Amo molto filosofi e pensatori
contemporanei del calibro di Alain De Benoist, Jean-Claude Michéa,
Serge Latouche e di Costanzo Preve, i quali, superato il finto
bipolarismo destra-sinistra, hanno saputo, nei loro scritti e
discorsi, portare avanti un progetto comunitarista di critica serrata
al modello capitalista e neoliberale, ovvero al modello economicista
che ha distrutto, assieme all'ambiente, ogni legame sociale e
spirituale fra gli esseri umani, mercificando ogni cosa: dai rapporti
interpersonali sino alla produzione artistica, musicale e letteraria,
trasformando tutto in un unico mercato globale e inglobalizzatore
pompato dai media, dalla pubblicità commerciale e dalla politica
asservita all'economia ed alla finanza.
Ho di recente terminato di leggere
l'“Elogio del comunitarismo” di Costanzo Preve (Controcorrente
edizioni) e vi ho trovato spunti ed analisi profondissime. Non è mia
intenzione riassumerlo e recensirlo qui, visto che meriterebbe
un'ampia e lunga analisi, ma posso quantomeno riportarne alcuni
aspetti quali ad esempio una critica al sistema liberaldemocratico
che non ha nulla di realmente democratico né garantisce alcuna
autentica libertà: semplicemente impone il modello capitalista
anglosassone che prevede la delega elettorale ai politicanti ed
impone il modello unico capital-liberista in economia, ovvero la
mercificazione di cui abbiamo sopra parlato. Un modello universalista
che gli Stati che lo adottano (gli USA in primis) pretendono di
esportare in ogni dove: violando la sovranità di Stati nazionali che
hanno modelli diversi e ciò attraverso ingerenze politico-militari
che generano morte e distruzione e conseguente migrazione di esseri
umani costretti a fuggire nei nostri lidi “liberaldemocratici”
ove troveranno imprese ed un mercato criminale (della droga, della
prostituzione ecc...) pronte a sfruttarli generando così un circolo
vizioso. Abbiamo infatti gli esempi emblematici dell'Iraq, della
Libia e della Siria che, una volta indeboliti e addirittura
defenestrati i rispettivi governanti laici, hanno peraltro fatto
esplodere il fenomeno del terrorismo fondamentalista islamico
peraltro per decenni foraggiato dall'Occidente sotto varie forme.
Una “liberaldemocrazia” fondata –
come afferma Preve - “sulla religione universalistica dei Diritti
Umani” che “è in realtà un totalitarismo dell'economia gestito
da un'oligarchia politica che si legittima mediante referendum
periodici che presuppongono la totale impotenza progettuale degli
oppositori”.
La dittatura liberaldemocratica,
insomma, si presenta nella forma dei mercati, della produttività,
della concorrenza, dell'invecchiamento della popolazione (che
dovrebbe essere sempre pronta, giovane e scattante pena essere
emarginata e/o affidata ad anonime badanti straniere),
nell'insostenibilità di sistemi di sicurezza sociale, sanitaria e
pensionistica sempre più ridotti all'osso da una austerità di
stampo nazifascista ed eugenetico.
Parimenti alla liberaldemocrazia
Costanzo Preve, filosofo marxista, critica anche il comunismo
novecentesco sovietico (ovvero la negazione del pensiero di Marx), il
quale, lungi dall'aver messo in comune fra le genti – in un'ottica,
appunto, comunitaria - il sapere, il potere e quindi il reddito ed il
consumo, è stato imposto con mezzi politici, economici ed ideologici
e quindi ha prodotto, nei fatti, una dittatura totalitaria.
Come uscirne dunque ? Ritrovando
un'ottica comunitaria del vivere. Un'ottica libera dalla società
commerciale e dei consumi, dalla pubblicità che induce le persone a
vestirsi in un certo modo, a pensare in un certo modo, ad acquistare
l'ultimo modello di smartphone o di automobile, a considerare gli
anziani come esseri inutili e da affidare alle badanti. Un'ottica che
ci liberi dall'economia e guardi alla decrescita del Pianeta,
all'ecologia, all'economia del dono tipica delle Società Matriarcali
e del baratto, a realtà autenticamente democratiche ove i cittadini,
in luogo delle elezioni, imparino ad autogestirsi e ad autogestire le
imprese in cui decideranno di lavorare.
Un'ottica antiutilitarista e dunque
spiritualista, che personalmente, nell'ambito del pensatoio “Amore
e Libertà” (www.amoreeliberta.blogspot.it –
www.amoreeliberta.altervista.org) mi piace definire Civiltà
dell'Amore.
Un'ottica che rispetti tutte le
diversità e identità e che sia orgogliosa delle proprie diversità
e identità, le cui radici sono antiche e meritano di essere
riscoperte e non perdute, come avviene negli Stati Uniti d'America
che, non avendo radici proprie (in quanto europee e figlie del
melting pot) pretendono di estendere il loro modello
anglo-confusionista ed edonista al mondo intero, con le conseguenze
che sappiamo.
Luca Bagatin
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