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giovedì 17 ottobre 2019

In ricordo del Comandante Motorola, eroe del Donbass. Articolo di Luca Bagatin

Sono passati tre anni dall'uccisione del Comandante Arsen Pavlov, detto Comandante Motorola, colonnello dell'esercito della Repubblica Popolare di Donetsk e alla guida del battaglione “Sparta”, in guerra contro il governo autoritario ucraino, allora guidato da Petro Porosenko.
Il Comandante Motorola, classe 1983, era un cittadino russo della città di Uchta, nato nell'ex Unione Sovietica e convinto che l'esperienza dell'URSS fosse stata positiva per il popolo russo, come molti suoi connazionali che, nel referendum per la conservazione dell'URSS, indetto nel 1991 e il cui esito fu poi disatteso, votarono a maggioranza per il suo mantenimento (77,85% dei SI). Contro ogni smembramento, disgregazione e contro ogni cambiamento di regime politico-economico.
Motorola perse entrambi i genitori all'età di 15 anni e venne affidato alla nonna. A 19 anni si arruolò nell'esercito russo, prestando tre anni nella brigata di marina con il ruolo di radioperatore, dal quale gli derivò il soprannome “Motorola”. Combatté, successivamente, in operazioni anti-terrorismo in Cecenia, come diversi suoi connazionali, fra cui lo scrittore nazionalbolscevico Zakhar Prilepin, altro successivo combattente a sostegno della Repubblica Popolare di Donetsk (molti sono e sono stati i nazionalbolscevichi del partito di Eduard Limonov “Altra Russia” a sostenere la Repubblica di Donetsk).
Successivamente, Motorola, si specializzò in operazioni di soccorso quale Vigile del Fuoco e lavorò poi come operaio e marmista.
A seguito del colpo di Stato in Ucraina, nel 2014, dell'avvento di un governo autoritario anti-russo, sostenuto anche da elementi nazifascisti, i quali compirono veri e propri massacri contro le minoranze russe, Motorola prese la decisione di lasciare il lavoro e di recarsi nella città ucraina di Jasynuvata.
Qui creò un battaglione di volontari di 200 combattenti, di ispirazione antifascista e socialista e guidandolo nelle più importanti battaglie nel Donbass, invitando la popolazione a ribellarsi e riuscì a liberare numerose città dall'autoritarismo governativo e dando vita, assieme ai suoi compagni, alla Repubblica Popolare di Donetsk che, con la Repubblica Popolare di Lugansk, formarono le Repubbliche Popolari di Norovossjia, di ispirazione sovietica, antifascista e socialista.
Nel luglio 2014 sposò Elena Kolenkina, la quale gli diede una bambina, Miroslava, nel 2015 e, il 2 ottobre 2016 un bimbo, Makar, due settimane prima dell'attentato che gli toglierà per sempre la vita (attraverso un ordigno posto nell'ascensore della palazzina ove abitava con la famiglia che, fortunatamente, rimase illesa).
Il governo ucraino, infatti, lo aveva inserito nella lista nera quale terrorista e bandito e persino l'Unione Europea, sostenitrice dell'Ucraina autoritaria, dal 2015 gli aveva vietato l'ingresso nei Paesi aderenti all'Unione.
Stessa sorte toccò al Presidente della Repubblica Popolare di Donetsk, Aleksandr Zacharcenko nell'estate del 2018, colpito anch'egli da un'attentato con un'autobomba.
Il Comandante Motorola, sulla sua divisa, indossava sempre due spille: una verde della Jamahiriya Libica Popolare Socialista di Gheddafi e una della Repubblica socialista siriana di Assad. Ovvero le bandiere di due Paesi laico-socialisti che hanno contribuito a combattere il terrorismo fondamentalista islamico.
Nel febbraio 2015 fu insignito dell'onoreficenza di Eroe della Repubblica Popolare di Donetsk e, il 9 maggio 2015, in occasione del Giorno della Vittoria contro il nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale, fu stampato un francobollo commemorativo con la sua immagine, assieme a quella del Comandante Givi, altro eroe della Repubblica.
L'esempio di Motorola ricorda quello dei nostri eroi del Risorgimento. Di Garibaldi, di Pisacane e dei molti repubblicani, socialisti, democratici in lotta per l'indipendenza, la sovranità, contro ogni forma di autoritarismo. E spiace che ciò, l'Unione Europea, non lo abbia affatto capito, dimostrandosi, ancora una volta, lontana da quegli ideali storici di emancipazione.
Con la recente elezione a Presidente dell'Ucraina di Volodymyr Zelensky, di ispirazione piuttosto diversa rispetto al suo predecessore Poroshenko, le speranze per un rinnovato dialogo fra Ucraina e Repubbliche Popolari di Novorossjia si sono riaccese e, ci si augura, si giunga alla fine del conflitto che permetta il riconoscimento delle Repubbliche, anche da parte della Comunità Internazionale.
Ad oggi, in Ucraina, non è ad ogni modo ancora permesso al Partito Comunista (unico partito di ispirazione socialista) di presentarsi alle elezioni e ciò sin dal 2015, anno nel quale fu messo al bando.

Luca Bagatin

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