In Argentina, “peronismo”,
significa giustizia sociale, indipendenza economica e sovranità
nazionale.
Prova ne è il fatto che, sino a
qualche settimana fa, il partito che fu di Peron, ovvero il Partito
Giustizialista, governava il Paese risollevandone le sorti, in
particolare riducendo povertà e analfabetismo.
In Italia, purtroppo, a causa di una
falsa interpretazione, il termine “peronista” è stato spesso
associato al fascismo, al berlusconismo e, recentemente, persino al
renzismo. Ovvero a quanto di più lontano ci possa essere dalla
dottrina e dal governo di Juan Domingo Peron, che resse le sorti del
Paese dal 1945 sino al 1955.
Un decennio storico e dai risultati
encomiabili.
Un decennio ricordato da Alfredo
Helman, argentino, classe 1935, che vive da moltissimi anni in Italia
per ragioni politiche e che, essendo comunista da sempre (militò
anche con Che Guevara ed il suo nome compare anche in “Diario in
Bolivia” del Che), non è tacciabile di aprioristiche simpatie
peroniste.
Nel suo “Il Peronismo 1945 – 1955:
una storia argentina raccontata agli italiani” (Edizioni
Clandestine), Alfredo Helman, attraverso fatti e dati numerici reali,
documenta quanto di positivo ha attuato il peronismo in quel decennio
storico.
Risultati che hanno portato un Paese
agricolo come l'Argentina, con la terra nelle mani di pochi ricchi
oligarchi, a diventare paese industriale con un benessere diffuso in
particolare fra i ceti poveri e operai, con un aumento del reddito –
dal 1943 al 1954 – del 55%, un aumento medio del PIL del 4% ed il
passaggio del debito pubblico dal 68% al 57% nei dieci anni di
governo di Juan Domingo Peron, il quale, attraverso una serie di
nazionalizzazioni, dalle banche alle ferrovie sino alla flotta
mercantile ed alla produzione di petrolio, riuscì ad a far passare
il controllo dell'economia dalla Gran Bretagna che di fatto ne
muoveva i fili, al governo argentino stesso, il quale, fra l'altro,
incoraggiò molto il cooperativismo agricolo.
In questo modo, in sostanza,
l'Argentina smise di dipedere dall'estero, evitò di indebitarsi con
le potenze straniere, aumentò le esportazioni ed avviò una politica
estera di equidistanza sia dagli Stati Uniti d'America che dall'URSS
(la famosa Terza Posizione antimperialista rilanciata più volte da
Peron).
Alfredo Helman, nel suo saggio, spiega
come il peronismo nacque grazie al supporto degli operai, della
Confederazione Generale del Lavoro (CGT) e delle classi meno agiate,
oltre che del nascente Partito Laburista, il quale propose per primo
la candidatura alla Presidenza della Repubblica del Generale Peron,
il quale aveva già a suo tempo preso parte – attraverso il Gruppo
degli Ufficiali Uniti – al colpo di stato militare contro il
governo corrotto del conservatore Ramon Castillo, ricoprendo,
successivamente all'esito positivo del colpo di stato, la carica di
Ministro del Lavoro e del Benessere Sociale.
Fu così che Peron, nelle prime
elezioni democratiche e senza brogli della storia Argentina, quelle
del 1946, sarà eletto Presidente con il 52% dei consensi e iniziando
ad attuare una politica in favore dei più deboli, degli anziani, dei
bambini, attraverso la lotta all'analfabetismo e all'esclusione
sociale, degli operai, ai quali saranno garantiti per la prima volta
tutti i diritti di ferie pagate, malattia, pensione ed infortuni,
l'introduzione della tredicesima mensilità, oltre che una legge
contro i licenziamenti 57 anni prima dello Statuto dei Lavoratori
italiano, oggi smantellato dal renzismo ! Oltre che garantendo
aumenti del budget sanitario e costruendo abitazioni per coloro i
quali non potevano permettersele.
E sarà anche così che il Partito
Laburista si scioglierà presto nel Partito Peronista o Partito
Giustizialista.
Helman riconosce qui la forte miopia di
socialisti e comunisti argentini, i quali a quel tempo e spesso anche
dopo – trovandosi scavalcati “a sinistra” - guardarono con
sospetto la politica peronista, finendo per allearsi con la destra
conservatrice che porterà al colpo di stato del 1955 che provocherà
la messa al bando del peronismo, la sanguinosa dittatura militare e
l'esilio di Peron in Spagna. Alfredo Helman ritiene infatti che, se
socialisti e comunisti argentini avessero appoggiato Peron, le cose
sarebbero andate molto diversamente e forse la dittatura
antiperonista si sarebbe potuta evitare.
Aspetto non secondario della politica
di Peron, fu poi la ricerca di un'unità economica, politica e
sociale dell'America Latina, tentando di mantenere ottimi rapporti
con i Paesi limitrofi. Politica costantemente osteggiata, per ragioni
economiche, tanto dalla Gran Bretagna quanto dagli USA.
Alfredo Helman non dimentica di citare
l'opera della prima moglie di Peron, Evita, la quale ancora oggi e
forse anche più del marito, è ricordata dagli argentini con
particolare affetto.
Evita, di fatto, condizionò molto
l'attività del marito in senso sociale e proletario, giungendo
spesso a dialogare direttamente con gli operai in sciopero e
garantendo, attraverso la sua Fondazione, assistenza agli umili ed ai
bisognosi. Assistenza che Evita odiava definire “carità”, ma
semplicemente “restituzione di quanto ai poveri era stato negato
dai ricchi e dagli oligarchi”.
Ed è assolutamente veritiero il fatto
che, quando Evita morì, nel 1952, anche il peronismo delle origini
cominciò ad affievolirsi. Non è un caso che, durante la dittatura
militare che portò alla messa al bando del peronismo per 18 anni
successivi, sino al 1973, si costituirono numerose bande partigiane
peroniste definite “Montoneros” ed intitolate a in particolare a
Evita.
Il saggio di Helman, edito una decina
di anni fa, ovvero nel momento in cui in Argentina fu eletto il
Presidente peronista Nestor Kirchner, al quale di fatto il saggio
stesso è dedicato, si conclude con l'auspicio che i leader
socialisti dell'America Latina del XXIesimo secolo, da Kirchner a
Lula, passando per Chavez, Morales, Tabaré Vasquez e altri, possano
essere ricordati come gli antichi Libertadores latinoamericani: da
Simon Bolivar a José Marti.
Personalmente, visti i risultati
ottenuti dal 2000 ad oggi, penso davvero che il Peronismo ed il
Socialismo del XXIesimo secolo, abbiano trionfato in America Latina.
Parlano i fatti: riduzione della povertà, riduzione
dell'analfabetismo, maggiore indipendenza economica, abbassamento del
debito pubblico, aumento del PIL.
Certo, l'Argentina, dopo gli ottimi
governi di Nestor e Cristina Kirchner, oggi, con la vittoria del
centrodestra del conservatore Marci, rischia di tornare indietro di
decenni e già lo stiamo vedendo con la nomina a Ministro
dell'Agricoltura dell'ex direttore della Multinazionale OGM Monsanto.
Purtuttavia sono convinto che lo
spirito peronista che ancora pervade il fiero popolo argentino saprà
porre un argine alle storture dei fautori di un mercato senza umanità
e senza amore.
Uno spirito socialista e nazionale che
in Venezuela, alle imminenti elezioni legislative, mi auguro confermi
la vittoria del fronte chavista, contro l'oligarchia di destra.
Uno spirito, quello peronista e
socialista nazionale, che purtroppo è lontano anni luce dalla nostra
Europa, la quale, da una parte ha visto la sinistra tradizionale
vendersi al capitalismo più becero (vedi i vari Blair, Hollande,
Renzi, Schulz) e dall'altra una destra che ha da sempre difeso la
grande impresa a scapito dei più deboli e dei lavoratori.
Abbiamo decisamente molto da
approfondire e da imparare. A partire soprattutto dal fatto che la
vera democrazia non è il governo della maggioranza o dei ricchi,
bensì il governo del popolo. Di un popolo alla ricerca della
giustizia sociale, dell'indipendenza economica e della sovranità
nazionale.
Luca Bagatin