venerdì 29 marzo 2019

Guaidó ineleggibile. Golpe in Venezuela all'ultimo atto. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Fallito il tentativo di golpe del deputato venezuelano Juan Guaidó già a fine febbraio, con il blocco dell'arrivo di armi dalla Colombia, fatte passare per “aiuti umanitari” e anche grazie al sostegno di gran parte della popolazione venezuelana e alle sue manifestazioni di massa – pur spesso censurate dai media europei - in favore del governo socialista di Maduro, legittimamente eletto nel maggio 2018, oggi Guaidó viene esautorato di tutti i suoi poteri.
Guaidó – autoproclamatosi in modo illegittimo “Presidente del Venezuela” alla fine del gennaio scorso - oggi non è più nemmeno Presidente del Parlamento. Il Presidente della Corte dei Conti del Venezuela, Elvis Amoroso, ha dichiarato infatti Guaidó ineleggibile per i prossimi 15 anni, in quanto – con la sua “autoproclamazione”, ha usurpato funzioni pubbliche e violato palesemente la Costituzione del Paese, oltre ad essere accusato di aver commesso azioni in combutta con governi stranieri. Guaidó, da quando è diventato deputato, è risultato che abbia realizzato oltre 90 viaggi all'estero - per un costo complessivo di 310 milioni di bolivares - non manzionati nella sua dichiarazione dei redditi.
Gli USA, sempre pronti a gettare benzina sul fuoco e a voler destabilizzare la sovranità del Venezuela socialista, hanno appreso con sdegno tale decisione e Trump pretende peraltro che il governo russo, che sostiene la legittimità di Maduro, ponga fine ad ogni sostegno.
La Russia, diversamente, attraverso il portavoce del governo Dmitri Peskov, ha espresso la sua estrema preoccupazione “per il fatto che diversi Paesi hanno apertamente dichiarato la loro intenzione di immischiarsi negli affari del Venezuela, non consentendo a questa nazione sovrana di superare i problemi di politica interna”. Su posizioni analoghe, peraltro, anche la Repubblica Popolare Cinese, altro Paese multipolare e a sostegno della stabilità internazionale e della non ingerenza degli affari di Paesi sovrani.
La Russia ha peraltro inviato in Venezuela, nei giorni scorsi, un gruppo di specialisti informatici al fine di risolvere il problema dei blackout nel Paese ed evitare eventuali ulteriori attacchi hacker.
Già nei giorni scorsi, la Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, aveva dichiarato su Facebook, rivolgendosi al consigliere per la sicurezza nazionale USA John Bolton: "Vorrei ricordare a John Bolton che, se un grande Paese occidentale smettesse di tormentare il popolo del Venezuela con le sanzioni e il secondo Paese orientale insieme ad un certo numero di istituti bancari internazionali sbloccassero i miliardi di dollari venezuelani nei loro conti, allora i venezuelani potrebbero acquistare medicine e cibo senza l'aiuto della Buona Washington”.
La situazione, in Venezuela, risulta dunque ancora piuttosto tesa. Ad ogni modo il governo socialista rimane in carica e – già nel febbraio scorso - si era detto disposto ad indire elezioni parlamentari per il rinnovo dell'Assemblea nazionale, ma, certamente, non nuove elezioni presidenziali, in quanto queste si sono tenute nel maggio scorso. Elezioni presidenziali peraltro anticipate di sette mesi rispetto alla scadenza naturale, come peraltro richiesto espressamente dall'opposizione, il cui partito principale – quello di Guaidó, composto da partiti di destra e sinistra di matrice liberal-capitalista – non aveva però voluto presentare un proprio candidato. E quindi ora non può certo pretendere di lamentarsi o di accusare Maduro di essere un “dittatore”.

Luca Bagatin

Alcune recensioni di videogame a cura di Luca Bagatin: "Legendary Eleven", "Dawn of Man", "Soviet Republic". Tratte da "Alganews"

“LEGENDARY ELEVEN”: TUTTO IL CALCIO DEGLI ANNI ’70 COME NON LO AVETE MAI VISTO

Quale è stato il periodo d'oro del calcio ?
Molto probabilmente gli Anni '70 o giù di lì. Ancora il business non era entrato nello spirito calcistico e quello sport era ancora, fondamentalmente, una vera passione.
E' questo il periodo rappresentato dal nuovo videogame per pc - “Legendary Eleven: Epic Football” - sviluppato e editato da Eclipse Games (https://www.eclipse-games.net), che permette proprio di rivivere il calcio degli Anni '70.
In “Legendary Eleven”, che è tradotto totalmente in italiano, il giocatore può scegliere una delle 36 squadre disponibili e affrontare il Campionato Mondiale, oppure decidere di conquistare la Coppa d'Africa, quella d'Asia, quella America, oppure di affrontare gli Europei.
La particolarità è che, rivivendo un'epoca “epica”, appunto, sono presenti squadre oggi scomparse, come ad esempio l'Unione Sovietica o la Jugoslavia, peraltro con caratteristiche tecniche davvero invidiabili e in linea con le squadre dell'epoca. Eh sì, perché ogni squadra presenta giocatori con caratteristiche differenti, sia per abilità che per resistenza e per velocità. E' chiaro che le squadre decisamente più forti sono sempre il Brasile e la nostra cara Italia, ma non è escluso che l'abilità del giocatore non possa permettere anche all'apparentemente scarso Marocco di aggiudicarsi il titolo mondiale !
Le caratteristiche grafiche di “Legendary Eleven” sono l'aspetto più simpatico, in quanto lo stile è molto “cartoon” e umoristico. I giocatori, come quelli dell'epoca, sono magrissimi e hanno capigliature spesso enormi e bizzarre, nonché baffi e barbe tipiche degli Anni '70. La presentazione iniziale delle squadre, poi, è davvero spettacolare e molto colorata.
Certo, un purista dei videogame per pc potrebbe avere di che obiettare, ma lo stile unico del gioco lo rende davvero godibile, fluido e divertente.
Dopo aver preso dimestichezza con le dinamiche di gioco, potremmo cimentarci nel rubare la palla all'avversario, tentare delle scivolate evitando che l'arbitro ci fischi il fallo, oppure mantenere il possesso della palla e tentate un “Super tiro”. Eh sì, perché il gioco permette, una volta che siamo vicini alla porta avversaria e saremo riusciti a dribblare tutti i nostri avversari, di effettuare un tiro strabiliante e spettacolare che, si spera, potrà permetterci di segnare un goal !
Prima di ogni partita, inoltre, avremo la possibilità di decidere la formazione della nostra squadra, i giocatori da mettere in campo e persino utilizzare delle speciali figurine scambiabili che ci permetteranno di potenziare alcuni aspetti del nostro gioco, quali ad esempio l'abilità dei centrocampisti, dei difensori, avere un arbitro “compiacente” nei confronti della nostra squadra e molte altre. Le figurine sono sbloccabili mano a mano che, nel gioco, riusciremo ad avanzare, segnando goal e vincendo partite su partite.
“Legendary Eleven” è sicuramente un videogame del calcio un po' “sopra le righe” il cui scopo è, essenzialmente, divertire, oltre che affrontare i nostri avversari, volendo anche online.
Nel gioco sono presenti inoltre delle “partite leggendarie” tratte dalla Storia del calcio - dagli Anni '70 sino agli Anni '90 - quali ad esempio la famosa Italia-Brasile del 1982, che permetteranno al giocatore di confermare, oppure di ribaltare la Storia.
Nel menu di gioco è presente anche un editor che permette di modificare sia le caratteristiche della squadra in termini di abilità, che le caratteristiche fisiche dei giocatori in termini di altezza ecc...
“Legendary Eleven” è un videogame che sicuramente ha poco a che vedere con le caratteristiche sia tecniche che grafiche della celebre serie di videogame per pc e PS4 “FIFA”, ma, ad ogni modo, sia per ambientazione che per grafica innovativa, riesce comunque ad essere un ottimo titolo e a divertire tutti gli appassionati dei pc game stile arcade, nonostante qualche “difetto” tecnico, come ad esempio l'impossibilità del portiere di poter uscire dalla sua area di gioco.
Per poterlo giocare occorre sicuramente un controller XBOX o simili (è davvero poco stimolante e difficoltoso usare la sola tastiera del pc) e un computer di fascia media, con un sistema operativo da Windows 7 in su, una memoria RAM di 4 gb e uno spazio su disco di 700 mb.
Chiunque volesse giocarci può acquistarlo e scaricarlo, su Steam, al seguente link: https://store.steampowered.com/app/839300/Legendary_Eleven_Epic_Football/

Luca Bagatin

CON “DAWN OF MAN” SI RIVIVE LA PREISTORIA  

Immaginate di trovarvi all'Alba dei Tempi. Immersi nella natura più selvaggia, fra arbusti, montagne, praterie sconfinate. Immaginate di essere sprovvisti di tutto, tranne che di miseri indumenti che vi coprono appena...e solo di qualche utensile, ricavato da voi stessi con la grezza pietra.
Vi trovate nel Paleolitico oppure...state giocando a “Dawn of Man”, il nuovissimo gestionale per pc sviluppato e edito dalla spagnola Madruga Works (www.madrugaworks.com) !
Un gestionale che riesce a simulare perfettamente e con una grafica davvero ottima, senza richiedere per forza un pc ultra performante, la vita degli uomini primitivi e del loro habitat naturale.
Inizierete con una manciata di donne e uomini, i quali dovranno imparare ad accendere un fuoco, a pescare e a cacciare, per potersi sfamare. Successivamente dovranno imparare a costruirsi una tenda rudimentale, utilizzando le pelli degli animali cacciati e raccogliendo rami, utili sia per il fuoco che per costruire le strutture delle capanne. Via via che le vostre conoscenze aumenteranno, vi saranno assegnati dei punteggi che vi permetteranno così di sbloccare nuove tecnologie, le quali a loro volta vi permetteranno di accedere a nuove abilità e conoscenze. Ad esempio alla realizzazione di nuovi utensili per la caccia, oppure per alla raccolta della frutta, oppure per mietere il grano una volta acquisita la conoscenza dell'agricoltura. E così avanti, arrivando a poter costruire archi e frecce, per difendersi sia dai predoni che per cacciare bisonti, caprioli, mufloni e così via, le cui pelli – lasciate ad essiccare al sole – saranno necessarie alla produzione di indumenti in cuoio per la vostra tribù, che dovrà proteggersi dal freddo inverno.
La tribù, se provvista di cibo e di organizzazione, potrà crescere, sia in quanto nuovi abitanti si uniranno a voi, sia perché le coppie avranno generato nuovi figli che, a loro volta, crescendo, potranno incrementare il lavoro della comunità primitiva.
“Dawn of Man” è un simulatore/gestionale storico davvero accurato e complesso, che potrebbe essere utilizzato, volendo, anche come strumento didattico per insegnare ai bambini ed ai ragazzi la Preistoria ed il cammino dell'essere umano lungo le successive ere: dall'Età della Pietra sino all'Età del Ferro. Che è esattamente il periodo di tempo rappresentato nel gioco.
Lo scopo del giocatore è infatti far progredire la sua tribù nel corso delle Ere, attraverso nuove conoscenze e scoperte, affrontando l'alternarsi delle stagioni, superando le avversità, gli attacchi di animali selvatici e dei predoni. Commerciando con altre tribù, ovvero barattando i propri prodotti con quelli di altre.
“Dawn of Man” presenta un ottimo tutorial introduttivo, indispensabile per apprendere i rudimenti del gioco. Non tutto è spiegato in esso, ma, ad ogni modo, ben presto sarete in grado di provvedere alle necessità della vostra tribù, guidandola verso le successive evoluzioni.
Interessante la possibilità, per ogni componente della tribù, per ogni animale (ve ne sono moltissimi: dal bisonte antico al muflone, dal lupo alla capra passando per gli asini, le tigri e così via) e per ogni albero ed elemento naturale, è possibile utilizzare una speciale telecamerina in modo da poterli osservare da vicino e godere meglio dell'azione, oppure semplicemente per immergersi in modo ancor più realistico in un'epoca storica a noi lontanissima.
Mano a mano che progredirete nel gioco di base, accumulando punti su punti, sbloccherete nuovi scenari, che ad esempio vi permetteranno di guidare una mandria di Mammut nella loro lunga marcia per la sopravvivenza, oppure uno scenario in cui dovrete costruire nuovi templi in onore alla Natura, o, ancora, lottare per la sopravvivenza – con le vostre armi in ferro – contro altri guerrieri antichi.
“Dawn of Man” è certamente un gestionale destinato a sorprendere, sia per l'originalità dell'ambientazione, sia per la cura nei dettagli storici e tecnologici.
Il gioco si presenta tradotto in molte lingue, ma non ufficialmente in italiano. Non temete però. Un appassionato ha ben pensato di tradurlo completamente nella nostra lingua e di rilasciare una mod gratuita, totalmente legale e auto-installabile, semplicemente accedendo al seguente link e cliccando su “sottoscrivi”: https://steamcommunity.com/sharedfiles/filedetails/?id=1657889673
Per poter essere giocato, “Dawn of Man”, richiede un sistema operativo da Windows 7 in su, un processore da 2Ghz, una memoria minima di 4 gb di RAM e 2 gb di spazio su disco.
Chiunque volesse tornare indietro nella Storia e guidare la sua tribù di uomini primitivi, può acquistare il gioco tramite Steam al seguente link: https://store.steampowered.com/app/858810/Dawn_of_Man/

Luca Bagatin

CON IL NUOVO CITY BUILDER “SOVIET REPUBLIC” COSTRUISCI IL COMUNISMO

Siamo in piena epoca sovietica, agli inizi degli Anni '60.
Ci troviamo nell'Europa orientale, alla guida di una Repubblica Socialista Sovietica e a gestirne ogni aspetto logistico ed economico. L'economia è pianificata e noi dobbiamo fare in modo che le necessità dei nostri cittadini siano soddisfatte, che abbiano un'abitazione dignitosa, un'istruzione adeguata, una sanità efficiente, del cibo, un lavoro che li soddisfi e che questo, a sua volta, contribuisca al buon funzionamento dell'economia e della Repubblica stessa.
Questa la filosofia e l'impostazione di fondo del nuovo city builder sviluppato da Peter Adamcik per la software house slovacca 3Division (www.3division.net) dall'emblematico titolo “Workers & Resources: Soviet Republic”.
Gioco molto atteso da tutti gli appassionati - “Workers & Resources: Soviet Republic” - si presenta come un prodotto di alta ingegneria e si vede che il lavoro di sviluppo è stato certosino e accurato. Profondamente curato sotto il profilo storico, stilistico e grafico, il gioco riesce perfettamente a simulare la costruzione di immense città sovietiche – con edifici e veicoli del tutto uguali a quelli dell'epoca sovietica - all'interno della nostra Repubblica virtuale, peraltro estesissima se si pensa che si tratta comunque di un videogame per pc di costruzione.
Il giocatore ha la possibilità di gestire e costruire tutto quanto serve ad una città ed ai suoi abitanti:
  • infrastrutture: strade, ferrovie, marciapiedi, nastri trasportatori, cablaggi e condutture, oltre che il sistema elettrico e di illuminazione di abitazioni e delle strade medesime (bellissimo l'alternarsi fra il giorno e la notte, con la possibilità di vedere le città da noi costruite illuminarsi);
  • costruzione di complessi abitativi che possano accogliere gli abitanti provenienti o dai Paesi del blocco sovietico, oppure da Paesi del Terzo Mondo (saremo noi a scegliere chi accogliere nelle città); costruzione di asili, scuole, università, istituti di ricerca e formazione, ospedali, caserme dei pompieri;
  • costruzione di complessi industriali con stazioni di carico e scarico merci, magazzini, depositi, fabbriche e campi agricoli;
  • costruzione di servizi per il tempo libero dei cittadini, quali cinema, campi da gioco, taverne e negozi;
  • gestione del sistema dei trasporti pubblici e dei veicoli agricoli, industriali, ferroviari, ambulanze, camion dei pompieri, autobus. Tutti veicoli originali dell'epoca sovietica e di tutti i Paesi del blocco socialista. E' possibile infatti che il giocatore acquisti veicoli sia provenienti dall'URSS, come da altri Paesi quali la Cecoslovacchia, la Romania, la Polonia, la DDR, l'Ungheria o la Bulgaria e, ciascun veicolo, ha caratteristiche estetiche e tecniche sue proprie;
  • edificazione di statue commemorative in memoria di Lenin e di simboli del comunismo – nello stile del Realismo Socialista – per abbellire la città e per motivare i cittadini alla causa comune.
Il giocatore ha altresì la possibilità di inviare i lavoratori nei campi al fine di coltivarli, oppure nelle fabbriche per produrre beni manifatturieri (abiti, articoli elettronici...), oppure del cibo (carne, bevande...), oppure ancora inviarli nelle miniere al fine di ottenere carbone, ferro e altre risorse.
Altro aspetto da tener presente è quello strettamente economico, con la possibilità e spesso necessità di vendere e acquistare risorse e merci dai Paesi del blocco socialista o da quello occidentale, al fine di ottenere danaro (dollari o rubli) necessario a sua volta ad acquistare prodotti o risorse di cui la Repubblica necessita, oppure utili alla costruzione di nuove infrastrutture e/o edifici.
“Workers & Resources: Soviet Republic” presenta diversi livelli di gioco, dal più facile al più difficile, compresa la modalità “sandbox”, ovvero la possibilità di avere danari e risorse illimitate, avendo così la possibilità di costruire ciò che si vuole senza alcun limite.
Avendolo personalmente testato posso dire che il gioco è tutt'altro che semplice. Occorre pianificare accuratamente ogni scelta di costruzione e ogni nostra scelta deve avere una sua logica, altrimenti rischiamo di sperperare risorse inutilmente e di costruire una città del tutto inefficiente e, così facendo, i nostri abitanti ben presto vorranno abbandonarla.
Questo è l'aspetto davvero realistico del gioco. Occorre porsi quindi degli obiettivi minimi di volta in volta. Prima provvedere all'agricoltura e all'allevamento, dalla quale deriva il cibo primario e, successivamente, provvedere alla costruzione del comparto industriale, facendo sempre attenzione all'urbanistica, in modo da permettere ai lavoratori – i quali possono spostarsi unicamente con autobus o treni pubblici – di raggiungere il proprio posto di lavoro.
Le fabbriche sono molteplici e tutte realmente esistenti in epoca sovietica. Il gioco inizia, come dicevamo all'inizio, negli Anni '60 e prosegue sino agli Anni '90 e oltre.
Altro aspetto da tenere sotto controllo è quello economico, in quanto i prezzi delle risorse sul mercato globale cambiano nel tempo e il prezzo di ogni cosa è collegato al costo del lavoro e delle risorse e, man mano che ciò si modifica anche le esigenze dei cittadini si modificano e ci sarà sempre maggiore necessità di risorse al fine di soddisfare le loro esigenze.
“Workers & Resources: Soviet Republic” è dunque un city builder storico-politico originale e realistico, con anche un comparto musicale di tutto rispetto e che richiama, anch'esso, lo stile sovietico ed il Realismo Socialista.
Infine, altro aspetto sicuramente importante, è il fatto che – a differenza di molti giochi del genere, realizzati anche da software house più conosciute – è interamente tradotto in italiano.
Per poterlo giocare è necessario però un pc abbastanza “corazzato” e potente. Consiglierei un pc fisso, per quanto sia giocabile anche su notebook adatti al gaming, ma a basse impostazioni di gioco. E' richiesto un sistema operativo da Windows 7 in su, un processore 2,5 GHz Dual Core, 8 gb ram di memoria e uno spazio su disco di 5 gb.
Chiunque volesse acquistarlo può farlo direttamente sul portale di Steam al seguente link: https://store.steampowered.com/app/784150/Workers__Resources_Soviet_Republic/

Ho avuto la possibilità di porre alcune domande allo sviluppatore del gioco, Peter Adamcik, in modo da saperne qualcosa in più.

Luca Bagatin: Come è nata l'idea di realizzare un city builder d'epoca sovietica ?
Peter Adamcik: Nella mia infanzia ho giocato a una grande quantità di vecchi videogiochi gestionali e di costruzione, come Transport Tycoon o SimCity. Ho sempre sognato di costruire anche la città e le fabbriche in Transport Tycoon e ho anche sognato di costruire case prefabbricate in SimCity, in modo che la città assomigliasse alla città in cui vivo. Più tardi ho scoperto che c'era molto interesse da parte dei giocatori nell'ambito dell'architettura sovietica o socialista e l'esistenza di molte mod per i giochi attuali. Quindi ho avuto l'idea di realizzare un gioco sul socialismo, dove tutto fosse pianificato, tutto fosse controllato dai giocatori, in modo da controllare tutto: settore manifatturiero, produzione, cittadini, trasporti, ecc., Ottimo per le meccaniche di gioco e anche per il tema interessante !

Luca Bagatin: Quanto tempo ci avete messo a realizzarlo ?
Peter Adamcik: Circa due anni, fino ad ora. Ma il motore è ancora costruito su misura ed è stato preso da progetti precedenti, ma solo da due anni.

Luca Bagatin: Sono previsti dei nuovi contenuti scaricabili, oppure il gioco è completo così ?
Peter Adamcik: Il gioco è lontano dall'essere terminato, nel senso che ha ancora moltissime potenzialità e abbiamo previsto altri due anni di sviluppo. La versione che pubblichiamo ora è solo Early Access, ovvero è un “accesso anticipato”. Sono sicuro che ci saranno contenuti scaricabili, molto probabilmente, ma è difficile da dire, dipende da molti fattori.

Luca Bagatin

martedì 26 marzo 2019

L'Argentina ricorda. E Cristina Kirchner attacca Macri. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Il 24 marzo si è tenuta una grande manifestazione in Argentina, organizzata da movimenti sociali, sindacali e politici, a 43 anni dal colpo di stato militare antiperonista sotenuto dagli USA e che destituì dal governo la Presidentessa Isabel Martinez de Peron - seconda moglie del compianto Presidente Juan Domingo Peron - dando il via a una nuova stagione di dittature militari antiperoniste, guidate dal generale Jorge Videla. Dittature che termineranno solamente alla fine di ottobre del 1983.
Il 24 marzo, per l'Argentina, è il "Giorno della memoria" delle vittime delle dittature militari, ovvero dei tanti "desaparecidos" accusati di essere peronisti o comunque oppositori al regime di Videla, e pertanto arrestati, torturati e uccisi senza che le autorità avvertissero miniamente di tutto ciò le famiglie dell'avvenuto arresto o che fossero forniti dei capi di imputazione chiari.
In questo giorno è intervenuta anche l'ex Presidentessa peronista Cristina Fernández de Kirchner, strenua oppositrice dell'attuale governo in carica, quello del liberale Mauricio Macri, il quale - oltre ad aver attuato, in questi anni, politiche fortemente antisociali e aver nuovamente indebitato l'Argentina con il Fondo Monetario Internazionale - giunse finanche a negare l'esistenza di trentamila desaparecidos (si pensi che la Corte Suprema argentina, i cui membri sono di nomina governativa, arrivò, nel 2017, a ridurre le pene per i detenuti militari per crimini contro l'umantà).
L'ex Presidentessa Kirchner ha paragonato - attraverso Twitter - il piano economico del 25 marzo 1976 con quello del governo attuale ed ha affermato che, come a quel tempo, anche oggi vi è una persecuzione degli oppositori politici. Un piano economico che - ha affermato la Kirchner - ha distrutto l'industria nazionale e aumentato la povertà.
In Argentina si voterà il 27 ottobre prossimo e Cristina Kirchner, alla guida della sua lista peronista Unidad Ciudadana, ha tutte le intenzioni di tornare in campo e battere Macri.

Luca Bagatin

Russia. Contro la legge sul controllo di internet manifestano 15.000 persone. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Lo scorso 10 marzo 15.000 persone hanno manifestato a Masca per protestare contro la legge sulla "sovranità digitale" approvata in prima lettura alla Duma nel febbraio scorso. Tale legge prevede - se passasse definitivamente - l'obbligo, per le compagnie di telecomunicazione russe, di far passare il traffico dati internet unicamente attraverso router approvati dal Ministero delle Telecomunicazioni.
Secondo il governo russo, tale norma sarebbe funzionale a ridurre la dipendenza informatica dagli USA e rafforzare la sicurezza digitale.
Gli oppositori di tale legge, diversamente, ritengono che essa - se dovesse passare, in seconda lettura, nei prossimi giorni - sia utile al governo per controllare e censurare i movimenti di opposizione attraverso la rete, in quanto tale legge prevede peraltro che i cosiddetti VPN (Virtual Private Network), utilizzati da molti per navigare in modo anonimo, siano resi inefficaci.
Ad opporsi maggiormente a tale legge sono in particolare coloro i quali hanno partecipato massivamente alla manifestazione del 10 marzo, ovvero i libertari di Mikhail Svetov e il partito nazionalbolscevico "Altra Russia", fondato dallo scrittore Eduard Limonov e che ha fra i suoi sostenitori giovani e giovanissimi, fra cui la pasionaria Olga Shalina che, nell'autunno scorso, rischiò ben cinque anni di carcere per aver protestato, presso una mostra ove erano esposte attrezzature militari e di polizia, contro le torture nelle carceri russe, tagliandosi - provocatoriamente - le vene del braccio sinistro.
Già nel maggio 2018 il governo russo annunciò la chiusura del servizio di messaggistica Telegram, ma, grazie alle proteste di oltre 7000 persone, tale decisione fu revocata.

Luca Bagatin

Venti anni fa l'aggressione NATO alla Jugoslavia. I comunisti commemorano le vittime. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Sono passati esattamente vent'anni dall'aggressione NATO alla Jugoslavia, ennesima destabilizzazione di un Paese laico e socialista da parte dell'atlantismo, fomentando prima gli odi etnico-religiosi e successivamente bombardando direttamente quello Stato, ormai martoriato dalle guerre civili precedenti.
Anziché tentare di risolvere la questione, gli USA, all'epoca guidati dal "democratico" Clinton, hanno soffiato sul fuoco. E così hanno fatto tutti quei Paesi europei ad essi alleati, compresa l'Italia guidata allora da Massimo D'Alema, la Gran Bretagna guidata da Blair, la Germania di Schroder. Ovvero Paesi guidati dalla sinistra capitalista e "liberal", da sempre la più avversa al socialismo autentico.
La Jugoslavia, con il suo socialismo autogestionario, era un Paese "non allineato" e, oltre ad aver manenuto sempre ottime relazioni con tutti, si era sempre posto al di fuori delle contese USA-URSS e, proprio per questo, aveva retto meglio di altri al crollo dell'Unione Sovietica.
La morte del Maresciallo Tito e la mancanza di un successore, le successive contese etniche, la rinascita di movimenti neofascisti e i tentativi di destabilizzazione da parte atlantica, non fecero che far scoppiare una serie di guerre fratricide.
Le forze euro-atlantiche, alimentando tali scontri, erano riuscite a sottrarre alla Jugoslavia la Slovenia, la Croazia, la Bosnia e la Macedonia. Sopravvivevano, sovrane, unicamente Serbia e Montenegro, unite nella Repubblica Federale di Jugoslavia. Fu così che la NATO decise di attaccarla militarmente, senza alcuna autorizzazzione dell'ONU, violando impunemente il diritto internazionale.
Il resto è una storia di morte e distruzione. Una storia successivamente rivista, nel 2011, anche nella Libia laica e socialista di Gheddafi, altro Paese "non allineato" e sempre in prima linea contro ogni fondamentalismo tribale e religioso.
A rendere omaggio alle vittime di tale triste evento, a Belgrado, il 24 marzo scorso presso il monumento "Fuoco Eterno" - nel ventesimo anniversario dell'aggressione militare NATO alla Repubblica Federale di Jugoslavia - si sono riuniti cittadini comuni, oltre che 30 delegazioni di partiti comunisti e operai del mondo. Le delegazioni del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), la Lega della Gioventù Comunista di Jugoslavia (SKOJ), la delegazione del Consiglio Mondiale della Pace (WPC) e quella del Comitato greco per la Distensione e la Pace (EEDYE), hanno peraltro deposto una corona di fiori commemorativa.
Con tale iniziativa i partecipanti hanno voluto così ricordare e condannare quella vergognosa aggressione militare, che ha causato oltre 3000 vittime civili, fra cui centinaia di bambini.
Una aggressione volta a distruggere ogni traccia di socialismo in quei luoghi, successivamente passati sotto le bandiere della NATO e governati da tempo da partiti di destra o estrema destra di stampo liberal-conservatore, graditi all'europeismo in salsa atlantica.
Il NKPJ e la SKOJ, rappresentanti il nuovo corso dei comunisti di Jugoslavia, hanno - nell'ambito di tale commemorazione - chiesto che la Serbia abbandoni ogni relazione con la NATO, che le sue truppe abbandonino il territorio del Kosovo e che siano incriminati tutti i partecipanti e i governanti che hanno partecipato e avallato quella sanguinosa aggressione militare di venti anni fa, di quel tragico 24 marzo 1999.

Luca Bagatin

lunedì 25 marzo 2019

Superare il diritto d'autore. Superare ogni sfruttamento economico. Per un'economia del dono. Breve riflessione di Luca Bagatin

L'abolizione del diritto d'autore può essere la base di una economia fondata sulla diffusione della cultura e sul dono.
Una economia fondata sullo scambio reciproco e sul dono - tanto cara ad antropologi quali Marcel Mauss - è l'esatto opposto rispetto allo sfruttamento del lavoro, tipico di una società capitalista, che antepone l'interesse economico rispetto all'opera realizzata dall'essere umano la quale, libera da ogni vincolo economico, è necessaria all'evoluzione della comunità intera. Comunità che è il nucleo principale dell'umanità tutta e che per evolvere in armonia necessiterebbe di cooperazione e di autogestione e non già di competizione, antagonismo, sfruttamento.
L'abolizione del diritto d'autore libera, nella fattispecie, l'opera dell'ingegno da ogni vincolo economicistico e la restituisce alla sua funzione artistica più pura, donandola alla comunità intera, la quale può trarne spirituale e morale beneficio.
Così come un lavoro autogestito e non salariato, ovvero nel quale il lavoratore è proprietario stesso del suo lavoro, in una società fondata sull'economia del dono, potrebbe essere funzionale all'elevazione del lavoratore stesso e della comunità nella quale vive. 

Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it

domenica 24 marzo 2019

Più formazione, meno informazione. Più libertà di pensiero, meno manipolazione mediatica

"Le persone stanno vivendo l'impatto aggressivo, spesso apertamente distruttivo, dei mass media monopolizzati dal grande capitale. Sono attaccati dalla cultura di massa di base con il suo culto della violenza e della dissolutezza. Sotto l'apparenza di "libera circolazione di idee e informazioni", viene attuata una politica di imperialismo informatico e culturale.
La manipolazione delle menti e dei sentimenti delle persone, i loro interessi e bisogni, l'unificazione forzata del mondo spirituale al livello più basso e primitivo, trasformano l'umanità come comunità di individui in una massa sconsiderata e sottomessa"

(Gennady Zjuganov)

"La rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neolaico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane"

(Pier Paolo Pasolini)

giovedì 21 marzo 2019

"Il Collegio" uno dei programmi (finalmente formativi) più riusciti della tv. Articolo di Luca Bagatin

“Il Collegio” è ed è stato, forse, uno dei programmi più riusciti della televisione degli ultimi anni.
E' un docu-reality – la cui voce narrante è quella dell'ottimo Giancarlo Magalli - che però scardina ogni regola del reality-show classico. Non prevede eliminazioni né da casa né fra i partecipanti; non prevede quindi televoti; non alimenta il gossip; non ha nulla di volgare o di trash.
Avente per protagonisti 18 ragazzi fra i 14 e i 17 anni, degli insegnanti, dei sorveglianti e un Preside, è la trasposizione televisiva – in tutto e per tutto (dalla location - il Collegio San Carlo di Celana, frazione di Caprino Bergamasco – sino agli abiti dei partecipanti) - di un collegio degli Anni '60.
E' un esperimento per molti versi formativo, sociale, sociologico e culturale, se vogliamo, che mette a confronto due epoche. La nostra e quella degli anni, forse, fra i migliori del '900. Ove le regole a scuola erano ferree, ma i rapporti sociali non erano ancora inquinati dalla mediaticità televisiva, dal web, dall'informazione di massa.
E' un docu-reality nel quale i ragazzi di oggi vengono guidati nello studio delle materie scolastiche con i metodi applicati quasi sessant'anni fa. E ciò è stato possibile grazie ad un corpo docente preparato ed allo stesso tempo calatosi nello spirito dell'epoca. Pensiamo ad esempio all'ottimo insegnante di italiano Andrea Maggi, che nella vita è anche un romanziere; alla professoressa di materie scientifiche Maria Rosa Petolicchio e al professore di Storia e geografia Luca Raina (ideatore, nella vita, di “App per Prof”, una vetrina su YouTube per insegnanti utile agli stessi per apprendere l'uso delle applicazioni digitali). Nonché alla fermezza di un Preside interpretato da Paolo Bosisio, noto regista e sceneggiatore teatrale italiano, che nel programma riesce ad incarnare un'autorità assoluta, temuta e rispettata. Severo, serio, ma giusto e talvolta comprensivo, trovandosi a dirimere le questioni sollevate spesso dalle bravate e dall'irrequietezza dei ragazzi.
I ragazzi, i veri protagonisti, infatti, sono quelli dell'epoca in cui viviamo, non certo abituati alle regole austere del bel tempo che fu. Ma è anche questa la ventata di freschezza e spessissimo di ilarità, portata all'interno del geniale programma ideato da Elisa Tomaselli e Sofia Capra, per la regia di Fabrizio Deplano.
Fra i protagonisti di quest'anno, la cui ultima puntata è andata in onda su Rai Due il 12 marzo scorso, ottenendo una media di share del 10%, ricordiamo i nomi delle ragazze e dei ragazzi: Beatrice Cossu, Riccardo Tosi, Esteban Frigerio, William Carrozzo, Youssef Komahia, Gabriele De Chiara, Elia Gumiero, Alice Carbotti, Giulia Mannucci, Jennifer Poni, Nicole Rossi, Alice De Bortoli, Matias Caviglia, Luca Cobelli, le gemelle Cora e Marilù Fazzini, Michael Gambuzza, Evan Nestola, Ginevra Pirola e Noemi Ortona.
Quest'ultima, peraltro una delle più studiose e diligenti, ho avuto la possibilità di intervistarla.
Noemi è una sedicenne di Milano, frequentante il Liceo Scientifico. Fa peraltro parte del movimento giovanile ebraico Hashomer Hatzair, che coniuga i valori dell'ebraismo con quelli del socialismo.

Luca Bagatin: Innanzitutto mi piacerebbe sapere che cosa ti ha portato a partecipare al casting de “Il Collegio 3” e che cosa ti ha lasciato questa esperienza.
Noemi Ortona: Mia sorella guardava la prima stagione e mi ha praticamente costretta a guardarla con lei. Dopo un po’ mi ha “preso” e ho deciso di mandare l’iscrizione per il provino della seconda edizione. Non mi avevano chiamata, ma mi hanno chiamata l’anno dopo per fare il provino per la terza stagione e così ho preso l’occasione al volo. Quest’esperienza mi ha insegnato tanto, ma la cosa principale che mi rimane sono le amicizie che si sono create là dentro.

Luca Bagatin: Pensi che una esperienza come quella de “Il Collegio” possa essere utile e formativa per le ragazze e i ragazzi della tua generazione ?
Noemi Ortona: Sì, ne sono convinta. Purtroppo è un'esperienza che solo pochi hanno la possibilità di vivere. Io sono crescita molto là dentro e sarebbe bello se più persone avessero questa possibilità.

Luca Bagatin: Cosa ne pensi delle persone della tua generazione ? In che cosa, secondo te, si differenziano rispetto alle generazioni precedenti ?
Noemi Ortona: Tutte le generazioni sono diverse. La mia generazione si differenzia soprattutto perché siamo tutti cresciuti in un mondo in cui c’era già internet, il telefono e i social network. Quindi il nostro modo di vivere e di vedere la realtà è diverso dalle altre generazioni.

Luca Bagatin: Ho letto che fai parte del movimento giovanile ebraico Hashomer Hatzair, forse non molto conosciuto in Italia, ma presente anche con un suo interessante sito web, che coniuga i valori dell'ebraismo con quelli del socialismo. E' molto interessante che una ragazza della tua età si interessi di aspetti che hanno a che vedere con il sociale e lo spirituale.
Noemi Ortona: Il movimento Hashomer Hatzair è un movimento ebraico e io essendo ebrea lo frequento da quando sono piccola. Per semplificare è un po’ come gli scout.

Luca Bagatin: Cosa vorresti fare “da grande” ? Quali sono i tuoi progetti presenti e futuri ?
Noemi Ortona: Il mio sogno è quello di diventare un'attrice. Studio infatti recitazione, ma non voglio lanciarmi nel vuoto senza avere delle certezze e quindi, in parallelo, vorrei completare i miei studi e laurearmi in ingegneria.

Luca Bagatin

martedì 19 marzo 2019

Mario Bergamo: il repubblicano mazziniano che elaborò la teoria nazionalcomunista. Articolo di Luca Bagatin

Quella del repubblicano mazziniano trevigiano Mario Bergamo (1892 – 1963) è, per molti versi, una storia dimenticata. Volutamente o meno.
Vicino alle posizioni del Partito Repubblicano Italiano, fonderà, nel 1912, a Bologna – a soli venti anni – l'Alleanza Universitaria Repubblicana. A Bologna si laureerà in legge nel 1914 e, in seguito all'attentato di Sarajevo, diventerà ardente interventista, partecipando così, volontario, alla Prima Guerra Mondiale, così come molti suoi compagni di militanza.
Nel Partito Repubblicano Italiano fu capostipite della corrente denominata “Repubblica Sociale”, la quale mirava a recuperare l'ideale autogestionario e cooperativista di Giuseppe Mazzini.
Fervido sostenitore, anche negli organi di stampa, dell'impresa di Fiume di D'Annunzio e De Ambriis, oltre che del cooperativismo, nel 1919, fonderà, assieme all'allora repubblicano Pietro Nenni ed al fratello Guido e al socialista Arpinati, il Fascio di combattimento di Bologna, abbandonandolo poco dopo nel momento in cui le idee squadriste e violente di Mussolini presero il sopravvento. Egli stesso ricevette le percosse dei fascisti ed il suo studio fu più volte devastato.
Fu eletto, nel 1924, nelle file del Partito Repubblicano Italiano e, dalle colonne de “La Voce Repubblicana”, divenne uno dei più acerrimi oppositori al fascismo mussoliniano e propose la costituzione di un partito repubblicano-socialista, in grado di raccogliere le migliori forze antifasciste.
Nel 1926, accusato dell'attentato contro Mussolini, fu costretto a fuggire, assieme a Nenni, prima a Lugano e successivamente a Parigi, contribuendo alla costituzione della Concentrazione antifascista, ponendo ad ogni modo come primo obiettivo l'abolizione della monarchia e la nascita della Repubblica.
Nel 1928 propugnò l'idea di costituire una Internazionale Repubblicana e, in quell'anno, elaborò la sua teoria sul Nazionalcomunismo, che molti punti aveva in comune sia con l'esperienza d'annunziana di Fiume che con il Nazionalbolscevismo promosso dall'ex socialdemocratico tedesco Ernst Niekisch e Karl Otto Paetel, i primi a combattere – in Germania – il nascente nazismo hitleriano e a subirne le persecuzioni.
Il Nazionalcomunismo, termine ideato dallo stesso Bergamo, non era altro che un recupero del repubblicanesimo mazziniano originario e degli ideali della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864, fuso con il nascente Bolscevismo sovietico e gli ideali patriottici. Una fusione, in sostanza, fra il nazionale e l'internazionale, che avrebbe dovuto portare alla nascita di una Repubblica Sociale.
Non sappiamo se Bergamo – che sempre si definì un “socialista mazziniano” - abbia avuto rapporti, anche epistolari, con Niekisch o avesse attinto alle sue pubblicazioni (al giornale Widerstand ad esempio), ad ogni modo, anche il Nazionalbolscevismo, negli stessi anni, voleva fondere gli ideali comunisti con quelli nazionali e patriottici, in opposizione al capitalismo, al liberalismo, all'antisemitismo dei regimi totalitari nazifascisti, proponendo un radicale rinnovamento sociale di stampo repubblicano.
Negli Anni '30, Mario Bergamo, editò la rivista “I nuovissimi annunci”, ove elaborò e diffuse le sue teorie socio-politiche e, nel 1935, a Parigi, diede alle stampe “Un italiano ribelle” (Un italien révolté), raccolta di epistole a personalità europee nelle quali egli condannava la politica coloniale fascista in Etiopia e l'ipocrisia della Società delle Nazioni.
Sul finire degli Anni '30 aderirà alla Lega dei combattenti per la pace e, allorquando i nazisti occuperanno la Francia, sarà attivo nell'aiuto ad ebrei e antifascisti.
Mussolini, comunque affascinato dai suoi ideali, gli proporrà più volte di tornare in patria, ma Bergamo sempre rifiuterà. Così come rifiuterà di partecipare alla redazione della costituzione della Repubblica Sociale Italiana nel 1943. Il suo rifiuto del fascismo e l'opposizione allo stesso furono sempre totali e intransigenti.
Mario Bergamo, peraltro, si rifiuterà di tornare in Italia anche alla fine della guerra, ritenendo che la nuova Repubblica non avesse imparato nulla dalle tristi vicende del fascismo e non rispecchiasse affatto l'idea di Repubblica popolare e socialista propugnata da Mazzini e Garibaldi.
Diverrà, successivamente, consigliere legale dell'editore socialista e garibaldino Cino Del Duca, il quale pubblicherà, nel 1965, postumo, il saggio “Nazionalcomunismo”, che raccoglierà gli ideali socialisti e repubblicani del Bergamo.
Mario Bergamo morirà a Parigi nel maggio 1963. Figura dimenticata in Italia, specie dai mazziniani, merita di essere recuperata per la fedeltà al pensiero di Giuseppe Mazzini ed alla sua intransigenza.
L'Ideale Nazionalcomunista e Nazionalbolscevico, può essere per molti versi contiguo e finanche aver ispirato il Peronismo argentino, il Sandinismo del Nicaragua, il Socialismo arabo e quello cubano. Un ideale repubblicano e laico, che mette al primo posto l'autogestione e l'autogoverno dei lavoratori e dei cittadini. Decenni dopo la morte di Mario Bergamo e quella di Niekisch, in Russia – negli Anni '90 - lo scrittore Eduard Limonov, il chitarrista Egor Letov ed il filosofo Aleksandr Dugin fonderanno il Partito NazionalBolscevico (oggi fuorilegge e denominato “Altra Russia”, guidato dal solo Limonov), che diventerà il maggior sostenitore del ritorno al socialismo in Russia e si opporrà alle politiche oligarchiche e liberali di Eltsin e Putin.
Dugin, nel suo saggio “La Quarta Teoria Politica”, definisce il nazionalbolscevismo come un “nazionalismo di sinistra”, con aspetti spirituali e non materialisti ed egli individua nei nazionalisti di sinistra odierni in particolare i movimenti politici dell'America Latina del Socialismo del XXI secolo, ove peraltro i leader sono spesso persone di origine indigena (vedi Evo Morales, Presidente della Bolivia). Di ispirazione nazionalcomunista, anche l'attuale Partito Comunista della Federazione Russa guidato da Gennady Zjuganov, maggior oppositore, in Parlamento, al governo Putin.
Il nazionalbolscevismo o nazionalcomunismo, potremmo dire, è una forma di anti-autoritarismo e di anti-totalitarismo, volto a recuperare gli ideali del primo socialismo e del primo repubblicanesimo ottocentesco, in chiave moderna, opposta al liberalismo ed al capitalismo che tutto mettono in vendita.

Luca Bagatin

domenica 17 marzo 2019

"Riflessioni autarchiche" by Luca Bagatin

Come al solito le campagne di marketing funzionano sia che se ne parli bene, sia che se ne parli male. Anzi, funzionano proprio perché se ne parla.
Se la gran parte delle persone fosse o facesse come me, ovvero le ignorasse e se ne fregasse del tutto, queste non avrebbero alcun effetto.

Non capisco perché molti si accaniscano contro chi manifesta in favore dell'ambiente.
Certo, occorre essere coerenti.
Personalmente non uso l'auto dal 2004 e ho la tessera dei mezzi pubblici dal 1993.
Trovo assurdo che si lavori in fabbrica 8 ore al giorno e che esistano un mucchio di imprese che inquinano.
Penso che ci vorrebbero più persone a pensarla così.
Penso ci vorrebbero più matti come me.
Penso che bisognerebbe avere il coraggio di mandare a fare in culo la modernità.
Non tanto criticare chi manifesta. O lanciare critiche in generale.
Occorre costruire.
Un mondo diverso.
Molto meno perverso.

L'informazione, senza formazione, è schiavitù.

Alle elezioni europee non voto dal 2004.
Da allora avrei deciso che non avrei più votato.
Non riconosco una Europa dei politici e non dei popoli fratelli.
Non riconosco leggi elettorali con sbarramento.
Non riconosco questi partiti in competizione fra loro, del tutto disinteressati dei problemi dei più deboli.

sabato 16 marzo 2019

"L'odio" di Jiddu Krishnamurti

"Nessuno ti può insegnare ad amare. Se si potesse insegnare l’amore i problemi del mondo sarebbero molto semplici, no ?... Non è facile imbattersi nell’amore. È invece facile odiare e l’odio può accomunare le persone... Ma l’amore è molto più difficile. 
Non si può imparare ad amare: quello che si può fare è osservare l’odio e metterlo gentilmente da parte. Non metterti a fare la guerra all’odio, non star lì a dire che cosa orribile è odiare gli altri. Piuttosto, invece, vedi l’odio per quello che è e lascialo cadere... La cosa importante è non lasciare che l’odio metta radici nella tua mente. Capisci ? 
La tua mente è come un terreno fertile e qualsiasi problema, solo che gli si dia tempo a sufficienza, vi metterà radici come un’erbaccia e dopo farai fatica a tirarla via. Invece, se tu non lasci al problema il tempo di metter radici, allora non sarà possibile che esso cresca e finirà, piuttosto, con l’appassire. Ma se tu incoraggi l’odio e dai all’odio il tempo di mettere radici, di crescere e di maturare, allora l’odio diventerà un enorme problema. Al contrario, se ogni volta che l’odio sorge tu lo lasci passare, troverai che la mente si fa sensibile senza diventare sentimentale. 
E perciò conoscerà l’amore".

(Jiddu Krishnamurti)

venerdì 15 marzo 2019

Riflessioni varie su clima, ambiente, influencer, modernità, sentimenti. A cura di Luca Bagatin

E’ proprio la vecchiaia che mi auguro per noi, per me e Helene. Immagino grandi librerie, comodi divani, grida di nipotini in giardino, marmellate di frutti di bosco, lunghe conversazioni sulle sdraio. Le ombre che si allungano, la morte che si avvicina piano piano. La vita è stata bella perché ci siamo amati. Forse non finirà così, ma, dipendesse solo da me, così mi piacerebbe che finisse
(Eduard Limonov) 

Un'offerta commerciale
ti può spesso fregare.
Vogliamo tutto dello Stato,
in modo da mandare a fare in culo tutto il mercato !
(Luca Bagatin)

Se il clima fosse stato una banca, già lo avrebbero salvato
(Hugo Chavez)


Secondo me chi manifesta contro la devastazione dell'ambiente è sempre ben accetto.
Non mi piacciono le strumentalizzazioni mediatiche da qualunque parte provengano.
Stiamo morendo, cazzo. E la colpa è della crescita economica e della modernità.
Il progresso ? Il peggior regresso.
Va bene, dunque, fare le lotte di piazza contro i cambiamenti climatici, ma, in concreto, o si contrasta il capitalismo e la crescita economica (e i folli politici e imprenditori che la promuovo), oppure siamo destinati a morire inquinati. 
E inquinati di fatto lo siamo già, con le nostre cattiverie e menzogne (dis)umane.

Noto come di questi tempi la bontà di una idea si misuri in "followers".
La cosa mi ricorda quando da piccoli ci si misurava le dimensioni del pene per vedere chi ce l'aveva più lungo. Una gara alla quale non ho mai voluto partecipare, vista la stupidità della cosa.
Se dovessi avere molti "seguitori" (i followers di cui sopra) inizierei a preoccuparmi. La massa segue gli sciocchi, di solito.
Il detto "pochi ma buoni" trovo sia fra i più saggi. 

Per me reazionario è chi reagisce.
Ad esempio all'avanzare della modernità che tutto distrugge e che tutto mette in vendita.
Personalmente mi sento orgogliosamente molto reazionario.

Scrivo articoli da quasi vent'anni (l'anno prossimo saranno ufficialmente venti), ma devo dire che il sistema mediatico mi disgusta (un po' come molte cose nel mondo e infatti vivo auto isolato il più possibile).
Manipolare l'informazione, creare o inseguire gli scoop, creare panico o clamore...tutte cose stupide e dannose.
Penso sia molto più utile la formazione, rispetto all'informazione.
Formare, stimolare il dibattito e la curiosità, questo è ciò che ho sempre cercato di fare con i miei articoli.
Questo è anche ciò che mi è sempre piaciuto leggere (e infatti leggo molti libri e nessun quotidiano).
Non sarò molto letto (l'approfondimento non crea consenso o casi mediatici), ma è una cosa che mi rende da sempre veramente orgoglioso (perché la massa segue gli sciocchi. L'intelligenza è di élite).

Una donna, per affascinarmi, deve prima di tutto trasmettermi tranquillità. Essendo un tipo piuttosto irrequieto (anche se potrebbe non notarsi di primo acchito), questo è per me un aspetto fondamentale.
Sono pochissime devo dire. Sarà che pretendo troppo.
A volte a trasmettermi tranquillità basta uno sguardo, oppure caratteristiche che percepisco solo io.
Le stronze non mi piacciono. Di solito ci litigo. Anche con quelle che se la tirano o sembrano perfettissime.
Mi piacciono le donne con gli occhi da buone. Spesso anche malinconici. Stravedo per le donne con gli occhi verdi, il profilo greco e i denti a coniglietto.
Ero uno che per una donna perdeva la testa, poi ho smesso e sono sceso sulla terra.
Vivo molto meglio, ma a volte mi piace ancora sognare. 

Luca Bagatin

mercoledì 13 marzo 2019

La nuova Via della Seta: una grande opportunità per l'Italia. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Sarà forse un accordo storico quello che vede l'Italia firmare un'intesa con la Repubblica Popolare Cinese, in merito al progetto sulla Via della Seta. Un accordo che, finalmente, porrà il nostro Paese in discontinuità rispetto alle politiche imposte dai diktat statunitensi ed europeisti.
Un accordo che riconosce il ruolo di prima potenza mondiale alla Cina. La Cina Popolare è infatti un Paese che, da feudale e successivamente coloniale, è riuscito a risollevare dalla povertà – grazie al socialismo con caratteristiche cinesi - 700 milioni di abitanti e ad avviare investimenti in tutto il mondo, senza sfruttare nessuno, senza destabilizzare altri popoli, senza chiedere sudditanze politico-economico-militari. Anzi, spesso risollevando le sorti di gran parte dei Paesi del Terzo Mondo, avviando importanti partnership nell'ambito di un'ottica multipolare.
Il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, relativamente a tale intesa, ha dichiarato: "Si tratta di un progetto importante di connettività infrastrutturale. Ritengo possa essere una grande opportunità per il nostro Paese". Tale accordo prevede infatti una collaborazione in ambiti quali strade, ferrovie, ponti, porti, energia e telecomunicazioni.
Non si sono fatte attendere le critiche di USA e Unione Europea che - non potendo accettare che l'Italia finalmente abbia preso una decisione nel suo sovrano interesse, avvicinandosi alla prima potenza economica del mondo - tentano di metterle i bastoni fra le ruote.
Sarebbe questa una buona occasione per fare la voce grossa con l'Unione Europea e allentare i rapporti con l'unipolarismo statunitense, visto anche che Trump minaccia il ruolo dell'Italia nella NATO, nefasta alleanza che ci ha resi sudditi militari di un Paese straniero e guerrafondaio. Purtroppo, ad ogni modo, il vicepremier Di Maio sembra rassicurare gli USA e, abbandonando le vesti del paladino della sovranità nazionale, indossa nuovamente quelle atlantiste. E così fa il suo omologo Salvini, il quale, invece, ben lontano da ogni compromesso, parla di “colonizzazione” cinese, evidentemente ignorando che la Cina - a differenza degli USA – non ha mai colonizzato nessuno, né politicamente né economicamente.
L'accordo della nuova Via della Seta, fra il Premier Conte ed il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jimping, dovrebbe ufficialmente essere siglato a fine marzo.
Chissà se l'Italia, finalmente, sceglierà di fare il suo interesse, prendendo peraltro atto del fatto che gli USA - nello scacchiere economico-politico internazionale - contano sempre meno e sono destinati a contare ancora meno e che la strada del multipolarismo pacifico, con rapporti economici e di cooperazione con tutti, avviata da decenni dalla Cina, è l'unica via pragmatica per lo sviluppo dei popoli e dei Paesi.

Luca Bagatin

martedì 12 marzo 2019

Fra bellezza, sensualità ed eleganza: intervista di Luca Bagatin alla modella spagnola Jessica Gomez

Jessica Gomez, ventinovenne spagnola di Barcellona, modella internazionale da undici anni.
Uno sguardo accattivante, sensuale e allo stesso tempo un modo di fare semplice, alla mano. Una ragazza acqua e sapone e allo stesso tempo elegante.
Ho avuto la possibilità di intervistarla, amichevolmente, ma per parlare non tanto del suo lavoro, quanto piuttosto per conoscere meglio la sua anima e la sua personalità.

Luca Bagatin: Cosa rappresentano per te la bellezza, la sensualità e l'eleganza? Te lo chiedo perché sono tre aspetti che mi hai suscitato, ma vorrei chiedertelo in senso più ampio, nel senso che sono tre aspetti che spesso mancano al mondo nel quale viviamo oggi. Aspetti che sembrano solo apparenti, ma che nella sostanza sembrano scomparire. Viviamo in un mondo dove sembra che l'odio, la volgarità e la violenza prevalgano su tutto il resto. Tu che ne pensi in merito?
Jessica Gomez: Paragonerei la bellezza a una donna intelligente, che si fa rispettare e rispetta il prossimo, che ha la testa sulle spalle. Sensualità è quell'aspetto che permette alla donna di conoscere il suo corpo, accettarlo, amarlo completamente. E' quella donna che si sente femminile e non cerca di piacere a nessuno più che a sé stessa. L'eleganza è una cosa che ci si porta dentro. Eleganti si nasce. È la classe, i valori, la forma con cui ti muovi, ti esprimi. La sicurezza in te stessa.

Luca Bagatin: Che tipo di donna sei? Cosa puoi dirci della tua personalità?
Jessica Gomez: Sono una donna con molto carattere, forte ma sensibile. Non mi vergogno di esprimere le mie emozioni davanti alle persone. Sono una persona che lotta per i suoi sogni e per ciò che vuole. Ascolto gli altri, ma mi lascio guidare dalla mia intuizione. Amo sperimentare cose nuove, conoscere persone diverse, viaggiare. Mi piace sognare, far ridere e rendere felici i miei amici. Sono molto indipendente e mi piace godere della solitudine, ma sono anche molto estroversa.

Luca Bagatin: Un giorno mi dicesti che, secondo te, le donne tendono a litigare spesso fra loro. E che tendono ad essere invidiose l'una dell'altra. Questo però fa sì che, divise fra loro, le donne siano più deboli. Come mai secondo te accade questo?
Jessica Gomez: Sì, penso che le donne dovrebbero essere unite e lottare assieme. Finiamo invece per essere rivali fra noi, molto competitive e facendoci male l'un l'altra. E' forse dovuto al fatto che siamo influenzate dall'educazione che ci fornisce questa società. Dovremmo attingere dalla nostra intelligenza e cambiare questo sistema. Sarebbe molto interessante e bello unire le nostre forze per poterlo fare. Le donne dovrebbero lottare assieme per una maggiore equità e parità.

Luca Bagatin: Tu parli molto bene l'italiano e conosci l'Italia abbastanza bene, mi dicevi tempo fa. Ti piace di più vivere in Italia o in Spagna?
Jessica Gomez: Grazie! Sono stata la prima volta in Italia due anni fa e poi ci sono tornata una volta al mese, più o meno. Sono stata spesso al nord per lavoro e spesso anche a Firenze e a Roma. Non posso parlare male di nessun luogo, perché gli italiani sono sempre incantevoli con me. Le persone sono molto amichevoli e affettuose...e il cibo...non ho parole ! Quando vado in Italia mi sento come a casa e anche meglio! Mi piacerebbe vivere in Italia e non lo escludo in un prossimo futuro.

Luca Bagatin: La fotografia è da tempo una forma d'arte. Hai mai pensato tu stessa di diventare una fotografa e quindi passare dall'altra parte dell'obiettivo?
Jessica Gomez: Non sarebbe il mio lavoro ideale, ma da due anni a volte mi capita di realizzare shooting in alberghi che mi piacciono quando viaggio o in luoghi aperti. Ad esempio quando sono stata a Milano. Ho una foto molto bella fatta in galleria Vittorio Emanuele e pochi sanno che l'ho fatta io. Di solito, quando faccio degli scatti miei non lo dico mai, perché non mi interessa avere alcun riconoscimento come fotografa. Le foto le realizzo con un Iphone e poi le sistemo con il photoshop, in modo da dare un tratto il più professionale possibile, ma sicuramente non ho alcuna voglia di acquistare attrezzature professionali per realizzare foto.

Luca Bagatin: Come ti immagini fra vent'anni?
Jessica Gomez: Buona domanda... Suppongo sposata, con alcuni figli, viaggiando - questo sempre - essendo felice, che per me è una regola fondamentale qualsiasi cosa faccia.
Lascio che la vita mi sorprenda. Ciò che essa mi porta è spesso più di quello che immagino!

Luca Bagatin

domenica 10 marzo 2019

"Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale", un saggio di Alessandro Pascale. Articolo di recensione di Luca Bagatin

I bambini bevono sempre più Coca Cola e sempre meno latte, ed il tempo dedicato all'ozio sta diventando sempre più tempo per il consumo obbligatorio”. Questa è una frase che fa pensare. E' una frase vera, che fotografa la realtà nella quale stiamo vivendo, ove la pubblicità commerciale ha invaso le nostre case, le nostre menti, il nostro tempo libero, la nostra vita e così i bisogni indotti che essa veicola e – in modo più o meno subliminale – impone a noi cittadini, che siamo ormai diventati dei meri consumatori.
Questa frase l'ha scritta il saggista uruguaiano Eduardo Galeano alcuni anni fa, all'interno di un più ampio articolo che descrive tale triste fenomeno.
Un triste fenomeno che descrive, ampliandolo, anche il saggio a cura di Alessandro Pascale, edito da La Città del Sole (www.lacittadelsole.net) dal titolo emblematico “Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale”.
Il saggio raccoglie articoli, considerazioni, analisi, inchieste volte a fotografare e conseguentemente a denunciare il sistema liberale, smascherandolo e mostrando il suo volto autoritario, al servizio unicamente del capitalismo, delle classi più ricche, di quelle sovrastrutture che – nei secoli – hanno reso schiavi i poveri e i popoli.
Come scrive il curatore nella sua ampia introduzione: “Al termine della presente opera si inizierà a dubitare di vivere in “democrazia” e di essere realmente liberi, tanto è forte il controllo diretto e indiretto esercitato nella nostra società di massa dai media e dalle ristrette élite padronali. Siamo ancora liberi di scegliere molte cose, certo, ma secondo limiti pre-determinati che in fin dei conti non si differenziano notevolmente, rimanendo sempre all'interno di una serie di strutture e sovrastrutture borghesi”.
La tesi di fondo del saggio è quella di mostrare al lettore il dominio fondato da quello che il curatore definisce “Terrore delle guerre, della disoccupazione, delle persecuzioni, delle migrazioni, dell'alienazione, della repressione”. Un “Terrore figlio di un Totalitarismo di tipo nuovo: morbido, accogliente, colorato, “liberale” per l'appunto”.
E' il mondo individualista nel quale viviamo, preda dell'ideologia del consumo e del danaro. Delle corporation che governano interi Stati; che esportano guerre; che fomentano divisioni; che destabilizzano Stati sovrani (come la ex Jugoslavia, l'Iraq, la Libia, La Siria, il Venezuela e molti altri prima ancora); che impongono ai popoli di emigrare al fine di essere sfruttati, per garantire il benessere ai popoli più ricchi del pianeta; che impongono i loro stili di vita con la pubblicità commerciale e, appunto, rendono schiavo il nostro stesso tempo libero.
Il saggio curato da Pascale espone, attraverso numerose ricerche, tutte le tecniche imperialiste usate in tal senso. Spiega ad esempio l'uso storico e strumentale del razzismo per fomentare divisioni (anche facendo leva sulle appartenenze religiose) e fomentando guerre fra poveri e ciò in voga sin dai tempi del colonialismo. Fenomeno non a caso che ha riguardato ed è stato usato fortemente dalla sinistra liberale ottocentesca e da tutto il fronte liberale in Europa e criticato già ai tempi da Karl Marx. Sin da allora i popoli (e gli eventuali morti) del “Terzo Mondo” varranno di meno rispetto a quelli del mondo “occidentale”, ovvero verranno considerati meno, sia sotto il profilo storico-culturale, che oggi dal sistema mediatico e politico occidentale.
In questo modo saranno accettate, negli anni, le famose guerre di sedicente “esportazione della democrazia”... che purtuttavia hanno destabilizzato unicamente Paesi laico-socialisti – con una propria democrazia e sovranità - e non hanno minimamente riguardato baluardi del fondamentalismo islamico quali ad esempio l'Arabia Saudita, in quanto alleati principali degli Stati Uniti d'America, patria del liberal-capitalismo.
“Il totalitarismo liberale” analizza successivamente il fenomeno del controllo dell'informazione, laddove si dimostra che l'informazione “libera” è nelle mani di un pugno di capitalisti, in regime di pressoché oligopolio, in quanto pochissime multinazionali sono, di fatto, detentrici del potere di televisioni, giornali, media , radio, web e sistemi informatici. Negli USA ad esempio si è calcolato che il 90% del consumo mediatico medio è proveniente sostanzialmente da sei multinazionali: Comcast, The Walt Disney Company, News Corporation, Time Warner, Viacom e CBS Corporation.
Non stupisce, quindi, se i grandi media, trasmettono pressoché le medesime notizie e il pensiero critico o non conforme o è ridotto all'osso oppure, semplicemente, nei grandi media non esiste e ciò non va certo meglio per l'Italia, ove ampi paragrafi del saggio sono dedicati anche alla situazione informativa e mediatica del nostro Paese.
Diviene quindi facile, per i media, secondo la tesi del saggio, manipolare le informazioni e fornire narrazioni della realtà politica, sociale e geopolitica, ad uso e consumo del “mainstream” e degli interessi dei grandi gruppi economici e di potere.
Ecco che, ad esempio, si sono giustificati interventi “umanitari” - aspetto diffusamente trattato nel saggio - laddove “si diceva” che vi erano armi di distruzione di massa. Che però poi si è scoperto che non c'erano. Ma nel frattempo persone innocenti sono morte, sono state bombardate e si sono sostituiti dei governanti legittimi con altri governanti fantoccio, spesso fondamentalisti o autoritari, ma compiacenti verso le “potenze liberatrici”.
Altra tesi sostenuta dal saggio curato da Pascale è la diffusione dell'ignoranza e la distruzione della cultura, operata attraverso la distruzione sistematica della scuola pubblica in ogni Paese occidentale, uniformatasi così al modello scolastico statunitense ove, di fatto, l'istruzione superiore è accessibile unicamente alle classi agiate, mentre la scuola pubblica cade a pezzi ed è lasciata allo stato brado. E così, come scritto nel saggio, accade che la grande maggioranza degli statunitensi creda di più – tanto per dirne una - nel diavolo che nella teoria dell'evoluzione di Darwin (sic !).
Altri aspetti diffusamente trattati da “Il totalitarismo liberale” sono poi i seguenti: la manipolazione del linguaggio economico-politico attraverso l'uso distorto di taluni termini (penso ad esempio all'uso in modo distorto e negativo del termine “populista”); l'utilizzo massiccio della pubblicità commerciale di cui abbiamo già sopra fatto menzione, assieme anche alla denuncia del fenomeno dell'obsolescenza programmata dei prodotti, uno dei sistemi più perversi usati dalle aziende per far durare meno il ciclo di vita di un prodotto e quindi obbligare le persone ad acquistarne uno nuovo; l'influenza del capitalismo nell'arte e nella cultura, laddove si racconta, nel saggio, la storia della propaganda filo statunitense e filo capitalista di non poche opere cinematografiche, letterarie ed artistiche, anche spesso attraverso l'intervento diretto della CIA, nel periodo della Guerra Fredda; il tentativo - nella Russia post-sovietica - di falsificare la storia dell'URSS dipingendola quale un regime del terrore e non il Paese nel quale si è realizzato il socialismo e si è combattuta povertà, analfabetismo e differenze di genere.
Su questo argomento poi, il curatore del saggio, essendo di formazione marxista e comunista, ha voluto ampiamente trattare il fenomeno del cosiddetto revisionismo storico – già in voga dopo la morte di Stalin in URSS e cavallo di battaglia del PCI “eurocomunista” di Berlinguer - denunciandolo quale fenomeno anticomunista e per molti versi all'origine dello sdoganamento, da parte anche del mondo ex comunista, dell'ideologia liberale e del sistema economico capitalista.
“Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale”, come spiegato dal curatore nella prefazione, inaugura la collana “Storia del Socialismo e della Lotta di Classe”, che prevede un progetto editoriale di dieci volumi, compreso il presente, volti a raccontare approfonditamente una storia per molti versi dimenticata, sicuramente utile da far conoscere anche a chi, pur non essendo o non essendo stato comunista o socialista, vuole comunque approfondire senza pregiudizi una realtà fortemente osteggiata da chi, oggi, in nome di una presunta idea di libertà (quella di consumare e di “godere” illimitatamente sulle spalle dei poveri e dei popoli), tiene in mano le redini del gioco.
Molto interessante il fatto, peraltro, che la casa editrice La Citta del Sole abbia voluto indicare nell'incipit che, essendo essa “contro la riduzione a merce dell'individuo e del prodotto del suo ingegno”, permette la riproduzione anche integrale del volume editato, in modo gratuito a patto che di ciò sia fatto comunque un uso proprio e legittimo.

Luca Bagatin

giovedì 7 marzo 2019

Monologo d'Amore e Libertà by Luca Bagatin

Ho inziato ad avere le mie idee sin da quando ero molto piccolo.
Da allora non ho mai avuto una ideologia, ma mie idee, dettate dal mio modo di sentire e osservare le cose.
Per questo non sono e non voglio essere "incasallato" da nessuna parte e, del resto, sarebbe impossibile.
Posso anche decidere di "incasellarmi" io, per un certo periodo di tempo. Ma se lo faccio, lo faccio solo per portare avanti le mie idee.
E' autoreferenzialità ? Può essere. Amo molte cose con il prefisso "auto". Tranne le automobili.
Per certe cose sono un tradizionalista e un conservatore. Non amo la modernità e il progresso. Per me vivere in un ambiente naturale, senza automobili e cemento, sarebbe l'ideale (non guido e ho avuto la fortuna di crescere - da bambino - nel verde, che purtroppo, oggi, a causa dell'insensatezza della politica e dell'economia, non esiste più).
Per altri versi sono un libertario. Se una persona ama può amare chiunque. Non mi interessa il suo sesso o il colore della sua pelle. E troverei sciocco il contrario.
Per altri versi ancora sono un socialista. Penso che tutti potremmo vivere meglio se consumassimo di meno e mettessimo le cose in comune, a beneficio della comunità. Una comunità piccola, autogestita, in dialogo costante con le altre comunità, dove chi lavora lo fa non solo per sè, ma per tutti. Dove se una persona sta male, tutti si prendono cura di lei. E lo fanno senza chiedere nulla in cambio. I rapporti di gratuità sono alla base della convivialità.
Forse sono idee banali, semplici, puerili. Può essere.
Ma la penso così. Non mi è mai interessato il giudizio, che è pregiudizio, altrui.