Il gatto è, da
millenni, l'animale sacro per eccellenza.
Pensiamo infatti
alla venerazione per i gatti nell'Antico Egitto la cui mitologia
produsse la Dea gatta Bastet, che i Greci identificarono
successivamente con la Dea Artemide.
Il gatto, oltre
ad essere animale estremamente intelligente e socevole, si dice sia
detentore di poteri misteriosofici, oltre ad essere animale dalle
molteplici vite e dalla capacità di superare pressoché ogni tipo di
avversità.
Al gatto,
Marie-Louise Von Franz (1915 – 1998), psicanalista junghiana e
stretta collaboratrice di Carl Gustav Jung (1875 - 1961), dedica una
conferenza, contenuta in un bellissimo e agile volume dal
significativo titolo: “La gatta”.
La dottoressa Von
Franz si rifà all'omonima fiaba rumena, che racconta di un
imperatore infelice in quanto non aveva alcuna discendenza, il quale
costruisce una nave per la moglie, la quale le ha espresso il
desiderio di uscire dal Palazzo. L'imperatore purtuttavia la
ammonisce: “Se non tornerai incinta non potrai più stare con me
!”.
L'imperatrice e
le sue serve approdarono così, dopo alcuni giorni di navigazione
burrascosa, ad un'isola ed è qui che lei decide di mangiare una
bellissima mela d'oro. Rimanendo così incinta.
La Madre di Dio,
purtuttavia, custode del melo, le lancia una maledizione affermando
che sua figlia si sarebbe trasformata in una gatta al compimento del
diciassettesimo anno d'età e così tutta la sua corte e che solo il
figlio di un imperatore, mozzandole coda e testa, avrebbe potuto
rompere l'incantesimo. E così accadde.
In un paese molto
lontano, un altro imperatore, vedovo ed alcolizzato, inviava i suoi
tre figli maschi alla ricerca di una particolare stoffa di lino, così
sottile da poter passare per la cruna di un ago. Il primo di questi
trovò solo un cagnolino; il secondo trovò un lembo di lino grezzo;
mentre il terzo, il più giovane...dopo molte peripezie finì nel
palazzo dei gatti ! Qui conobbe la principessa gatta e se ne
innamorò.
E sarà proprio
la principessa gatta a ricondurlo, molti anni dopo, dal padre che lo
credeva morto, con quella particolare forma di lino sottile
sottile...contenuta in un chicco di mais.
La gatta chiese
poi al giovane principe di tagliarle prima la coda e poi la testa e
fu così...che ella si trasformò in una bellissima fanciulla e i due
poterono sposarsi. Se non che...il padre del giovane principe, il
vecchio imperatore ubriacone, tentò di concupire la nuora, tentando
di imprigionare il figlio.
Quest'ultimo
radunò un enorme esercito e mosse guerra al padre, annientendo così
l'esercito del vecchio imperatore. Questi finì così per chiedere
perdono al figlio ed alla nuora, cedendo loro il suo impero.
La fiaba de “La
gatta” è ricchissima di simbolismo, che la dottoressa Von Franz
analizza con vastità di particolari. Simboli di natura archetipica,
inconscia, esoterica, spirituale, alchemica.
Innanzitutto
siamo in presenza di due imperi distinti: nel primo l'aspetto
femminile è sterile, mentre nel secondo il femminile è scomparso.
Nel primo caso la
donna/imperatrice necessita di uscire dal palazzo, nel quale si sente
confinata, per recuperare il suo istinto creativo. Nel secondo caso
l'uomo/imperatore è vedovo ed il suo stato di abbandono sfocia
nell'alcoolismo.
La dottoressa Von
Franz spiega come l'universo femminile sia più flessibile e
soggettivo, mentre quello maschile sia più rigido. Purtuttavia
entrambi si compensano e tale compensazione evita alle donne la
formazione di sottili e subdole malignità, spesso fra loro, mentre
agli uomini evita il sopravvento dell'aggressività e della
brutalità.
Nel caso
dell'imperatore che ha tre figli, il suo stato di alcoolismo è
causato da uno stato di abbandono – in quanto vedovo – e quindi
ciò lo porta a simulare una condizione “estatica”, simile
all'”estasi religiosa” che egli tenta di ottenere attraverso
l'assunzione di alcolici. E' chiaro che il suo è un problema legato
all'Anima, al suo bisogno di spiritualità, che è ferita proprio dal
suo stato di abbandono.
L'imperatore
senza figli, viceversa, accondiscende al desiderio della moglie di
uscire dal Palazzo e le costruisce una nave che, come sottolinea la
dottorezza Von Franz, è, simbolicamente un contenitore femminile,
associata peraltro alla luna e alle dee lunari. Egli non teme che
possa accadere qualche cosa alla moglie, anzi, la spinge ad
attraversare il mare, ovvero, simbolicamente, a compiere un cammino
interiore e spirituale che la porterà così, ad essere fertile.
Sull'isola
l'imperatrice trova un melo dalle mele d'oro e ne mangia una, ma non
sa che esso è custodito dalla Vergine Maria che, peraltro,
rappresenta originariamente la dea Iside, simbolo di fertilità, la
figura più importante degli dei al punto da diffondersi, dall'Egitto
sino in tutta Europa – nonostante le mistificazioni di matrice
cattolica - il culto delle cosiddette “Madonne Nere” raffiguranti
infatti Iside che tiene in braccio suo figlio Horus, identificato
anche con il Cristo.
La dottoressa Von
Franz rammenta che le donne in gravidanza hanno una grande vicinanza
con il mondo della morte in quanto, mettendo al mondo una nuova vita,
una parte di loro deve simbolicamente morire. E quindi sono anche
legate molto di più all'inconscio ed al mondo dei sogni: sogni
sull'origine dell'uomo e sul mistero degli spiriti che si sono
reincarnati.
Nella nostra
fiaba, nella fattispecie, la Vergine Maria maledice il bambino che
deve neascere, ma...in realtà la maledizione è parte di un disegno
più ampio, di redenzione del femminile e finanche del maschile, come
vedremo poi.
La bambina che
nascerà si trasformerà dunque in gatta, un animale che, come
dicevamo, è da millenni ritenuto sacro e che nella mitologia ha
sempre avuto aspetti benefici quale guaritore, servitore ed anche
medium, ponte con il mondo dei morti.
Forse proprio per
le sue qualità gnostico-esoterico-mitologiche la cultura
cristiano-cattolica (che nulla ha a che vedere con gli insegnamenti
del Cristo, che erano, appunto, di matrice gnostico-esoterica) ha
successivamente fatto strage di gatti, attribuendo ad essi – in
modo mistificatorio, sciocco e superstizioso – qualità malefiche e
sataniche.
Si pensi invece
che, anticamente, un gatto bianco posto ai piedi della croce, in
Francia, rappresentava il Cristo stesso e per secoli è stato
ritenuto animale caro alle streghe che sono tutt'altro che da
considerarsi come degli esseri spregevoli, ma delle donne custodi
dell'Anima. Spesso dell'Anima maschile.
Jung in
particolare si chiese che cosa avesse a che fare la Vergine Maria con
la persecuzione delle streghe e spiegò come, prima del culto della
Vergine Maria, fosse diffuso l'amor cortese. Il cavaliere corteggiava
la dama prescelta, vedendo il lei quella che Jung chiama la
“donna-Anima”.
La Chiesa
cattolica, purtuttavia, abolì ben presto l'amor cortese imponendo
che gli uomini non potessero più scegliere la loro dama, ma
dovessero combattere per conquistare il cuore di una donna a
glorificazione della Vergine Maria. Fu allora che, secondo Jung,
nacque la caccia alle streghe in nome della Vergine Maria.
Mentre l'amor
cortese permetteva a uomini e donne di venire in contatto con la
propria interiorità, con la propria Anima, con il culto della
Vergine Maria il simbolo della “donna-Anima” venne sostituito da
un simbolo collettivo del femminile imposto: quello della Madonna di
matrice cattolica.
Le streghe, in
questo senso, rappresentano l'elemento individuale delle donne, che
permettono all'uomo, peraltro, di ricongiungersi con la sua Anima,
spesso ferita. E con la caccia alle streghe l'Inquisizione cattolica
iniziò, come già detto, a perseguitare anche i gatti.
Ennesima barbarie
compiuta dalla Chiesa cattolica ai danni del patrimonio animistico,
sacro, esoterico, spirituale ed interiore dell'umanità !
Tornando alla
nostra fiaba, nel regno governato dall'imperatore ubriacone, questi
vuole che i suoi figli recuperino della stoffa di lino sottilissima.
Come spiega la dottoressa Von Franz, il lino era utilizzato per la
veste di sacerdoti e stregoni ed ha una forte connessione con il
femminile. Egli, dunque, come con l'uso dell'alcool, ricerca in
qualche modo una connessione con il mondo spirituale e femminile –
che nel suo regno è da considerarsi aspetto morto - e lo fa inviando
i figli alla ricerca.
Solo il terzo
figlio ne uscirà vincitore, dopo un percorso di patimenti e
peripezie (l'eroe maschile nelle fiabe si trova sempre a soffrire,
ovvero si trova ad assumere un'attitudine passiva e femminile) e vi
riusicrà per mezzo della figura della gatta. Figura sacra e
femminile per eccellenza. Sarà lei a guidarlo e a fornirgli il lino
da consegnare al padre, novella dama dell'amor cortese e novella
strega-donna-Anima.
Purtuttavia ora
la donna-Anima, la gatta, per riscoprire il suo aspetto istintuale e
dunque umano, necessita che l'eroe le tagli la coda e la testa. E
così, pur con molte insistenze, ciò accade. E lei torna ad essere
fancuilla e può sposare il suo principe: i due sono finalmente una
cosa sola.
Purtuttavia
devono ancora sfidare la concupiscenza del vecchio satiro,
l'imperatore ubriacone che, non ancora ricongiuntosi con la sua
Anima, con la sua parte femminile, rimane legato ai bassi istinti. E
ne rimane sconfitto.
L'insegnamento
racchiuso ne “La gatta”, presentata dalla dottoressa Marie-Louise
Von Franz, è un percorso alchemico interiore. Un percorso di
redenzione umana, maschile e femminile. Un percorso che – sulla
base della mitologia, del simbolo e della spiritualità gnostica e
pagana – va a toccare il rapporto di coppia, analizzandone la sua
intima essenza e trovandone la chiave di lettura.
Un saggio che
peraltro riscopre il valore sacro del gatto, della
strega-donna-Anima, che è quanto di più prezioso il cuore di un
uomo dovrebbe saper risconoscere e ricercare.
Luca Bagatin
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