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mercoledì 18 maggio 2016

Elogio del comunitarismo e della Civiltà dell'Amore. Articolo di Luca Bagatin

Amo molto filosofi e pensatori contemporanei del calibro di Alain De Benoist, Jean-Claude Michéa, Serge Latouche e di Costanzo Preve, i quali, superato il finto bipolarismo destra-sinistra, hanno saputo, nei loro scritti e discorsi, portare avanti un progetto comunitarista di critica serrata al modello capitalista e neoliberale, ovvero al modello economicista che ha distrutto, assieme all'ambiente, ogni legame sociale e spirituale fra gli esseri umani, mercificando ogni cosa: dai rapporti interpersonali sino alla produzione artistica, musicale e letteraria, trasformando tutto in un unico mercato globale e inglobalizzatore pompato dai media, dalla pubblicità commerciale e dalla politica asservita all'economia ed alla finanza.
Ho di recente terminato di leggere l'“Elogio del comunitarismo” di Costanzo Preve (Controcorrente edizioni) e vi ho trovato spunti ed analisi profondissime. Non è mia intenzione riassumerlo e recensirlo qui, visto che meriterebbe un'ampia e lunga analisi, ma posso quantomeno riportarne alcuni aspetti quali ad esempio una critica al sistema liberaldemocratico che non ha nulla di realmente democratico né garantisce alcuna autentica libertà: semplicemente impone il modello capitalista anglosassone che prevede la delega elettorale ai politicanti ed impone il modello unico capital-liberista in economia, ovvero la mercificazione di cui abbiamo sopra parlato. Un modello universalista che gli Stati che lo adottano (gli USA in primis) pretendono di esportare in ogni dove: violando la sovranità di Stati nazionali che hanno modelli diversi e ciò attraverso ingerenze politico-militari che generano morte e distruzione e conseguente migrazione di esseri umani costretti a fuggire nei nostri lidi “liberaldemocratici” ove troveranno imprese ed un mercato criminale (della droga, della prostituzione ecc...) pronte a sfruttarli generando così un circolo vizioso. Abbiamo infatti gli esempi emblematici dell'Iraq, della Libia e della Siria che, una volta indeboliti e addirittura defenestrati i rispettivi governanti laici, hanno peraltro fatto esplodere il fenomeno del terrorismo fondamentalista islamico peraltro per decenni foraggiato dall'Occidente sotto varie forme.
Una “liberaldemocrazia” fondata – come afferma Preve - “sulla religione universalistica dei Diritti Umani” che “è in realtà un totalitarismo dell'economia gestito da un'oligarchia politica che si legittima mediante referendum periodici che presuppongono la totale impotenza progettuale degli oppositori”.
La dittatura liberaldemocratica, insomma, si presenta nella forma dei mercati, della produttività, della concorrenza, dell'invecchiamento della popolazione (che dovrebbe essere sempre pronta, giovane e scattante pena essere emarginata e/o affidata ad anonime badanti straniere), nell'insostenibilità di sistemi di sicurezza sociale, sanitaria e pensionistica sempre più ridotti all'osso da una austerità di stampo nazifascista ed eugenetico.
Parimenti alla liberaldemocrazia Costanzo Preve, filosofo marxista, critica anche il comunismo novecentesco sovietico (ovvero la negazione del pensiero di Marx), il quale, lungi dall'aver messo in comune fra le genti – in un'ottica, appunto, comunitaria - il sapere, il potere e quindi il reddito ed il consumo, è stato imposto con mezzi politici, economici ed ideologici e quindi ha prodotto, nei fatti, una dittatura totalitaria.
Come uscirne dunque ? Ritrovando un'ottica comunitaria del vivere. Un'ottica libera dalla società commerciale e dei consumi, dalla pubblicità che induce le persone a vestirsi in un certo modo, a pensare in un certo modo, ad acquistare l'ultimo modello di smartphone o di automobile, a considerare gli anziani come esseri inutili e da affidare alle badanti. Un'ottica che ci liberi dall'economia e guardi alla decrescita del Pianeta, all'ecologia, all'economia del dono tipica delle Società Matriarcali e del baratto, a realtà autenticamente democratiche ove i cittadini, in luogo delle elezioni, imparino ad autogestirsi e ad autogestire le imprese in cui decideranno di lavorare.
Un'ottica antiutilitarista e dunque spiritualista, che personalmente, nell'ambito del pensatoio “Amore e Libertà” (www.amoreeliberta.blogspot.it www.amoreeliberta.altervista.org) mi piace definire Civiltà dell'Amore.
Un'ottica che rispetti tutte le diversità e identità e che sia orgogliosa delle proprie diversità e identità, le cui radici sono antiche e meritano di essere riscoperte e non perdute, come avviene negli Stati Uniti d'America che, non avendo radici proprie (in quanto europee e figlie del melting pot) pretendono di estendere il loro modello anglo-confusionista ed edonista al mondo intero, con le conseguenze che sappiamo.

Luca Bagatin

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