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domenica 31 marzo 2024

Pace - Paz - Paix - Peace - שָׁלוֹם - سلام - мир - 和平


Non sono cristiano, né cattolico.
Non amo le religioni e le considero assurdità pestilenziali.
Sono teosofo e i miei principi sono massonici e garibaldini, fin da quando ero ragazzino.
Non festeggio, pertanto, la pasqua.
Credo nella sacralità del dialogo e mi schiero dalla parte del buonsenso, della ragionevolezza e dell'amore universale, senza distinzioni!

Luca Bagatin

mercoledì 27 marzo 2024

"Pace Terra Dignità", una lista rosso-bianca per la democrazia in Europa. Articolo di Luca Bagatin

Michele Santoro non è mai stato nelle mie corde. Ha una storia politica e giornalistica molto diversa dalla mia e su un mucchio di cose la pensiamo diversamente.

Però penso sia in buona fede e penso che la lista che sta promuovendo per le elezioni europee – PACE TERRA DIGNITA' - abbia un buon programma. Uno di quelli che non si leggevano da anni.

Mi piace anche il simbolo, con al centro una colomba della pace. Io stesso fui candidato, due volte, moltissimi anni fa, con liste di area laico-socialista-ambientalista, con la colomba della pace per simbolo.

Un simbolo i cui colori prevalenti sono il rosso e il bianco.

I colori rosso e bianco, sono peraltro gli stessi del simbolo del pensatoio che lanciai nel 2013, “Amore e Libertà” (con al centro l'eroina dei Due Mondi Anita Garibaldi), e direi che hanno un significato molto profondo. Il rosso è il simbolo del socialismo e della passione; il bianco quello della purezza del cuore e della democrazia.

Nel 2019 pubblicai il saggio socio-politico “Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/490308/amore-e-liberta), che definii, non a caso, il manifesto del “rossobianchismo”. Un movimento politico e artistico socialista e democratico, contro ogni totalitarismo, per la democrazia autentica.

Nella lista promossa da Santoro vedo molto di quello spirito.

Che è uno spirito fatto di richiesta di pace, disarmo, promozione dei diritti sociali, speranza per un futuro che non riusciamo ancora a vedere.

Ci sono alcuni passaggi del programma di PACE TERRA DIGNITA' (leggibile interamente a questo link: https://michelesantoro.it/2024/03/per-un-programma-elettorale-di-pace-terra-dignita/), che vorrei qui sottolineare:

La Pace non solo è assenza di violenza delle armi e di pratiche di guerra, vuol dire non rapporti antagonistici né sfide militari o sanzioni genocide tra gli Stati, mettere la diplomazia al primo posto, implica prossimità e soccorso a tutti i popoli nei momenti di difficoltà”;

Noi non consideriamo la politica, nemmeno le elezioni, come lo scontro tra Amico e Nemico. Per questo partecipiamo ad esse non per vincere seggi ma per sottrarre l’Europa alla guerra e invitare tutte le forze politiche a riconoscersi in ciò che è essenziale per tutti e ad esplorare le strade verso un altro mondo possibile”;

Noi vogliamo un’Europa che sia un insieme di comunità pacifiche e aperte al mondo, indipendente, amica ma non succube degli Stati Uniti e di alcuna altra potenza, rispettosa delle diversità, protagonista in un mondo multipolare, non sottoposta al dominio di un sovrano assoluto che si arroghi la missione del guardiano universale.

Essa deve sottrarsi alla logica dei blocchi e del vassallaggio nei confronti del più forte, che sacrifica i propri agli interessi altrui. L’Europa deve collaborare con la Russia, con la Cina e i Paesi che compongono l’arcipelago dei Brics”.

Molti altri sono i punti interessanti.

E' lo spirito dei sinceri e autentici socialisti europei quali Mick Wallace, Jeremy Corbyn, Jean-Luc Mélenchon e George Galloway. Uno spirito democratico, laico e civile che ritrovavo nel Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi e nei valori di esponenti socialisti, azionisti e democratici quali Piero Calamandrei, Ferruccio Parri, Camillo Berneri, Mario Bergamo, i fratelli Rosselli, Mario Zagari, Luigi Mariotti e molti altri dei partiti laico-socialisti dei bei tempi andati, che hanno fatto parte della mia formazione intellettuale e politica.

Lo spirito della lungimiranza, della civiltà e della democrazia, che è andata perdendosi, in questi folli e irresponsabili anni, nell'Italia e nell'Europa di oggi.

Non so ancora se andrò a votare, alle prossime elezioni europee. Ciò che so è che PACE TERRA DIGNITA' merita una firma ed è forse l'unica lista che, se sarà presente, meriterà anche il voto.

Luca Bagatin

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lunedì 25 marzo 2024

L'Argentina in piazza contro le follie antidemocratiche di Milei. Articolo di Luca Bagatin

 

Che il Presidente liberal capitalista dell'Argentina, Javier Milei, sia un pericolo per la democrazia e la stabilità nel suo Paese lo si poteva capire sin dalla sua sgangherata discesa in campo, nell'autunno scorso.

Una discesa in campo contro il peronismo e il socialismo, che hanno saputo garantire, storicamente, democrazia, diritti civili, diritti sociali e stabilità, a differenza delle follie liberali e capitaliste che – laddove governano – portano unicamente distruzione e negazione della democrazia, in tutto il Mondo, dagli USA all'UE sino alla Russia putiniana liberal capitalista, appunto.

L'Argentina democratica e peronista, con in testa le Madri di Plaza de Mayo, è scesa in piazza, il 24 marzo scorso, marciando contro Milei, che sta distruggendo lo stato sociale argentino, smantellando l'apparato pubblico, oltre che negando l'esistenza della sanguinaria e terrorista dittatura militare che governò il Paese, dal 1976 al 1983. E ciò lo sta facendo persino con discutibili spot televisivi.

Decine di migliaia le persone scese in piazza – fra le quali attivisti per i diritti umani, sindacalisti, militanti peronisti e di sinistra, ma anche persone comuni - in difesa della democrazie nelle grandi città del Paese, con lo slogan “Never More” (Mai Più).

Milei giustifica le azioni dello Stato argentino durante il regime militare. Quello che ha fatto scomparire migliaia di dissidenti (i cosiddetti desaparecidos), rapito bambini, compiuto violenze e torture.

Quel regime antiperonista e antisocialista – retto dal criminale Jorge Videla – che solo negli Anni 2000, grazie alla Presidenza del peronista di sinistra Nestor Kirchner, fu dichiarato criminale e da perseguire (ben 1200 persone legate al regime militare furono condannate) e Videla – che non volle mai svelare l'identità delle sue vittime - fu condannato a due ergastoli e 50 anni di carcere.

Milei si permette di mettere in dubbio il terrorismo della dittatura militare e il numero dei desaparecidos, che furono almeno 30.000.

Milei giustifica quel regime criminale e sembra prepararne uno nuovo, il suo.

La Presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, la 93enne Estela de Carlotto (la cui figlia, Laura Estela Carlotto fu rapita e fatta sparire dal regime militare, mentre era in attesa di suo figlio, alla fine del 1977), ha dichiarato, che Milei “E' un personaggio strano. Facciamo qualcosa per fare in modo che cambi o che se ne vada via presto, una delle due cose”, aggiungendo che “Bisogna stancarlo affinché se ne vada”.

Cosa che i sinceri democratici di tutto il mondo dovrebbero augurarsi.

Purtroppo non sempre, anzi forse di rado, le elezioni cosiddette “democratiche” (ma davvero le elezioni sono uno strumento democratico, visto che nella Storia hanno portato al potere le peggiori dittature? La democrazia autentica, diretta, è un'altra cosa, direi) hanno portato al governo figure lungimiranti.

In Argentina solo il peronismo storico e quello più recente di sinistra, dei coniugi Nestor e Cristina Kirchner, ha saputo garantire quella democrazia sociale e civile di cui il Paese, tutta l'America Latina e tutti coloro i quali anelano alla democrazia, hanno bisogno.

La grande Evita Peron, all'indomani di una sconfitta disse: “Torneremo e saremo milioni”.

Luca Bagatin

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domenica 24 marzo 2024

Alcune riflessioni su Xianggang (detta Hong Kong). Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori (tratto da Bankimpresanews)

 

 
L’imperialismo nelle sue forme più orrende – che sono colonialismo e neocolonialismo – perde il pelo ma non il vizio.

Le recenti vicende relative all’approvazione di una legge da parte del Consiglio legislativo (parlamento) di Xianggang (storpiata dai colonialisti con lo scimmionesco nome di Hong Kong) sta scatenando la furia di molti occidentali. Essi non solo credono che Xianggang sia ancora una colonia britannica, ma quando si rinvengono che da ventisette anni è stata ceduta pacificamente e malvolentieri da Londra a Pechino, vorrebbero che l’Occidente continuasse a dettare le proprie regole in barba al popolo cinese, e agli stessi membri del Consiglio legislativo, espressione dei cittadini di Xianggang.

Facciamo un salto indietro e tuffiamoci nella storia per dire come mai il Porto Profumato d’Incenso sia finito nelle mani avide, sporche e insanguinate degli imperialisti britannici.

Tutto iniziò quando la Gran Bretagna mosse le due guerre dell’oppio (1839-42, 1856-60) per avere non solo la possibilità ma il diritto di esportare droga nell’Impero di Mezzo: l’Inghilterra prima pusher autorizzata dalla forza delle sue armi che servivano per vendere oppio ai cinesi – droga raffinata e perfezionata attraverso l’India, ridotta allo stato di appendice della regina Vittoria.

Hong Kong fu fondata come colonia dell’Impero britannico dopo che la dinastia Qing cedette l’isola di Xianggang nel 1841-1842 in conseguenza della perdita della prima guerra dell’oppio che umiliò l’Impero di Mezzo. La colonia si espanse nella penisola di Jiulong (Kowloon) nel 1860 e fu ulteriormente estesa quando il Regno Unito ottenne un contratto di locazione per 99 anni dei Nuovi Territori nel 1898.

Due anni dopo una forza multinazionale composta da: Austria-Ungheria, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti d’America sbarcò in Cina per reprimere la rivolta anticolonialimperialista dei Boxer. Ad essa seguirono numerosi abusi, uccisioni sommarie e stupri contro la popolazione civile cinese, nonché da saccheggi di oggetti d’arte (molti dei quali portati in Europa).

Quando le truppe alleate si trasferirono da Pechino nelle campagne della Cina settentrionale, giustiziarono un numero imprecisato di persone accusate o sospettate di essere o somigliare ai ribelli Boxer. Mentre gli alleati erano a Pechino, saccheggiarono i palazzi, gli yamen e gli edifici governativi, infliggendo una perdita incalcolabile di cimeli culturali, libri di letteratura e storia (incluso il famoso Yongle Dadian) e danni al patrimonio culturale (inclusa la Città Proibita), il Palazzo d’Estate, Xishan, e il Vecchio Palazzo d’Estate.

Furono saccheggiati più di tremila Buddha in bronzo placcato d’oro, 1.400 prodotti artistici e 4.300 bronzi nel tempio Songzhu. La placcatura d’oro sui serbatoi di rame davanti ai palazzi della Città Proibita fu raschiata via dalle truppe alleate, lasciando segni di graffi che possono essere visti anche adesso. Lo Yongle Dadian, compilato da 2.100 studiosi durante il periodo Ming Yongle (1403-1408), con un totale di 22.870 volumi, era stato parzialmente distrutto durante la seconda guerra dell’oppio nel 1860. Successivamente fu raccolto nel Palazzo Imperiale della strada di Nanchizi. Però fu trovato e distrutto completamente dall’alleanza nel 1900. Parte dello Yongle Dadian fu utilizzata per la costruzione di fortificazioni.

La Biblioteca completa dei quattro tesori (o Siku Quanshu) fu compilata da 360 studiosi durante il periodo Qing Qianlong. Raccoglieva 3.461 libri antichi, per un totale di 79.309 volumi. Una parte di questi fu distrutta nel 1860 durante la seconda guerra dell’oppio. Altri diecimila e più volumi furono devastati nel 1900 dall’Alleanza delle Otto Nazioni. L’Accademia Hanlin ospitava una collezione di libri preziosi, libri della dinastia Song, materiale letterario e storico e dipinti preziosi. L’Alleanza delle Otto Nazioni saccheggiò anche queste collezioni. Alcuni di questi libri, rubati al popolo cinese, restano tuttora custoditi con vergogna nei musei di Londra e Parigi, senza che nessun intellettuale chieda siano restituiti al popolo cinese-

L’alleanza fu sciolta dopo la firma, nel 1901, del protocollo dei Boxer – dopo due anni di combattimenti – accordo oggi compreso nei trattati ineguali imposti con la violenza.

E oggi gli eredi “multicolor” degli stessi imperialcolonialisti ladri, assassini, stupratori e grassatori, tornano con parola di libertà e democrazia: la loro, con la speranza di continuare a sfruttare Xianggang a proprio comodo e piacere.

Per quanto riguarda la nuova legislazione sulla salvaguardia della sicurezza nazionale a Xianggang, le incomprensioni e le polemiche di alcuni si concentrano principalmente su questi punti:

1) il processo legislativo è troppo veloce;

2) la nuova ordinanza è troppo severa e alcune disposizioni sono troppo ambigue, dando ampio spazio alle spiegazioni e conferendo così maggiori poteri alle forze dell’ordine;

3) la legge viola i principi dei diritti umani e può ostacolare le imprese straniere e mettere in pericolo gli stranieri che vivono a Xianggang;

4) la legge spinge ulteriormente Xianggang a perdere unicità e competitività nel mondo, rendendola una città che non ha alcuna differenza con le altre città della Cina continentale.

Rispondiamo:

1) Se c’è l’accordo dei membri del Consiglio legislativo non si capisce perché sia troppo veloce; è ridicolo specie a dirlo in Italia, ove i cittadini si lamentano per la lunghezza eccessiva degli iter giurisprudenziali, processuali e burocratici.

2) Non è di terzi giudicare la severità e il merito delle leggi di un altro Paese, ma è il suo popolo che si esprime attraverso le istituzioni rappresentative; e questo lo afferma il diritto internazionale; a meno di intervenire con bombardamenti umanitari e armi sofisticate per far cambiare idea ai popoli; del resto sì facendo eliminerebbero del tutto le forze dell’ordine a Xianggang come dai predetti auspicato.

3) La violazione dei diritti umani, il cui primo è la vita, va chiesta alla gente di Dresda, Hiroshima, Nagasaki; ai popoli di Vietnam, Iraq, Afghanistan e a quelli di Africa e di altre parti del mondo, quali carne da cannoni dell’industria bellica occidentale.

4) Perché i cinesi non dovrebbero renderla una città che non ha alcuna differenza con le altre città della Cina continentale? La risposta è molto semplice: affinché resti un’enclave dell’imperialismo, o addirittura si trasformi in una base militare della NATO. Xiannang è cinese, ma gli imperialisti desiderano che resti tale solo in ristoranti, cartoline e souvenir per occidentali in vacanza alla ricerca di emozioni, e per gli affaristi-militaristi dal volto “umano” e “democratico”.

Questa legislazione salvaguarda la sicurezza nazionale è in linea con la pratica internazionale. Tutti i Paesi del mondo attribuiscono grande importanza alla legislazione sulla sicurezza nazionale, la quale è legata alla sopravvivenza di uno Stato. Xiannang è una Regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare della Cina – e non di altri e ha la responsabilità costituzionale di salvaguardare la sicurezza nazionale.

Attraverso la legislazione dell’Articolo 23 della Legge fondamentale, Xianggang può integrare le disposizioni legali locali relative alla sicurezza nazionale, assorbire le nuove disposizioni internazionali sui crimini legati alla sicurezza nazionale e costruire un sistema giuridico completo per salvaguardare la sicurezza nazionale. Solo in questo modo e senza interferenze esterne, Xianggang potrà acquisire fiducia, sviluppare la propria economia in tutta tranquillità e mantenere prosperità e stabilità a lungo termine.

La sicurezza nazionale è la pietra angolare dello sviluppo di Xianggang, in quanto non ci sarà alcun conflitto tra la sicurezza nazionale e gli interessi pubblici. La ragione è semplice: non esiste alcun interesse pubblico in questo mondo che possa mettere in pericolo la sicurezza nazionale. Se mette in pericolo la sicurezza nazionale, non può nell’interesse pubblico.

L’Articolo 23 della Legge fondamentale aggiunge alcuni crimini in base alle esigenze della situazione attuale: è lungimirante e dovrebbe fornire un supporto importante per il mantenimento di un buon governo e di un lungo periodo stabilità a lungo termine a Xiannang.

La legislazione dell’Articolo 23 costruisce un forte muro di sicurezza nazionale e colma alcune lacune legali. In particolare, la modifica di alcune leggi esistenti, la conversione di alcuni crimini di common law in leggi statutarie e la creazione di effetti extraterritoriali non daranno agli elementi anti-cinesi e di disturbo alcuno spazio per prendere piede a Xianggang, e qui è chiaro come la città si tuteli contro le rivoluzioni colorare eterodirette, i cui fallimenti stanno seminando morte in Europa orientale.

L’Articolo 23 della Legge fondamentale di Xianggang è chiaro e stabilisce: «La Regione amministrativa speciale di Xianggang deve emanare una propria legislazione per vietare qualsiasi atto di tradimento, secessione, sedizione, sovversione del governo popolare centrale e furto di segreti di Stato, e vietare che organizzazioni o gruppi politici conducano attività nella regione amministrativa speciale di Xianggang, vietando a organizzazioni o gruppi politici nella regione amministrativa speciale di Xiannang di stabilire legami con organizzazioni o gruppi politici stranieri». Ossia impedire interventi dall’estero che mettano in pericolo la sicurezza nazionale e organizzazioni che si impegnino in attività che pregiudichino la sicurezza nazionale

Il governo di Xianggang ha promosso la legislazione dell’Articolo 23 il 30 gennaio e ha lanciato una consultazione pubblica durata un mese, durante la quale sono pervenuti più di 13.000 pareri, di cui il 98,64% ha espresso sostegno e pareri positivi. Su questa base il governo di Xianggang ha elaborato il progetto di legge e lo ha presentato al Consiglio legislativo per la revisione.

I regolamenti inerenti le nuove disposizioni legislative hanno studiato e assorbito un gran numero di disposizioni e precedenti di common law, mantenendo la coerenza e la sincronizzazione delle legislazione sulla sicurezza nazionale con i principali Paesi e regioni di common law; il suo quadro criminale e il suo sistema punitivo sono scientificamente ragionevoli, comparabili e compatibili con la legge sulla sicurezza nazionale e possono essere utilizzati come riferimento per le aree in cui è applicabile la common law. Le nuove norme dispongono di sufficienti preparativi preliminari, di una buona base di opinione pubblica e di un elevato grado di consenso sociale e costituiscono un punto di riferimento significativo per una legislazione di alta qualità nella regione amministrativa speciale.

Tutti i ceti sociali di Xianggang riconoscono generalmente che solo completando la legislazione locale sull’Articolo 23 e migliorando ulteriormente il sistema istituzionale della Regione amministrativa speciale per la salvaguardia della sicurezza nazionale sarà possibile garantire la prosperità e la stabilità di Xianggang e l’attuazione a lungo termine del principio «un Paese, due sistemi».

La politica «un Paese, due sistemi» contribuisce a salvaguardare i diritti e le libertà legittimi dei residenti di Xianggang e di altri cittadini in conformità con la legge ed è favorevole al mantenimento della prosperità e della stabilità a lungo termine della Regione amministrativa speciale di Xianggang.

Quello che è definito il «muro protettivo» della prosperità e della stabilità garantirà uno sviluppo di alta qualità con un alto livello di sicurezza e ampie prospettive di governance, e la prosperità a Xianggangsarà maggiormente favorita.

Il sistema di sicurezza nazionale e stato di diritto costituiranno ulteriormente un deterrente legale per le forze di intervento esterno, e contribuiranno a rafforzare la fiducia e l’identità della società di Xianggang nello stato di diritto; miglioreranno la fiducia degli investitori e consolideranno il riconoscimento internazionale di Xiannang e delle funzioni di servizio globale quale centro finanziario internazionale, ottimizzando il libero ambiente imprenditoriale e il meccanismo di promozione di Xianggang nel mondo 

Giancarlo Elia Valori

Il 24 marzo 1999 la NATO - benedetta dalle pseudo sinistre occidentali - bombardò la Jugoslavia. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 24 marzo 1999, la Repubblica Federale di Jugoslavia fu bombardata per 78 giorni da parte della NATO, con la benedizione, in Italia, del governo di pseudo centrosinistra presieduto da Massimo d'Alema, in Gran Bretagna da quello pseudo laburista di Blair e in Germania da quello pseudo socialdemocratico di Schroder.

Il tutto orchestrato dal pseudo democratico Bill Clinton.

Il tutto, peraltro, senza l'autorizzazione delle Nazioni Unite.

Causando circa 3000 vittime civili, fra cui centinaia di bambini.

Fu l'apice della triste vicenda di disgregazione della Jugoslavia, una terra che, con il Maresciallo Josip Tito Broz, aveva unito nel socialismo, nell'antifascismo e nell'autogestione delle imprese, popoli diversi, che vissero fraterni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale sino almeno agli Anni '80.

Finché i nazionalismi, fomentati anche dall'Occidente liberale, ma non democratico, esplosero e generarono una crisi senza precedenti. Che vedremo e vediamo ancora oggi ad Est, nei Paesi che un tempo erano uniti, nel socialismo, nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Bettino Craxi, da Hammamet, scrisse, in merito, parole molto lucide (che si possono trovare nel saggio edito da Mondadori “Bettino Craxi. Uno sguardo sul mondo. Appunti e scritti di politica estera”):

I bombardamenti dell’aviazione americana ed inglese, almeno sino ad ora, sembrano da qualche tempo il bastone con il quale ci si industria a governare le situazioni distorte che si presentano nel mondo. Le bombe dovrebbero essere la soluzione miracolosa destinata a distruggere il male e a far rifiorire il bene. Di bombardamenti del resto, solo nell’ultimo anno, se ne possono ormai elencare non pochi. Si sa tutto di loro e dei loro bagliori, si sa poco o nulla dei risultati che le imprese della più grande, moderna, e sofisticata aviazione del mondo abbiano potuto ottenere […]

Questa situazione terribilmente intricata verrà risolta a colpi di bombe? Molto difficile. Le bombe provocheranno altri disastri ed altre vittime ed apriranno la strada a nuovi conflitti ed ad una estensione pericolosa delle reazioni e delle contro reazioni. Ripetiamo ciò che ha detto dall’alto della sua esperienza ed anche della sua saggezza un ufficiale italiano, una medaglia d’oro, che non può essere accusato di essere un pauroso. Il mito dell’arma aerea, come provano i fatti, potenza risolutrice, è giustappunto un mito. Se si dovesse passare allo scontro umano si toccherebbe un fondo che si sperava ormai estraneo alla storia delle nazioni europee. La politica e la diplomazia, senza il continuo rincorrersi di minacce e di ultimatum, debbono trovare la forza e la strada per giungere ad imporsi. La politica e la diplomazia non possono dichiarare fallimento. La bomba può essere considerata la via facile ma la pace continuerebbe ad essere difficilissima […]

Purtroppo gli italiani sono già alla frontiera. Il governo aveva detto così anche per l’aviazione. La Serbia aveva rotto le relazioni diplomatiche con tutti i Paesi della NATO tranne che con l’Italia. Era un ponte diplomatico che bisognava avere il coraggio di usare. Per tutta risposta abbiamo inviato i nostri aerei a bombardare, coprendoci sotto la formula della «difesa integrata» alla quale non crede nessuno”.

Parole validissime tanto ieri, quanto oggi.

Ennesima dimostrazione che un autentico statista, socialista e democratico come Craxi ci aveva visto giusto.

Un Craxi ingiustamente vilipeso da post e pseudo comunisti e post fascisti italiani, entrambi al governo negli anni successivi alla sua liquidazione, con tanto di benedizione da parte di quei poteri forti che lo detestavano, in quanto egli si pose sempre contro ogni forma di dittatura, dogmatismo, di fondamentalismo, di privatizzazione selvaggia e fu sempre in favore della sovranità nazionale, di ogni popolo.

Non parliamo poi delle conseguenze che ebbero a subire i militari italiani che, negli anni, si ammalarono e morirono a causa dell'uranio impoverito usato in Jugoslavia nel 1999.

Nella Serbia di oggi, il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), pur non rappresentato in Parlamento, ma che raccoglie l'eredità di Tito Broz e di tutti i comunisti e socialisti democratici di quelle terre, rende ogni anno omaggio alle vittime dei bombardamenti NATO, presso il monumento “Eternal Flame” di Nuova Belgrado.

La NATO allora, come oggi, non difendeva gli interessi del popolo serbo o albanese, ma esclusivamente dei grandi capitalisti dei Paesi membri di questa alleanza criminale”, scrissero i comunisti jugoslavi in un comunicato sul loro sito web.

E i comunisti jugoslavi hanno ricordato come la NATO abbia attaccato Paesi sovrani, laici e socialisti come la Libia e la Siria, oltre che continua a sostenere l'attuale conflitto in Ucraina, senza ricercare una soluzione pacifica, cosa che, invece, un Paese socialista come la Cina (oltre che il Brasile di Lula e la diplomazia del Vaticano) – aperto al dialogo e al commercio con tutti i Paesi - cerca di fare.

Luca Bagatin

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giovedì 21 marzo 2024

Il socialismo della coerenza di Pietro Longo. Un ricordo di un'epoca che non esiste più. Articolo di Luca Bagatin

 

Recentemente ho avuto modo di ritrovare una raccolta di discorsi parlamentari e scritti politici dell'On. Pietro Longo, già ex Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano ed ex Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica del primo governo Craxi.

Una raccolta dal titolo “Il socialismo della coerenza”, edito da Sugarco nel 1984, con prefazione di Giuseppe Saragat e curato dal saggista e storico Antonio G. Casanova.

Pietro Longo, oggi, ha quasi 90 anni, ma nessuno parla più di lui, né lo si è più visto in giro, da moltissimo tempo.

Vittima illustre del falso scandalo P2 (come lo definì il prof. Aldo A Mola) e della falsa rivoluzione di Tangentopoli (come la definì Bettino Craxi), fu fra quei politici di lungo corso che finirono per ritirarsi, dal 1993 in poi, a vita privata.

Dall'anno orribile, 1993.

L'anno a partire dal quale verranno sdoganate, al governo, le estreme destre e le estreme sinistre, le leghe, i comici in politica, le grande imprese e i Poteri forti nazionali e internazionali. L'anno che segnerà, per sempre, la fine di quasi cinquant'anni di democrazia in Italia, fondata sull'asse fra le forze della democrazia cristiana e quelle della democrazia laica e socialista.

Esponente di spicco di queste ultime, proprio Pietro Longo.

Nato a Roma, classe 1935, figlio della partigiana socialista molisana Rosa Fazio Longo (una delle prime attiviste femministe e una delle prime a seguire Pietro Nenni nella scelta di condanna dell'invasione sovietica in Ungheria, nel 1956), iscritto alla Federazione Giovanile Socialista nel 1951 e partecipe, da quel periodo, alle lotte di lavoratori delle campagne per la riforma agraria contro il latifondo nel Mezzogiorno.

Laureato in giurisprudenza, fu fra i fondatori, nel 1964, del CENSIS, importante istituto di ricerca socio-economica.

Segretario particolare del leader socialista Pietro Nenni, Longo fu nominato capo della sua Segreteria politica, dal 1964 al 1968, gli anni nei quali Nenni ricoprì la carica di Vicepresidente del Consiglio e fu eletto deputato, per la prima volta, nel 1968, nelle file del Partito Socialista Unitario (PSI – PSDI Unificati).

Nel 1969, alla scissione del PSU, partecipò alla ricostruzione del PSDI (nella corrente di sinistra denominata “Democrazia socialista) del quale, nel 1972, fu eletto Vicesegretario nazionale e, dal 1978 al 1985, fu eletto Segretario nazionale, con Giuseppe Saragat Presidente del partito.

Nel febbraio 1989, assieme ad altri esponenti del PSDI favorevoli ad una fusione con il PSI di Bettino Craxi, fra i quali Pier Luigi Romita, diede vita al movimento Unità e Democrazia Socialista (UDS) che, nell'ottobre dello stesso anno, confluì nel PSI e Craxi fece entrare Longo nella Direzione Nazionale del partito.

Il saggio che ho ritrovato - “Il socialismo della coerenza” - è particolarmente interessante in quanto ricorda – attraverso le note introduttive del prof. Casanova e le parole di Pietro Longo - ciò che fu il socialismo italiano ed europeo degli anni d'oro, quando ancora esisteva.

Si parte dagli esordi istituzionali di Pietro Longo, quando negli Anni '60 scelse di aderire alla corrente autonomista di Nenni, autonoma e contrapposta tanto alla “chiesa” democristiana che a quella comunista. Per la costruzione di un socialismo democratico che andasse oltre i blocchi contrapposti, capace di divenire leader non solo delle forze di democrazia laica dell'epoca, ma anche di una sinistra democratica e riformista, comprendente tanto i socialisti, che i socialisti democratici e i repubblicani, capace di garantire il diritto alla casa, alla pensione, alla scuola e alla sanità pubblica gratuita per tutti e al contempo di snellire l'apparato burocratico statale.

E' particolarmente interessante un passaggio di Longo, al XV Congresso del PSDI del 1971, nel quale egli parla di salario minimo garantito. E' interessante, perché di questa scottante tematica già si parlava cinquant'anni fa e a parlarne furono, per primi, i socialisti.

In quel passaggio, Longo, spiega come il primo a proporre il salario minimo garantito (che molti, ancora oggi, vorrebbero negare, in Italia!), fu il Segretario del PSU Mauro Ferri (nominato poi giudice costituzionale dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel 1987), nel 1969.

Nello stesso discorso congressuale, Longo, parla – nell'ambito della riforma delle Regioni - di introdurre forme di democrazia diretta in modo da garantire “una più consapevole partecipazione di tutti i cittadini alle scelte degli indirizzi politici, dei partiti e degli uomini che li rappresentano”.

Molto interessante l'articolo “Questioni di dottrina socialista”, riportato nel testo, che risale al numero speciale della rivista “Ragionamenti”, del 1975.

In tale articolo, Pietro Longo, illustra ed esalta i valori umanistici e libertari del marxismo, ma li contrappone ai principi leninisti e stalinisti, che portarono l'URSS e molti Paesi del Patto di Varsavia a negare le libertà necessarie allo sviluppo di un socialismo effettivo e realizzato.

Non mancano le critiche di Longo al capitalismo e in particolare egli scrive: “il capitalismo presenta inadempienze clamorose nella ripartizione delle ricchezze e dei consumi, nella soddisfazione dei bisogni e nella politica sociale”.

Egli esalta, nello stesso articolo, le conquiste sociali del periodo, quali il divorzio e l'avanzare della libertà sessuale, nonostante il clericalismo culturale imperante in Italia. Purtroppo riscontra anche due mancanze: il fatto che la famiglia “non è interamente fondata sulla permanente libertà di scelta” e che “siamo ancora molto indietro nell'attuazione istituzionalizzata delle forme di democrazia diretta”.

Questo punto, rimarcato più volte negli scritti e discorsi di Pietro Longo, è particolarmente importante, in quanto – nonostante nella Storia della Repubblica italiana nessuno sia riuscito a introdurre effettive forme di democrazia diretta (e sicuramente non lo sono i pastrocchi online proposti dai Cinque Stelle) – i primi a volerle promuovere e introdurre furono proprio i socialisti.

E, accanto alla democrazia diretta, Pietro Longo, nei suoi scritti, parla spesso di un altro principio democratico e sociale, ovvero di autogestione economica (sull'esempio della Svezia e della Jugoslavia dell'epoca), cioè la necessità che i lavoratori diventino proprietari effettivi del proprio lavoro, come peraltro prevede da sempre la dottrina socialista, per l'emancipazione della classe lavoratrice.

In tal senso egli scrisse, nel 1978: “La lotta che noi conduciamo attualmente in Italia è la lotta per reintrodurre nella società e nella realtà economica il momento della responsabilità, dopo che l'ipertrofia dell'assistenzialismo e l'esplosione del rivendicazionismo hanno portato all'attuale deresponsabilizzazione. Quando noi studiamo i possibili progetti di “autogestione”, di “cogestione”, sulla scia di sperimentazioni condotte in altri Paesi europei, non facciamo altro che cercare le vie di un disegno di responsabilizzazione di tutta la società civile, quindi anche a livello della classe lavoratrice, anche delle categorie del lavoro manuale. Noi ci battiamo, cioè, perché, in un quadro di libertà, tutte le componenti della società diventino in un certo senso “ceto medio”.

Pietro Longo, nei suoi scritti e discorsi, peraltro, ricorda come i socialisti democratici – pur ancorati all'Occidente - abbiano sempre promosso un mondo pacifico e multipolare e come avessero un ottimo rapporto con quei Paesi socialisti non appiattiti nei confronti dell'URSS, quali la Romania socialista di Nicolae Ceausescu e la Jugoslavia del Maresciallo Josip Tito Broz, che Longo ricorda per aver saputo “difendere l'indipendenza e la sovranità nazionale creando le basi di un interessante tipo di sviluppo della società, verso la quale è viva la nostra attenzione”.

Da non dimenticare anche la stretta amicizia fra Longo e il leader socialdemocratico tedesco Willy Brandt, di cui egli scrive: “La relazione e l'opera di Willy Brandt si collocano sulla scia di questa grande tradizione che dal punto di vista dei principi discende dal socialismo riformista e democratico che si è sviluppato nei decenni passati soprattutto in alcune nazioni dell'Europa occidentale. (…). Un socialismo democratico e libertario che ha sempre denunciato e combattuto gli egoismi e gli avventurismi del sistema capitalistico, contro le dittature militari e fasciste, contro il colonialismo economico e contro il sistema internazionale fondato sullo sfruttamento di alcuni popoli a vantaggio di altri”.

Un socialismo che, aggiungerei, non esiste più dal 1993, in tutta Europa.

Perché non esistono più quei grandi leader, che furono, a vario titolo, defenestrati (come Craxi, lo stesso Longo e molti altri) o sono morti (come Brandt e Mitterrand).

Ci rimangono le testimonianze, gli scritti, i libri e la memoria di chi avrà il piacere della ricerca di un'epoca che, almeno in Europa, non tornerà purtroppo mai più.

Luca Bagatin

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Bettino Craxi e Pietro Longo

mercoledì 20 marzo 2024

18 marzo 1871. A Parigi nasceva la "Comune", ovvero il primo governo socialista della Storia. Articolo di Luca Bagatin

Louise Michel

Il 18 marzo 1871, i quartieri popolari di Parigi insorsero e istituirono, per la prima volta nella Storia, un governo socialista autogestionario. Ovvero il primo tentativo di istituire un autogoverno operaio, edificato direttamente dalla classe proletaria per la classe proletaria medesima.

Fu, in sostanza, il primo esempio di rivoluzione proletaria e operaia della Storia. Il primo governo comunista, potremmo dire.

Lontana dalla liberale Rivoluzione Francese del 1789, che pose al governo la classe borghese e liberal-capitalista, la Comune di Parigi anticipò la Rivoluzione Russa del 1905 e la grande Rivoluzione Sovietica del 1917.

Rivoluzione e rivoluzioni che, per la prima volta nella Storia, si contrapposero non solo all'oligarchia monarchica, ma anche alla borghesia sfruttatrice e al totalitarismo liberale, ancora oggi imperante in tutta Europa e nei Paesi capitalisti.

La Parigi del 1871, già provata dall'insensata guerra franco-prussiana che vide la sconfitta di Napoleone III, insorse e organizzò le prime barricate armate.

Per la prima volta nella Storia, i cittadini presero così il potere, scacciando il governo liberal-borghese di Adolphe Thiers, adottando il colore rosso quale propria bandiera e dichiarando costituita una Repubblica socialista. La Comune di Parigi, appunto, il cui Consiglio fu eletto il 28 marzo.

La Comune, fondata su principi di democrazia sociale e municipale, proclamò – fra le altre cose - la parità di salario fra uomini e donne; promosse l'istruzione femminile; garantì un alloggio per tutti; introdusse norme a tutela del lavoro; garantì libertà di stampa e di parola e la laicità assoluta dell'autogoverno costituitosi.

Purtroppo, come l'esperienza mazziniana della Repubblica Romana del 1849 e quella d'annunziana di Fiume del 1920, altri esempi di profonda democrazia diretta e socialismo autogestionario e laico, anche la Comune di Parigi ebbe vita breve e fu soppressa nel sangue nel maggio 1871, da parte del governo francese, causando un eccidio di almeno 20.000 comunardi in una settimana.

Fra gli eroi della Comune, merita un particolare ricordo l'anarchica e socialista Louise Michel (1830 – 1905). Insegnante e scrittrice, Louise Michel, fu infatti una delle più fervide combattenti fra le barricate.

Con l'accusa di istigazione alla guerra civile e al colpo di Stato, Loiuse fu successivamente condannata alla deportazione e incarcerata per vent'anni.

Tornò in Francia nel 1880 e non smise mai di fare politica, sostenendo l'ideale socialista autogestionario. Nel 1904, un anno prima di morire, sarà iniziata in Massoneria nella Loggia di Rito Scozzese Antico ed Accettato “La Philosophie Sociale”.

E' ancora oggi ricordata, come la Comune di Parigi stessa, da tutti i movimenti di ispirazione socialista, autogestionaria e anticapitalista del mondo.

Luca Bagatin

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Louise Michel

Il nuovo corso della globalizzazione teorizzata dal Presidente Xi Jinping dal vertice dei Paesi BRICS di Johannesburg. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori (tratto da Bankimpresanews)


Tratto da: https://www.bankimpresanews.com/riflessione-elia-valori/2024/03/18/45860_il-nuovo-corso-della-globalizzazione-teorizzata-dal-presidente-xi-jinping-dal-vertice-di-paesi-brics-di-johannesburg/

Il  vertice  dei BRICS di Johannesburg, tenuto dal 21 al 24 agosto 2023 è stato una pietra miliare nella costruzione di un partenariato, tra gli Stati aderenti, più completo, più stretto, pragmatico e inclusivo il cui scopo è raggiungere uno sviluppo globale più forte, più verde e più sano.
I Paesi BRICS diventeranno un’importante piattaforma per unire gli sforzi e il brainstorming, che contribuirà a migliorare il meccanismo di cooperazione per far uscire l’economia mondiale dalle difficoltà innestando una nuova era di sviluppo.

Compongono il BRICS importanti Paesi, definiti in via di sviluppo, che rappresentano una forza trascinante che non può essere ignorata nell’economia mondiale visto il potenziale ruolo di guida, che potrebbero svolgere, nella crescita economica e commerciale nella propria area di riferimento regionale come pure a livello internazionale. Vi sono ardenti speranze di rafforzare la cooperazione con i Paesi BRICS, in maniera da aderire al vantaggio reciproco e ai conseguenti risultati condivisi.

Infatti, il meccanismo di cooperazione BRICS risponde alle aspettative dei Paesi con mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo nella promozione della pace e dello sviluppo globale.
Ci riferiamo a Stati che, a detta di molti, sono una forza decisiva sulla scena internazionale e potrebbero essere il volano della ripresa della situazione economica globale.

I BRICS svolgerebbero un ruolo fondamentale per accelerare l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile ed elevare la cooperazione BRICS a un livello più alto di quello attuale è, di fatto, attesa con impazienza. Gli stessi membri originari, come pure quelli di recente adesione, discutono pienamente riguardo il rafforzamento del coordinamento e promuovono la cooperazione in molti campi come la finanza, l’economia e il commercio, l’innovazione scientifica e tecnologica, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive.
Attualmente, la ripresa economica globale è fragile e debole, il divario di sviluppo si sta ampliando e sfide come il cambiamento climatico e la governance digitale sono di importanza tale da indurre la comunità internazionale a prendere atto della necessità di una azione comune.

Nell’ambito del meccanismo di cooperazione, il presidente cinese Xi Jinping ha proposto il modello “BRICS+”, che ha ricevuto sostegno attivo e risposta entusiasta da tutte le parti coinvolte: in estrema sintesi si valorizza il significato di questo nuovo gruppo esteso.
Kritan Bahana, caporedattore della rivista sudafricana «Foreign Affairs» ha affermato che l’espansione dei BRICS non solo dimostra l’immagine aperta e inclusiva di questi Paesi, ma lo stesso risponde anche alle aspettative dei mercati emergenti e in via di sviluppo, e contribuisce a migliorare la rappresentatività e l’influenza di tali Paesi, nonché, a fornire maggiori contributi alla pace e allo sviluppo nel mondo.

Nel rispetto di questo modello, i Paesi BRICS continueranno ad espandere la loro influenza, ad approfondire la cooperazione e diventeranno, persino, una delle forze più importanti nella promozione della crescita economica mondiale e nel miglioramento delle relazioni geopolitiche globali.

L’espansione dell’adesione ai BRICS non solo contribuisce a promuovere l’apertura e l’inclusività della cooperazione, ma favorisce anche un ulteriore rafforzamento della voce dei Paesi in via di sviluppo attraverso la cooperazione Sud-Sud e la promozione della prosperità e della stabilità di ciascun membro della comunità internazionale.

I Paesi BRICS, inoltre, perseguono il concetto di cooperazione aperta e inclusiva e attirando un numero crescente di partecipanti dimostrano, di fatto, che la grande iniziativa di costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità è corretta e va attuata in via tempestiva. Il modello “BRICS+” arricchisce la connotazione della cooperazione tra i Paesi e i popoli, espande la rete di partenariato globale e rafforza la solidarietà e la cooperazione tra i predetti Paesi e ulteriori mercati. Il meccanismo di cooperazione suddetto si conforma al mondo con la tendenza allo sviluppo della multipolarizzazione e della globalizzazione economica, quindi ci si attende che i Paesi BRICS diano nuovi e maggiori contributi alla promozione della creazione di un nuovo ordine politico ed economico internazionale che sia più giusto, uguale, equo e democratico.

Tutto questo perché il meccanismo di cooperazione BRICS è un’importante piattaforma per la cooperazione. Quanto più il meccanismo di collaborazione BRICS si sviluppa, tanto più esso potrà rafforzare il potere della pace mondiale e dello sviluppo e, maggiormente, sarà in grado di svolgere un ruolo più vasto nella salvaguardia degli interessi di tutti i Paesi intendendo sia quelli dentro che fuori il gruppo e di quelli in via di sviluppo.

Ultimamente la comunità internazionale ha prestato molta attenzione all’espansione dei BRICS. Dal 1° gennaio di quest’anno Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Iran sono diventati membri ufficiali dei BRICS e il numero degli Stati membri è aumentato da cinque a dieci. All’ampliamento, i BRICS acquisiranno maggiore visibilità e una loro più
intensa cooperazione svolgerà un ruolo decisivo nella promozione della pace e dello sviluppo nel mondo e della salvaguardia comune.

Il presidente Xi Jinping ha sottolineato: «Stando al bivio della storia, non dobbiamo solo guardare indietro al passato e ricordare il motivo per cui i Paesi BRICS sono partiti; ma dobbiamo anche guardare insieme al futuro e lavorare insieme per costruire un sistema più globale, un partenariato più stretto, pragmatico e inclusivo di alta qualità per iniziare assieme un nuovo viaggio di cooperazione BRICS».

La cooperazione BRICS ha trasceso la vecchia routine delle alleanze politiche e militari, ha stabilito un nuovo rapporto di partenariato senza legami bellici, privo di linee di divisione imperniate sull’ideologia o sulle esigenze del commercio unipolare e ha intrapreso un nuovo percorso di rispetto reciproco e progresso comune. Il vecchio concetto di “chi vince prende tutto” è stato implementato nel nuovo concetto di vantaggio reciproco e di cooperazione fruttifera per tutti. I Paesi BRICS hanno raggiunto un consenso sulla cooperazione in molteplici campi, iniettando più stabilità ed energia positiva nella turbolenta situazione internazionale.

Essendo il Paese con il più grande aggregato economico tra i Paesi BRICS, la Repubblica Popolare della Cina aderisce al concetto di vantaggio reciproco, vantaggio per tutti e sviluppo comune. Lavora con tutte le parti per estendere il vantaggio economico comune, consentendo ad un congruo gruppo di Paesi di viaggiare sul treno dello sviluppo economico condividendone i frutti. La Repubblica Popolare della Cina continua a promuovere l’estensione della cooperazione BRICS a un ambito più ampio e a un livello più profondo, rafforzando la resilienza e la vitalità della cooperazione concreta tra questi Paesi.

Negli ultimi sei anni, il modello di cooperazione BRICS ha continuato ad approfondirsi ed espandersi, diventando un paradigma per i Paesi con mercati emergenti e i Paesi in via di sviluppo al solo scopo di portare avanti la cooperazione Sud-Sud e raggiungere l’autosufficienza congiunta. Dall’innovazione scientifica e tecnologica agli scambi culturali fino allo sviluppo sostenibile, le molteplici attività BRICS attraversano tantissimi campi e, man mano, costruiscono una nuova piattaforma di cooperazione.

Cambiamenti, di tal fatta, grandi e sinora mai visti in un secolo richiedono storici mutamenti nella governance globale. Il meccanismo BRICS rifornirà un ampio palcoscenico affinché un numero maggiore di Paesi con mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo partecipino al dialogo e alla cooperazione multilaterale, diventando un fattore indispensabile nel rafforzamento della solidarietà del nostro pianeta.

Quest’anno ricorre l’undicesimo anniversario della proposta del presidente Xi Jinping di costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Di fronte ai più grandi cambiamenti mondiali, mai visti in un secolo Egli ha proposto, in modo creativo, il concetto di costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità, indicando la strada per lo sviluppo futuro del mondo e fornendo soluzioni alle sfide comuni.

Negli ultimi dieci anni, la teorizzazione della costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità si è trasformata da concetto ad azione e da visione a realtà. La Repubblica Popolare della Cina invita la comunità internazionale a praticare un vero multilateralismo, a salvaguardare il sistema internazionale con le Nazioni Unite al centro, a sostenere le stesse Nazioni Unite nell’ambito degli affari internazionali, a promuovere lo sviluppo e il miglioramento del sistema di governance globale e a costruire congiuntamente una comunità con un futuro condiviso per l’umanità.

La sicurezza è il bisogno umano più fondamentale e il bene pubblico internazionale è quello più importante. Al momento, le questioni scottanti si verificano frequentemente, i conflitti geopolitici si intensificano e il bullismo imperialista unilaterale dilaga. La comunità internazionale ha bisogno di pace anziché di guerra, di fiducia anziché di sospetto, di unità anziché di divisione e di cooperazione anziché di confronto. La Repubblica Popolare della Cina accoglie con favore la “Nuova agenda di pace” proposta dal Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ed è disposta ad avere una comunicazione approfondita con tutte le parti ed acquisire consenso su questi punti.

Il presidente Xi Jinping ha proposto un’iniziativa di sicurezza globale, sostenendo un concetto di sicurezza comune, globale, cooperativo e sostenibile; aderendo al rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi; accogliendo gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite; prestando attenzione alle legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi e concordando su soluzioni pacifiche attraverso il dialogo e la consultazione. Questo vuol dire risolvere le differenze e le controversie tra i Paesi, insistere sul coordinamento del mantenimento della sicurezza nelle aree tradizionali e non tradizionali.

La Repubblica Popolare della Cina sostiene fermamente una soluzione politica alla crisi ucraina. La sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi dovrebbero essere salvaguardate, gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite dovrebbero essere osservati, le legittime preoccupazioni di tutte le parti in materia di sicurezza dovrebbero essere prese sul serio e tutti gli sforzi volti alla risoluzione pacifica della crisi dovrebbero essere supportati.

La Repubblica Popolare della Cina sostiene il mantenimento della pace e della stabilità nella Penisola coreana, il raggiungimento della denuclearizzazione, l’istituzione di un meccanismo di pace, la risoluzione dei problemi attraverso il dialogo e la consultazione e la risposta alle legittime preoccupazioni di tutte le parti in modo equilibrato. Nella situazione attuale, le parti interessate dovrebbero rimanere calme e sobrie, lavorare duro per allentare la situazione, compiere sforzi e creare le condizioni per la ripresa del dialogo, invece di ossessionarsi con sanzioni e pressioni, intensificando i conflitti ed esacerbando le tensioni. La Repubblica Popolare della Cina ha promosso attivamente i colloqui di pace ed è disposta a collaborare con la comunità internazionale per svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere il processo di risoluzione politica della questione della Penisola in conformità con l’approccio del “doppio binario” e il principio del progresso graduale e simultaneo.

La Repubblica Popolare della Cina invita la comunità internazionale a rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Afghanistan, ad aderire al principio di «leadership e potere afgano», a mantenere i contatti e il dialogo con l’Afghanistan su questa base, a continuare a fornire assistenza umanitaria e allo sviluppo all’Afghanistan, e sostenere l’integrazione dell’Afghanistan nell’interconnessione regionale e nel processo di integrazione economica, per rafforzare le capacità di sviluppo indipendente e sostenibile e guidare e promuovere positivamente la governance inclusiva e stabile dell’Afghanistan, la risoluta lotta al terrorismo, per consolidare l’amicizia con i Paesi stranieri.

I Paesi interessati dovrebbero imparare lezioni dai cambiamenti in Afghanistan, abbandonare i “doppi standard” sulle questioni antiterrorismo, restituire incondizionatamente le risorse all’estero di proprietà dell’Afghanistan, revocare le sanzioni unilaterali contro l’Afghanistan e intraprendere azioni reali per adempiere alle proprie responsabilità per la ricostruzione e lo sviluppo dell’Afghanistan.

La Repubblica Popolare della Cina sostiene la soluzione politica delle questioni legate ai punti caldi della questione nucleare iraniana, la Siria, il Sudan, la Libia e lo Yemen, e sostiene i Paesi del Medio Oriente nell’esplorare in modo indipendente percorsi di sviluppo, lavorare insieme per risolvere i problemi di sicurezza regionale e mantenere pace e stabilità regionale a lungo termine.
La Repubblica Popolare della Cina sostiene i Paesi africani nella soluzione delle questioni del Continente nel rispetto delle leggi del luogo, promuovendo il ripristino della pace e della stabilità e supportando il percorso di modernizzazione scelto, in modo indipendente, dai Paesi e dai popoli africani. È necessario sostenere l’Africa quando parla con una sola voce negli affari internazionali e nel miglioramento continuo del suo status internazionale.

La Repubblica Popolare della Cina approfondirà la solidarietà e la cooperazione con l’Africa, attuerà congiuntamente l’iniziativa a sostegno dell’industrializzazione africana, di qui, sosterrà la modernizzazione agricola dell’Africa, il programma di cooperazione per la coltivazione dei talenti Cina-Africa e aiuterà la causa dell’integrazione e della modernizzazione dell’Africa nell’ingresso nel mercato internazionale.

La Repubblica Popolare della Cina si oppone fermamente all’abuso di sanzioni unilaterali e di “giurisdizione a lungo termine” da parte di singoli Paesi contro Paesi Terzi, affinché si possano creare le condizioni, per i Paesi in via di sviluppo, in particolare di implementare le loro economie e migliorare la vita delle loro popolazioni.

La Repubblica Popolare della Cina condanna fermamente tutte le forme di terrorismo ed estremismo, si oppone al collegamento del terrorismo e dell’estremismo con Paesi, gruppi etnici e religioni specifici, si oppone all’adozione di “doppi standard” sulle questioni antiterrorismo e si oppone alla politicizzazione e strumentalizzazione delle questioni di antiterrorismo. La Repubblica Popolare della Cina sostiene le Nazioni Unite svolgendo un ruolo di coordinamento centrale per aiutare i Paesi in via di sviluppo nel miglioramento delle capacità di lotta al terrorismo, per istituire maggiori sinergie nella lotta al terrorismo internazionale e affrontare le sfide poste dalle tecnologie emergenti.

Le armi nucleari non possono essere usate e la guerra nucleare non può essere combattuta. La comunità internazionale dovrebbe opporsi congiuntamente all’uso o alla minaccia di uso delle armi nucleari. La Repubblica Popolare della Cina sostiene ulteriori sforzi per ridurre i rischi strategici sulla base della dichiarazione congiunta dei leader dei cinque Stati dotati di armi nucleari sulla prevenzione della guerra nucleare. Il disarmo nucleare dovrebbe essere promosso passo dopo passo in conformità con i principi del mantenimento della stabilità strategica globale e della sicurezza inalterata di tutti i Paesi. Il Paese con il più grande arsenale nucleare dovrebbe adempiere seriamente alle sue responsabilità speciali e prioritarie per il disarmo nucleare e continuare a attuare efficacemente il nuovo trattato sulla riduzione delle armi strategiche per ulteriori riduzioni sostanziali e sostanziali degli arsenali nucleari in modo verificabile, irreversibile e giuridicamente vincolante. Questo passo creerebbe le condizioni per la realizzazione finale di un disarmo nucleare globale e completo.

Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari costituisce la pietra angolare del sistema internazionale di disarmo e non proliferazione nucleare ed è una parte importante del sistema di sicurezza internazionale del dopoguerra e svolge un ruolo insostituibile nella promozione della pace e dello sviluppo nel mondo. La comunità internazionale dovrebbe promuovere i pilastri del trattato in modo equilibrato e salvaguardare congiuntamente l’autorità, l’efficacia e l’universalità del trattato.

La Repubblica Popolare della Cina attribuisce grande importanza alla sicurezza nucleare, propone un concetto di sicurezza nucleare razionale, coordinato e progressista e si sforza di costruire una comunità globale di sicurezza nucleare con un futuro condiviso. La sicurezza nucleare è l’ancora di salvezza per lo sviluppo della stessa energia nucleare e applicazione della tecnologia nucleare. L’uso pacifico dell’energia nucleare non può avvenire a scapito dell’ambiente naturale e della salute umana.

Il presidente Xi Jinping ha proposto un’iniziativa di sviluppo globale, invitando la comunità internazionale a rafforzare l’unità e la fiducia reciproca, ad aderire alle priorità dello sviluppo e a lavorare insieme per affrontare le sfide, in modo da dare slancio all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

La Repubblica Popolare della Cina assumerà la guida nell’attuazione di iniziative di sviluppo globale, promuoverà la comunità internazionale per consolidare ed espandere il consenso sullo sviluppo e porrà sempre lo sviluppo al centro dell’agenda internazionale. Rafforzare l’allineamento delle strategie di sviluppo a livello globale, regionale, subregionale e nazionale, anche promuovendo attivamente la sinergia tra le iniziative e il processo di sviluppo delle Nazioni Unite per ottenere vantaggi complementari e uno sviluppo congiunto. Mobilitare ulteriormente le risorse per lo sviluppo dei governi, degli ambienti economici, del mondo accademico e della società civile; promuovere l’allocazione razionale delle risorse per lo sviluppo globale, approfondire la cooperazione pratica nelle aree chiave dell’iniziativa e lavorare con tutte le parti per arricchire l’esperienza di progetti aperti dell’iniziativa.

La Repubblica Popolare della Cina invita i Paesi sviluppati a rispettare i propri impegni in termini di assistenza ufficiale allo sviluppo e finanziamenti per il clima, a migliorare lo squilibrio delle risorse per lo sviluppo globale, a concentrarsi sulla condivisione delle conoscenze in materia di progresso e a fornire sostegno ai Paesi più svantaggiati.

L’umanità vive un’era piena di sfide, ma anche un’era colma di speranze. Di fronte a sfide globali sempre più severe e complesse, promuovere il rafforzamento e il miglioramento del sistema di governance globale è un compito comune che tutti i Paesi del mondo devono intraprendere.

La Repubblica Popolare della Cina, sono certo, che andrà avanti di pari passo con la comunità internazionale, aderirà all’effettivo multilateralismo, promuoverà l’attuazione di iniziative di sviluppo, sicurezza globali e, parimenti, creerà congiuntamente un futuro condiviso per tutta l’umanità!

Giancarlo Elia Valori

venerdì 15 marzo 2024

La Sapienza e la Storia contro un mondo moderno consumista e vuoto. Articolo di Luca Bagatin

 

Siamo passati da una società in cui il ruolo sociale era definito in base alla sua capacità produttiva, ad una società in cui tale ruolo è definito dalla qualità, quantità e tipologia di consumi.

Da una società di produttori, si è passati ad una società di consumatori.

Questo ciò che rileva il prof. Giancarlo Elia Valori, nell'appendice di uno dei suoi più interessanti saggi: “La sapienza e la storia: i grandi illuminati”, con prefazione del prof. Oliviero Diliberto e edito da Futura Edizioni alcuni anni fa.

Il saggio è certamente interessante per l'analisi di numerose figure storiche, alla luce delle loro conoscenze in ambito esoterico e spirituale e dalla loro capacità di portare tali aspetti sapienziali nel proprio agire politico.

Il prof. Valori ci parla, dunque, dei Cardinali Mazzarino e Richelieu; di Ireneo Filalete; del conte di Cagliostro; del Principe Raimondo di Sangro (al quale dedica numerosissime pagine ed al quale ha dedicato anche un saggio, da me recentemente recensito); degli aspetti esoterici in Mao Tse-Tung; di quelli di Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt e non fa alcuno sconto alle pratiche occultistiche, ma in questo caso estremamente negative e aberranti, di Adolf Hitler.

Il saggio è particolarmente interessante, anche per le sue conclusioni, indicate, come accennavo, nell'appendice al testo.

Perché sono un parallelismo fra un mondo che non esiste più (che fu anche quello nel quale vissero grandi illuminati, esoteristi, filosofi, sapienti, teosofi e massoni) e quello moderno, fondato sull'immagine, la “società dello spettacolo” che diventa merce (e dunque banalità standardizzata, come chi la consuma), già denunciata da Guy Debord e dal Situazionismo francese alla fine degli Anni '60.

Un mondo moderno consumista e fondamentalmente vuoto, desiderante e proprio per questo inconsapevolmente totalitario e orwelliano.

Un mondo nel quale sembra aver vinto, come afferma il prof. Valori, “il maligno, quello che propone a Cristo di trasformare le pietre in pane, azione alla quale, naturalmente, Gesù si rifiuta”.

Qui, peraltro, mi ritorna alla mente un film di Adriano Celentano, che ho amato molto e sottovalutatissimo in Italia (ma molto valutato all'estero). “Joan Lui”, del 1985. Un film nel quale la morale, in particolare conclusiva, era la medesima.

E non occorre essere cristiani (personalmente non lo sono) per rendersene conto.

Oggi il desiderio è la legge”, scrive il prof. Valori (che sembra quasi ricordare i moniti di Michel Clouscard e Pier Paolo Pasolini) “e l'istinto e la ragione devono sempre coincidere”. “Esistono solo i singoli, concreti, cittadini”, prosegue il prof. Valori. “Cittadini che non hanno nessun obbligo a seguire un ethos sociale, scritto e non scritto, oggi la morale non esiste”.

Ciò che manca, per l'Autore, è l”Invisibile”, la “sapienza del cuore”, che è stata annientata dalla “scienza triste”, ovvero dall'economia che “ha reso tutti delle macchine attente al calcolo dei dolori e dei piaceri”.

Senza Dio, anche il Dio dei laici migliori, non vi è l'uomo”, scrive Valori citando successivamente un grande laico anti-materialista quale fu Giuseppe Mazzini, che fondò le sue lotte risorgimentali e la Repubblica Romana del 1849 sui precetti “Dio e Popolo”, che influenzeranno il Risorgimento, anche grazie al pensiero teosofico-massonico di Giuseppe Garibaldi, sino a giungere alle lotte antifasciste e post-risorgimentali del Partito d'Azione (fondato sul precetto Pensiero e Azione) e ad influenzare il Centro-Sinistra italiano del dopoguerra, che si reggeva sull'asse laico-socialista-risorgimentale e quello cattolico democratico.

Il mondo moderno attuale è, oltre che del consumo e dell'immagine, schiavo di quella che il prof. Valori definisce “polizia del linguaggio”, ovvero il cosiddetto “politicamente corretto”. Mentre si è perduta la conoscenza del passato, quella cultura che “è sapienza del passato, conoscenza delle radici personali, storiche, nazionali e sovranazionali”.

Che sono peraltro anche gli strumenti per comprendere e dialogare con chi è diverso da noi, ha storie, cultura, tradizioni, idee e sistemi di valori differenti dai nostri.

Il mondo contemporaneo” - scrive il prof. Valori - “ha quindi distrutto tutte le bellissime tradizioni del cattolicesimo sociale, del socialismo, della semplice bontà popolare, della solidarietà laica”.

Tutti aspetti, peraltro, analizzati alla perfezione anche da due ottimi intellettuali francesi contemporanei quali Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist.

Occorrerebbe tornare a riannodare i fili di un passato che non esiste più, fondato sul civismo, la democrazia autentica, la solidarietà comune.

Senza comunità, niente società, che è anch'essa una rete solidale”, scrive Valori.

Ma come insegnare, tutto ciò, ai nostri ragazzi, si chiede l'Autore?

Con l'esempio, dettato da un comportamento retto.

Il Comportamento è la vera scuola, che si apprende con tutti i sensi e, soprattutto, con la discussione unita all'intuizione”.

Il prof. Valori conclude, dunque, con uno spiraglio di speranza per il futuro, se “i ragazzi impareranno a vivere in posti piccoli, sani, ameni, non troppo globalizzati e dove il lavoro manuale e quello intellettuale vanno di pari passo”.

Luca Bagatin

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martedì 12 marzo 2024

Pensieri per costruire e rifondare una comunità democratica organizzata. Articolo di Luca Bagatin

 
 
In tutta Europa, anziché investire in sanità pubblica e in sicurezza per i cittadini, si investe in armamenti.

Esattamente l'opposto di quanto servirebbe dopo una pandemia (e l'avvento di possibili ulteriori pandemie, tutt'altro che improbabili, al netto delle sciocchezze dei soliti complottisti anti-scientifici) e nell'epoca dello sviluppo dell'Intelligenza Artificiale.

Alla fine gennaio 2021, in un articolo, rilevavo che “la pandemia da Covid 19 (…) ci pone difronte la necessità – e allo stesso tempo l'occasione - di rivedere completamente il nostro modello economico e di sviluppo”.

In quell'articolo riportavo, fra l'altro, un'affermazione di quel periodo del Presidente francese Emmanuel Macron (non certo un socialista) durante i lavori del World Economic Forum di Davos, ovvero “abbiamo creato due re del sistema, i produttori e i consumatori, a spese dei lavoratori e ciò ha creato esternalità negativa per l’ambiente e ha alimentato la crisi della democrazia”.

Le crisi maggiori, in termini sanitari e economici, infatti, durante la pandemia, le hanno pagati proprio i Paesi liberal-capitalisti e i relativi lavoratori e cittadini.

In quell'articolo rilevai come occorresse abbandonare totalmente le politiche di “macelleria sociale fatte di flessibilità nei contratti di lavoro e ogni misura che favorisca una illusoria quanto dannosa “crescita economica””.

Oltre che la necessità di “sostenere massicciamente la sanità e la ricerca pubbliche; nazionalizzare i servizi pubblici (energia elettrica, gas, acqua e telecomunicazioni) e renderli di diretta pertinenza della comunità; lavorare il necessario e per meno tempo (con conseguente risparmio di risorse, di emissioni inquinanti, consentendo alle persone di avere maggiore tempo libero); garantire a tutti un reddito universale e pensare, via via, ad un progressivo superamento del sistema monetario (che genera spirali inflazionistiche, interessi sui debiti, schiavitù del lavoro stesso); introdurre possibili forme di baratto; puntare all'autoproduzione e all'autogestione del lavoro; superare l'industrializzazione (aspetto che la pandemia stessa potrebbe accelerare, specie con fisiologici e necessari lockdown); utilizzo intelligente delle tecnologie, per permettere e coordinare tutti questi aspetti”.

Relativamente a quest'ultimo punto, l'IA potrebbe darci una mano, se usata a scopi pubblici e non privati.

Una economia fondata sul “dare, ricevere, ricambiare”, che punti a unificare i Paesi del mondo, ciascuno nel rispetto delle proprie specificità e scelte politiche e che li spinga ad abbandonare ogni investimento in armamenti, ricercando cooperazione e una unità politico-militare globale (pragmatica e oltre gli steccati ideologici), che si concentri su: sicurezza globale, servizio alla comunità, efficienza dei servizi pubblici, risoluzione delle controversie entro tempi certi e brevi.

Nel febbraio 2023 il Presidente cinese Xi Jinping tenne un importante discorso nel quale enunciò le cosiddette “cinque modernizzazioni cinesi”, ovvero: 1) modernizzazione di un popolo numeroso; 2) prosperità comune; 3) progresso materiale ed etico-culturale; 4) armonia tra umanità e natura; 5) sviluppo pacifico.

Cinque aspetti che Xi Jinping ha lanciato alla Cina moderna, ma che potrebbero valere per qualsiasi Paese, nel rispetto delle specificità, cultura, storia e tradizione del proprio popolo.

Tutti i popoli del mondo necessitano semplicemente di pace, sviluppo, armonia, progresso materiale, emancipazione sociale, sicurezza.

Oggi, purtroppo, assistiamo a: città sempre meno sicure (con il drammatico fenomeno delle baby gang nelle strade); sanità pubblica distrutta; scuola pubblica ridotta all'osso; investimenti in armamenti; distruzione del welfare state.

Se i cittadini italiani preferiscono astenersi dal votare alle elezioni, che siano amministrative o nazionali, come non comprenderli?

Cosa ci si può aspettare quando manca organizzazione, pragmatismo, buonsenso e le basi stesse per costruire o, meglio, ricostruire una comunità e una società civile e democratica?

Luca Bagatin

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sabato 9 marzo 2024

Leonel Brizola, storia di un socialista democratico brasiliano e internazionale. Articolo di Luca Bagatin

Figura fondamentale del socialismo internazionale e di quello latinoamericano e brasiliano in particolare, Leonel Brizola, classe 1922, il 22 gennaio scorso avrebbe compiuto 102 anni.

Brizola non è personalità molto conosciuta nel nostro Paese, per quanto fu molto amico dell'ex Presidente del Consiglio socialista Bettino Craxi e figura di punta dell'Internazionale Socialista di quegli anni.

Il figlio di Craxi, Vittorio, detto Bobo, ricordò, in un post su Facebook del 2016, il Brizola del 1989, quando la sinistra brasiliana si riunì per la prima volta attorno alla candidatura dell'attuale Presidente socialista Lula da Silva. Il Vice di Lula era proprio Leonel Brizola, che lo sostenne al secondo turno.

Bobo Craxi ricordò come la candidatura di Lula fu sostenuta da tutti i partiti aderenti all'Internazionale Socialista e in particolare come Brizola abbia suggerito a Lula di richiedere il sostegno dei partiti italiani amici dell'America Latina, in primis del Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi.

Oggi, in un momento storico nel quale il socialismo democratico e libertario è pressoché totalmente assente in Europa, ma ha trionfato nell'America Latina del XXI secolo, sarebbe bene ricordare personalità come Brizola, che richiamano tanto la figura del nostro Giuseppe Garibaldi, quanto quella del già citato Bettino Craxi.

Socialisti autentici; populisti (di sinistra) nel senso positivo e democratico del termine, ovvero personalità provenienti dal popolo che agivano in favore del popolo; riformisti nel senso del promuovere quelle giuste riforme, oltre e contro gli sciocchi ideologismi novecenteschi delle estreme destre e delle estreme sinistre che, non a caso, assieme ai liberal capitalisti, contribuiranno ad affossare il socialismo in Europa e tenteranno sempre di affossarlo anche nell'America Latina dei tempi più recenti.

Leonel de Moura Brizola, da sempre promotore delle nazionalizzazioni dei settori chiave dell'economia e di politiche in favore delle classi più povere della popolazione, entrò in politica guidando l'ala giovanile del Partito Laburista Brasiliano dell'allora Presidente Getulio Vargas.

Nel 1956 fu eletto Sindaco di Porto Alegre e, nel 1958, governatore di Rio Grande do Sul.

Nel 1961 sostenne la candidatura alla presidenza di suo cognato, il laburista Joao Goulart, che purtuttavia fu deposto - nel 1964 - da un golpe militare di destra sostenuto dagli USA e Brizola, che tentò di resistere al golpe, fu esiliato in Uruguay e successivamente, con l'avanzare della dittatura militare in quel Paese, si trasferì in Portogallo, ove divenne amico del leader socialista Mario Soares e entrò in contatto con l'Internazionale Socialista, di cui diverrà Vicepresidente.

Con l'amnistia del 1979 Brizola tornò in Brasile e fondò il Partito Democratico Laburista (PDT), con un programma socialista democratico, cristiano e di sinistra non marxista. La piattaforma politica del PDT fu definita “socialismo moreno”, ovvero una via socialista democratica specificatamente brasiliana e alternativa ad ogni blocco della Guerra Fredda, puntando proprio a un contesto post-Guerra Fredda, oltre i blocchi ideologici contrapposti.

Nel 1983 e nel 1993 fu eletto governatore di Rio de Janeiro, mentre nel 1989 si candidò alle già citate elezioni presidenziali, arrivando terzo con il 16% dei voti, subito dopo Lula, che Brizola sostenne al secondo turno, chiamando a raccolta tutta la sinistra brasiliana, che pur perse contro il candidato democristiano dell'epoca.

Si ricandidò alle presidenziali del 1994, ma ottenne solo il 3% dei consensi. Infine, nel 1998, sostenne la candidatura alle presidenziali di Lula, che pur perse contro il liberale Cardoso.

I suoi programmi politici erano incentrati su aspetti quali la promozione dell'istruzione e della sicurezza pubblica, oltre che la promozione dei servizi pubblici e di politiche abitative dignitose per gli abitanti delle cosiddette “baraccopoli”.

Sebbene la gran parte dell'eredità politica di Brizola oggi sia parte integrante dell'amministrazione socialista di Lula, sostenuta anche dal Partito Democratico Laburista, Brizola fu critico nei confronti di Lula negli Anni 2000 e alle presidenziali del 2002 sostenne il laburista Ciro Gomes.

Brizola morì nel 2004 per attacco cardiaco e, nel dicembre 2015, la Presidente socialista Dilma Rousseff lo inserì nel Libro degli Eroi della patria, ovvero nel registro ufficiale di quei brasiliani deceduti che hanno “offerto la loro vita alla Patria, alla sua difesa e costruzione, con eccezionale impegno ed eroismo”.

Luca Bagatin

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