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giovedì 12 giugno 2025

Cristina Kirchner condannata. La piazza peronista argentina si mobilita contro il golpe giudiziario e così il mondo socialista latinoamericano. Articolo di Luca Bagatin

 

L'ex Presidentessa peronista dell'Argentina, Cristina Kirchner, è stata condannata dalla Corte Suprema argentina a sei anni di prigione, per presunta corruzione relativa al periodo nel quale governò in Paese.

La sentenza è arrivata, guarda caso, prima della sua candidatura alle elezioni legislative di ottobre, che le avrebbe peraltro garantito l'immunità giudiziaria.

Cristina Kirchner, già moglie del compianto Presidente peronista Nestor Kirchner, deceduto nel 2010, ha governato l'Argentina dal 2007 al 2015.

Paladina dei diritti sociali e civili, assieme al marito, attuò un piano di nazionalizzazioni, riuscendo a far fronte alla spesa pubblica galoppante e a ridurre la povertà in tre anni (passata dal 21% all'11%). Finanziò massicciamente il sistema scolastico ed educativo, oltre che assicurò casa e lavoro a disoccupati e disagiati, ricevendo il riconoscimento ufficiale della FAO. Nel 2010 legalizzò i matrimoni omosessuali.

Politiche differenti, opposte a quelle dell'attuale folle Presidente argentino liberal capitalista Milei, che sta facendo tornare il Paese indietro di decenni e sta generando malcontento popolare.

Solidarietà a Cristina Kirchner è arrivata dal Frente de Todos, la coalizione peronista, socialista e comunista che l'ha sempre sostenuta alle elezioni, oltre che da tutta la base peronista del Partito Giustizialista e dell'associazione politica Peronismo Militante.

Il movimento peronista argentino si è mobilitato in suo sostegno, manifestando nelle piazze e denunciando una giustizia a orologeria volta a eliminare la principale rappresentante dell'opposizione popolare.

Di fronte all'ombra della proscrizione che incombe su Cristina, non esitiamo: eravamo, siamo e saremo al suo fianco. Perché la vera lealtà si risponde con più lealtà, impegno e coraggio.

Sappiamo qual è il nostro dovere in questo momento cruciale della Storia: difendere Cristina non come atto individuale, ma come causa collettiva. Perché non si tratta solo di una persona, ma di un progetto di Nazione che incarna i sogni di giustizia sociale, indipendenza economica e sovranità politica. E questo progetto non si negozia: si difende, si milita e si conquista”, hanno scritto i peronisti argentini sui social.

Sostegno alla ex Presidente è arrivato anche dal Presidente socialista della Colombia, Gustavo Petro, il quale su Facebook ha ricordato i numerosi casi di golpe giudiziario contro i socialisti latinoamericani, in tutti questi anni:

Ho appena parlato con Cristina Fernández de Kirchner in Argentina. La mia solidarietà a lei che sta andando in prigione.

Senza dubbio, siamo in tempi difficili. Presidenti come Lula, Pedro Castillo, Cristina Fernández, Rafael Correa, Dilma Rousseff, Zelaya, Manuel López Obrador, Evo Morales, tutti progressisti, il progressismo è vario, hanno subito colpi di Stato, processi ingiusti e carcere per anni.

Dopo 30 anni, quando la strada delle dittature e delle guerre rivoluzionarie è stata abbandonata, la primavera democratica dell'America Latina è in pericolo.

Il cambiamento di politiche dove le estreme destre e destre ammontano ai governi degli Stati, nei centri di potere mondiale, incentivano le rotture democratiche.

L'elettorato di questi Paesi ha preferito, anziché l'imperativa costruzione dell'economia per la vita, decarbonizzata, perseguitare i migranti dei nostri Paesi e far salire l'irrazionalità e il fascismo.

Il comfort illusorio e il guadagno del petrolio possono più della vita dei suoi stessi figli, per il momento.

Ho sempre proposto il dialogo politico come soluzione, ma il fanatismo nei grandi centri di potere economico latinoamericani non preferisce questa strada.

In Colombia stanno già predicando un colpo di stato e non sono solo parole.

Gente di estrema destra colombiana e negli USA, mantengono conversazioni fluide per farlo. Conversazioni che testimoni di queste riunioni hanno registrato e che, secondo me, dovrebbero essere pubblicate, mostrano a che punto arrivano queste intenzioni di sedizione.

In realtà, alla violenza e al colpo si risponde con l'unità pacifica, ma attiva e forte del popolo.

Io arriverò dove il popolo mi dirà, nello Stato sociale di diritto della Costituzione.

Cercherò una soluzione pacifica e negoziata senza che la lotta per i diritti del popolo, la giustizia sociale e la costituzione si ritirino”.

Anche il Presidente socialista brasiliano Lula, peraltro già vittima di un golpe giudiziario, dal quale anni dopo fu scagionato, ha voluto sostenere Cristina Kirchner, sui social, con queste parole: Ho osservato con soddisfazione la serenità e la determinazione con cui Cristina affronta questa situazione avversa e la sua determinazione a continuare a lottare. Le ho parlato dell'importanza di rimanere forti in questi tempi difficili”.

Forte sostegno all'ex Presidentessa argentina e denunce di “golpe giudiziario” sono arrivate anche dal Presidente socialista del Venezuela, Nicolas Maduro; da quello cubano Miguel Díaz-Canel; dal socialista boliviano Luis Arce; dalla socialista messicana Claudia Sheinbaum; dal Presidente socialista cileno Gabriel Boric e dagli ex Presidenti socialisti Evo Morales e Rafael Correa, rispettivamente di Bolivia e Ecuador, anche loro vittime di golpe.

Tutti costoro ritengono che la condanna a Cristina Kirchner sia volta a indebolire il processo socialista in America Latina, la sua sovranità e indipendenza regionale.

Del resto è una storia che anche l'Italia conobbe ai tempi della falsa rivoluzione di Tangentopoli, che colpì tutti i partiti democratici di governo, ma in particolare i socialisti di Bettino Craxi. Leader che guardava a un socialismo largo, ampio, volto al Terzo Mondo, al multilateralismo, alla sovranità, all'indipendenza e alla lotta ad ogni potere forte, nazionale e internazionale.

E' una storia vista anche se in forme diverse - anche ai tempi di Juan Domingo Peron e al golpe che lo colpì nel 1955; ai tempi della detronizzazione di Nicolae Ceausescu (primo in Europa a parlare di nuovo ordine multilaterale) e, in tempi più recenti, di Gheddafi e Assad. Entrambi laico-socialisti, contro ogni fondamentalismo e destabilizzazione.

Il socialismo autentico sembra, dunque, sempre essere il nemico di coloro i quali temono giustizia sociale, emancipazione, laicità, multilateralismo, sovranità e indipendenza economica.

Il nemico di quegli USA che non vogliono rinunciare alla loro supremazia sul resto del mondo e di quegli europei che hanno distrutto il socialismo, dall'esterno e/o dall'interno, per soppiantarlo con irresponsabilità, nuova mentalità da Guerra Fredda e distruzione dello stato sociale, del settore pubblico e dell'indipendenza economica.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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