jessie White Mario: eroina garibaldina d'amore e libertà.

Jessie White Mario (1832 - 1906) fu filantropa inglese e patriota che combattè al fianco del Generale Giuseppe Garibaldi e prestò il
servizio di infermiera nelle stesse.
Fu soprannominata da Giuseppe Mazzini la "Giovanna D'Arco della causa italiana".
Fu giornalista e scrittrice molto prolifica, anche relativamente ai problemi delle classi meno abbienti del Mezzogiorno.
Mi chiedo perché le sue opere, anche sulla vita e l'opera di Garibaldi, non siano più state pubblicate e diffuse.
Se così fosse ci sarebbe certamente meno ignoranza e ci sarebbe meno disinformazione (spesso di matrice neoborbonica) nei confronti dell'Eroe dei Due Mondi.
VIVA JESSIE WHITE MARIO, EROINA D'AMORE E LIBERTA' ! 

(Luca Bagatin)


Viva il populismo d'amore e libertà !

So di essere populista e quindi, mi auguro, anche popolare, per
cui personalmente privilegerei tre unici settori: ambiente, istruzione e sanità.
Quanto al lavoro privilegerei la gestione del tempo libero, pagato dai ricchi. 


(Luca Bagatin) 

giovedì 2 marzo 2017

Amo Giuseppe e Anita Garibaldi ! by Luca Bagatin

Amo Giuseppe Garibaldi per molti motivi.
Me ne vengono in mente alcuni:
- combattè ovunque senza mai chiedere nulla in cambio, salvo impegni precisi. Non combattè con i nordisti di Lincoln, come questi gli chiese, per dire, in quanto Lincoln non prese mai un impegno pubblico per l'abolizione della schiavitù;
- amava gli animali e fondò l'ENPA, tutt'ora attivo;
- mandò a quel paese i politicanti corrotti della sua epoca in Parlamento, dimettendosi da deputato e tornando a fare il contadino nella sua Caprera;
- fu sempre leale con tutti e fu sempre un idealista, vivendo e morendo povero;
- alla fine della sua vita si dimise da tutte le cariche massoniche, disgustato dai massoni - poco massoni - dell'epoca, ma rimase sempre massone nel cuore;
- fu fra i fondatori della Prima Internazionale dei Lavoratori;
- fu teosofo, come me, e credeva nel Cristo dei poveri e nella reincarnazione.

Amo Anita Garibaldi, ovvero Ana Maria de Jesus Ribeiro de Silva per altrettanti motivi.
Fu una rivoluzionaria latinoamericana, che sin da ragazza si oppose sempre alle imposizioni patriarcali. Una rivoluzionaria che combattè sempre a fianco del marito, in tutte le battaglie di emancipazione sociale ed indipendenza nazionale in America Latina e in difesa della Repubblica Romana, sino alla morte, avvenuta a soli 28 anni a causa della malaria.

Anita e Giuseppe Garibaldi rappresentano un unico cuore, una unica mente, un unico amore: quello nei confronti di tutti gli oppressi. Così come Evita e Juan Peron in Argentina.
Perché è l'amore – non l'ideologia, non l'odio – che anima tutte le grandi donne e i grandi uomini dell'Universo, in ogni epoca.

Luca Bagatin