E' accaduto già di
recente in Russia, in contrapposizione rispetto alle politiche
liberali e di austerità imposte dal governo e sostenute dal Fondo
Monetario Internazionale (aumento Iva e età pensionabile): alle
elezioni amministrative c'è stata infatti una avanzata dei comunisti
nelle urne e un arretramento del partito liberal-capitalista di Putin
e Medvedev, oltre che da tempo un incremento delle proteste di piazza
da parte di movimenti nazionalbolscevichi e socialisti.
Sta accadendo in Francia,
ove la destra e la sinistra capitaliste - rappresentate dal governo
Macron-Philippe, ormai ad appena il 25% di popolarità - stanno
incassando le proteste dei cosiddetti "gilet gialli",
movimento popolare spontaneo e trasversale, contro l'aumento del
prezzo del carburante e le politiche oligarchiche del governo in
favore dei ricchi (si pensi anche alla già contestata Loi Travail,
il Jobs Act francese).
La Francia rurale e delle
periferie, in sostanza, si sta svegliando. Ovvero la maggioranza dei
francesi (il 74% si è dichiarato favorevole a queste proteste).
Quelli che in massa alle presidenziali del 2017 non sono andati a
votare (e sarebbero stati il partito pressochè maggioritario) e
quelli che hanno votato per Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon (i
quali hanno dato il loro appoggio alla protesta di piazza), ovvero
per i partiti con un minimo di programma sociale e percepiti come un
po' più popolari e populisti, che, se volessero ottenere un qualche
risultato elettorale, farebbero bene a mettere da parte
anacronistiche divisioni ideologiche e unirsi in un unico
raggruppamento, oltre le ideologie e contro destra e sinistra
capitaliste, anche assieme al piccolo partito dei Patrioti di Florian
Philippot, al Polo di Rinascita Comunista e all'Unione Popolare
Repubblicana di Asselineau.
Scenario simile è
accaduto in Italia, ove la destra e la sinistra capitaliste - Pd e
Forza Italia in primis - sono state sonoramente sconfitte. L'attuale
governo, pur non essendo minimamente populista e/o socialista, sembra
voler contrapporsi alle misure di austerità imposte dall'Unione
Europea e attuare alcune misure sociali - comunque non socialiste -
(reddito di cittadinanza), ma al contempo seguitare con misure di
stampo liberal-capitalista (flat tax) e non presentando un progetto
di radicale alternativa per il Paese.
Ad oggi, ad ogni modo, in
Europa siamo ben lontani dall'avere un movimento autenticamente
socialista e populista, ovvero anticapitalista e democratico
autogestionario, come poteva essere ai tempi del nostro Risorgimento
durante la Repubblica Romana, ai tempi della Comune di Parigi o nella
Russia di fine '800 e inizio '900, oppure negli USA dei primi del
'900.
Venti di questo tipo sono
soffiati nell'America Latina del XXI secolo, attualmente subendo un
leggero arretramento con Bolsonaro in Brasile e Macri in Argentina,
laddove la classe media, emancipatasi grazie al socialismo populista,
è stata irriconoscente nei confronti dei propri emancipatori (Lula
in Brasile e i Kirchner in Argentina) e ha preferito rivolgersi alla
destra capitalista, quella che purtroppo sta distruggendo le
conquiste sociali, non ultima la cacciata dei medici cubani dal
Brasile, coloro i quali curano ad oggi milioni di poveri e il taglio
dei servizi sociali in Argentina.
Ad ogni modo i popoli ed
i poveri sembrano finalmente non stare più a guardare e voler essere
partecipi, democraticamente, dei processi politici che li riguardano.
Luca Bagatin
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