Tratto da www.termometropolitico.it
Non sembra esserci pace per Fare per Fermare il declino. Non bastava la scissione di fatto che ha portato l’economista Michele Boldrin a diventare una sorta di dominus di ciò che è rimasto della formazione ultraliberista lanciata poco più di un anno, mentre dall’altra la ex coordinatrice Silvia Enrico e l’avvocato Alessandro De Nicola hanno sbattuto la porta per cercare di recuperare lo spirito delle origini in Ali – Alleanza liberaldemocratica per l’Italia assieme all’ex guida Oscar Giannino.
Lunedì una critica mirata alle ultime mosse di Fare è arrivata da Luca Bagatin, giornalista, blogger e presidente di Amore e Libertà, che aveva apprezzato l’esordio sotto la guida di Giannino e Luigi Zingales (“sembrava un progetto serio, concreto, alternativo alla partitocrazia e non ideologico”), salvo constatare che “quando
ci si getta nella mischia partitico-politica, si finisce non solo per
contarsi ma anche per doversi misurare con il proprio ego”. E a portare
Boldrin sul banco degli accusati sarebbe la “rincorsa alla candidatura alle elezioni europee del 2014″: lo scritto, pubblicato nel blog di Amore e Libertà ha circolato molto tra gli aderenti a Fare, provocando un dibattito nel gruppo.
Va
giù duro Bagatin nel descrivere il progetto “In cammino per cambiare”,
cui Fare ha aderito: “Boldrin – dice – ha traghettato il partito nell’ennesima astrusa alleanza partitocratica con ciò che rimane dei partitini pseudo-liberali della galassia politica nostrana”. A varie di quelle formazioni il blogger rimprovera i frequenti cambi di fronte in cerca di posti che non sono arrivati (“fortunatamente” dice lui): “Boldrin
è economista troppo serio per imbarcare il banchiere Corrado Passera,
il sempreverde Stefano de Luca ed il democristiano Bruno Tabacci, che
ricordano piuttosto le accozzaglie fra partitini da zerovirgola che hanno costellato gli ultimi vent’anni di pseudo-democrazia italiana”.
Il giornalista riconosce a Boldrin di “predicare benissimo, sia da economista che da ideologo”, ma di rischiare la condanna all’oblio per sé e i suoi buoni propositi.
Rischio che avrebbe corso meno, ad esempio, sostenendo un progetto
apartitico, fuori dal Parlamento, per portare avanti da lì le battaglie
sulle libertà. Il tutto “senza
chiedere o pretendere finanziamenti né pubblici, né tantomeno privati” e
guardando più all’Agorà dell’Antica Grecia che alla “dittatura delle
élite partitico-burocratico-clientelari dell’Italia di sempre”.
L’invito e la riflessione avrebbero potuto esaurirsi lì, se due giorni fa Costantino De Blasi,
membro della direzione nazionale di Fare per Fermare il declino, non si
fosse preso la briga di rispondere a Bagatin, intervenendo su alcune
delle sue osservazioni. La via extrapartitica proposta dal giornalista
non convince De Blasi, che la bolla come “una
sorta di velleitarismo antipartitico che ponga Fare al di fuori
dell’agone politico”, un’azione che in Italia sarebbe sempre rimasta
sterilmente autoreferenziale, senza dare risposte ai problemi del paese.
De Blasi rivendica per Fare l’impegno nella quotidianità con banchetti, incontri con le partite Iva e con chi non ce la fa più
a tirare avanti “con uno Stato violento e confuso”, ma mette in guardia
Bagatin: tutto questo costa, in termini economici e di tempo sottratto
alle famiglie e alle professioni. E allora il tempo va usato meglio per non condannarsi all’irrilevanza: “Noi
pensiamo di avere buone idee; pensiamo di avere la lucida visione della
situazione economica e delle ricette per risolverla – spiega con
puntiglio De Blasi -. Se limitassimo la nostra azione alla sterile
enunciazione delle stesse molti dei nostri potenziali interlocutori ci
accuserebbero, giustamente, di fare filosofia a danno della realtà
quotidiana”.
Sul
capitolo delle alleanze, il dirigente di Fare riconosce la distanza tra
il suo progetto e quello di alcuni partiti di “In cammino per
cambiare”, ma spiega che si è preferito “provare a superare le
differenze per esaltare di contro le affinità”, anche se questo
significa rinunciare a parte del proprio orizzonte “per poter essere più forti e rappresentare una vera alternativa”.
Da ultimo, De Blasi assolve in pieno la figura di Corrado Passera: “E’ stato finora uno degli interlocutori più affini e affidabili,
avendo condiviso la necessità di imprimere una vera svolta alla
politica italiana”. Conoscerebbe bene la macchina statale e le sue
criticità, non avendo risparmiato nemmeno il governo Monti di cui faceva
parte. “Per ora questo ci basta. Nelle prossime settimane vedremo se
anche lui dalla teoria vorrà passare alla pratica”.
La risposta, tuttavia, non soddisfa in pieno Bagatin che, forte della sua lunga militanza nell’area
laica, liberale, libertaria e repubblicana, sostiene che
l’autoreferenzialità lamentata da De Blasi era vera, ma era stata
causata da “dirigenti politici
che, anziché inseguire il bene comune, ovvero il buonsenso, hanno
preferito o perseguire il proprio tornaconto personale oppure scelte
politiche senza alcun costrutto”. Scelte tra cui Bagatin inserisce anche
l’operazione in cui si è impegnato Fare e che rischia di finire come i
Poli laici e le Case laiche dalla fine poco gloriosa.
“Tutto ciò che fate, confondendovi con i partiti e con i partitini – è il monito del blogger - finirà per essere vano“.
Per Bagatin è stata un’intera classe politica (insieme al sistema
politico-economico) a frodare i cittadini e a far venire meno le energie
politiche, per cui l’interesse per la cosa pubblica scema via via:
“Inizialmente Fare sembrava un’altra cosa, sembrava
puntare sulla società civile e non sulle alleanze partitocratiche, con
partiti che peraltro hanno rinnegato la loro Storia da quel dì”.
Potenziali successi per “In cammino per cambiare” non ne vede: “L’1% è la soglia massima alla quale ragionevolmente potrete ambire“.
Per il giornalista, allora, meglio, molto meglio ”una politica fatta d’amore e con amore.
Da persone consapevoli, libere, aperte da ogni condizionamento. Da
persone comuni che fanno ciò che fanno unicamente per passione”. Come
cerca di fare Bagatin da tempo con il “pensatoio pubblico” Amore
e Libertà (lo ha fondato proprio lui, proponendo l’adesione anche a
Boldrin), veicolando proposte, senza velleità organizzative né pretese,
se non il desiderio di “stimolare le persone a ragionare e proporre”. E ci sarebbe posto anche per le idee economiche e copyleft di Boldrin: “sono preziose e non vanno sprecate/perdute confondendosi con la mera politica-partitica”. Lo ascolterà?
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