1. Dalle macerie alla rinascita: l’impronta della Cina sull’ordine mondiale e la sua responsabilità storica
Nel momento più buio del secolo XX, mentre le ombre della 
guerra si estendevano dall’Europa all’Asia, il mondo sembrava sul punto 
di soccombere alla violenza e alla legge del più forte. In quel 
frangente, la Cina – non ancora Repubblica Popolare e all’epoca ancora 
in lotta per l’indipendenza nazionale e la dignità statale – assunse un 
ruolo insostituibile nella guerra antifascista globale, pagando un 
prezzo altissimo e dando prova di una volontà incrollabile. Oggi, in 
un’epoca segnata da incertezze e da una nuova ristrutturazione 
dell’ordine mondiale, la Cina, quale Repubblica Popolare, è tornata al 
centro della scena internazionale, contribuendo in modo costruttivo alla
 definizione di nuove logiche di cooperazione e valori condivisi.
2. Quattordici anni di resistenza: la Cina non fu spettatrice, ma campo di battaglia
La guerra in Asia non cominciò nel 1939, ma nel 1931, con 
l’incidente di Mukden e l’invasione della Manciuria da parte del 
Giappone imperiale. Dal 1937 in poi, con l’inizio della guerra su vasta 
scala, la Cina diventò uno dei principali teatri del conflitto globale. 
Non fu una guerra breve né marginale: furono lunghi anni di resistenza, 
di cui otto di guerra totale. Ma come già ho scritto in un mio 
precedente articolo il vero inizio della II Guerra Mondiale si ebbe 
proprio in Cina e non in Polonia nel 1939, sì in Cina quando il 7 luglio
 1937 i giapponesi attaccarono quel Paese (comunemente detta II Guerra 
sino-giapponese 1937-1945; la prima guerra fu nel 1894-1895). Va 
aggiunto l’incidente di Mukden del 1’8 settembre 1931: un evento false 
flag allestito dai nipponici per invadere la Manciuria e creare i 
fantocci Stato della Manciuria (1932-1934) e l’Impero Manciukuò o della 
Grande Manciuria (1934-1945).
Il popolo cinese subì oltre 35 milioni tra morti e feriti. La resistenza
 cinese contro l’invasione giapponese svolse un ruolo decisivo nello 
sfiancamento delle forze nipponiche, liberando risorse e tempo prezioso 
per gli alleati sul fronte del Pacifico e sul fronte europeo. La Cina 
fu, fin dall’inizio, parte integrante dello sforzo mondiale contro il 
fascismo e il militarismo.
3. Architetti dell’ordine del dopoguerra: la voce della Cina era presente
Fu anche in virtù di questo impegno e sacrificio che la Cina 
ottenne lo status di membro fondatore dell’Organizzazione delle Nazioni 
Unite e seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. A San Francisco, 
nel 1945, il rappresentante cinese Gu Weijun (1888-1985) – V. K. 
Wellington Koo, già primo ministro nel 1927 – firmò solennemente la 
Carta delle Nazioni Unite. In quel momento, la Cina non era più solo 
oggetto della politica internazionale, ma soggetto attivo nella 
costruzione del nuovo ordine e di diritto internazionale.
La Carta delle Nazioni Unite riflette anche principi a lungo sostenuti 
dalla diplomazia cinese: il rispetto della sovranità, l’eguaglianza tra 
gli Stati, la convivenza pacifica. In tal senso, la Cina di allora non 
solo aderì all’ordine post-bellico: ne divenne uno dei pilastri 
costitutivi.
4. La questione di Taiwan: sovranità e giustizia dell’ordine
All’origine dell’ONU, la rappresentanza cinese era chiara e non
 controversa. Il cambiamento di scenario nel 1949 e la Guerra Fredda 
complicarono la questione, ma il principio restò immutato. Nel 1971, con
 la Risoluzione albanese 2758 approvata dall’Assemblea generale il 25 
ottobre 1971, le Nazioni Unite sancirono il ripristino dei diritti 
legittimi della Repubblica Popolare della Cina, riconoscendola come 
unico rappresentante legale della Cina intera, Taiwan inclusa:
«The General Assembly,
Recalling the principles of the Charter of the United Nations.
Considering the restoration of the lawful rights of the People’s 
Republic of China is essential both for the protection of the Charter of
 the United Nations and for the cause that the United Nations must serve
 under the Charter.
Recognizing that the representatives of the Government of the People’s 
Republic of China are the only lawful representatives of China to the 
United Nations and that the People’s Republic of China is one of the 
five permanent members of the Security Council.
Decides to restore all its rights to the People’s Republic of China and 
to recognize the representatives of its Government as the only 
legitimate representatives of China to the United Nations, and to expel 
forthwith the representatives of Chiang Kai-shek from the place which 
they unlawfully occupy at the United Nations and in all the 
organizations related to it.
1976th plenary meeting
25 October 1971».
La questione di Taiwan non è dunque “non risolta”, ma parte integrante di un consenso giuridico e politico internazionale. Sostenere il principio dell’unica Cina, per Pechino, significa difendere la legittimità di un ordine nato dalle ceneri della Seconda guerra mondiale e prevenire derive secessioniste o interventiste che lo metterebbero in discussione.
5. Il Movimento dei Paesi non-allineati: un’alternativa civile alla polarizzazione
Nel pieno della Guerra Fredda, mentre il mondo si divideva in 
blocchi, emerse un’altra voce, quella dei Paesi non allineati. La 
Repubblica Popolare della Cina scelse di non essere pedina nelle mani 
delle superpotenze, ma promotrice di un sistema multipolare basato sul 
rispetto reciproco.
Alla Conferenza di Bandung, Zhou Enlai parlò di «cercare punti in comune e non creare divergenze».
«The Chinese Delegation has come here to seek common ground, and not to create divergence. Is there any basis for seeking common ground among us? Yes, there is. The overwhelming majority of the Asian and African countries and peoples have suffered and are still suffering from the calamities under colonialism. This is acknowledged by all of us. If we seek common ground in doing away with the sufferings and calamities under colonialism, it will be very easy for us to have mutual understanding and respect, mutual sympathy and support, instead of mutual suspicion and fear, mutual exclusion and antagonism. That is why we agree to the four purposes of the Asian-African Conference declared by the Prime Ministers of the five countries at the Bogor Conference, and do not make any other proposal».
A livello internazionale, la Repubblica Popolare delle Cina si fece portavoce dei Popoli del Sud globale, riaffermando il diritto a scegliere il proprio modello di sviluppo e a difendere la propria identità culturale. Non si trattava solo di neutralità geopolitica, ma di una visione del mondo fondata sulla pluralità dei modelli di civiltà.
6. Una nuova risposta per il XXI secolo: la comunità di destino condiviso dell’umanità
Con l’ingresso nel nuovo secolo, l’interdipendenza globale è 
aumentata, ma anche i fattori di instabilità. Cambiamento climatico, 
crisi sanitarie, conflitti regionali, disuguaglianze digitali: nessuna 
sfida può essere affrontata da sola. Eppure, crescono unilateralismo e 
populismi, minando la fiducia collettiva.
È in questo contesto che nasce la visione cinese della «Comunità di 
destino condiviso per l’umanità» (Rénlèi mìngyùn gòngtóngtǐ), che 
propone un paradigma cooperativo: costruire insieme, condividere i 
frutti dello sviluppo, rispettare le differenze, tutelare la pace. Dai 
corridoi della Belt and Road alle piattaforme per il dialogo tra 
civiltà, fino alla recente istituzione della Giornata internazionale del
 dialogo tra le civiltà presso l’ONU (infra), la Repubblica Popolare 
della Cina si impegna a offrire beni pubblici globali anche sul piano 
morale e istituzionale.
7. Guardando avanti: la missione di una grande civiltà responsabile
Il percorso moderno della Repubblica Popolare della Cina non è 
solo una narrazione economica, ma anche e soprattutto una storia di 
dignità, lotta per la giustizia e costruzione di regole comuni. Dalla 
resistenza all’invasione straniera alla firma della Carta dell’ONU, 
dalla decolonizzazione al multilateralismo, la Repubblica Popolare della
 Cina ha sempre cercato di essere presente, coerente e costruttiva.
Nel momento attuale, di profondi cambiamenti e fratture crescenti, 
rileggere il ruolo storico della Cina nella guerra mondiale e nella 
costruzione dell’ordine successivo non è un semplice esercizio di 
memoria. È una chiave per capire che tipo di futuro globale si debba 
edificare. In un mondo dove le civiltà si incontrano, spesso si 
scontrano, ma sempre s’influenzano, il dialogo non è un lusso, bensì una
 necessità. E per costruire questo dialogo, servono visione, 
responsabilità e fiducia. La Repubblica Popolare della Cina, da Paese 
che ha sofferto e contribuito, da civiltà che ha costruito e cooperato, è
 oggi portatrice di una proposta: non imporre un modello, ma aprire uno 
spazio comune.
Un progetto, forse, più ambizioso di ogni alleanza militare. Ma anche, proprio per questo, più necessario che mai.
8. Un’iniziativa cinese: la Giornata Internazionale del Dialogo tra le Civiltà
Il 7 giugno 2024, l’Assemblea Generale dell’Organizzazione 
della Nazioni Unite, ha adottato unanimemente senza un voto, la 
Risoluzione 286/78 proposta dalla Repubblica Popolare cinese e 
sponsorizzata da 83 Paesi, che:
«1. Decides to declare 10 June the International Day for Dialogue 
among Civilizations, in order to raise awareness of the value of the 
diversity of civilizations and promote dialogue, mutual respect, 
tolerance and global solidarity in this regard;
2. Invites all Member States and organizations of the United Nations 
system, within existing resources, as well as other international and 
regional organizations and other relevant stakeholders, including civil 
society, the private sector, academia and the media, to commemorate the 
International Day in an appropriate manner, including through 
educational and public awareness-raising activities, and to share best 
practices in this regard;
3. Invites the United Nations Educational, Scientific and Cultural 
Organization and the United Nations Alliance of Civilizations with other
 relevant entities of the United Nations to facilitate the observance of
 the International Day;
4. Stresses that the cost of all activities that may arise from the 
implementation of the present resolution should be met from voluntary 
contributions;
5. Invites all relevant stakeholders to contribute to and support the International Day».
Nel giugno 2025, la Giornata Internazionale del Dialogo tra le 
Civiltà, è entrata ufficialmente nel sistema delle Giornate 
internazionali delle Nazioni Unite. Tale realizzazione, lanciata in un 
contesto globale segnato da un crescente deficit di fiducia, escalation 
geopolitica e tensioni identitarie, rappresenta non solo una risposta 
concreta alle sfide attuali, ma anche un atto normativo d’innovazione. 
Dalla sua genesi concettuale alla sua strutturazione istituzionale, la 
Giornata riflette sia il ruolo sempre più incisivo della Repubblica 
Popolare della Cina negli affari internazionali, sia l’esigenza profonda
 della comunità globale di ridefinire forme nuove di consenso culturale.
 Ossia diventa un aggiornamento di valori di un auspicato ordine 
mondiale multilaterale.
Nel mondo ci sono più di 200 Paesi e regioni e più di 2.500 gruppi 
etnici. Le donne e gli uomini hanno formato le proprie brillanti civiltà
 nel cammino della loro vita; queste civiltà coesistono e si completano a
 vicenda, rendendo il nostro mondo colorato e pieno di vitalità e 
rendendo l’intera società umana una comunità inscindibile con un destino
 comune. Di fronte all’enorme impatto causato dai cambiamenti, il valore
 della civiltà è stato evidenziato in modo senza precedenti, e 
l’interazione tra le civiltà è cruciale, ed il dialogo tra esse è giunto
 al momento giusto, in linea con il desiderio universale dei Popoli di 
promuovere il dialogo tra le civiltà e promuovere il progresso umano.
Il dialogo tra le civiltà è il vincolo della pace. In occasione degli 
LXXX Anniversari della vittoria nella II Guerra Mondiale antifascista e 
della fondazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, la pace rimane
 la ricerca comune dei Popoli di tutto il mondo. Attraverso il dialogo 
tra le civiltà, si possono eliminare barriere e pregiudizi, costruire 
solide fondamenta per la fiducia reciproca e salvaguardare la sicurezza 
comune.
Il dialogo tra le civiltà è la forza trainante dello sviluppo. 
Storicamente, l’antica Via della Seta collegava le civiltà orientali e 
occidentali e promuoveva lo sviluppo della società umana. Oggi, in un 
mondo globalizzato, il dialogo tra le civiltà, lo scambio di idee e la 
condivisione delle tecnologie promuovono lo sviluppo comune di tutti i 
Paesi e collaborano per raggiungere la modernizzazione mondiale.
Il dialogo tra le civiltà è un ponte di amicizia. La storia ha 
dimostrato in modo eloquente che l’apertura promuove la comprensione e 
gli scambi approfondiscono la fiducia reciproca. Attraverso il dialogo 
tra le civiltà, si possono trascendere le differenze e trovare una 
connessione, che aiuterebbe le persone di tutti i Paesi a conoscersi, ad
 avvicinarsi e a vivere in armonia.
La civiltà cinese si è sviluppata sul territorio della Cina e ha 
sviluppato caratteristiche distintive di continuità, innovazione, unità,
 inclusività e pace nel corso del lungo corso della storia.
Nel 2023, il presidente Xi Jinping ha solennemente proposto l’Iniziativa
 per la Civiltà Globale, sostenendo la promozione dei valori comuni di 
tutta l’umanità, attribuendo importanza all’eredità e all’innovazione 
delle civiltà e rafforzando gli scambi e la cooperazione internazionale 
nelle discipline umanistiche. Si tratta di un importante sforzo compiuto
 dalla Repubblica Popolare della Cina per promuovere il dialogo tra le 
civiltà. Collocandosi al crocevia della storia, Pechino promuove il 
dialogo tra le civiltà attraverso i seguenti tre aspetti.
In primo luogo, difendere l’uguaglianza delle civiltà, affinché non ci 
siano attuali etnie verticistiche con capelli biondi e occhi azzurri che
 dominino sulle altre, in quanto non c’è superiorità o inferiorità nelle
 civiltà. Si devono rispettare i percorsi di sviluppo e i sistemi 
sociali scelti indipendentemente dai Popoli di tutti i Paesi; rifiutare i
 conflitti tra civiltà; opporsi alle interferenze negli affari interni; 
resistere alle prepotenze unilaterali; salvaguardare l’equità e la 
giustizia; e condividere pari dignità.
È un dovere sostenere il vero multilateralismo; sostenere le Nazioni 
Unite nel loro ruolo importante nel promuovere il dialogo tra le 
civiltà; sostituire il confronto con la cooperazione; sostituire che il 
sistema win-win subentri a quello a somma zero; e aderire al percorso 
della coesistenza pacifica tra diverse civiltà.
In secondo luogo, si deve essere promotori di scambi di civiltà. La 
comunità internazionale dovrebbe rafforzare gli scambi e l’apprendimento
 reciproco; trarre saggezza dal dialogo di civiltà per risolvere i 
problemi globali e ampliare il percorso di modernizzazione mondiale.
La Repubblica Popolare della Cina sta prendendo in seria considerazione 
l’idea di ospitare il Forum Globale dell’Alleanza delle Civiltà delle 
Nazioni Unite del 2028 e di effettuare donazioni alle agenzie delle 
Nazioni Unite impegnate nel dialogo di civiltà: ciò per continuare a 
sostenere il ruolo di meccanismi come il Forum delle Civiltà Antiche per
 creare una piattaforma migliore per il dialogo di civiltà globale (il 
Forum delle Civiltà Antiche è uno spazio di dialogo e cooperazione 
culturale tra i Paesi considerati culle della civiltà. È stato istituito
 nella capitale greca, con la «Dichiarazione di Atene» il 24 aprile 2017
 e comprende dieci Paesi: Armenia, Bolivia, Repubblica Popolare della 
Cina, Egitto, Grecia, Iran, Iraq, Italia, Messico e Perù).
In terzo luogo, si deve essere promotori del progresso della civiltà. La
 comunità internazionale dovrebbe promuovere il normale flusso di idee, 
tecnologie e personale e continuare ad ampliare i confini della 
conoscenza umana. Dovrebbe aderire all’uso della scienza e della 
tecnologia per il bene comune, fare buon uso delle tecnologie emergenti 
come l’intelligenza artificiale, contribuire all’eredità e 
all’innovazione della civiltà, arricchire costantemente la ricchezza 
materiale e spirituale comune e costruire una comunità con un futuro 
condiviso per l’umanità che includa diverse civiltà.
L’umanità ha una sola Terra, non ancora si è espansa nel sistema solare,
 quindi ha un solo futuro comune. Solo il dialogo compone la melodia 
dell’integrazione e può edificare una migliore civiltà umana che sia la 
sintesi di ogni realtà etnica e culturale dell’unico pianeta che 
abitiamo.
Giancarlo Elia Valori

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