Un esploratore,
scrittore, giornalista polacco in viaggio nella terra degli uomini,
delle bestie e degli Dei. Questo il percorso che ha compiuto
Ferdinand Ossendowski (1871 – 1945) negli Anni '20 del '900: dalla
Russia alla Cina, attraversando la Mongolia, l'India, il Tibet ai
tempi della Rivoluzione bolscevica.
Il suo viaggio lo
descrisse appunto nel best seller “Bestie, Uomini, Dei. Il mistero
del Re del Mondo”, edito per la prima volta nel 1924, che in Italia
ebbe la prefazione di Julius Evola e che le prestigiose Edizioni
Mediterranee hanno ripubblicato in un'agevole edizione curata da
Gianfranco de Turris, il quale ne redige anche l'introduzione.
Il saggio può essere
letto – come scrive il de Turris - come una sorta di romanzo
d'avventura, “attraverso chilometri di pianure gelate, montagne
nevose e innevate, laghi ghiacciati che sprofondano sotto il peso dei
cavalli o che bruciano all'improvviso per la presenza di gas o
petrolio (…)”, ma in realtà
“Bestie, Uomini, Dei” è anche un'opera politica e di critica al
bolscevismo da parte di un sostenitore delle Armate Bianche zariste
come è Ossendowski, che nel saggio descrive anche gli scontri fra
Bianchi e Rossi ed in particolare le gesta del Barone Bianco Roman
Von Ungern-Sternberg (1886 – 1921), detto anche il “Barone Pazzo”
o il “Barone Sanguinario”, celebre per aver combattuto contro i
Cinesi ed aver liberato il Bogdo Gègèn Khan VIII, guida politica e
religiosa mongola, inseguendo poi il sogno di costituire un'unica
grande teocrazia buddhista comprendente Mongoli, Cinesi, Afgani,
Tibetani, Buriati, Kirghisi e Calmucchi, contro ogni idea
rivoluzionaria, atea e modernista proveniente da Occidente. Idea che
sarà soffocata dai bolscevichi, allorquando, tradito da un predone
calmucco, sarà consegnato all'Armata Rossa e da questa fucilato.
Ma
vi è un altro tema cruciale trattato nel saggio di Ossendowski,
ovvero il cosiddetto “mistero del Re del Mondo”, del quale Evola
rimase molto affascinato e che ispirò anche l'esoterista René
Guénon, che ne scrisse infatti in uno dei suoi saggi più celebri,
ovvero “Le Roi du Monde”, del 1927. Ossendowski, infatti,
riferisce di un lama che gli raccontò dell'esistenza di un
misterioso centro iniziatico sotterraneo, chiamato Agharti, sede,
appunto, del Re del Mondo. Un Re del Mondo che, si dice, sia in
contatto con tutte le menti di coloro i quali sono in grado di
influenzare il destino del pianeta: condottieri, sacerdoti,
scienziati, uomini politici. Egli è in grado di favorire i loro
piani, solo se questi sono graditi a Dio, mentre se sono sgraditi il
Re ne decreterà – presto o tardi – la distruzione.
Il
lama riferisce a Ossendowski, altresì, che “Il Re del
Mondo apparirà dinanzi a tutti gli uomini quando per lui sarà
venuto il momento di guidare tutti i buoni nella guerra contro i
malvagi. Ma questo tempo non è ancora venuto. I più malvagi
dell'umanità non sono ancora nati”.
Una
leggenda simile a quella descritta nei Veda indù, i quali raccontano
della venuta dell'Avatar Kalki, incarnazione di Dio sulla terra il
quale, alla fine dell'era più corrotta, ovvero il Kali-Yuga, verrà
a ristabilire un nuovo ordine morale e spirituale e la rettitudine
fra le genti.
“Bestie,
Uomini, Dei” è dunque molto più di un diario di viaggio. E' un
viaggio verso una realtà molto diversa rispetto a quella modernista
occidentale. Una realtà più “cruda”, ma anche più spirituale e
tradizionale. Una realtà nella quale il buddhismo perde la sua aurea
di religione pacifica, ma non quella di religione profetica e di
ricerca dei Divino all'interno di ciascuno. Una realtà che supera il
razionalismo ed il materialismo occidentale e raggiunge il cuore di
miti ed archetipi antichi, per nulla svelati dalla mente scientifica
dell'Ossendowski, ma osservati e raccontati, senza pregiudizio alcuno
in un saggio che giunge a noi da un'epoca passata, per guidarci
ancora una volta in quella presente.
Luca
Bagatin
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