Il taglio dei
parlamentari, che sarà o meno decretato in Italia con l'esito del
referendum del mese prossimo, appare, invero, un falso problema.
In sé non è un attacco
alla democrazia, come affermano molti, in quanto la democrazia è
governo diretto del popolo e non ha nulla a che vedere con la
cosiddetta “rappresentanza” che scaturisce dalle elezioni. Al
massimo – il taglio dei parlamentari – può impedire
ulteriormente ai partiti minori di avere spazi elettorali, ma ciò è
semplicemente in linea con quanto proposto da decenni dai partiti
maggiori, con i vari sbarramenti elettorali e sistemi maggioritari.
E' chiaro che ciò riduce
spazi di discussione, ma sono comunque spazi che rientrano sempre
nell'ambito partitico e non hanno nulla a che vedere con la volontà
diretta dei cittadini.
La democrazia, invero,
prevede che sia il popolo stesso a decidere per sé stesso, senza
mediazioni di sorta, fatte di ideologismi, di lobbismi ed interessi
particolari, come spesso rischia di accadere nell'ambito dei partiti
e dei politici che li compongono.
La democrazia, dunque, o
è partecipativa e diretta o è un'altra cosa.
E perché sia tale, si
presuppone elevazione intellettuale e morale del popolo che,
attualmente, si lascia guidare come un bambino da partiti, politici e
lobby economiche di riferimento.
Un popolo non elevato
intellettualmente o moralmente non può pensare né di governare, né
di essere libero e quindi di pretendere democrazia.
Occorre, dunque, lavorare
su questo.
Affinché la democrazia
partecipativa sia possibile, sono dunque necessarie delle assemblee
popolari pubbliche. Ove le persone tornino a parlarsi e a
confrontarsi direttamente, guardandosi negli occhi. Venendo meno le
sezioni di partito di un tempo, che erano anche palestre di
formazione politica e di confronto, oggi, è più che mai auspicabile
un sistema assemblearista aperto, su base federata il più possibile:
a partire dai quartieri e via via sino ai livelli superiori. Ovvero
dalla periferia sino al centro.
Il sistema della
democrazia partecipativa sarebbe quanto di più democratico
possibile, ma ciò presuppone che si investa fortemente nella scuola
e nella formazione politica delle persone. I partiti stessi, le
associazioni culturali, le fondazioni ecc... dovrebbero e potrebbero
mutare la loro funzione in questo senso, ovvero tornare ad essere
luoghi in cui formare le persone.
Nella scuola (oltre che
nella sanità) si dovrebbe investire almeno il 50% del PIL, perché
unico vero settore di crescita e di sviluppo umano, che è di gran
lunga più importante della crescita economica, utile solo a chi
vuole arricchirsi e accumulare beni materiali.
La democrazia
partecipativa presuppone anche che ogni realtà locale torni ad
essere una comunità di persone che vivono la medesima situazione e
non un insieme di atomi separati, ciascuno arroccato nel proprio
orticello e nel proprio particolaristico ed egoistico interesse.
In questo senso, la
democrazia partecipativa si coniuga con un sistema economico e
sociale che superi egoismo, interesse e capitalismo, ovvero introduca
forme di autogestione socialista ove ogni cittadino sia responsabile
nei confronti di sé stesso e dunque dell'intera comunità.
Un sistema sociale e
economico radicalmente sovvertito e opposto a quello presente. Un
sistema fondato ad esempio sul baratto, sull'economia del dono e di
sussistenza, sul superamento del danaro quale mezzo di scambio, sul
superamento del lavoro salariato (in favore del lavoro cooperativo e
volto al benessere collettivo) e dell'interesse economicistico e
egoistico.
Sistema di democrazia
diretta e partecipativa fu quello dell'Agorà Greca, oltre che per
molti versi quello profetizzato dal saggista David Van Reybrouck nel
suo libro "Contro le elezioni - perchè votare non è più
democratico", edito da Feltrinelli e nel quale egli propone una
realtà ove il Parlamento sia composto da persone estratte a sorte.
Una proposta peraltro
contenuta anche nel saggio "Semplicemente liberale" di
Antonio Martino. Che è un sistema non lontano da quello cubano - ove
i candidati all'Assemblea Nazionale sono scelti a partire da
assemblee di quartiere, su vari livelli e i deputati svolgono il loro
lavoro a titolo gratuito, quale servizio alla comunità - o da quello
dei primi Soviet di Lenin e della Libia socialista di Gheddafi, nella
quale – a dispetto delle fake news e della disinformazione in
merito - vi erano congressi e comitati popolari aperti ai cittadini.
Un sistema auspicato da
tempo anche in Francia, sia dai Gilet Gialli che dal filosofo Alain
De Benoist, il quale è da sempre un fervente critico della
cosiddetta “democrazia rappresentativa” tipica dei regimi
liberali. Ovvero quella che delega ad altri, sottraendo così
sovranità ai cittadini.
Ridurre il numero dei
parlamentari è quindi un problema piuttosto fasullo e utile solo ai
politici per alimentare un vuoto dibattito, che ancora una volta ha
poco a che vedere con le necessità dei cittadini.
I quali dovrebbero
iniziare da subito a formarsi, approfondire, studiare, eleversi
moralmente e intellettualmente. Smetterla con inutili cicalecci
mediatici, assurdi complottismi, inutili contrapposizioni o reciproci
sospetti.
Il nemico è una realtà
che rende le persone schiave dell'egoismo. Il nemico è una realtà
che promuove la concorrenza fra le persone e l'accumulo di beni
materiali. Il nemico è una realtà che distrugge l'ecosistema e che
promuove il ricco borghese a scapito della comunità. Il nemico è
una realtà che distrugge la sanità, la scuola, la ricerca e la
formazione.
Occorre dunque più
democrazia. Il che presuppone più intelligenza, meno ignoranza, meno
egoismo. Più senso di comunità, di moralità (senza moralismo) e
del dovere.
Luca Bagatin
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