In Bielorussia non si
placano le proteste a seguito della rielezione del Presidente
Lukashenko, avvenuta il 9 agosto scorso.
Lukashenko si è
barcamenato a lungo fra il sostegno da parte della Russia e quello
più recente degli USA (si veda l'incontro amichevole fra Lukashenko
e il Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, nel febbraio scorso), ma,
nonostante la rielezione, sembra non avere più il sostegno della
piazza e di numerosi lavoratori.
Piazza che si muove
spontaneamente, come quella dei Gilet Gialli in Francia, senza un
leader, senza voler sostenere nessuno dei candidati che a Lukashenko
si contrappongono.
Una piazza sostenuta
anche dal Partito della Sinistra Bielorusso Mondo Giusto, ovvero il
partito di ispirazione comunista, marxista-leninista, che a
Lukashenko si oppone, a differenza del Partito Comunista di
Bielorussia, che lo sostiene.
Il partito britannico
Left Unity, ispirato dal regista socialista Ken Loach, ha, nei giorni
scorsi, intervistato uno degli esponenti comunisti bielorussi che a
Lukashenko si contrappone.
Pavel
Katarzheuski, classe 1995, membro del Comitato Centrale del Partito
della Sinistra Bielorusso Mondo Giusto. Pavel è peraltro stato
arrestato e poi rilasciato dalle autorità bielorusse, dopo essere
rimasto sdraiato per 14 ore con le mani legate nel cortile del
commissariato e picchiato.
Nell'intervista
(leggibile in inglese al seguente link:
https://leftunity.org/belarusian-left-speaks-out),
Pavel ha dichiarato che in Bielorussia le cause principali della
crisi politica sono state “un
progressivo deterioramento del tenore di vita, un calo dei redditi
reali della popolazione, l'eliminazione dei benefici e delle garanzie
sociali e l'incapacità dei cittadini di influenzare le decisioni
prese dalle autorità”. Egli,
peraltro, definisce quello di Lukashenko un “regime
autoritario-capitalista” e
le sue riforme
“antisociali e neoliberiste”.
Pavel
Katarzheuski fa poi presente che il suo partito è attivamente
presente nelle proteste di piazza, accanto ai lavoratori, e ha visto
ben cinque arrestati fra i suoi compagni: “Stiamo
conducendo una campagna per il ritorno dei diritti sociali che il
regime dittatoriale ha distrutto; per orari di lavoro più brevi
senza tagliare i salari, e contro un sistema basato su contratti di
lavoro schiavisti e ingiusti”. Pavel
fa anche presente che il suo partito non sostiene affatto
l'opposizione filo europeista e pro-USA: “Critichiamo
i programmi dei cosiddetti candidati “democratici”, ma
concordiamo sul fatto che le autorità debbano fermare immediatamente
la repressione e rilasciare i prigionieri politici. La nostra
principale richiesta resta lo svolgimento di nuove elezioni
democratiche e libere”.
Egli,
inoltre, ricorda le origini del suo partito, che è l'erede del
Partito Comunista dell'Unione Sovietica in Bielorussia e le sue
attuali posizioni: “Il nostro partito
è stato fondato nel 1991 come successore del PCUS in Bielorussia. A
quei tempi, il partito si chiamava "Partito dei comunisti di
Bielorussia". Nell'ultimo parlamento democraticamente eletto -
il Consiglio Supremo, la nostra fazione "comunisti e agrari"
era la più grande fazione di opposizione contro Lukashenko. Nel
1996, a seguito di un colpo di stato sotto le spoglie di un
referendum, Lukashenko distrusse il Soviet Supremo e non ci furono
più elezioni senza falsificazioni. Nello stesso anno, gli strateghi
politici dell'amministrazione organizzarono una scissione artificiale
nel nostro partito. Un gruppo ha lasciato il nostro partito che ha
sostenuto Lukashenko e ha preso il nome di "Partito Comunista di
Bielorussia". Nel 2009 abbiamo cambiato nome e siamo diventati
il Partito Bielorusso della Sinistra Mondo Giusto, perché era
difficile per le persone capire quale fosse la differenza tra due
partiti con quasi gli stessi nomi. Poi siamo diventati membri del
Partito della Sinistra Europea. Tuttavia, non abbiamo abbandonato la
nostra ideologia comunista”.
Pavel
Katarzheuski, che definisce quella di Lukashanko “una
dittatura con politiche anti-lavoro, anti-sindacali, neoliberiste e
tradizionaliste”, ritiene infine che
l'unico modo per vincerla sia una classe operaia pronta a lottare non
solamente per i diritti umani, ma anche per il socialismo.
Luca
Bagatin
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