Viviamo nell'epoca del superfluo,
dell'effimero, del liquido, del perennemente instabile.
E' l'epoca della modernità;
dell'urbanizzazione selvaggia e degli eco-mostri; dello sradicamento
delle campagne par approdare alle città; dello sradicamento di
interi popoli che pensano – illusoriamente - che, approdando in
Occidente, risolveranno tutti i loro problemi e godranno anche loro
illimitatamente. E' l'epoca dell'avvento della classe media che
consuma senza produrre, alimentando una spirale senza fine di oggetti
e gadget superflui e voluttuari.
E' l'ideologia del desiderio denunciata
dal filosofo francese Michel Clouscard (1928 - 2009), già aderente
al Partito Comunista Francese e strenuamente critico nei confronti
del movimento sessantottino, il quale ha segnato l'avvento della
lotta edipica fra il figlio borghese contro il padre borghese,
sdoganando così la società permissiva e consumista che ne sarebbe
derivata.
Altro che fantasia al potere, altro che
difesa dei lavoratori e degli oppressi ! Il Sessantotto, secondo
Clouscard, fu proprio lo snaturamento dei principi enunciati da Marx,
i quali stabilivano – diversamente - che non si sarebbe dovuto
consumare più di quanto si sarebbe prodotto.
Al contrario, il Sessantotto, fu lo
sdoganamento del progresso e del consumo illimitato, ovvero la
liberalizzazione della cultura dello sballo e del desiderio in nome
di una effimera libertà, che in realtà si sarebbe ben presto
tradotta in nuova schiavitù nei confronti dei beni materiali.
Il “principio del piacere” avrebbe
così sostituito il “principio di realtà”, dando così il via
alla cultura dello spreco e del superfluo, senza più inibizioni né
freni morali.
Ecco dunque l'avvento del
neo-capitalismo che avrebbe sostituito quello precedente:
dall'industria pesante all'industria leggera e “liquida”,
attraverso la creazione di bisogni indotti e di beni di consumo
voluttuari, libidici, ludici, marginali, alimentati e veicolati dai
professionisti della pubblicità commerciale e del marketing. Beni
che si è e si sarebbe disposti ad acquistare giungendo persino ad
indebitarsi e a rateizzare, divenendo così completamente schiavi del
bene e del sistema di usura che sottende l'acquisto rateizzato
medesimo.
Questo il fulcro del pensiero di Michel
Clouscard condensato nel saggio breve di Lorenzo Vitelli, edito dalle
Edizioni Circolo Proudhon e dal titolo “Un comunista a Parigi nel
'68”. Unico saggio italiano dedicato al filosofo francese.
Questa, in sostanza, la critica
radicale alla “società dei consumi” fatta dal Clouscard, non a
caso marginalizzato dalla cultura dominante. Società dei consumi che
ha completamente annullato le differenze di classe
(proletari/borghesi) per dare vita ad una classe indistinta, ovvero
la classe media, formata non più da produttori di beni, ma nemmeno
da proprietari dei mezzi di produzione. Una classe addestrata (dalla
pubblicità, dalla televisione, dal marketing, dalla distruzione del
sistema educativo-scolastico...) a consumare (e quindi a lavorare)
sempre di più, distaccandosì così da una realtà fatta di semplici
e lenti gesti, dagli affetti, dalla stabilità dei rapporti, dal
radicamento alla propria storia, origine e cultura.
Clouscard, come Pier Paolo Pasolini
(1922 – 1975) - anch'egli emarginato dall'intellighenzia comunista
e dalla sinistra del suo tempo di matrice freudo-marxista e
sessantottina - pone questa forte critica e denuncia della
degenerazione modernista, desiderante, neo-capitalista, neo-borghese,
livellatrice verso il basso avvenuta dal '68 in poi in tutto
l'Occidente, ed ormai esportata anche altrove, in nome di una
sedicentissima e parzialissima idea di “democrazia”.
Scrisse a tal proposito Pasolini,
riferendosi ai giovani sessantottini figli di papà: “Basta ai
giovani contestatori staccarsi dalla cultura, ed eccoli optare per
l'azione e l'utilitarismo, rassegnarsi alla situazione in cui il
sistema si ingegna ad integrarli. Questa è la radice del problema:
usano contro il neocapitalismo armi che in realtà portano il suo
marchio di fabbrica, e sono quindi destinate soltanto a rafforzare il
suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio, e invece non fanno
altro che rinsaldarlo”.
Non stupiamoci,
dunque, se oggi quei sessantottini sono diventati la nuova “classe
dirigente”, la nuova élite politica, industriale, culturale e se
la sinistra è diventata, in tutto l'Occidente, la maggiore
sostenitrice del capitalismo assoluto e della liberalizzazione del
lavoro e dell'immigrazionismo in nome di sedicentissimi diritti
dell'uomo, di sedicentissime opportunità di lavoro e di libertà
che, nei fatti, si traducono e si sono tradotti in nuovo sfruttamento
dell'uomo sull'uomo e di nuova alienazione delle nuove generazioni
desideranti e spaesate, senza alcun punto di riferimento, senza alcun
passato, senza alcun lavoro stabile e, spiace dirlo, senza alcun
futuro certo.
Luca Bagatin
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