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lunedì 30 settembre 2024

Ricordo e attualità di Annie Besant. Tratto da Teosofica.org


Ricorre domani il 177° anniversario della nascita di Annie Besant (nata Wood) (Londra, 1º ottobre 1847 – Adyar, 20 settembre 1933).
Dopo un grande impegno politico e sociale per la tutela dei diritti delle donne e dei bambini, l’incontro con Helena Petrovna Blavatsky e la Teosofia cambiò la sua vita, da allora tutta dedicata alla Società Teosofica, di cui fu Presidente dal 1907 al 1933.
Decisivo fu il suo contributo per la diffusione del pensiero teosofico nel mondo e per tutta una costellazione di iniziative che avevano l’obiettivo di rendere pratico e praticabile il primo Scopo della Società Teosofica, quello della Fratellanza Universale senza distinzioni. In questo ambito si colloca nel 1908 la fondazione dell’Ordine Teosofico di Servizio, contraddistinto dal motto “L’unione di coloro che amano al servizio di tutti coloro che soffrono”.
Fu anche protagonista, in India, della lotta per l’affrancamento di questo grande Paese dall’Impero britannico.
Lungo il corso dei 50 anni della sua attività teosofica scrisse 330 opere diverse, fondò e diresse 12 fra giornali e riviste, nonché Università e centri culturali.
Con Charles Webster Leadbeater “scoprì” il prezioso talento spirituale di Jiddu Krishnamurti, di cui curò l’educazione e la diffusione del pensiero e dell’opera, continuando ad essere considerata dal grande filosofo indiano come la “madre spirituale” anche dopo che J.K. lasciò la Società Teosofica.
La sua fu dunque una vita travolgente, ricca di relazioni, di opere e di coraggiose e lungimiranti iniziative, che non potevano non suscitare anche controversie, come ben ha sottolineato Lucetta Scaraffia, scrivendo: “Bella, intelligente, coraggiosa e carismatica, è stata senza dubbio una delle donne più celebri del suo tempo, amata e odiata, sempre al centro di polemiche e di esaltazioni. Da alcuni considerata maestra di vita spirituale, da altri abile avventuriera, profonda conoscitrice delle religioni orientali o abile divulgatrice di testi altrui, Annie Besant ha tenuto banco nella società colta del mondo, non solo occidentale, dei primi decenni del Novecento, proponendosi come modello di donna nuova”.
Ma oltre che essere, come affermava il suo amico George Bernard Shaw “la più grande oratrice al mondo”, Annie Besant era caratterizzata da una grande sensibilità interiore e proprio per questo fra i suoi innumerevoli testi, per ricordarla abbiamo scelto una breve invocazione da lei scritta nel 1923 e che ancor oggi conserva intatti respiro spirituale e poeticità:
“Oh Vita Celata, che vibri in ogni atomo;
Oh Luce Celata, che splendi in ogni creatura;
Oh Amore Celato, che tutto abbracci nell’Unità;
Possa, colui che sente se stesso uno con Te,
sentirsi perciò uno con tutti gli altri”.

Tratto da : https://www.teosofica.org/it/news/notizie/ricordo-e-attualita-di-annie-besant,3,2538

domenica 29 settembre 2024

Il piano di pace in sei punti promosso da Cina e Brasile. Articolo di Luca Bagatin


Dallo scorso maggio, i Paesi a guida socialista, la Cina di Xi Jinping e il Brasile di Lula, hanno promosso un piano di pace nel conflitto russo-ucraino.

Piano di pace rilanciato in questi giorni, sostenuto da ben 110 Paesi e che, recentemente, ha ricevuto il plauso anche da parte del governo svizzero.

Un piano che comprende sei punti, ovvero:

  1. Le due parti invitano tutte le parti interessate a osservare tre principi per la de-escalation della situazione, vale a dire nessuna espansione del campo di battaglia, nessuna escalation dei combattimenti e nessuna provocazione da parte di nessuna delle parti.

    2. Le due parti ritengono che il dialogo e la negoziazione siano le uniche soluzioni praticabili alla crisi ucraina. Tutte le parti dovrebbero creare le condizioni per la ripresa del dialogo diretto e spingere per la de-escalation della situazione fino alla realizzazione di un cessate il fuoco globale. Cina e Brasile sostengono una conferenza di pace internazionale tenutasi in un momento opportuno e riconosciuta sia dalla Russia che dall'Ucraina, con pari partecipazione di tutte le parti e una discussione equa di tutti i piani di pace.

    3. Sono necessari sforzi per aumentare l'assistenza umanitaria alle regioni interessate e prevenire una crisi umanitaria su larga scala. Gli attacchi ai civili o alle strutture civili devono essere evitati e i civili, comprese donne e bambini e prigionieri di guerra (POW), devono essere protetti. Le due parti sostengono lo scambio di POW tra le parti in conflitto.

    4. L'uso di armi di distruzione di massa, in particolare armi nucleari e armi chimiche e biologiche, deve essere contrastato. Devono essere fatti tutti gli sforzi possibili per prevenire la proliferazione nucleare ed evitare una crisi nucleare.

    5. Gli attacchi alle centrali nucleari e ad altre strutture nucleari pacifiche devono essere contrastati. Tutte le parti devono rispettare il diritto internazionale, inclusa la Convenzione sulla sicurezza nucleare, e prevenire risolutamente gli incidenti nucleari provocati dall'uomo.

    6. La divisione del mondo in gruppi politici o economici isolati deve essere contrastata. Le due parti chiedono sforzi per migliorare la cooperazione internazionale in materia di energia, valuta, finanza, commercio, sicurezza alimentare e sicurezza delle infrastrutture critiche, tra cui oleodotti e gasdotti, cavi ottici sottomarini, impianti elettrici ed energetici e reti in fibra ottica, in modo da proteggere la stabilità delle catene industriali e di fornitura globali.

Posizioni di estremo equilibrio, che molto probabilmente avrebbe avuto anche un Occidente responsabile ai tempi della terribile Guerra Fredda, ma che oggi sembra aver perduto il senno.

Del resto, come spesso ricordo, non esistono più leader del calibro di Mitterrand, Craxi, Papandreu, Gonzales. Ovvero i leader dell'equilibrato euro-socialismo, che, dal 1993 in poi è andato perdendosi proprio in quel Partito del Socialismo Europeo, che di “socialista”, ormai, non ha che il nome.

Per non parlare della scomparsa dell'equilibrio dei De Gaulle e degli Andreotti, che certo non erano socialisti, ma comunque personalità di esperienza e spessore, nell'Occidente un tempo democratico.

Oggi, in Occidente, sembrano avanzare fondamentalismi di ogni tipo, purtroppo. E lo vediamo anche con la terribile avanzata delle estreme destre in Europa, che è un segnale profondamente negativo e purtroppo in linea con l'attuale turbolento periodo storico.

Scarsa capacità diplomatica, scarsissima conoscenza della Storia e della geopolitica, volontà di far parlare le armi. Nessun piano di ampio respiro per governare l'economia e i fenomeni geopolitici.

Del resto, una classe dirigente che parla e agisce per slogan e non guarda ai fatti, non potrà mai andare da nessuna parte.

Negli stessi USA, fra la Harris e Trump, non assistiamo minimamente a dibattiti dettati dalla lungimiranza e dal buonsenso, ma unicamente dall'ideologia degli slogan per accaparrarsi nuovi voti.

Vogliamo la pace o i condizionatori?

Vogliamo i condizionatori del buonsenso, della diplomazia, della lungimiranza, che spengano i bollori delle guerre e dei fondamentalismi e creino condizioni vantaggiose per tutti, sotto il profilo socio-economico e della sicurezza internazionale.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

lunedì 23 settembre 2024

Giancarlo Elia Valori parla del futuro della Cina e del suo ruolo nel mondo: Ecco perché sono ottimista. Intervista tratta da Il Denaro.it del 23 settembre 2024


Tratto da: https://www.ildenaro.it/giancarlo-elia-valori-parla-del-futuro-della-cina-e-del-suo-ruolo-nel-mondo-ecco-perche-sono-ottimista/

Giancarlo Elia Valori, docente universitario e attento osservatore della situazione politica ed economica internazionale, nella sua lunga carriera ha ricoperto importanti incarichi in prestigiose società italiane ed estere. I suoi rapporti con la Cina risalgono, come lui stesso racconta in questa intervista, agli anni Settanta. Valori spiega le ragioni per le quali la Repubblica Popolare Cinese è destinata, che ci piaccia o meno, ad avere un ruolo centrale nel futuro del mondo e invita il lettore a guardare con fiducia a un grande Paese proiettato, come pochi altri, verso il futuro ma con una grande tradizione di civiltà alle spalle.

Professore Valori, può dirci quando ha incontrato per la prima volta i cinesi e come è iniziata la sua storia con la Cina? Negli anni, perché ha avuto interesse a visitare la Cina e come osserva i cambiamenti della Cina? Per Lei dov’è l’attrattiva della Cina?
Sono trascorsi tanti anni ormai. Mi sono recato per la prima volta nella Repubblica Popolare della Cina a fine anni Settanta, nel 1977, ed ho incontrato alte personalità del Partito e dello Stato. Il mio interesse per la Repubblica Popolare della Cina voleva attingere direttamente nel Paese e non rifarmi a concetti de relato, oppure letti qua e là da organi d’informazione eterodiretti da potenze terze. La stessa stampa filocinese a quel tempo in Italia non aveva grandi mezzi, ed era sempre osteggiata dai mass-media italiani, giornali padronali e RAI compresa, a parte quelli della sinistra extraparlamentare. Ma pur essa non è che avesse inviati a nelle città cinesi, ecc. per cui doveva rifarsi a sua volta a “sentiti dire” sia pure di fonti amiche, a parte i rari viaggi a Pechino dei vertici del Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista): il 13 agosto 1968 Osvaldo Pesce e Dino Dini, ricevuti dal Presidente Mao Zedong, dal Primo Ministro Zhou Enlai, dai Membri del Comitato Permanente dell’Ufficio Politico del Partito Comunista Cinese Chen Boda e Kang Sheng, dalla Vicedirettrice del Gruppo Centrale della Rivoluzione Culturale Jiang Qing, e dal Membro del Gruppo Centrale della Rivoluzione Culturale Yao Wenyuan; ai primi d’ottobre 1969 Fosco Dinucci, segretario del PCd’I (m-l) fu ricevuto dal Presidente Mao.
E pensate! Ricordo ancora la trasmissione di Radio Pechino in lingua italiana il 18 marzo 1971, quando nella Repubblica Popolare della Cina fu celebrato il Centesimo Anniversario della Comune di Parigi!
Per cui ho avuto interesse a visitare la Repubblica Popolare della Cina in quanto mi hanno sempre attratto le sue millenarie storia e tradizione verso la cooperazione amichevole tra tutti i Paesi, onde promuovere la pace e lo sviluppo nel mondo. La RP della Cina non è d’accordo con la teoria secondo cui un Paese forte deve cercare l’egemonia. Il popolo cinese non ha nel sangue il gene dell’oppressione di altri popoli attraverso il militarismo o il cosiddetto soft power condizionante, oppure mediante le bombe umanitarie apportatrici di “libertà”.
I cambiamenti della RP della Cina hanno attraversato diverse fasi storiche. Il prossimo aprile si celebrerà il 70° anniversario della Conferenza di Bandung nel quale furono fissati i Cinque Principi del rispetto reciproco, della sovranità, dell’integrità territoriale, della non aggressione reciproca, della non interferenza negli affari interni, basati sull’uguaglianza degli Stati ed il mutuo vantaggio della coesistenza pacifica. Da allora ad oggi, il passo decisivo è stata la scelta della modernizzazione. Ossia cercare la soddisfazione per il popolo cinese e il ringiovanimento della nazione è la missione base della modernizzazione cinese. Il 75° anniversario della proclamazione della Repubblica Popolare è di grande significato simbolico in quanto sintetizza le condizioni sociali fondamentali per la modernizzazione del Paese che, appunto, non è certo un argomento recente, in quanto già in passato le Quattro Modernizzazioni furono le prime riforme lanciate ufficialmente da Deng Xiaoping nel 1978: 1. agricoltura, 2. scienza e tecnologia, 3. industria e 4, difesa nazionale.
L’attrattiva della RP della Cina sta nel crescere senza imporre i propri modelli agli altri, ma evitare e non ritenere necessari gli errori commessi da coloro i quali ritengono di essere depositari della verità infrangendo le libertà altrui.

Come commenta i risultati ottenuti dalla Cina negli ultimi 75 anni? Alcuni lo chiamano il “miracolo nello sviluppo dell’umanità”. Qual è la sua opinione?Concordo con la definizione “miracolo”. Basti dire che dal 1° ottobre 1949, l’economia cinese ha fatto passi da gigande. Soprattutto a partire dal XVIII Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (8-15 novembre 2012), il Comitato Centrale del Partito, presieduto da Xi Jinping, e dal nuovo concetto di sviluppo, ha cercato di stimolare il potere, la vitalità e il potenziale verso l’alta qualità, rispondendo efficacemente a vari rischi e sfide sulla via da seguire e promuovere con validità l’economia del Paese in modo sano.
Nei recenti 75 anni, la scala economica della RP della Cina Paese ha continuato ad emergere. Nel 1952, il PIL ammontava a soli 67,9 miliardi di yuan. Dopo la riforma e l’apertura, l’economia si è sviluppata rapidamente. Il volume economico totale ha superato i un trilione di yuan nel 1986 e i dieci trilioni di yuan nel 2000. Nel 2010 ha superato il Giappone ed è diventata la seconda economia più grande del mondo.
Dal predetto XVIII Congresso, la forza economica cinese ha continuato ad incrementare. Nel 2020, il volume economico totale ha superato i 100 trilioni di yuan e nel 2023 ha superato i 126 trilioni. Calcolato a prezzi costanti, il volume economico totale nel 2023 è aumentato di 223 volte rispetto al 1952, con un tasso di crescita medio annuo del 7,9%.
La produzione totale di cereali è aumentata da 113,18 milioni di tonnellate nel 1949 a 695,41 nel 2023. “La ciotola del riso” è saldamente nelle mani dei cittadini cinesi e la posizione di base dell’agricoltura è stata continuamente rafforzata nel 2023. Il valore aggiunto dell’industria manifatturiera ha raggiunto i 33 trilioni di yuan, e si è piazzata al primo posto nel mondo per quattordici anni consecutivi e la sua capacità di produzione industriale è stata continuamente migliorata: nuove industrie e nuove piattaforme di contrattazione stanno emergendo una dopo l’altra, così come il settore dei servizi gradualmente sta diventando la più grande industria dell’economia nazionale.
Va detto anche che dalla fondazione della Repubblica Popolare della Cina, la propria influenza economica si accresce man mano. Nel 2023, la produzione economica totale della RP della Cina rappresenta circa il 17% del totale mondiale. Dal 2013 al 2023, l’economia cinese ha contribuito in media per oltre il 30%, rendendola la principale fonte di energia per la crescita economica mondiale. Oltre al più grande paese nel commercio di beni, il secondo più grande nel commercio di servizi, il secondo più grande consumatore di beni e il più grande Paese nelle riserve di valuta estera. Penso che questo basti per dare una rapida visione d’assieme.

Attraverso anni di esplorazione e pratica, la Cina ha elaborato un percorso cinese di modernizzazione. Perché la Cina dovrebbe attenersi fermamente a questo percorso?
Come già ho avuto modo di esternare in conferenze e miei scritti va fatto un distinguo. La modernizzazione cinese va differenziata dalla cosiddetta occidentalizzazione, che a tutti i costi quel sistema di produzione cerca d’imporre al mondo con mezzi violenti e subdoli.
Nell’attuale periodo di riforme si stanno liberando e sviluppando le forze produttive sociali, per compiere grandi passi in avanti nella costruzione nazionale e fornire una garanzia di sistema piena di nuova vitalità e condizioni materiali per un rapido sviluppo. L’èra del socialismo con caratteristiche cinesi fornisce una garanzia istituzionale più completa, una base materiale maggiormente solida e una forza spirituale più attiva verso la modernizzazione nazionale.
Si combinano i principi fondamentali del marxismo con caratteristiche attraverso la realtà specifica della RP della Cina e con la sua cultura tradizionale. La spinta alla modernizzazione, l’approfondimento della sua comprensione teorica, la continua maturazione strategica e l’arricchimento della pratica, sono state avanzate in una serie di idee, nuovi punti di vista e lungimiranti conclusioni, che arricchiscono e sviluppano teorie modernizzatrici. Essa è una nuova analisi delle teorie che hanno promosso da anni ormai le conquiste e i cambiamenti storici del Paese.
La questione essenziale è recuperare i duecento anni perduti – a causa della debolezza della dinastia Qing, e la rapacità dell’imperialismo, principalmente quello britannico e in seguito la vergogna dei trattati ineguali imposti a Cina, Giappone Tokugawa e Corea Joseon dalle potenze occidentali – che hanno determinato l’arretratezza con cui settantacinque anni orsono i fondatori della Repubblica Popolare hanno dovuto fronteggiare dopo la liberazione. Ossia nel tempo è stato creato un processo parallelo, fra industrializzazione, informatizzazione, urbanizzazione e modernizzazione agricola. Ed è per tali ragioni che la RP della Cina deve assolutamente attenersi fermamente a questo percorso.

Negli ultimi decenni, la Cina ha fatto passi da gigante verso il proprio percorso di modernizzazione. Secondo lei, quali sono le motivazioni della fiducia della Cina?
Le motivazioni della fiducia della Repubblica Popolare della Cina in se stessa mirano a che l’obiettivo è realizzare sostanzialmente la modernizzazione che, partita formalmente nel 2020, dal 2035 avrà lo scopo di edificare un Paese moderno, stabile e forte nella difesa perlomeno dal 2050. Contrariamente a quanto strombazza una certa propaganda non esiste un unico modello di modernizzazione nel mondo – e meno che meno uno da imporre con la forza e la violenza come spesso accade (l’“occidentalizzazione” di cui sopra) – né esiste un modello universale standard con manuali per le istruzioni.
L’analisi della teoria della modernizzazione cinese è essenzialmente la cura di un Paese con una popolazione enorme, sulla base di una profonda sintesi dell’esperienza e delle lezioni della pratica e degli errori delle modernizzazioni in altri paesi del mondo.
La popolazione cinese è di 1.419.321.278 cittadini (seconda dopo l’India) e la RP della Cina supererà presto la somma delle popolazioni dei Paesi sviluppati esistenti. La difficoltà e la complessità sono senza precedenti e anche il percorso di sviluppo e il metodo di promozione devono avere le loro proprie caratteristiche.
Per cui la prosperità comune è il requisito essenziale, ed è anche un processo storico a lungo termine. La modernizzazione cinese aderisce alla filosofia marxista secondo il sistema cinese dello sviluppo incentrato sulle persone e non sui mercati, cerca di risolvere consapevolmente e proattivamente le disparità regionali, le differenze fra città e campagna e le sperequazioni nella distribuzione del reddito, promuove l’equità sociale e la giustizia, realizza gradualmente la prosperità comune per tutte le persone e previene risolutamente la polarizzazione.

Come valuta il contributo della Cina alla comunità internazionale negli ultimi 75 anni? Soprattutto a livello diplomatico, la Cina ha proposto molte idee, che ruolo, pensi, rivestano nella realtà attuale?
Dalla fondazione della Repubblica Popolare della Cina nel 1949 ad oggi, la sua diplomazia ha attraversato 75 anni di sviluppo. In questo periodo, la RP della Cina ha aderito a una politica estera di pace indipendente, ha gestito le relazioni statali in conformità con i cinque principi della coesistenza pacifica e ha salvaguardato fermamente la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo. È rimasta calma nel turbolento ambiente internazionale e ha resistito a dure prove. Il suo status internazionale è stato significativamente migliorato e la sua influenza internazionale ha continuato ad espandersi. Ha conquistato un ambiente internazionale e condizioni esterne sempre più favorevoli per la spinta alla modernizzazione socialista interna.
La diplomazia di un Paese è strettamente legata alla sua politica interna ed essa è la continuazione della sua politica interna che si esprime coerentemente nelle proprie relazioni internazionali. Pertanto, la formulazione della politica estera di un Paese deve essere subordinata agli interessi del Paese e ai suoi principi fondanti. La diplomazia della RP della Cina è la parte esterna del sistema politico interno. È un sistema diplomatico completamente nuovo, quindi, in termini di natura, principi e metodi, è fondamentalmente diverso dal sistema diplomatico imperialista, coloniale, semifeudale e oppressivo ereditato dalle potenze occidentali. Per cui, il primo dovere della diplomazia cinese era necessariamente ndi ricominciare da capo e «pulire la casa prima di trattare con gli ospiti».
Nel settembre 1949 si tenne a Pechino la prima riunione della Conferenza consultiva politica del popolo cinese. Il Programma comune adottato, che ebbe natura costituzionale e giuridica stabilì in modo esaustivo la politica estere e i principi del Paese e determinò le principali decisioni sotto forma di legge. Nel Programma era scritto: «I principi della politica estera della Repubblica Popolare della Cina consistono nel salvaguardare l’indipendenza, la libertà e l’integrità della sovranità territoriale del Paese, nel sostenere una pace internazionale duratura e la cooperazione amichevole tra i popoli di tutti i paesi, e per opporsi alle politiche imperialiste di aggressione e di guerra». Ed è sulla base di questo principio fondamentale che poi ha preso piede quella linea costante che ha guidato la politica estera di Pechino. Quel Programma stabiliva alcune politiche specifiche della diplomazia cinese: 1. riguardo ai trattati e agli accordi; 2. per ciò che concerne i principi per stabilire relazioni diplomatiche con governi stranieri; 3. e riguardo alle relazioni commerciali con l’estero.
Le disposizioni di cui sopra sono diventate i principi guida e la base giuridica per il lavoro estero della RP della Cina, indicando la direzione del lavoro diplomatico. Dopo la fondazione della RP della Cina, l’8 novembre 1949 fu istituito il Ministero degli Affari Esteri, dando inizio al processo storico della diplomazia pacifica e indipendente.
La neo-Repubblica ha eliminato i privilegi e il potere dell’imperialismo e del colonialismo nel Paese, ha seppellito l’umiliante diplomazia della dinastia Qing, inizialmente pilotata dagli inglesi, ed è entrata coraggiosamente sulla scena mondiale con un nuovo atteggiamento.
Oggi la RP della Cina stabilisce e sviluppa attivamente nuovi tipi di relazioni diplomatiche paritarie con altri Paesi in tutto il mondo. In considerazione del contesto specifico nei primi giorni della fondazione della Repubblica ad oggi, sta adottando una strategia diplomatica ormai nota specie ai Paesi in via di sviluppo, a quelli del Terzo Mondo, ed all’opinione pubblica di quegli Stati sedicenti indipendenti facenti parte o giacenti in blocchi aggressivi militari.
Oltre a stabilire rapidamente relazioni diplomatiche con vari Paesi che riconoscono e rispettano la reciproca indipendenza, attualmente la RP della Cina ha sempre attribuito grande importanza anche allo sviluppo delle relazioni diplomatiche o degli scambi interpersonali con Paesi al di là del colore dei propri governi.
Allo stesso tempo, la RP della Cina ha resistito alla pressione degli Stati Uniti d’America, lungo la guerra fredda e il post-Muro, e ha dimostrato il proprio vigore nazionale attraverso ripetute competizioni con l’imperialismo colonial-capitalista su vari fronti: Repubblica Popolare Democratica della Corea (nord), Indocina nel complesso, e sulla questione di Taiwan. Col tempo ha deballato l’isolamento, il blocco e le minacce, entro cui ha cercato di rinchiuderla l’imperialismo. Si è imposta alla Conferenza di Ginevra del 1954, è uscita oltre i confini con la Conferenza di Bandung nel 1955 – la quale dette un contributo storico al rafforzamento dell’unità afro-asiatica – ha surrogato la cricca del fantoccio Jiang Jièshí (Chiang Kai-shek) all’ONU nel 1971, rientro nel Comitato Internazionale Olimpico nel 1979, e innumerevoli ulteriori conquiste.
Ufficialmente la RP della Cina ha relazioni diplomatiche complete con 180 degli altri 192 stati membri delle Nazioni Unite, oltre alle Isole Cook, l’Isola Niue e lo Stato della Palestina. A partire dal 2024, la Cina ha avuto il maggior numero di missioni diplomatiche di qualsiasi altro stato al mondo. Questi sono fatti e numeri che dimostrano che la RP della Cina ha salvaguardato l’indipendenza, la sovranità e la dignità del Paese e ha conquistato il rispetto del mondo.

Guardando al futuro, in quali settori è più ottimista riguardo lo sviluppo della Cina? In futuro, quale potere e saggezza, spera, che la Cina continuerà a mettere a disposizione nel mondo?
Nella presente intervista credo di aver brevemente e in sintesi analizzato i tanti progressi ottenuti in ogni campo dalla Repubblica Popolare della Cina, almeno secondo il mio punto di vista. Per cui adesso – nel rispondere alla sua domanda – tocco un argomento importante e che vede la RP della Cina da qualche tempo anche all’avanguardia nel continuare a mettere a disposizione all’intero pianeta la propria esperienza.
Il 16 aprile 2022 è stato un momento che ha attirato l’attenzione di tutto il mondo nel settore cinese dei voli spaziali con equipaggio. Dopo aver stabilito un nuovo record di 183 giorni di volo continuato in orbita, tre astronauti cinesi sono tornati dal vasto spazio al loro pianeta natale. Per cui la fase chiave di verifica della tecnologia cinese si è conclusa con successo, ponendo solide basi per la costruzione dei un’eventuale stazione spaziale.
L’innovazione scientifica e tecnologica è il motore fondamentale del progresso della civiltà umana. Il volo spaziale con equipaggio della RP della Cina continua a svolgersi. È un vivido esempio delle vostre imprese scientifiche e tecnologiche che raggiungono sempre nuove vette. È una piena manifestazione dell’autosufficienza scientifica e tecnologica di alto livello che continua illuminare la strada verso la modernizzazione. È anche la capacità di un Paese in via di sviluppo e crescita per contribuire al progresso della civiltà umana.
Il segretario generale Xi Jinping ha sottolineato: «Nel mondo di oggi, lo sviluppo della scienza e della tecnologia deve avere una visione globale, cogliere il polso dei tempi e seguire da vicino le nuove esigenze avanzate dalla produzione e dalla vita umana verso le quali la Repubblica Popolare della Cina è impegnata». Questo significa, non solo promuovere la collaborazione globale per l’innovazione scientifica e tecnologica; nonché partecipare attivamente alle reti globali di ricerca di base e la trasformazione dei risultati scientifici in pratiche d’avanzamento; o coltivare nuovi motori di sviluppo economico; rafforzare la protezione della proprietà intellettuale; creare un ecosistema di innovazione di prima classe; modellare il concetto di scienza e tecnologia in modo definitivo; e migliorare la governance globale in tali settori, che significa potenziare maggiormente il benessere umano.
Non solo questo, ma porre anche le fondamenta di un più vicino futuro ad un settore come quello dello sfruttamento economico e potenziale delle risorse contenute negli asteroidi ed in ulteriori corpi celesti, al di là di acquisizioni meramente scientifiche e di prestigio quali la costruzione di una stazione spaziale. E pure in questo caso sono molto ottimista.

domenica 22 settembre 2024

In Sri Lanka vince il socialismo. Articolo di Luca Bagatin


Quando la sinistra è autenticamente socialista e anticapitalista tende a vincere, nel mondo.

Ovvero quando si oppone al modello oligarchico liberal capitalista, che sdogana egoismo e corruzione.

E' accaduto anche in Sri Lanka, alle elezioni presidenziali del 21 settembre, in cui il comunista Anura Kumara Dissanayake, 56 anni, alla guida della coalizione socialista Potere Popolare Nazionale (NPP), ha vinto, con il 42,33%.

Al secondo posto, il candidato dell'opposizione centrista, Sajith Premadasa, che, con il Potere Popolare Unito (SJB), ha ottenuto il 32,76%.

Al terzo posto, il Presidente uscente dello Sri Lanka, il liberal capitalista Ranil Wickremesinghe, che ha ottenuto il 17,27%.

Dopo la crisi economica che ha colpito l'isola, nel 2022, lo Sri Lanka sembra determinato a voler cambiare volto.

Sia Dissanayake che il suo rivale Premadasa, hanno puntato su un programma improntato a riforme sociali, misure anticorruzione e tassazioni nei confronti delle classi più ricche.

La coalizione di sinistra, guidata dal vincitore del primo turno elettorale, Dissanayake, e che comprende comunisti marxisti-leninisti, socialisti, populisti di sinistra e socialisti democratici riformisti, in particolare, è impegnata su un programma che promuove un nuovo modello economico fondato su principi socialisti e che si oppone alle privatizzazioni selvagge e sostiene il ruolo pubblico in settori quali quello energetico, dei mercati finanziari e nell'ambito della sicurezza nazionale.

Un programma che vuole restituire il potere al proprio popolo.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

sabato 21 settembre 2024

Lo sviluppo socialista cinese e le nuove prospettive di pace e prosperità, secondo lo studioso britannico Carlos Martinez. Articolo di Luca Bagatin

E' molto interessante l'intervento tenuto dallo studioso britannico di società socialiste e autore del saggio “The East is Still Red – Chinese Socialism in the 21st Century” (Praxis Press), Carlos Martinez, al 14esimo Forum mondiale del socialismo, tenutosi a Pechino gli scorsi 9 e 10 settembre.

Forum organizzato dall'Accademia Cinese delle Scienze Sociali, alla presenza di oltre 200 delegati da vari Paesi del mondo.

Martinez, nel suo intervento e nel suo saggio, si è proposto di far conoscere la Cina socialista, oltre ogni pregiudizio e oltre ogni campagna anti-cinese e anti-socialista, promuovendo la costruzione di un movimento contro il rischio di una nuova Guerra Fredda.

In cosa consisteva la Guerra Fredda originale?”, si chiede Martinez.

Riguardava il consolidamento e l'espansione del sistema imperialista guidato dagli Stati Uniti nell'era successiva alla Seconda Guerra Mondiale. Riguardava il contenimento e l'indebolimento del socialismo e l'assicurazione che il sistema mondiale coloniale fosse sostituito da un sistema neocoloniale piuttosto che da un mondo veramente multipolare. L'Occidente si è impegnato in guerre, guerre per procura, destabilizzazione, colpi di stato, assassinii e coercizione economica in tutto il mondo per impedire ai Paesi del Sud del mondo di affermare la propria sovranità e scegliere il proprio percorso di sviluppo”.

Pensiamo, infatti, alla guerra fra le due Coree, a quella del Vietnam, ai golpe contro i governi socialisti in America Latina, Africa e così via.

Attualmente la Nuova Guerra Fredda non è caratterizzata da violenza su larga scala” - ha proseguito Martinez nel suo intervento, “ma la minaccia della Terza Guerra Mondiale aumenta di giorno in giorno. Per cominciare, è fin troppo chiaro che gli USA e i loro alleati sono disposti a combattere fino all'ultimo ucraino nella loro guerra per procura contro la Russia.

Nel frattempo, oltre agli attacchi economici alla Cina (la guerra commerciale, i dazi, le sanzioni, gli attacchi a Huawei e TikTok, il tentativo di impedire alla Cina di sviluppare semiconduttori avanzati), si sta intensificando la campagna di accerchiamento militare”.

Riguardo ai rapporti fra USA e Cina, Martinez ha affermato che: “C'è chiaramente una fazione rumorosa e influente a Washington che vede una guerra aperta contro la Cina come l'unico mezzo praticabile per impedire alla Cina di superare gli Stati Uniti economicamente e tecnologicamente; come l'unico mezzo praticabile per porre fine a un ordine mondiale multipolare emergente con la Cina al centro”.

Egli ha fatto altresì presente come tutto ciò sia “del tutto contrario agli interessi dell'umanità. I Paesi occidentali dovrebbero lavorare con la Cina, cooperando sui principali problemi globali del nostro tempo: prevenire il crollo climatico; prevenire future pandemie; prevenire la guerra nucleare; affrontare le sfide dell'intelligenza artificiale e affrontare la povertà globale”.

Martinez, ha inoltre spiegato come nel suo libro si affronti ampiamente la questione del riformismo socialista cinese, a partire dal 1978, attraverso riforme, appunto, che non hanno affatto rinunciato al socialismo, per approdare al capitalismo.

La Cina ha sollevato centinaia di milioni di persone dalla povertà” - ha affermato, in merito, Carlos Martinez - “Questo è stato riconosciuto dall'ONU come il programma di riduzione della povertà più esteso e di successo della Storia. Mentre gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno condotto guerre in tutto il mondo, la Cina ha mosso guerra alla povertà”.

La Cina è di gran lunga emersa come leader mondiale nello sviluppo di energie rinnovabili, nella tutela della biodiversità, nella lotta all'inquinamento, nella costruzione di sistemi di trasporto ecologici e nella piantumazione di alberi”.

E lo ha fatto governando il mercato – attraverso il socialismo e l'intervento pubblico diretto - e non lasciando che fosse “il mercato a risolvere il problema”, come ha affermato Carlos Martinez riferendosi ai Paesi liberal-capitalisti.

Martinez ha poi sottolineato come nel suo saggio egli spieghi che, proprio grazie all'intervento pubblico, la Cina sta lavorando per la transizione ecologica, la cooperazione internazionale, il rispetto della sovranità, la pace globale, innovando la sua tecnologia, tutto nell'interesse dei cittadini e non di pochi ricchi al potere.

In merito Carlos Martinez ha affermato: “Le persone sono molto confuse sul socialismo cinese, a causa del livello di coinvolgimento della Cina nel capitalismo globale; delle sue riforme di mercato; del fatto che esiste il capitale privato; del fatto che c'è una significativa disuguaglianza. Naturalmente la Cina oggi appare molto diversa da come appariva nel 1978.

Ma il Paese è governato principalmente nell'interesse della gente comune. Il partito principale del governo è un partito comunista, che prende il marxismo estremamente sul serio. La Cina ha introdotto meccanismi di mercato non per tornare al capitalismo, ma per aumentare la produttività, recuperare terreno in scienza e tecnologia, attrarre investimenti, migliorare gli standard di vita e, in ultima analisi, creare le condizioni per un socialismo più avanzato.

E bisogna ammettere che questa strategia ha avuto un grande successo. La Cina è una potenza economica e la sua gente vive molto meglio di prima. L'aspettativa di vita media della Cina ha ormai superato quella degli Stati Uniti. La povertà estrema è stata eliminata. L'alfabetizzazione è universale. Tutti hanno accesso a cibo, riparo, acqua pulita, energia moderna, istruzione, assistenza sanitaria e sicurezza sociale”.

In conclusione, Carlos Martinez ha affermato come, a suo parere, la sinistra dei Paesi occidentali abbia molto da imparare dalla Cina. Per costruire un socialismo autentico e improntato a valori di pace, prosperità comune e solidarietà internazionale.

Valori che l'Europa sembra aver drammaticamente perduto da tempo, per tornare indietro, a periodi oscuri, in cui l'odio, la guerra e gli estremismi più violenti, la facevano da padroni.

Le tesi di Carlos Martinez, peraltro, sono in linea con quelle di un fine analista geopolitico, oltre che grande manager italiano, quale il prof. Giancarlo Elia Valori, che di queste cose scrive da oltre quarant'anni, in saggi e interventi sempre davvero illuminanti e privi di pregiudizi.

Luca Bagatin

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giovedì 19 settembre 2024

XX Settembre, festa di laicità e democrazia cancellata dal fascismo e mai più reintrodotta. Articolo di Luca Bagatin


Il 20 Settembre è una data storica per l'Italia, la cui festività nazionale fu cancellata dal fascismo, probabilmente per ingraziarsi, ancora una volta, la Chiesa cattolica.

Il 20 Settembre, fino all'avvento della dittatura fascista, infatti, era la Festa della liberazione della Capitale d'Italia e dell'unificazione nazionale.

Il 20 Settembre 1870, con la presa di Roma, nota anche come Breccia di Porta Pia (ovvero quando i Bersaglieri italiani irruppero nello Stato Pontificio e lo conquistarono), l'Italia fu finalmente unita e libera da ogni forma di dominazione straniera e da ogni imposizione clericale.

La presa di Roma rappresenta, infatti, anche la fine dello Stato Pontificio e la caduta del potere temporale dei Papi dei cattolici.

Il 20 Settembre o XX Settembre, è e rimane storicamente il simbolo della vittoria della democrazia, della laicità e della libertà spirituale del popolo italiano.

Gli ideali del Risorgimento, mazziniani e garibaldini, trovarono – in tale data - quantomeno parziale compimento, per quanto, i successivi accordi fra il becerume liberal-monarchico al governo dell'Italia e la cosiddetta Santa Sede, mutilarono quella nobile vittoria anticlericale.

Con l'infausta Legge delle Guarentigie, infatti, il Regno d'Italia non solo garantì l'inviolabilità del Pontefice nella sua persona, ma anche l'inviolabilità dei suoi onori sovrani; la possibilità di avere delle forze armate; l'extraterritorialità dei palazzi vaticani, i quali rimanevano esentati dalla legge italiana e fu garantito finanche un introito annuo da corrispondere al Papa e al suo entourage di oltre 3 milioni di lire (oggi corrispondenti a circa 15 milioni di euro)!

Una legge vergognosa, che diverrà ancor più vergognosa con le ulteriori concessioni allo Stato Pontificio concesse dal fascismo mussoliniano, con i Patti Lateranensi (ancora oggi presenti nella Costituzione italiana) e con il successivo Nuovo Concordato, il peggior errore che Bettino Craxi – pur grande statista – potesse commettere.

Ad ogni modo, nonostante questi obbrobri clericali e di genuflessione ad uno Stato straniero, il XX Settembre rimane una data simbolica, purtroppo ancora oggi non più celebrata e festeggiata come tale e ricordata unicamente dalla Massoneria italiana e da qualche associazione laica e anticlericale. E ciò, nonostante siano state depositate alcune proposte di legge trasversali di reintroduzione di tale festività.

Ad ogni modo quello spirito garibaldino, che pur fu sconfitto negli anni successivi al Risorgimento (si pensi che Garibaldi si ritirò, povero e deluso, nella sua Caprera, dimettendosi finanche dalla carica di deputato al Parlamento, per tornare a fare l'agricoltore), continua ad aleggiare nei cuori di coloro i quali hanno combattuto e combattono ancora per un ideale.

Giuseppe Garibaldi, simbolo di socialismo originario e di lotta ai tiranni disse: “Il giorno in cui i contadini saranno educati nel vero, i tiranni e gli schiavi saranno impossibilitati sulla terra”.

In alcune zone del mondo questo monito e auspicio si è avverato. Pensiamo ai Paesi del Socialismo del XXI Secolo in America Latina (molti dei quali, ancora oggi, oltre che a Bolivar, Sandino e José Martì, si ispirano anche ai nostri Garibaldi e Mazzini) e in diversi Paesi socialisti nel mondo.

In Italia e nel resto dell'UE (in cui – grazie alle varie Von Der Leyen, Draghi and Co., si è tornati ad un clima pre-Risorgimentale e oligarchico), evidentemente no, ma l'eroe non è colui che vince sulla terra, ma colui il quale vince nello spirito e lo spirito è e rimane senza tempo.

Lo spirito di laicità portato avanti dal XX Settembre non morirà mai, finché la fiaccola del Risorgimento, garibaldino, mazziniano, massonico, socialista, repubblicano, teosofico, democratico, rimarrà vivo.

Luca Bagatin

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lunedì 16 settembre 2024

Moana Pozzi vive. Articolo di Luca Bagatin


Sono passati trent'anni da quel 15 settembre 1994, data della prematura scomparsa, a soli 33 anni – l'età del Cristo – di Moana Pozzi.

Donna inquieta e trasgressiva.

Eretica, erotica, eroica, come mi è sempre piaciuto definirla.

Moana incarnò la fine dei rampanti Anni '80 e l'inizio dei decadenti Anni '90.

Incarnò sessualità e sensualità, mai volgarità. E per questo incarnò l'erotismo più autentico, quello che la fa ancora oggi paragonare a una sorta di Dea.

Fu attrice apprezzata da Federico Fellini, che le fece interpretare un ruolo in “Ginger e Fred”, nel 1986. Sarà nel cast di “Borotalco” di Carlo Verdone e in “...e la vita continua” di Dino Risi.

Sarà pornodiva, scoperta, in tutti i sensi, da Riccardo Schicchi e Ilona Staller Cicciolina e sarà co-protagonista del film erotico/giallo “Provocazione”, del regista Piero Vivarelli, assieme al celebre attore Marino Masè; oltre che protagonista di numerose trasmissioni televisive comico-surreali: “Tip Tap Club” (condotta assieme a Bobby Solo), “Matrioska” e “L'Araba Felice”.

Negli Anni '90 la svolta.

Moana cerca di liberarsi via via dalla pornografia e recita il ruolo della protagonista in “Amami”, di Bruno Colella. Un film bellissimo.

“Amami” è il film al quale Moana si sente più legata, in quanto è una sorta di autobiografia che racconta la storia di una ragazza che lavora nel mondo dell'hard, ripudiata dal padre (interpretato, nel film, dall'ottimo Novello Novelli) per le sue scelte professionali, ma con il quale riuscirà poi a riconciliarsi.

E' sempre negli Anni '90 che Moana incarnerà sia il simbolo – il suo volto sarà racchiuso all'interno di un cuore rosa - che la leadership della prima lista civica italiana: il Partito dell'Amore ideato da Mauro Biuzzi (che nel 2013 ebbi modo di intervistare lungamente: http://amoreeliberta.blogspot.com/2016/03/intervista-esclusiva-di-luca-bagatin.html).

Un partito che anticiperà di decenni quello che poteva essere (pur senza riuscirci) il Movimento Cinque Stelle e che contrappose la cultura dell'amore a quella dell'odio (slogan utilizzato poi da Silvio Berlusconi in campagna elettorale).

Una lista di persone comuni (salvo la capolista, Moana Pozzi), dichiaratamente antipolitica (nel senso più positivo e controculturale del termine), di “estremo centro”, di ispirazione situazionista, garibaldina e cristiano-dionisiaca, come ricordato da Biuzzi in più occasioni.

Un partito che immaginava una sorta di Parlamento “a forma ellittica”, ove da una parte si sarebbero collocate le “forze del cambiamento” - guidate dal Partito dell'Amore – e dall'altra la “vecchia partitocrazia”.

Fu con questo spirito che Moana, pur raccogliendo solamente lo 0,5% dei consensi, si candidò finanche a Sindaco di Roma nel 1993, contrapponendosi a Gianfranco Fini e a Francesco Rutelli. Lei sognava una Roma e un'Italia pulita, libera dalla corruzione, onesta, ove tutti potessero avere un alloggio ed essere liberi dai pregiudizi.

Nella mia intervista a Biuzzi, nel febbraio 2013, egli disse, in proposito che “Moana ha concluso la sua vita facendo politica e senza usare i potenti mezzi del Potere (Denaro, Media, Spettacolo, Scienza, Cultura, Politica, Religione, ecc), ma al contrario mettendo la sua popolarità al servizio di una piccola formazione come il Partito dell'Amore, che aveva come scopo quasi suicida quello di opporsi ai poteri forti partendo da zero”.

Moana fu, per questo, una donna eroica.

E' così che vogliamo ricordarla.

Luca Bagatin

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domenica 15 settembre 2024

"Limonov", la mia non-recensione. Articolo di Luca Bagatin


Eddy, classe 1943, nato in Unione Sovietica, giovane poeta/scrittore irrequieto, affamato d'amore, dalla parte di quelli che non hanno nulla da perdere, quale lui stesso è sempre stato.

Questo era ed è sempre stato Eduard Limonov. A partire dagli Anni '60.

Non saprei dire se il film di Kirill Serebrennikov, “Limonov” o “Limonov. The Ballad”, appena uscito nelle sale italiane, abbia saputo rappresentarlo davvero.

Non saprei dirlo, nonostante il film, io lo abbia visto proprio ieri.

Probabilmente ne ha fatto una rappresentazione. Una parodia (Ben Whishaw, l'attore che lo interpreta, sembra quasi farne una macchietta, nei movimenti e negli atteggiamenti. Ma Ben Whishaw rimane comunque un ottimo attore, in generale).

Una parodia romanzata dalla quale fuoriescono, a mio avviso, tre cose.

1) Che il trailer del film è più appassionante e emozionante del film stesso.

2) Che l'omonimo romanzo di Carrère (che nel film ha il ruolo di sé stesso, anche se solo per pochi minuti), è migliore e più completo del film stesso. Film in cui mancano parti importanti della vita del Nostro, anche per una parodia romanzata.

3) Che Carrère e Serebrennikov approfondiscono il personaggio Limonov più dal punto di vista mainstream che da quello di Limonov o di chi lo ha effettivamente conosciuto o, se lo fanno, lo fanno solo parzialmente.

Eduard Limonov era certamente una personalità complessa e, chi vuole approfondirlo, non può certamente accontentarsi del libro di Carrère da cui è tratto il film di Serebrennikov.

Il film di Serebrennikov, direi, da il meglio di sé solo nella parte iniziale, finendo però per dilungarsi su una storia d'amore, quella con Elena, che certamente non fu così importante come quella con Nataliya (Medvedeva), totalmente cancellata dal film.

Così come dal film sono totalmente cancellati gli Anni '80 di Limonov, che sono gli anni in cui egli inizia a maturare la sua avversione per un Occidente liberal capitalista opulento e ipocrita.

Sono gli anni in cui scrisse, infatti, “Grande Ospizio Occidentale” (che ho recensito anche nel mio blog a questo link: https://amoreeliberta.blogspot.com/2023/08/il-grande-ospizio-occidentale-di-eduard.html), in cui analizza e demolisce i falsi miti dell'Occidente, mostrando – fra le altre cose - come le tanto sbandierate libertà e ricchezze, sono appannaggio solo di chi può effettivamente permettersele e come i cittadini siano “coccolati” dall'Ospizio, al punto da non avere più alcuna opinione propria.

Tutto questo, nel film di Serebrennikov, manca.

Gli Anni '80 sfilano in rassegna al Nostro, ovvero a Ben Whishaw che lo interpreta, che corre attraverso un immenso set cinematografico. E così, gli anni formativi di Limonov, vengono liquidati.

E furono formativi anche grazie alla sua terza moglie, Nataliya Medvedeva, cantante punk-rock, scrittrice e poetessa e autrice, nel 1993, di un appello contro il golpe di Boris Eltsin, il quale fece assediare e bombardare il Parlamento sovietico, illegalmente.

Nataliya, nel film, semplicemente non c'è.

Come c'è molto poco del Limonov “politico”.

Nel film, viene fatto apparire come un esaltato che guiderebbe fantomatici “skinhead nazionalisti” tutto muscoli, quando in realtà, i giovani del Partito NazionaBolscevico (molte delle quali erano ragazze acqua e sapone, tutt'altro che tutte muscoli e spesso, anzi, molto dolci e affascinanti, nella loro semplicità) erano artisti, musicisti, scrittori, freak, sbandati, certo, perché resi poveri e sbandati dal crollo dell'URSS per volontà di un'oligarchia guidata da Eltsin e sostenuta da un Occidente ipocrita e colonialista da sempre.

I giovani nazbol erano, secondo la compianta giornalista Anna Politkovskaja, che li difese sempre e a spada tratta in tutti i processi (processati solamente perché organizzavano manifestazioni pacifiche e nonviolente contro il governo liberal capitalista, prima di Eltsin e poi di Putin): “giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettevano di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”. Del partito di Limonov, peraltro, la Politkovskaja parlò diffusamente nel suo “Diario russo”, edito in Italia da Adelphi, ricordando come fosse il partito di sinistra più attivo nella Russia post-sovietica.

Del film di Serebrennikov ho apprezzato, in sostanza, la parte iniziale, quella più erotica e le musiche dal sapore underground, oltre che le ricostruzioni degli abiti usati da Limonov all'epoca e alcune scene, che rievocano scatti fotografici effettivamente realizzati da Limonov e da Elena Shchapova, all'epoca.

Ma, chi era Eduard Limonov?

Semmai fosse stato davvero un egocentrico, come molti potrebbero facilmente credere a una lettura superficiale, aveva tutto il diritto di esserlo.

Era un grande scrittore, proprio perché era un osservatore attento che sperimenta tutto su di sé.

E lo fa perché detesta la banalità, la mediocrità, la noia, i luoghi comuni, i grandi eventi, i salotti buoni, che appestano la società, sia sovietica dell'epoca che quella statunitense capitalista.

E detesta invecchiare e il passare del tempo.

Non è adatto ai benpensanti, Eddy.

Perché lui non pensa male, anzi. Ma non è un ipocrita.

Eddy osserva e sperimenta l'amore e il sesso, anche estremo, ma fatto solo con chi ama profondamente.

Eddy osserva e sperimenta la povertà e la degradazione dei bassifondi newyorchesi.

Eddy osserva e sperimenta la guerra (in ex Jugoslavia e Transnistria, altro aspetto tralasciato dal film).

Eddy osserva e sperimenta la politica.

E il suo punto di vista è quello di uno scrittore niente affatto estraneo a tutto ciò. Non è un osservatore passivo, ma, come D'Annunzio e Pasolini, Limonov incarna la figura di un eroe moderno.

Dalla parte degli oppressi, dei diseredati, stanchi di essere colonizzati, sanzionati, sfruttati, considerati come animali di uno zoo esotico da fotografare.

Che non si considerano vittime, ma vogliono essere protagonisti del loro destino e Limonov vuole guidarli in una marcia rivoluzionaria (in particolare sotto il profilo interiore) contro i ricchi, i borghesi, i mediocri, gli ipocriti.

Ed in questo, Limonov, è profondamente profetico, vista oggi la decadenza di un Occidente liberal capitalista, ricco, ammorbato e annoiato e lo sviluppo di un Sud del Mondo affamato di riscatto, giovane e alla ricerca di un avvenire di emancipazione che non ha mai avuto.

Limonov è uno che manda affanculo tutti. Certo, è vero. E fa bene.

Limonov è uno che sa che il danaro uccide l'amore, l'ha sperimentato. Per questo disprezza i ricchi e la ricchezza.

Egli ha un disperato bisogno d'amore e affetto e, quando non lo trova, diventa un duro.

Per Eddy, l'amore, è il significato della vita.

E' fedele a sé stesso, Eddy. E' fedele alle sue donne, Eddy. E' fedele ai compagni del suo partito Eddy. Ed è fedele al suo essere eterno adolescente, Eddy.

Ed è la sua fedeltà a renderlo eroico, ma allo stesso tempo, spesso incompreso da chi non ha la pazienza di guardare oltre i suoi spessi occhiali da miope.

Personalmente ho scritto un saggio su di lui, “L'Altra Russia di Eduard Limonov” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/), che contiene anche un'intervista che gli feci un anno prima di morire.

E non fu un'intervista facile. Sono certo che volesse mandare affanculo anche me. E probabilmente avrebbe fatto bene. Anzi, sicuramente avrebbe fatto bene. Perché, come mi disse lui, le interviste sono una pessima forma di letteratura.

Ciao Eddy-baby, ovunque tu sia, ti voglio bene come ne ho voluto ad Andrea G. Pinketts e a Peter Boom e come ne voglio a tutti quelli che, come noi, hanno una concezione della vita e del mondo eretica, erotica, eroica e per nulla banale o scontata.

E fanculo a chi non ci capisce!

Luca Bagatin

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mercoledì 11 settembre 2024

Salvador Allende e Bettino Craxi, due socialisti per la libertà. Articolo di Luca Bagatin


L'11 settembre 1973, in Cile, fu deposto il legittimo governo socialista guidato da Salvador Allende. E ciò a seguito del sanguinario golpe del generale Augusto Pinochet che instaurò, nel Paese, una brutale dittatura liberal capitalista, sostenuta dagli Stati Uniti d'America.

Allende era stato eletto nel settembre 1970 grazie alla coalizione Unidad Popular, comprendente socialisti, socialisti democratici, liberalsocialisti, comunisti e cristiani di sinistra.

Egli intraprese una sua propria “via cilena al socialismo”, con un vasto programma di nazionalizzazione delle principali industrie private, in particolare minerarie, bancarie, assicurative, dei trasporti e delle telecomunicazioni.

Favorì le classi meno agiate, attraverso apposite riforme di equità; sospese il pagamento del debito estero; introdusse il salario minimo garantito; abolì il latifondo; investì massicciamente nell'istruzione e nella sanità; aumentò i salari e promosse una politica di laicità e diritti civili, introducendo il divorzio, annullando le sovvenzioni alle scuole private e promuovendo i diritti delle donne.

Tutte politiche saldamente socialiste, invise storicamente agli USA e alla classe ricca, clericale e padronale, che trovò in Pinochet il proprio punto di riferimento.

Quel Pinochet che presto rovesciò il governo socialista, nonostante la ferma resistenza armata di Allende e dei suoi sostenitori.

Da allora e sino a non troppi anni fa, il Cile sprofondò nel caos e in una pesantissima dittatura dai contorni clericali, corporativi, antisemiti e antisocialisti, nella quale furono applicate le insensate, inique e folli teorie liberal capitaliste della scuola di Chicago, capitanata da Milton Friedman, costituite da privatizzazioni selvagge, tagli alla spesa pubblica, distruzione del comparto sindacale, a tutto vantaggio dei più ricchi.

Fra i primi a schierarsi contro Pinochet e a sostegno di Allende, oltre ai governi socialdemocratici svedesi e quelli socialisti di Cuba e della Repubblica Popolare Tedesca, anche l'allora giovane socialista Bettino Craxi.

Craxi si recò a Santiago del Cile subito dopo il golpe del 1973 e visitò la tomba di Allende, assieme a una delegazione del Partito Socialista Italiano, sfidando il governo golpista e la polizia, che voleva loro impedire tale visita.

Craxi sostenne, successivamente, la causa di molti esuli cileni, come fece Olof Palme in Svezia e i governi di Cuba e del blocco socialista orientale.

Quando divenne Presidente del Consiglio italiano, sostenne non solo il ripristino della democrazia in Cile, ma aiutò finanziariamente i movimenti clandestini cileni, così come il PSI di Craxi finanziò sempre tutti i movimenti di liberazione popolare nel mondo.

E Craxi denunciò più volte, anche difronte a Ronald Reagan che sosteneva Pinochet, la brutale dittatura cilena.

Il popolo cileno non dimenticò quel sostegno e, nel 2018, gli fu dedicata una piazza, accanto al luogo in cui riposa Salvador Allende. Ovvero la Piazoleta Bettino Craxi, a Santiago del Cile.

Luca Bagatin

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martedì 10 settembre 2024

Il musicista punk rock e attivista politico Egor Letov - amico di Eduard Limonov - avrebbe compiuto 60 anni. Articolo di Luca Bagatin

Il 10 settembre 2024, Egor Letov, avrebbe compiuto 60 anni.

Purtroppo, il cantante, chitarrista punk-rock e attivista politico russo, morì, a soli 44 anni, il 19 febbraio 2008

Egor Letov, nato il 10 settembre 1964, fu una celebrità, sia nella Russia sovietica che post-sovietica, oltre che, nel 1993, fu fondatore, assieme a Eduard Limonov e Aleksandr Dugin, del Partito NazionalBoscevico.

Suo padre fu ufficiale e la madre medico e lui ed il fratello Sergey (ancora oggi musicista di grande fama), crebbero in un quartiere malfamato della Siberia.

Sia Egor che il fratello coltivarono, sin da giovanissimi, una grande passione musicale e si formarono musicalmente da autodidatti, ascoltando i Beatles e i Led Zeppelin.

I due fratelli Letov si trasferirono ben presto a Mosca. Sergey per studiare chimica all’Università, mentre Egor iniziò a studiare in un istituto professionale per muratori, dal quale fu – in poco tempo – espulso. Lavorò alcuni anni, sia come spazzino, che come operaio edile.

Mentre Sergey si dedicò alla musica jazz, divenendo in seguito amico e collega del grande jazzista russo Sergey Kuryokhin (figura di spicco del successivo Partito NazionalBolscevico), Egor si ispirò al punk rock e iniziò un sodalizio con Kostantin Riabinov, anche lui uno dei futuri componenti del partito nazbol (nota una delle foto che ritrae Letov, Riabinov, Limonov e Dugin in una posa che ricorda quelle di una rock band dell’epoca).

Con Riabinov, Egor Letov, fondò il gruppo “Posev”, ovvero “Semina” e, nel 1984, i due fondarono il gruppo punk rock “Grazhdanskaya Oborona”, ovvero “Difesa Civile”, che attirò le nefaste attenzioni del Ministero degli Interni e del KGB.

Le autorità sovietiche iniziarono infatti a considerare l’attività musicale di Letov sovversiva e, nel 1985, lo ricoverarono coattivamente in un ospedale psichiatrico, trattato con massicce dosi di psicofarmaci. Fu dimesso, dopo mesi, solamente in quanto minacciò il suicidio.

Negli anni successivi, lui e la sua compagna e collega cantante – Yanka Diaghileva – furono a lungo ricercati e perseguitati dalle autorità sovietiche e vissero per molto tempo di espedienti e da fuggitivi.

Lo spirito di Egor Letov fu sempre fortemente anarchico e libertario e, se inizialmente il suo scontro con le autorità dell’URSS lo portò a sviluppare un feroce anticomunismo, negli Anni ’90, con la fine del mondo sovietico e l’avvento del capitalismo assoluto e dell’oligarchia liberale e criminale al potere in Russia, sviluppò una coscienza socialista autogestionaria.

Ciò lo porterà, dunque, ad accettare l’invito dello scrittore Eduard Limonov a fondare il Partito NazionalBolscevico, influenzando così molti suoi colleghi musicisti e artisti, fra i quali Riabinov, oltre che moltissimi suoi fan.

La bandiera ufficiale del Partito NazionalBolscevico, composta da una falce e martello nera posta all’interno di un cerchio bianco, su fondo rosso, sarà infatti presentata al pubblico nel 1994, al concerto di Egor Letov presso il club delle “Forze Armate” di Mosca, nel quale il cantante punk cantò storiche canzoni sovietiche in stile rock, acclamato da un pubblico di giovani e giovanissimi.

Nel 1997, Letov, sposò la bassista degli “Grazhdanskaya Oborona”, Natal’ja Čumakova. Yanka Diaghileva, sua storica compagna e grande cantautrice underground, morì invece nel 1991, a 24 anni, in circostanze tragiche e mai del tutto chiarite. Fu infatti trovata annegata da un pescatore nel fiume Inja, in Siberia, e ciò segnò profondamente Egor Letov.

Letov è, ancora oggi, considerato un simbolo di ribellione e emancipazione in Russia e a lui ho voluto dedicare – fra gli altri – il mio penultimo saggio “L’Altra Russia di Eduard Limonov” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/) dal quale, peraltro, sono tratti alcuni passi di questo mio articolo.

Delle sue scelte politiche, Egor Letov ebbe a scrivere e dire: “Sono un nazionalista sovietico. La mia terra è l’URSS. L’URSS è il primo e grande passo lontano, guarda avanti, verso nuovi tempi, verso nuovi orizzonti. L’URSS non è uno Stato, è un’idea, una mano allungata per dare una stretta di mano. E la gloria e la grandezza della Russia è che per la prima volta nella Storia umana ha assunto l’amara e giusta missione, al fine di superare mille anni di feroce buio. La solitudine dell’uomo nell’umanità.

Credo nel mondo, nella Rivoluzione Universale e sono pronto a lottare per questo, sia attraverso le parole che con i fatti. Come hanno fatto i miei valorosi predecessori, insegnanti e mentori da Dostoevskij a Majakovskij, tutti quelli che sono sempre stati contro bugie, indifferenza, declino, morte. Nel 1917 il nostro Paese ha fatto il primo passo verso la verità, per non essere mai l’ultimo!”.

Luca Bagatin

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venerdì 6 settembre 2024

Cos'è il socialismo

 
Il socialismo è l'unica alternativa ai tre totalitarismi moderni: fascismo, comunismo totalitario e liberal capitalismo.
È l'unica alternativa ai fondamentalismi, agli opposti estremismi e ai blocchi contrapposti.
Il socialismo è rosso-bianchismo.
Rosso è il simbolo dell'amore. Bianco è il simbolo della purezza del cuore.
Contro odio, violenza, stupidità, ipocrisia, danaro, mercantilismo, ignoranza. 
Ovvero contro l'ego. Eterna PATOLOGIA umana.

Recensione di Alberto De Marchi al saggio "L'Altra Russia di Eduard Limonov - I giovani proletari del nazionalbolscevismo" di Luca Bagatin

 
Sulla rivista letteraria "Satisfiction", Alberto De Marchi recensisce il penultimo saggio di Luca Bagatin.

Al seguente link: https://www.satisfiction.eu/luca-bagatin-laltra-russia-di-eduard-limonov-i-giovani-proletari-del-nazionalbolscevismo-2/

 

Il mondo del danaro è malvagio, perché uccide l'amore.
Questo ci ha insegnato Eduard Limonov, prima di tutto.
 
(Luca Bagatin)

martedì 3 settembre 2024

La necessità del ritorno del socialismo in Europa. Articolo di Luca Bagatin

E' piuttosto interessante il risultato ottenuto dal partito della populista/socialista di sinistra di Sahra Wagenknecht alle recenti elezioni in Turingia (15,6%) e in Sassonia (11%), così come il suo partito, Bündnis Sahra Wagenknecht, ottenne già un buon risultato alle recenti elezioni europee, con il 6,2% dei consensi.

Sahra Wagenknecht è una socialista vecchio stile, come quelli che in Europa non esistono più da circa trent'anni, salvo i rarissimi casi di Jean-Luc Mélenchon, dei britannici Jeremy Corbyn e George Galloway, dell'irlandese Mick Wallace e dei socialisti slovacchi di Robert Fico e quelli di Peter Pellegrini.

Una socialista e populista di sinistra, nel senso originario e positivo del termine (populisti/socialisti furono anche gli amici dei nostri Mazzini e Garibaldi e populista/socialista è tutto il filone della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864), che mette al centro la lotta allo sfruttamento, al divario fra ricchi e poveri, attraverso politiche sociali forti e che lotta per la pace nel mondo, ovvero per un ritorno alla ragionevolezza.

Dall'altra parte è intransigente nei confronti di un'immigrazione che è più utile alle classi imprenditoriali e al sistema della crescita economica, che può seguitare – così - a sfruttare manodopera a basso costo, anziché lavorare per l'emancipazione del Terzo e del Quarto Mondo, con il quale dialogare e commerciare, pacificamente.

Questa non si chiama politica di sinistra unita a idee di destra, ma recupero del socialismo da Pierre Leroux a Proudhon, da Garibaldi al repubblicanesimo mazziniano, passando per il socialismo democratico più moderno, che, pur rigettando il materialismo marxista, non ha dimenticato il valore liberatorio delle tesi di Marx ed Engels e lo ha rinnovato, in varie forme, anche grazie ai pensatori e leader socialisti che sono venuti dopo, nelle varie parti del mondo.

Del resto, i nostri Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, i nostri Pietro Longo e Bettino Craxi, non furono altro che dei modernizzatori del socialismo, che hanno portato avanti battaglie quali il salario minimo (i primi a proporlo furono i socialisti democratici, infatti); la difesa dei ceti meno abbienti; delle pensioni; una democrazia sempre più partecipativa; un'economia che tutelasse la proprietà, ma senza favorire le classi più agiate e il padronato.

Oltre a promuovere una società ordinata, in cui tutti rispettassero le leggi e si evitassero le degenerazioni bombarole di piazza, oltre che gli opposti estremismi, sia nel Paese che a livello internazionale.

Oggi, in un'epoca in cui si parla di “crescita economica” (che non è limitata e che genera sfruttamento di ogni risorsa, sia umana che energetica e ambientale) e ove si produce più di ciò che si può effettivamente consumare, vediamo dilagare nelle strade violenza, criminalità, noia, abulia e il fenomeno pericolosissimo delle baby gang, oltre che nuovi fenomeni terroristici.

Vediamo una scuola pubblica che non forma più, ma, al massimo, avvia al lavoro, sempre più precario.

Vediamo una sanità allo sbando con personale sanitario che, addirittura, subisce criminali aggressioni.

Vediamo e abbiamo visto, negli anni, la sistematica privatizzazione dei settori chiave e strategici dell’economia italiana (che furono costruiti e difesi da socialisti e repubblicani nella Prima Repubblica)

Vediamo poi, il dilagare dei fondamentalismi.

Del fondamentalismo guerrafondaio e atlantista (senza la lungimiranza, moderazione e visione dei pur già atlantisti, ma non guerrafondai della Prima Repubblica); il dilagare del fondamentalismo pseudo “ecologista”; il dilagare del fondamentalismo del politicamente corretto; il dilagare del fondamentalismo di un’ “onestà” più sbandierata a parole che nei fatti; il dilagare di un nuovo e pericoloso fondamentalismo antisemita e filo nazista.

Difronte a tutto ciò occorre porre un argine, che sia autenticamente socialista e democratico allo stesso tempo. Che è cosa assente, come dicevo, da troppo tempo, in Europa e ciò rischia di portarci molto indietro.

Perché le pseudo sinistre post-comuniste, pseudo-socialiste e pseudo-ecologiste (diventate sostenitrici delle classi più abbienti) e le pericolose destre (più o meno estreme) hanno fatto, dal 1993 ad oggi, anche troppo danno a questo continente, che ha perso i suoi eroi socialisti o li ha lasciati andare alla deriva o dimenticati. Pensiamo ad alcuni nomi fra tutti: Garibaldi, Mazzini, Craxi, Mitterrand.

Luca Bagatin

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