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venerdì 21 luglio 2023

La lezione di pace, sovranità e razionalità dei leader socialisti latinoamericani all'UE. Articolo di Luca Bagatin

Il 17 e 18 luglio si è tenuto, a Bruxelles, il summit fra UE e CELAC, ovvero la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, comprendente 33 leader latinoamericani, moltissimi dei quali di ispirazione socialista.

E proprio costoro hanno saputo dare un'autentica lezione di pace, sovranità e razionalità ai leader dell'UE, da tempo preda di irrazionalità, bellicismo, scarsa diplomazia e nessuna prospettiva di ampio respiro.

Pensiamo al Presidente di Cuba, Miguel Diaz-Canel, il quale ha affermato: “L’America Latina e i Caraibi non sono il cortile degli Stati Uniti, non sono ex colonie bisognose di consigli e non accetteremo di essere trattati come semplici fornitori di materie prime. Siamo Paesi indipendenti e sovrani con una visione comune del futuro, stiamo creando la comunità degli Stati latinoamericani e caraibici come corpo unico e rappresentativo della nostra unità. Il saccheggio coloniale e il saccheggio capitalista hanno trasformato l’Europa in un creditore e l’America Latina e i Caraibi in debitori. Siamo preoccupati per l’insistenza degli Stati occidentali nel voler sostituire l’adesione alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale con un cosiddetto ordine internazionale basato su regole che non sono state negoziate, tanto meno concordate con nessuno”.

La Vicepresidente del Venezuela, la socialista Delcy Rodriguez, ha altresì portato un messaggio di pace e cooperazione, affermando che “Il Venezuela aspira a una cooperazione genuina, che è fruttuosa per i popoli, che si aspettano qualcosa dai loro governanti, ecco perché arriviamo con grande speranza con un messaggio di pace, di armonia, che dovrebbe essere il percorso che guida i nostri Paesi”. Ed ha sottolineato come: “È doloroso vedere come i governi occidentali spendano 30 volte in guerre e istanze militari e non fanno nulla per mitigare la crisi climatica, ecco perché stiamo promuovendo il messaggio di uguaglianza e verità dei nostri popoli”.

Dello stesso avviso anche il Presidente socialista del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, il quale ha affermato che “Si sono spesi 2 miliardi di euro per finanziare questa macchina di guerra che porta solo morte, distruzione e ancora più fame” e che “Discutere di pace significa fermare la guerra. Finché si spara, non si può parlare”, ovvero che occorre “creare uno stato d’animo per cui costruiremo la pace”.

Dopo la terribile pandemia da Covid 19 (superata egregiamente, in Italia, anche grazie al contributo dei medici inviati da Cuba) e con un aumento inarrestabile delle ineguaglianze nel mondo, oltre che di crisi economiche senza precedenti, spesso anche causate da politiche economiche totalmente antiquate e fallimentari (si veda lo sconsiderato aumento dei tassi d'interesse da parte della BCE che, più che ridurre l'inflazione reale, stanno mettendo in ginocchio i cittadini), oltre che da sanzioni che danneggiano tutti quanti (in particolare i Paesi che le hanno emesse), occorre dunque rimettere la testa a posto.

Un mondo Occidentale finito nella sconsideratezza, nell'irrazionalità, che vede riemergere assurde quanto reazionarie contrapposizioni in stile Guerra Fredda, è quanto di meno auspicabile ci dovrebbe essere e proprio dall'America Latina socialista sembrano arrivarci importanti lezioni.

Un'America Latina che, a differenza dell'Europa, non ha fortunatamente mai conosciuto i totalitarismi novecenteschi, ma purtroppo è stata a lungo – dagli europei e dagli statunitensi – sfruttata. Ma ha saputo, nei secoli, influenzata dal pensiero cristiano, teosofico, massonico, garibaldino, libertario e socialista, non solo risollevarsi – in particolare dagli Anni '90 ad oggi – ma anche dare una prospettiva di autentico socialismo riformista, che è quanto andato perduto da tempo in un'UE ove destre e sinistre sono praticamente indistinte e sono unite entrambe nell'irrazionalità e nella mancanza di prospettive.

Costruire un mondo di pace, cooperazione, rispetto reciproco, senza ingerenze, fondato sul diritto internazionale, è l'unico antidoto all'irrazionalità ed è l'unico antidoto capace di portare prosperità economica, sociale e civile a ciascun popolo.

E bene ha fatto a recarsi in Cina l'ex Segretario di Stato statunitense, Henry Kissinger, che all'età di 100 anni è molto più lucido di tanti giovani politicanti d'oggi e di un Presente USA, Biden, del tutto inadatto al ruolo che ricopre.

Henry Kissinger intravide già, negli Anni '70, l'emergere della Repubblica Popolare Cinese e comprese, come comprende, la necessità di dialogo e cooperazione fra USA e Cina, anziché ricercare sciocche, infantili, anacronistiche, irrazionali contrapposizioni.

E ciò mi fa pensare al leader socialista e già Ministro degli Esteri Pietro Nenni (1891 - 1980), il quale per primo, in Europa, intravide la necessità di aprire l'Occidente a un dialogo con la Cina (e non eravamo nemmeno all'inizio degli Anni '50).

E mi sovviene anche la razionalità, il pragmatismo e il senso della cooperazione di un altro grande Ministro degli Esteri socialista, Gianni De Michelis (1940 – 2019), che ho avuto il piacere e l'onore di conoscere, nel 2004.

Figure molto diverse da personalità senza grande esperienza e senza un grande curriculum alle spalle, che purtuttavia hanno ricoperto – in questi ultimi anni - il ruolo che egregiamente ricoprirono Nenni e De Michelis.

Il mondo che conoscevamo, in Europa, sembra essere cambiato in peggio, ma, auguriamoci che sconsideratezza, ignoranza e irrazionalità, si arrestino quanto prima. Già sarebbe qualcosa.

Luca Bagatin

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mercoledì 19 luglio 2023

Riflessioni sulla Massoneria e il risveglio della coscienza. Articolo di Luca Bagatin

 

Come ricordò il Gran Maestro Giordano Gamberini (1915 – 2003), la Massoneria è un metodo. Non è una filosofia, né rappresenta alcun pensiero. Questo perché adogmatica e apolitica.

Il metodo non si insegna. Il metodo è una ricerca. E, nella fattispecie, quello massonico è un metodo atto a perfezionare sé stessi, attraverso una ricerca interiore. Un cammino fatto di simboli e allegorie capaci di risvegliare, nell'aspirante iniziato, la sua coscienza.

Chiunque parli di “filosofia della Massoneria” o di “pensiero massonico”, è fuori strada.

La Massoneria non è né “libero pensiero” materialistico-ateista, né una filosofia astratta o, peggio, un'ideologia politica.

Non è nemmeno una congrega di affaristi, come vorrebbe certa vulgata, diffusa un tempo dalle Chiese dogmatiche, da certa letteratura e da certi media alla ricerca di facile sensazionalismo o di astruso “esotismo” da dare in pasto a masse incolte.

La Massoneria non fornisce alcuna conoscenza superiore che l'essere umano non abbia già interiorizzata, attraverso le sue innumerevoli esistenze (siamo esseri immortali, in cammino da millenni, alla ricerca dell'unione con il Divino). Nessun metodo può fornire alcuna conoscenza superiore. Ogni cammino è individuale, ma il metodo massonico sarà efficace solamente se porterà l'aspirante iniziato a scavare dentro sé stesso e a ritrovare, in sé, l'unità con tutti gli altri esseri. E sarà in grado, assieme a loro, di costruire un universo affratellato, pacifico e armonico. Costruendo quella catena d'unione invisibile in grado di sprigionare la magia che unisce tutti i cuori, le menti e gli spiriti liberati dall'ego, dall'attaccamento, dal materialismo.

L'essere umano non risvegliato, nella sua ignoranza e spesso nella sua viltà, non è in grado di capire che il mondo è regolato dall'incertezza e dall'insicurezza.
Egli cerca di creare le sue sicurezze su progetti vani e fonda tutto ciò che lo circonda su sé stesso e sul suo ego. E così è destinato, in eterno, a soffrire e a illudersi, perché attaccato alla materia e vive nell'illusione che possano esistere certezze. E così nascono i conflitti, interiori ed esteriori e così nasce il malaffare (ricerca di ricchezze materiali in modo facile e illecito), la violenza, l'odio, l'incomprensione, il giudizio e il conseguente pregiudizio. L'essere umano non risvegliato (ovvero colui il quale fonda la sua esistenza sull'ego e sull'attaccamento alla materia) fa tutto ciò, anziché ricercare la propria Divinità interiore e abbandonarsi ad essa. Senza tornaconto alcuno.

Studio, ricerca interiore, superamento dell'ego, abbandono al Divino in noi. Questo l'unico metodo capace di risvegliare la coscienza e sprigionare quella magia invisibile, ma reale, tangibile, che aspetta solamente di essere usata per riportare ordine spirituale nel caos portato dalla materia.

Luca Bagatin

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lunedì 17 luglio 2023

Un incontro con Beatrice Picariello, attrice di cinema e teatro. Articolo-intervista di Luca Bagatin

Il caldo di Roma di questi giorni non ci spaventa.

Infondo è mattina.

Una calda mattina romana di questa metà luglio 2023.

Beatrice Picariello è più che puntuale. Anzi, è in anticipo, come lo sono io.

Ci sediamo al bar concordato per l'intervista, all'aperto.

Rimango colpito dai suoi occhi verdi, profondi, che sì, si vede che sono preferiti per ruoli drammatici che lei ama interpretare. Ma ha anche un bellissimo sorriso, che – le dico – potrebbe essere molto adatto a ruoli più brillanti e, volendo, comici.

Beatrice Picariello – che è originaria di Avellino, ma vive e lavora a Roma da quando aveva 19 anni - è un'attrice, ma non solo.

E' una conduttrice di eventi, una ballerina, una speaker radiofonica, un'insegnante di dizione.

Incalzato dalla curiosità, le chiedo di parlarmi di lei, di come ha mosso i primi passi nel mondo artistico.

Ho iniziato da ragazzina, a 14 anni. Ho studiato danza per sei anni e ho fatto tre anni di ginnastica artistica. Poi ho studiato recitazione a Cinecittà e frequentato numerosi workshop. Sette anni fa ho preso parte alla compagnia teatrale “La Maieutica”, fondata dalla regista e actor coach Natascia Bonacci e ho partecipato a numerosi cortometraggi, uno dei quali ha vinto anche il Festival Internazionale di Salerno. Per il resto mi occupo anche di presentazione di eventi, oltre a partecipare a sfilate di moda”.

Mi dice, fra l'altro, di essere – da un anno – diventata una speaker radiofonica, in una web radio che si chiama “Senza Filtri”. Non stento a crederlo, anzi, la sua dizione è così perfetta e la sua voce così pulita, che stavo proprio per chiederle: “Ma per caso lavori in radio?”.

In radio conduco un programma dedicato alla danza, intitolato “Tre passi”. Intervisto principalmente coreografi, ballerini e tutti coloro i quali sono legati al mondo della danza. Iniziai rispondendo a un annuncio sui social e...mi sono ritrovata a fare la conduttrice”.

Quindi – le chiedo – il tuo è un lavoro artistico a tempo pieno?

Sì, certo. Faccio praticamente casting tutti i giorni e sono seguita dal mio agente, Paolo Inglese”.

Mi accendo una sigaretta, vorrei fare una pausa perché sì, lo ammetto, sono uno di quelli che fa le interviste alla vecchia maniera. Con il taccuino e la penna. E forse questo mette anche un po' di soggezione nell'interlocutore. Per quanto Beatrice, devo ammetterlo, sia assolutamente tranquilla, serena, a suo agio. Padrona di ciò che sta dicendo e, pur nei suoi trentun anni, riconosco una maturità che ho riscontrato in poche persone della sua età. Me compreso, a trentun anni.

Iniziamo, infatti, a parlare di età e Beatrice dice una frase che voglio appuntarmi: “Ogni età ha i suoi punti di forza”. Le chiedo di spiegarsi meglio, perché ha detto una cosa interessante, specie in un'epoca e in un settore – quello dello spettacolo – in cui il passare degli anni è spesso visto come un incubo.

Più vado avanti, più passa il tempo e più sento in me maggiore consapevolezza, maggiori certezze. Più sei maturo e più hai spessore, secondo me. Ovvero hai più cose da raccontare”, mi spiega.

Passo a chiederle quali sono i ruoli, in teatro, che preferisce interpretare.

Prevalentemente recito ruoli drammatici, ma sono affascinata anche da ruoli comici, perché il genere comico, alla fine, è comunque un genere che nasconde il dramma, ma lo fa con il sorriso. L'ironia, infondo, è usata per mostrare una forma di verità, di realtà”.

Le chiedo se, per poter iniziare la carriera di attore – oggi – occorra essere giovani. Mi risponde che no, “tutti dovrebbero almeno una volta provare a recitare. Però, intendiamoci, il talento e la voglia di recitare non basta. Occorre studiare, sapersi muovere sulla scena e per farlo occorre anche avere l'umiltà di ascoltare i consigli dei registi, degli actor coach, dei compagni di scena”.

Scopro poi che Beatrice ama cimentarsi anche nella scrittura, ma per lei non è un lavoro, ma un modo per scoprire sé stessa. “Mi piace scrivere battute, dialoghi. Ho una propensione all'immagine e una grande memoria visiva. Mi piace concentrarmi su un'immagine che mi è rimasta impressa e da questa elaborare un testo. Ma non ho mai pensato di scrivere un soggetto o una mia sceneggiatura”.

Le chiedo qual è il suo attore o attrice preferita, che è poi una domanda di rito e lei mi risponde Bette Davis, perché “versatile e adatta a interpretare ruoli spesso molto diversi fra loro”.

Infine le chiedo perché, secondo lei, in un'epoca in cui sembra esserci tanta libertà, questa, infondo, sia effimera, spesso di facciata e prevalga, invece, nei social e non solo, un certo clima di censura. Glielo chiedo in particolare perché, nella Storia, l'arte e il teatro hanno spesso veicolato messaggi sociali e di libertà di pensiero, che oggi sono per molti versi andati perduti.

E' vero, oggi c'è più difficoltà a dire ciò che ci pensa, anche se nel mondo del teatro c'è chi ancora veicola messaggi sociali” - mi risponde. “Nell'epoca attuale c'è spesso una mancata comprensione di ciò che c'è fra le righe e alcuni messaggi finiscono per infastidire. Inoltre, oggi, c'è molta pigrizia a livello sociale, probabilmente perché ci troviamo tutti a vivere una vita non semplice, soprattutto a livello economico. Ci troviamo quasi tutti a dover sopravvivere, più che dedicare il nostro tempo a vivere. Dovremmo anche imparare ad essere tutti più semplici e a manifestare di più il nostro senso di umanità”.

Come darti torto, Beatrice.

Spero rimarrai sempre quella che sei. Saggia, prima di tutto. Con i piedi per terra, come dimostrano le tue parole. Penso, anzi, sono convinto che il segreto del tuo successo, nel mondo artistico, sia infatti proprio questo e spero che questa intervista, magari non canonica e riportata come se fosse un racconto, ti possa portare la fortuna che meriti.

Luca Bagatin

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venerdì 14 luglio 2023

Il limite della Rivoluzione Francese fu di essere borghese e non proletaria. Articolo di Luca Bagatin

Il 14 luglio si ricorda, in particolare in Francia, la presa della Bastiglia, ovvero l'avvio di quello che passerà alla Storia come l'inizio della Rivoluzione Francese (1789).

Lungi dall'essere una rivoluzione proletaria e di popolo, atta a portare avanti le istanze del Quarto Stato, la Rivoluzione Francese fu borghese e bottegaia e sostituì, semplicemente, una classe – quella aristocratica – con un'altra – quella borghese, appunto – alla guida dello Stato.

Molti ritennero, a torto, che quella francese fosse una “rivoluzione massonica”, solamente in quanto fu usato – nella “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino” del 1789 - il motto coniato dal conte di origine portoghese Alessandro Cagliostro, ovvero “Libertà, Uguaglianza, Fratellanza” (successivamente utilizzato – ancor oggi - dalle logge massoniche in tutto il mondo).

Cagliostro fu personalità vicina al popolo di Francia e di tutta Europa – inviso alle élite – e tentò persino di portare un rinnovamento spirituale profondo nella Massoneria dell'epoca, auspicandone una riunificazione (e aprendo le logge alle donne).

Purtuttavia il messaggio di Cagliostro fu unicamente spirituale e nulla aveva a che fare con la politica e, in particolare, egli non avrebbe mai approvato il bagno di sangue che portò con sé la Rivoluzione, che per Cagliostro doveva essere unicamente interiore e spirituale.

Da dire, peraltro, che furono molti di più i massoni finiti sulla ghigliottina, rispetto ai massoni rivoluzionari.

Portatrice di un rinnovamento che giovò molto poco al proletariato francese dell'epoca – che rimase sottomesso - la Rivoluzione Francese trovò una sua dimensione più conciliante qualche decennio dopo, con l'avvento di Napoleone il Grande, il quale riconciliò le classi popolari con quelle aristocratiche.

Fu infatti con Napoleone che furono avviate riforme sociali importanti e fu ripristinato un ordine perduto con il Terrore, imposto dai giacobini. E fu con Luigi Napoleone Bonaparte, ovvero con Napoleone III, dichiaratamente socialista sansimoniano (e già aderente alla Carboneria italiana), che furono introdotte una serie di riforme che giovarono al proletariato quali: abolizione del lavoro la domenica e i giorni festivi; creazione di crediti per gli agricoltori; creazione di società di mutuo soccorso; introduzione di ispettori del lavoro; creazione del pensionamento per i dipendenti pubblici; concessione di onoreficenze a operai e donne; istituzione di ospedali e asili per disabili; autorizzazione dei sindacati sindacati e introduzione di una legge sulle società cooperative; introduzione delle scuole primarie gratuite anche per le ragazze.

Queste solo alcune importanti riforme, che pur non bastarono al proletariato francese, il quale – cogliendo l'occasione della sconfitta della Francia contro la Prussia di Bismarck - si sollevò, nel 1871, nella prima rivoluzione proletaria e socialista della Storia, che istituì la famosa Comune di Parigi. Primo governo social-comunista al mondo.

La Comune durò poco, ma ispirò altre rivoluzioni proletarie vittoriose, come quella russa del 1905 e del 1917, che edificò il primo Stato socialista, peraltro plurinazionale, conciliando dunque popoli differenti, uniti nel socialismo e nell'emancipazione delle classi proletarie.

Da non dimenticare, ad ogni modo, altre importanti rivoluzioni che – a differenza della borghese Rivoluzione Francese – furono improntate a un carattere essenzialmente proletario e in favore di operai e contadini. Pensiamo ai moti mazziniani e garibaldini risorgimentali che, oltre all'Unità d'Italia miravano a radicali riforme sociali (non dimentichiamo infatti e peraltro che Mazzini e Garibaldi parteciparono, assieme a Marx, Engels, Bakunin e Proudhon, alla costruzione della Prima Internazionale dei Lavoratori, nel 1864, prima associazione socialista della Storia).

E pensiamo anche al movimento anarco-comunista ucraino di Nestor Makno, che promosse forme di autogestione socialista nel periodo della rivoluzione russa, purtroppo scontrandosi con Lenin e finendo per rimanerne sconfitto.

Non tutte queste rivoluzioni ebbero successo, oppure finirono non sempre in modo glorioso. Ma partirono da grandi ideali di emancipazione, che coinvolsero quel Quarto Stato che la tanto osannata Rivoluzione Francese ignorò del tutto. E questo non va dimenticato.

Ideali di emancipazione ormai sopiti, forse proprio da quei regimi liberal-liberisti descritti dallo scrittore russo Eduard Limonov nei primi Anni '90 nel suo “Le grand ospice occidental”, pubblicato in Francia da Les Belles Lettres nel 1993, ripubblicato – sempre in Francia – da Bartillat e ripubblicato di recente anche da da Bietti, con il titolo “Grande ospizio occidentale”.

Regimi che usano una forma di oppressione soft, come la pubblicità commerciale e un benessere materiale effimero. Che trattano i propri sudditi come pazienti bisognosi di cure, educazione e rieducazione (secondo i diktat del mercato e del consumo). E che, così facendo, reprimono ogni dissenso in modo molto più semplice (ed efficace) rispetto al passato.

Probabilmente aveva ragione il buon conte Alessandro Cagliostro. Occorre una rivoluzione interiore e spirituale, che apra gli occhi, ma soprattutto le menti e i cuori del nuovo Quarto Stato. Che non è affatto scomparso.

Luca Bagatin

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martedì 11 luglio 2023

Elogio della Prima Repubblica. Articolo di Luca Bagatin

 

Con la morte, a 97 anni, di Arnaldo Forlani, se ne va uno degli ultimi esponenti della Prima Repubblica.

Quella che ha garantito stabilità, prosperità e ordine al Paese e a riconoscerlo dovrebbero essere, oggi, persino coloro i quali tanto la criticarono.

Lungi dall'osannare la DC, dalla quale – da buon laico-socialista e anticlericale fin da quando ero ragazzino - mi sono sempre sentito distante, ho comunque sempre riconosciuto ai suoi grandi esponenti e in particolare al Quadripartito (DC – PSI – PSDI – PRI) e al Pentapartito (DC – PSI – PSDI – PRI – PLI), un ruolo fondamentale nel garantire all'Italia un posto importante nel mondo e una stabilità completamente perduta dagli Anni '90 in poi.

Anni '90 in poi che hanno aperto al caos. Un caos favorito da quella che Bettino Craxi definì “falsa rivoluzione di Tangentopoli” (che fu già anticipata dal falso scandalo P2 un decennio prima, che peraltro costrinse Forlani alle dimissioni da Presidente del Consiglio).

Un caos che ha favorito l'alta finanza sorosiana e liberal-capitalista; la nascita di un'Unione Europea autoreferenziale e oligarchica; il dilagare del fondamentalismo guerrafondaio e atlantista (senza la lungimiranza, moderazione e visione dei pur già atlantisti, ma non guerrafondai della Prima Repubblica); il dilagare del fondamentalismo pseudo “ecologista”; il dilagare del fondamentalismo del politicamente corretto; il dilagare del fondamentalismo di un' “onestà” più sbandierata a parole che nei fatti; la sistematica distruzione del welfare state (che tanto contribuì a costruirlo un grande socialista quale fu l'ex Ministro della Sanità Luigi Mariotti); la sistematica privatizzazione dei settori chiave e strategici dell'economia italiana (che furono costruiti e difesi da socialisti e repubblicani nella Prima Repubblica); la sistematica distruzione della scuola pubblica (arrivando a promuovere facilmente chiunque, anche e soprattutto chi non studia o chi vilipende il corpo insegnante. Mentre un tempo, chi non aveva voglia di studiare, veniva caldamente invitato a trovarsi un lavoro ed aveva successo in quello e non veniva mantenuto a vita dalla collettività); la sistematica distruzione della sanità pubblica (il che ha favorito la sanità privata, con costi insostenibili per i cittadini, spesso costretti a non curarsi); il sistematico avvento delle baby gang di cui nessun governo sembra rendersene conto (un tempo esistevano i riformatori per i minori delinquenti e la leva militare era obbligatoria e ai giovani si insegnava in primis il rispetto e il servizio alla comunità); la sistematica distruzione del ruolo dei sindacati, ormai diventati totalmente amici dei governi di turno e di un padronato spesso sfruttatore e non all'altezza di quello del passato.

Questo per evidenziare solo alcuni degli aspetti che la distruzione della classe politica della Prima Repubblica e l'avvento di forze di pseudo “anti-sistema” hanno comportato.

La pseudo-sinistra a guida PCI-PDS-DS-PD; il MSI-AN-Fratelli Meloni; la Lega di Salvini; i Cinque Stelle e i gruppetti di Renzi, Bonino e Calenda, tutti uniti dalla lotta alla Prima Repubblica, al grido di “onestà, onestà, onestà” e tutti uniti a sostenere – nemmeno un anno fa – il peggior governo della Storia, ovvero il Governo Draghi (e il già Presidente della Repubblica Francesco Cossiga ebbe a spiegare molto su chi era Draghi) - cosa hanno prodotto?

Il caos attuale. In linea peraltro con quanto accaduto in tutto il mondo liberal-capitalista occidentale, ove i socialisti autentici (come Gonzales, Papandreu e Mitterand) sono stati sostituiti da pseudo-”socialisti” (Scholz, Sanna Marin, Stoltenberg...) guerrafondai, liberisti e ultra atlantisti, di un atlantismo irresponsabile e ideologico, che nulla ha a che vedere con quello responsabile degli anni del passato.

Un passato che vedeva l'Italia e l'Europa dialogare con tutti.

Con un Giulio Andreotti che amava così tanto la Germania da preferirne due.

Con un dialogo costante con il mondo laico-socialista arabo, con quello jugoslavo e dell'Est.

Senza assurde contrapposizioni e soprattutto senza servili e ideologiche subalternità agli USA.

Quello spirito di responsabilità, serietà e stabilità si è perduto, in tutta Europa.

E lo abbiamo perduto, in Italia, anche proprio grazie a quelle forze pseudo “anti-sistema” già citate, che nemmeno una personalità della vecchia guardia come Silvio Berlusconi è riuscito ad arginare.

Quale speranza per il presente e il futuro?

Non sono affatto ottimista.

Leggo con interesse le analisi di un autorevole osservatore come Giancarlo Elia Valori e mi consolo. Ma egli è ancora un esponente di una generazione nata negli Anni '40. Una generazione che è cresciuta in anni in cui l'Italia si risollevava dalla guerra e sapeva cosa significavano le difficoltà e occorreva non solo rimboccarsi le maniche, ma anche studiare, lavorare con pazienza, razionalità e intelligenza.

Una generazione che ha dato alla luce ottimi Ministri degli Esteri e del Lavoro come Gianni De Michelis, poi ingiustamente maltrattati da media sempre pronti a una sciocca invettiva, alimentata da una piazza ignorante, che ama slogan e semplificazioni e finisce per votare proprio quei movimenti pseudo “anti-sistema” che, infondo, finiscono per sostenere il vero Potere, figlio prediletto del danaro.

E siamo qui, nel 2023. In pieno caos e irrazionalità.

Luca Bagatin

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mercoledì 5 luglio 2023

Pier Carpi, autore dimenticato capace di illuminare le menti di appassionati di esoterismo, Risorgimento e avventura. Articolo di Luca Bagatin

  

Arnaldo Piero Carpi, in arte Pier Carpi, emiliano, nato nel 1940.

Scrittore, giornalista, regista, poeta, fumettista dimenticato, che personalmente trovo una delle menti e delle penne più brillanti del Novecento e infatti, di lui, ho scritto moltissimo, anche nei miei saggi a carattere esoterico (si veda in particolare il mio saggio “Universo Massonico”, pubblicato da Bastogi nel 2012).

Pier Carpi, che fu fine studioso di esoterismo, misteriosofia, teosofia e massoneria, iniziò la sua carriera come fumettista ed è probabilmente noto alle nuove generazioni grazie al fatto che la Sergio Bonelli Editore – pregiatissima casa editrice di fumetti quali Tex, Dylan Dog, Zagor e Martin Mystere – ha ripubblicato di recente, nella collana “Le Storie”, un paio di sue opere fumettistiche, quali “Gli strangolatori” e “Il serpente d'argento”.

Opere, anch'esse, intrise di Storia, mistero, avventura e esoterismo.

Pier Carpi fu peraltro, negli Anni '70, fine regista di film a sfondo esoterico quali “Cagliostro”, - con protagonista il grande attore jugoslavo Bekim Fehmiu e alla cui sceneggiatura collaborò Enrica Bonaccorti - tratto dal suo ottimo e omonimo saggio, nel quale riabilitò la figura di questo mago fatto ingiustamente passare – dall'Inquisizione cattolica – per un imbroglione. E poi “Povero Cristo”, nel quale recitò un ancora sconosciuto e giovanissimo Mino Reitano e “Un'ombra nell'ombra”, horror esoterico nel quale recitarono, fra gli altri, Anne Heywood e Valentina Cortese, oltre che il mio carissimo amico Peter Boom, che peraltro fu collaboratore del mio primo blog e fu attivista dei diritti civili dagli Anni '60 sino alla sua morte, nel 2011.

Pier Carpi fu ingiustamente criticato e soprattutto gli fu a lungo impedito di lavorare solo perché amico di Licio Gelli, Mastro Venerabile della Loggia massonica Propaganda 2 del Grande Oriente d'Italia. Pier Carpi dimostrò, peraltro, in due approfonditi saggi (“Il caso Gelli: la verità sulla loggia P2, parla Licio Gelli con documenti inediti” e “Il Venerabile”) – come si incaricheranno i fatti e le sentenze definitive di dimostrare – che Gelli non era affatto il farabutto che i media e il mondo politico volevano far credere e che la loggia massonica P2 non era né segreta, né tramava contro alcuno, ma era formata, prevalentemente, da galantuomini (lo stesso Pier Carpi vi si trovò inserito, peraltro a sua insaputa).

Pier Carpi, nella sua umile carriera (nacque orfano, si sposò giovanissimo con la scrittrice Franca Bigliardi e visse sempre modestamente, al punto di morire completamente povero), scrisse non solo opere umoristiche e fumettistiche, ma si occupò anche di storia della magia e di figure quali Rasputin (riabilitandone la falsa “leggenda nera) e John Kennedy (dimostrando che non fu affatto un grande e specchiato leader e di ciò ne scrissi in un lungo articolo per il quotidiano “L'Opinione delle Libertà” nel 2013), oltre che della figura del Cristo in chiave spirituale, gnostica ed esoterica e delle profezie di Papa Giovanni XXIII.

Debbo dire che ho letto (e spesso riletto) quasi tutte le opere di Pier Carpi, fuori catalogo da decenni e mai più ripubblicate (purtroppo!) e ogni volta le trovo e le ho trovate illuminanti.

La scrittura semplice, ma allo stesso tempo romanzesca e avventurosa le rendono particolarmente piacevoli. Oltre che lo smontare tesi e luoghi comuni con documenti e rivelazioni troppo spesso – se non sempre – trascurate dalla vulgata e dal cosiddetto mainstream, le rendono uniche.

Recentemente ho trovato particolarmente interessante un suo romanzo ambientato durante il Risorgimento, che egli scrisse con la collaborazione di Vittorio Emanuele di Savoia, che gli fu molto amico e che, nella redazione del libro, si occupò prevalentemente della parte storica e dell'analisi dei documenti.

“Il Principe – Un romanzo del Risorgimento”, che fu edito da Sugarco nel 1971 e che volendo si può ancora reperire o in qualche libreria antiquaria, oppure su ebay, è un romanzo d'avventura, ricco di colpi di scena, ma anche ricco di aspetti storici meno conosciuti e approfonditi.

Il romanzo, ambientato fra il 1858 e il 1859, all'epoca delle trattative segrete fra Cavour e Napoleone III, affinché quest'ultimo intervenisse in favore dell'unificazione italiana, contro gli austriaci, narra la contrapposizione fra il Principe e il Ragno.

Il Principe è un misterioso cavaliere bianco di cui nessuno ha mai visto il volto, il quale sostiene la causa dell'unità d'Italia contro i tiranni d'Europa. Egli sembra quasi un essere sopranaturale, accompagnato da un falco che uccide le sue vittime. Il suo acerrimo nemico è il Ragno e la sua setta di incappucciati. Il Ragno è un uomo senza scrupoli vestito di rosso, con una maschera che reca appunto l'immagine di un ragno e, con la sua società segreta mercenaria, s'infiltra nella diplomazia internazionale e nelle corti d'Europa allo scopo di far fallire i piani del Principe, quelli di Casa Savoia, di Giuseppe Garibaldi e di Giuseppe Mazzini.

E' sullo sfondo di questa lotta, oltre che sullo sfondo dell'epopea risorgimentale che si dipana la trama di questo suggestivo romanzo di Pier Carpi.

Romanzo nel quale vengono descritti i rituali dell'antica Carboneria, associazione segreta iniziatica i cui simboli ancestrali sono ispirati al lavoro e alla fauna dei boschi; nel quale si mescolano le trame del clero romano, le apparizioni della Madonna di Lourdes, le gesta di Garibaldi, di Re Vittorio Emanuele e Napoleone III, conoscenze alchemiche e le assurde pratiche dei conventi giansenisti ancora esistenti.

Fruttuosa e interessante la collaborazione del repubblicano dichiarato Pier Carpi e del monarchico – anche per discendenza – Vittorio Emanuele di Savoia, nelle insolite e probabilmente sconosciute vesti di co-autore. I due hanno infatti dato alla luce un romanzo particolarmente felice per tutti gli appassionati di Risorgimento, esoterismo e Storia.

Pier Carpi, morto prematuramente nel 2000 a soli sessant'anni – purtroppo dimenticato dai più - e che ho iniziato a leggere oltre vent'anni fa, non smette mai di illuminarmi con le sue opere, che meriterebbero non solo un posto d'onore nella Storia della letteratura italiana, europea e mondiale, ma soprattutto di essere ripubblicate.

Luca Bagatin

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