Aumentano nei consensi sino a far
pensare quasi ad un possibile ballottaggio fra loro alle imminenti
elezioni Presidenziali francesi, che si terranno il 23 aprile
prossimo.
Stiamo parlando di Marine Le Pen,
leader del Front National e di Jean-Luc Mélenchon, leader del
raggruppamento La France Insoumise (ovvero La Francia Indomita) ed ex
socialista di lungo corso in polemica dal 2008 con il Partito
Socialista di Hollande (ormai partito liberal-capitalista), oltre che
estimatore delle politiche sociali attuate da Hugo Chavez in America
Latina. La prima è attestata fra il 23 ed il 24% dei consensi; il
secondo fra il 19 ed il 20% e sta investendo moltissimo in
comunicazione, in particolare multimediale fra i giovani, al punto
che è stato realizzato un simpatico videogame gratuito da giocare
online con protagonista proprio Mélenchon in lotta contro i Poteri
Forti finanziari ed economici (www.fiscalkombat.fr).
Entrambi candidati anti-sistema, ovvero
saldamente ancorati a politiche sovraniste e sociali, sembrano
rispondere a quell'ampia fetta di elettorato delusa dalle politiche
di austerità di una Europa capitalista, burocratica e senz'anima.
Entrambi criticano le politiche del
Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea,
preferendo che siano i cittadini stessi a decidere se rimanere o meno
nell'Unione Europea. Entrambi guardano all'uscita della Francia dalla
NATO, che in tutti questi anni ha servito gli interessi statunitensi,
finendo per defenestrare leaders quali Mu'Ammar Gheddafi, ovvero gli
unici argini al terrorismo fondamentalista. Entrambi presentano
programmi simili per quanto concerne gli aspetti sociali: vogliono
l'abolizione della precarizzante legge sul lavoro Loi Travail
(l'equivalente del nostro Jobs Act) ed entrambi sono per
l'abbassamento dell'età pensionabile, oltre ad una possibile
riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e l'introduzione
di misure protezionistiche sul commercio.
A differenziarli le politiche
sull'immigrazione: più stringenti quelle della Le Pen, più aperte
quelle di Mélenchon. Inoltre, mentre Mélenchon pone maggiore
attenzione alle questioni ambientaliste (ad ogni modo non del tutto
tralasciate dalla Le Pen), la Le Pen pone maggiore attenzione alla
laicità dello Stato, da estendere anche ai luoghi di lavoro, con un
apposito codice.
Le Pen e Mélenchon, ad ogni modo,
sembrano rappresentare meglio di altri quella necessità di sano
populismo - ovvero di politiche di popolo ed in favore del popolo -
disattese in tutti questi anni dai rappresentanti di quel Partito
Socialista trasformatosi in partito capitalista e padronale e del
Partito Repubblicano, che ha perduto ogni riferimento autentico al
sovranismo di Charles De Gaulle, per vendersi all'alleato
statunitense.
Oggi queste politiche di matrice
capitalista e padronale sono rappresentate dall'ex banchiere Emmanuel
Macron e da François Fillon. Il secondo sembra ormai fuori dai
giochi (tanto quanto il candidato del Partito Socialista, Hamon,
attestato ad un misero 9%), mentre il primo è il vero candidato
delle élite economico-finanziarie da battere ed attualmente
attestato al 24%.
I giochi, dunque, sono aperti.
Quel che è certo è che anche le
Presidenziali francesi hanno dimostrato ciò che il filosofo Alain De
Benoist ha spiegato più volte. Assistiamo in questi anni non più ad
una contrapposizione destra-sinistra (che ormai rappresentano
entrambe da tempo - come peraltro accaduto per molti anni anche in
America Latina, prima dell'avvento al governo di leaders socialisti e
sovranisti - le élite economico-oligarchiche), bensì ad una
contrapposizione fra istanze sociali, sovraniste e popolari da una
parte ed élite padronali ed oligarchiche dall'altra.
E' questa, evidentemente, in Europa,
l'ora dei popoli sovrani per troppo tempo rimasti inascoltati.
Luca Bagatin
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