Eddy, classe 1943, nato
in Unione Sovietica, giovane poeta/scrittore irrequieto, affamato
d'amore, dalla parte di quelli che non hanno nulla da perdere, quale
lui stesso è sempre stato.
Questo era ed è sempre
stato Eduard Limonov. A partire dagli Anni '60.
Non saprei dire se il
film di Kirill Serebrennikov, “Limonov” o “Limonov. The
Ballad”, appena uscito nelle sale italiane, abbia saputo
rappresentarlo davvero.
Non saprei dirlo,
nonostante il film, io lo abbia visto proprio ieri.
Probabilmente ne ha fatto
una rappresentazione. Una parodia (Ben
Whishaw, l'attore che lo interpreta, sembra quasi farne una
macchietta, nei movimenti e negli atteggiamenti. Ma Ben
Whishaw rimane comunque un ottimo attore, in generale).
Una
parodia romanzata dalla quale fuoriescono, a mio avviso, tre cose.
1)
Che il trailer del film è più appassionante e emozionante del film
stesso.
2)
Che l'omonimo romanzo di Carrère (che nel film ha il ruolo di sé
stesso, anche se solo per pochi minuti), è migliore e più completo
del film stesso. Film in cui mancano parti importanti della vita del
Nostro, anche per una parodia romanzata.
3)
Che Carrère e Serebrennikov approfondiscono il personaggio Limonov
più dal punto di vista mainstream che da quello di Limonov o di chi
lo ha effettivamente conosciuto o, se lo fanno, lo fanno solo
parzialmente.
Eduard
Limonov era certamente una personalità complessa e, chi vuole
approfondirlo, non può certamente accontentarsi del libro di Carrère
da cui è tratto il film di Serebrennikov.
Il
film di Serebrennikov, direi, da il meglio di sé solo nella parte
iniziale, finendo però per dilungarsi su una storia d'amore, quella
con Elena, che certamente non fu così importante come quella con
Nataliya (Medvedeva), totalmente cancellata dal film.
Così
come dal film sono totalmente cancellati gli Anni '80 di Limonov, che
sono gli anni in cui egli inizia a maturare la sua avversione per un
Occidente liberal capitalista opulento e ipocrita.
Sono
gli anni in cui scrisse, infatti, “Grande Ospizio Occidentale”
(che ho recensito anche nel mio blog a questo link:
https://amoreeliberta.blogspot.com/2023/08/il-grande-ospizio-occidentale-di-eduard.html),
in cui analizza e demolisce i falsi miti dell'Occidente, mostrando –
fra le altre cose - come le tanto sbandierate libertà e ricchezze,
sono appannaggio solo di chi può effettivamente permettersele e come
i cittadini siano “coccolati” dall'Ospizio, al punto da non avere
più alcuna opinione propria.
Tutto
questo, nel film di Serebrennikov, manca.
Gli
Anni '80 sfilano in rassegna al Nostro, ovvero a Ben
Whishaw che lo interpreta, che corre attraverso un immenso set
cinematografico. E così, gli anni formativi di Limonov, vengono
liquidati.
E
furono formativi anche grazie alla sua terza moglie, Nataliya
Medvedeva, cantante punk-rock, scrittrice e poetessa e autrice, nel
1993, di un appello contro il golpe di Boris Eltsin, il quale fece
assediare e bombardare il Parlamento sovietico, illegalmente.
Nataliya,
nel film, semplicemente non c'è.
Come
c'è molto poco del Limonov “politico”.
Nel
film, viene fatto apparire come un esaltato che guiderebbe
fantomatici “skinhead nazionalisti” tutto muscoli, quando in
realtà, i giovani del Partito NazionaBolscevico (molte delle quali
erano ragazze acqua e sapone, tutt'altro che tutte muscoli e spesso,
anzi, molto dolci e affascinanti, nella loro semplicità) erano
artisti, musicisti, scrittori, freak, sbandati, certo, perché resi
poveri e sbandati dal crollo dell'URSS per volontà di un'oligarchia
guidata da Eltsin e sostenuta da un Occidente ipocrita e colonialista
da sempre.
I
giovani nazbol erano, secondo la compianta giornalista Anna
Politkovskaja, che li difese sempre e a spada tratta in tutti i
processi (processati solamente perché organizzavano manifestazioni
pacifiche e nonviolente contro il governo liberal capitalista, prima
di Eltsin e poi di Putin): “giovani
coraggiosi,
puliti, gli unici o quasi che permettevano di guardare con fiducia
all'avvenire morale
del Paese”.
Del partito di Limonov, peraltro, la Politkovskaja parlò
diffusamente nel suo “Diario russo”, edito in Italia da Adelphi,
ricordando come fosse il partito di sinistra più attivo nella Russia
post-sovietica.
Del
film di Serebrennikov ho apprezzato, in sostanza, la parte iniziale,
quella più erotica e le musiche dal sapore underground, oltre che le
ricostruzioni degli abiti usati da Limonov all'epoca e alcune scene,
che rievocano scatti fotografici effettivamente realizzati da Limonov
e da Elena Shchapova, all'epoca.
Ma,
chi era Eduard Limonov?
Semmai
fosse stato davvero un egocentrico, come molti potrebbero facilmente
credere a una lettura superficiale, aveva tutto il diritto di
esserlo.
Era
un grande scrittore, proprio perché era un osservatore attento che
sperimenta tutto su di sé.
E
lo fa perché detesta la banalità, la mediocrità, la noia, i luoghi
comuni, i grandi eventi, i salotti buoni, che appestano la società,
sia sovietica dell'epoca che quella statunitense capitalista.
E
detesta invecchiare e il passare del tempo.
Non
è adatto ai benpensanti, Eddy.
Perché
lui non pensa male, anzi. Ma non è un ipocrita.
Eddy
osserva e sperimenta l'amore e il sesso, anche estremo, ma fatto solo
con chi ama profondamente.
Eddy
osserva e sperimenta la povertà e la degradazione dei bassifondi
newyorchesi.
Eddy
osserva e sperimenta la guerra (in ex Jugoslavia e Transnistria,
altro aspetto tralasciato dal film).
Eddy
osserva e sperimenta la politica.
E
il suo punto di vista è quello di uno scrittore niente affatto
estraneo a tutto ciò. Non è un osservatore passivo, ma, come
D'Annunzio e Pasolini, Limonov incarna la figura di un eroe moderno.
Dalla
parte degli oppressi, dei diseredati, stanchi di essere colonizzati,
sanzionati, sfruttati, considerati come animali di uno zoo esotico da
fotografare.
Che
non si considerano vittime, ma vogliono essere protagonisti del loro
destino e Limonov vuole guidarli in una marcia rivoluzionaria (in
particolare sotto il profilo interiore) contro i ricchi, i borghesi,
i mediocri, gli ipocriti.
Ed
in questo, Limonov, è profondamente profetico, vista oggi la
decadenza di un Occidente liberal capitalista, ricco, ammorbato e
annoiato e lo sviluppo di un Sud del Mondo affamato di riscatto,
giovane e alla ricerca di un avvenire di emancipazione che non ha mai
avuto.
Limonov
è uno che manda affanculo tutti. Certo, è vero. E fa bene.
Limonov
è uno che sa che il danaro uccide l'amore, l'ha sperimentato. Per
questo disprezza i ricchi e la ricchezza.
Egli
ha un disperato bisogno d'amore e affetto e, quando non lo trova,
diventa un duro.
Per
Eddy, l'amore, è il significato della vita.
E'
fedele a sé stesso, Eddy. E' fedele alle sue donne, Eddy. E' fedele
ai compagni del suo partito Eddy. Ed è fedele al suo essere eterno
adolescente, Eddy.
Ed
è la sua fedeltà a renderlo eroico, ma allo stesso tempo, spesso
incompreso da chi non ha la pazienza di guardare oltre i suoi spessi
occhiali da miope.
Personalmente
ho scritto un saggio su di lui, “L'Altra Russia di Eduard Limonov”
(https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/),
che contiene anche un'intervista che gli feci un anno prima di
morire.
E
non fu un'intervista facile. Sono certo che volesse mandare affanculo
anche me. E probabilmente avrebbe fatto bene. Anzi, sicuramente
avrebbe fatto bene. Perché, come mi disse lui, le interviste sono
una pessima forma di letteratura.
Ciao
Eddy-baby, ovunque tu sia, ti voglio bene come ne ho voluto ad Andrea
G. Pinketts e a Peter Boom e come ne voglio a tutti quelli che, come
noi, hanno una concezione della vita e del mondo eretica, erotica,
eroica e per nulla banale o scontata.
E
fanculo a chi non ci capisce!
Luca
Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it