Con Adriano Celentano Presidente della Repubblica, molto probabilmente, l'Italia sarebbe stata fuori da ogni conflitto e non avrebbe mai aumentato le spese militari.
Adriano Celentano Presidente della Repubblica. Articolo di Luca Bagatin del 15 dicembre 2021
Come al solito è partito il consueto balletto dei politici, sempre più slegati dai problemi del Paese, sempre più uniti da un sistema economico che favorisce i più abbienti, il sistema bancario, il sistema delle imprese e quello di una crescita economica (niente affatto illimitata), volta alla distruzione del Pianeta e allo sfruttamento del lavoro.
Un sistema, peraltro, governato sempre più dalle logiche di Washington e di Bruxelles.
Così è da almeno quasi trent'anni. E oggi, con un governo espressione praticamente di tutto il Parlamento e di tutti i poteri forti internazionali, è ancora più evidente.
In tutto ciò, non potrà che essere eletto il solito Presidente espressione dei veti incrociati fra i politici e gradito ai poteri forti internazionali.
Ma ciò, non ci toglie il piacere di sognare e di immaginare come, per una volta, sarebbe bello eleggere un Presidente totalmente fuori dai giochi.
In questo senso trovo che Adriano Celentano sarebbe la persona più giusta e lo dico tanto seriamente quanto, proprio per questo, sono consapevole che non potrebbe mai e poi mai, non solo essere eletto, ma nemmeno essere preso in considerazione.
E ciò non in quanto Celentano è uomo di spettacolo (lo sono gran parte dei politici italiani più noti, ormai da qualche decennio), ma in quanto Celentano ha sempre usato la sua immagine e popolarità per fare politica. O, meglio (anti)politica. Che è la politica più alta che possa esistere, in quanto volta alla sovversione della realpolitik e del Potere prostituito (prima ancora che costituito) alle logiche del mercato e dell'economia.
Celentano, dicevamo, ha sempre fatto politica. Non partitica, anzi. Non ha mai fatto parte di alcun partito. Ma, sin dagli Anni '80 almeno, ha sollevato questioni sociali e politiche molto forti. Per quanto scarsamente comprese, in un'Italia che ha preferito lasciarsi abbindolare dalla pubblicità commerciale (sin da tempi non sospetti) e dalla propaganda partitica.
Nel 1985, Celentano, realizzò un bellissimo quanto dimenticato film: “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”. Un film a tratti comico, ma anche profondamente crudo e drammatico.
Un film nel quale, il Molleggiato, vestiva i panni del Messia o, quantomeno, di un Messia. Un Messia moderno/antimoderno, che tentava di illuminare il cammino di un'umanità preda della dittatura tecno-mercantile e consumista. Una dittatura già denunciata, qualche tempo prima, da Pier Paolo Pasolini, totalmente inascoltato.
E Celentano ha proseguito su questo filone, pur prendendosi critiche e perdendo finanche in popolarità.
Non era già più il Celentano semplice cantante “molleggiato” degli Anni '50 e '60, o quello divertente e a tratti romantico delle commedie di Castellano & Pipolo, con Ornella Muti.
Era qualcosa che mirava a scuotere le coscienze, usando per la prima volta il mezzo televisivo volto all'intrattenimento.
Nel 1987, in una puntata di “Fantastico”, da lui diretta, realizzò un monologo nel quale si definì, provocatoriamente “figlio della foca” e lanciò lo slogan “La caccia è contro l'amore”, che i cittadini avrebbero dovuto scrivere sulla scheda elettorale dei referendum abrogativi, che si tenevano in quei giorni.
La cosa costò a Celentano un processo da parte della Corte di Assise di Roma, nel febbraio 1988, che portò alla sua assoluzione nel 1989.
Ma, per la prima volta, una star della televisione faceva apertamente politica o, meglio, (anti)politica, sovvertendo le regole del gioco e parlando al cuore delle persone.
Ecco, Celentano, da allora, iniziò a parlare al cuore delle persone.
Contro la caccia, per la tutela dell'ambiente (decenni prima del fenomeno mediatico Greta Thumberg, che non ha mai rischiato alcun processo), per una società diversa e più giusta.
E lo farà negli anni successivi, con i suoi show e con molte delle sue canzoni (pensiamo ad esempio a “Arrivano gli uomini” e a “Facciamo finta che sia vero”).
E lo farà anche con il purtroppo ignorato cartone animato-serie evento “Adrian”, del 2019.
Una serie animata nella quale lui stesso si trasforma in una sorta di supereroe che abita nelle periferie di Milano e diviene, così, una bandiera post-ideologica.
La bandiera dei più deboli, schiacciati dal cemento, dalla mafia, dai soprusi di una politica autoreferenziale e di una economia che promuove la dittatura del danaro e del consumo e lo fa in modo subdolo, strisciante, come il peggiore dei totalitarismi.
Una serie animata sulla realtà che stiamo vivendo e su quella ancora peggiore che potremmo vivere, se non acquisiremo consapevolezza della deriva che sta prendendo questa sedicente “civiltà”.
“Solo l'Amore ci può salvare”, fu il leitmotiv che accompagnava tale serie tv, dedicata a Gino Santercole e prodotta da Claudia Mori, la cui bellissima immagine fu rappresentata anche nel cartone quale compagna di Adrian.
“Solo l'Amore ci può salvare” è una frase apparentemente banale, ma che dice tutto.
Solo ciò che non si può ancora vendere e comprare ci può salvare. Perché ci stiamo condannando e non ce ne stiamo nemmeno rendendo conto.
E i governi di tutti il Pianeta ci stanno condannando. Da secoli, da decenni.
Sarebbe bello che, a ricordarcelo, a livello istituzionale, fosse un Adriano Celentano nelle vesti di Presidente della Repubblica. Per la prima volta un Presidente superpartes e oltre ogni forma di Potere.
Sarebbe bello, ma, come dicevo, purtroppo, non accadrà.
Luca Bagatin
Nessun commento:
Posta un commento