E' forse questa l'interpretazione da
dare al referendum sulla Brexit, vinto da coloro i quali non vogliono
più che la Gran Bretagna faccia parte dell'Unione Europea.
Non possiamo mettere mettere assieme
Paesi e culture diverse e farlo per meri interessi economicistici di
banchieri, grandi imprese ed investitori. E questo è quanto è stato
fatto in tutti questi anni, con un'Unione Europea germanocentrica,
allargata a Paesi dell'Est e fra un po' anche all'antidemocratica
Turchia. I minestroni economicistiti, non funzionano. E non sono
accettati dal popolo inglese, la cui maggioranza ha deciso, appunto,
di uscirne.
La democrazia vorrebbe e contemplerebbe
il fatto che a tutti i Paesi fosse data la possibilità di decidere
con appositi referendum sulla permanenza o meno nell'UE. E questo con
buona pace del Senatore Mario Monti che, se ci riferiamo alle sue
dichiarazioni in merito, non ama per nulla la democrazia e forse sono
piuttosto politici come lui – che rinnegano la volontà popolare -
il vero pericolo per l'Europa.
La democazia ed il rispetto della
stessa passano anche per l'esito del referendum britannico sulla
Brexit, dunque. E tale volontà democratica può essere spesso
opposta rispetto alla volontà di economisti e politici, i quali sono
dei meri mediatori e tali dovrebbero rimanere, ovvero dovrebbero
unicamente servire i cittadini ed eseguire ciò che i cittadini
decidono.
La democrazia diretta, ovvero la democrazia autentica, ad ogni livello, sarebbe dunque auspicabile perché i problemi vanno condivisi. Solo un popolo consapevole, direttamente, dei suoi problemi, può riuscire a superarli. Un popolo schiavo di politica ed economia è un popolo inconsapevole ed in balìa di decisioni altrui, ovvero dei ricchi e dei potenti di turno, i quali oggi piangono per i risultati drammatici delle Borse, che hanno fatto loro perdere non pochi quattrini.
La democrazia diretta, ovvero la democrazia autentica, ad ogni livello, sarebbe dunque auspicabile perché i problemi vanno condivisi. Solo un popolo consapevole, direttamente, dei suoi problemi, può riuscire a superarli. Un popolo schiavo di politica ed economia è un popolo inconsapevole ed in balìa di decisioni altrui, ovvero dei ricchi e dei potenti di turno, i quali oggi piangono per i risultati drammatici delle Borse, che hanno fatto loro perdere non pochi quattrini.
Solo i cittadini ed i rispettivi
popoli, con le loro diversità e specificità dovrebbero avere la
possibilità di decidere e di governare, in apposite assemblee e
comitati popolari aperti a tutti. E tali popoli dovrebbero cooperare,
dialogare, aiutarsi con spirito fraterno, ma ben consapevoli delle
loro diversità e specificità, senza assurde fusioni economicistiche
a vantaggio dei ricchi investitori.
Occorre proteggere e garantire i meno
abbienti, che ormai sono la maggioranza degli europei e fornire loro
un reddito di cittadinanza, che li faccia sentire parte di una
comunità da costruire su solide basi fraterne, ovvero fatta di
garanzie fondate su solidi doveri civici e di cittadinanza. E qui
torna utile l'insegnamento, nelle scuole, dei “Doveri dell'uomo”
di Giuseppe Mazzini, un testo diretto al cuore degli operai e dei
poveri e di scottante attualità. Occorre difendere i piccoli
produttori, in Europa ed ovunque, martoriati dalle multinazionali e
dalla grande distribuzione, favorita dai processi capitalisti e di
globalizzazione.
Occorre peraltro comprendere che i
debiti pubblici di ogni Stato sono impagabili e, come tali, vanno
condonati e aboliti. Ci rimetteranno i ricchi investitori, certo, ma
ne trarranno beneficio i cittadini. Lo spirito del dono e della
cooperazione dovrebbe prevalere rispetto a quello del diritto privato
di matrice liberale, dell'economia e del rigore.
Questa la lezione che si dovrebbe
riuscire a trarre.
Esattamente un anno fa, in un mio
articolo apparso anche sul quotidiano nazionale “L'Opinione delle
Libertà”
(http://www.opinione.it/politica/2015/06/20/bagatin_politica-20-06.aspx)
e dal titolo “Una alternativa all'Unione globalista”, proponevo,
in alternativa all'UE, un'Unione dei Paesi Euromediterranei e latini,
molto più vicini fra loro per Storia, cultura, tradizioni e ciò in
un rinnovato dialogo con il mondo ellenico, latino, latino-americano
e terzomondista, al fine di sconfiggere la fame, l'immigrazionismo,
il terrorismo, la povertà, l'esclusione sociale, ovvero tutte cose
che – come scrissi allora – non sono risolvibili attraverso
l'accettazione supina delle regole del mercato capitalista, le quali
generano sradicamento sociale ed indentitario di interi popoli,
obbligano i governi ad accettare le politiche del Fondo Monetario
Internazionale, della Banca Mondiale e della Federal Reserve e
rischiano di instaurare fantomatici mercati transatlantici che di
fatto impongono, ancora una volta, le volontà di Washington al mondo
intero.
Un'unione alternativa tanto al blocco
nordamericano che a quello putiniano e che anzi, possa dare qualche
lezione di emancipazione anche a quei due blocchi che, come ai tempi
della Guerra Fredda, fronteggiandosi, hanno da sempre affamato i
popoli del mondo e finanche i rispettivi popoli.
Questo può essere definito populismo,
certo. E lo è, ma nella sua accezione positiva ed originaria del
termine, giacché il populismo fu movimento di ispirazione socialista
nato alla fine dell'800 in Russia per rappresentare i contadini ed i
servi della gleba.
Oggi siamo tutti dei servi che devono
essere in grado di liberarsi, spezzando le loro catene e guardando ad
un avvenire fatto di autogestione dell'economia, delle imprese e
della politica, ovvero di democrazia diretta e libertà civica
proprio perché rispettosa dei doveri civici di ciascuno nei
confronti del proprio Paese e dell'Umanità intera.
Luca Bagatin
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