Da tempo si sente parlare a sproposito
ed in termini spregiativi - in Europa e nella sola Europa - del
termine “populista”.
Il termine populista deriva
semplicemente dall'omonimo movimento politico ed intellettuale russo
sorto alla metà del XIX secolo a tutela e per l'emancipazione dei
contadini e dei servi della gleba sulla base di un programma
socialista e comunitario.
Ispiratosi al populismo russo sorgerà,
sul finire dell'800, negli Stati Uniti d'America, il Populist Party,
ovvero il Partito del Popolo, a rappresentanza delle classi
contadine, operaie e meno abbienti, che proponeva la
nazionalizzazione dei mezzi di comunicazione, l'elezione popolare
diretta ed era in generale ostile alle élite ed al sistema bancario.
Ancora oggi, infatti, nelle Americhe,
il termine populista è e rimane un termine ed un concetto positivo
(pensiamo all'emancipazione sociale e civile portata avanti da Evita
e Juan Domingo Peron e da Hugo Chavez, ingiustamente denigrati in
Europa, senza che se ne conosca o approfondisca la vicenda umana e
politica e così da José “Pepe” Mujica e dai tanti Presidenti
latinoamericani di ispirazione populista democraticamente eletti in
questo secolo), che solo i mezzi di comunicazione europei sembrano
aver stravolto, accostandolo a fenomeni che nulla c'entrano con esso.
Ricordiamo - come peraltro già fatto
in altri articoli
(http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/02/la-differenza-abissale-fra-il.html)
- che populisti furono i socialisti, gli anarchici ed i repubblicani
dell'800 (Pierre Leroux, Michail Bakinun, Pierre-Joseph Proudhon,
Karlo Marx, Friedrich Engels, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi)
che daranno vita, nel 1864, alla Prima Internazionale dei Lavoratori,
in quanto sostenitori di una politica di popolo ed in favore del
popolo.
Oggi, a ricordarci la positività e
l'esigenza di una politica populista, ovvero di una politica dal
basso, intellettuali contemporanei quali il sociologo statunitense
Christopher Lasch (1932 – 1994), il quale affermò in una
intervista “Se proprio devo essere classificato con una
etichetta, non usate le vecchie categorie, dato che non sono né di
destra né di sinistra: chiamatemi populista”. Ed il prof.
Lasch abbandonò il pensiero “liberal” negli Anni '70, in quanto
rilevò come i programmi di emancipazione sessuale e femminile di
quegli anni spostassero semplicemente l'autorità dalla famiglia ai
mass-media, il cui scopo era semplicemente trasformare gli individui
in consumatori. Ecco dunque la critica di Lasch alla destra ed alla
sinistra, sostenitrici della crescita economica illimitata e dei
consumi materiali in luogo dell'autentico senso di libertà,
emancipazione e di comunità/fratellanza delle persone. La medesima
critica la pongono peraltro filosofi quali Jean-Claude Michéa (di
cui parlai già nei seguenti articoli
http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/il-socialismo-non-e-di-sinistra-parola.html
–
http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/il-vicolo-cieco-delleconomia-articolo.html),
il quale pone una forte critica al liberalismo, reo di aver
sostanzialmente messo in vendita ogni rapporto sociale, politico e
umano in nome dell'incultura del piacere, del desiderio e del consumo
e proponendo, quale alternativa, una società populista e socialista
che superi capitalismo e modernismo, che guardi ad un'economia basata
sul dono, il senso civico e l'aiuto reciproco. Infine Alain De
Benoist, il quale sostiene che il populismo supera la vecchia
contrapposizione orizzontale destra-sinistra e propone una
contrapposizione verticale: il popolo contro le élite, ovvero le
persone ordinarie che stanno in basso, contro i privilegiati che
stanno in alto.
I media europei sembrano purtroppo
lasciare poco spazio a queste riflessioni e ad intellettuali di
questo calibro che, ad ogni modo, hanno fotogratato, molto meglio di
altri, la situazione di profonda crisi politica, umana, economica e
civile nella quale oggi ci troviamo ed hanno individuato possibili
alternative dal basso. Così come peraltro già fecero, in tempi non
sospetti, altri due intellettuali assai poco ascoltati: Michel
Clouscard (1928 – 2009) e Pier Paolo Pasolini (1922 - 1975).
Luca Bagatin
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