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lunedì 31 ottobre 2016

Craxi: l'ultimo statista italiano. Articolo di Luca Bagatin

Per il saggista Francesco Carlesi, Bettino Craxi è l'ultimo statista italiano e, debbo dire, sono d'accordo con lui.
L'amore per la sovranità e l'autonomia politica; le sfide lanciate all'establishment economico-finanziario;, l'avversione per le privatizzazioni selvagge ed i ripetuti braccio di ferro con gli Stati Uniti d'America, hanno fatto di Craxi un leader moderno unico nel suo genere.
Dopo Craxi, infatti, fu davvero il diluvio. Un diluvio di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze, con una globalizzazione economica imposta; con la totale perdita di sovranità monetaria, economica e persino culturale; con l'avvento di politici di facciata che rispondono alle logiche del business; con l'avvento dell'era della precarietà e della disoccupazione endemica e della privatizzazione di tutto il comparto pubblico (pensiamo ad aziende un tempo fiore all'occhielllo del Ministero del Tesoro quali Telecom, Acea, Eni, Enel...) ovvero con l'avvento del capitalismo assoluto tanto avversato da Craxi.
Francesco Carlesi è l'autore dell'ultimo saggio dedicato al leader socialista dal titolo, appunto, “Craxi – l'ultimo statista italiano”, edito dalle Edizioni Circolo Proudhon.
Un saggio breve - con prefazione di Stefania Craxi - ma utilissimo a far conoscere ai giovani ed a rinfrescare la memoria ai più anziani, su chi fu Bettino Craxi, quale fu il ruolo del Partito Socialista Italiano dalla fine degli Anni '70 all'inizio Anni '90 e a sfatare tutte le maldicenze e gli improperi che fecero seguito alla falsa rivoluzione di Tangentopoli che, nei fatti, fu un vero e proprio “colpo di Stato” contro le forze politiche democratiche della Prima Repubblica per sdoganare, appunto, l'avvento della globalizzazione selvaggia e del capitalismo assoluto imposto dalla finanza anglo-statunitense, come ricordato da Sergio Romano e dallo stesso Carlesi nel suo saggio.
Il saggio di Carlesi ripercorre tutta la biografia di Bettino Craxi, figlio di socialisti ed iscrittosi al PSI a soli 17 anni ed eletto nel comitato centrale del partito a soli 23 anni. Allievo di Pietro Nenni e dunque aderente alla corrente autonomista, diverrà Segretario del PSI nel 1976, imponendo al partito una grande svolta. Ispirandosi sia all'anarchismo di Pierre-Joseph Proudhon che al socialismo umanitario di Giuseppe Garibaldi ed al Socialismo Liberale di Carlo Rosselli, Craxi romperà con la tradizione marxista e leninista del partito per trasformarlo via via in un partito autonomo (anche nel simbolo, facendovi inserire al centro un garofano rosso, simbolo della Comune di Parigi), liberalsocialista e libertario, alternativo ai comunisti ed alla Democrazia Cristiana, pur rimanendo ancorato al patto di governo con quest'ultima, assieme al PSDI, al, PRI ed al PLI.
Bettino Craxi imprimerà dunque al PSI un carattere al contempo Risorgimentale, patriottico, autogestionario e modernizzatore, attirandosi numerose critiche di “decisionismo”, pur necessarie all'interno di un partito diviso fra mille correnti ed all'epoca ai minimi storici. La sua azione, infatti, permetterà al PSI di giungere sin quasi al 15% dei consensi nell'epoca in cui Craxi sarà nominato Presidente del Consiglio (1983 – 1987), epoca in cui riuscirà a far diminuire l'inflazione, rilanciare i consumi ed il Made in Italy nel mondo ed a rilanciare la sovranità dell'Italia rispetto agli USA con i quali ebbe taluni scontri, il principale dei quali quello relativo ai fatti di Sigonella che, nel libro di Carlesi, sono raccontati in appendice per merito di un discorso dello stesso Bettino Craxi, pronunciato all'epoca dei fatti.
Amico degli oppressi e dei movimenti di liberazione nazionale, Bettino Craxi fu vicino e sostenitore, anche finanziariamente, dei dissidenti anticomunisti nei Paesi dell'Est, oltre che dell'OLP di Arafat e del Cile di Salvador Allende e nota fu sempre la sua amicizia e vicinanza al mondo arabo, in particolare al mondo socialista arabo. La sua azione politica, come documentato anche nel saggio, sarà dunque sempre improntata alla libertà, alla democrazia ed all'autodeterminazione dei popoli, aspetto peraltro riscontrabile anche in politica interna, viste le sue idee federaliste (mutuate peraltro dallo stesso Proudhon e da Carlo Cattaneo).
Bettino Craxi è inoltre ricordato per la cosiddetta “Grande Riforma”, ovvero la necessità di rinnovare le istituzioni in senso presidenziale (idea peraltro già lanciata anni prima dal repubblicano mazziniano Randolfo Pacciardi, accusato ingiustamente – da sinistra – di golpismo) e di garantire maggior governabilità al Paese.
Riforma che, ad ogni modo, rimase lettera morta in quanto fortemente avversata tanto dal PCI che dalla DC.

La fine di Bettino Craxi è nota ed il saggio di Carlesi non dimentica di citare e di riportare quel celebre discorso che Craxi pronunciò alla Camera dei Deputati, il 3 luglio 1992, nel quale parlò del finanziamento illegale ai partiti, denunciandolo e rammentando che tutti i partiti, nessuno escluso, erano finanziati illegalmente, ma non per questo potevano dirsi criminali.
Il resto è storia nota. Anziché riformare il sistema tutto l'arco costituzionale rispose ipocritamente e lasciò che la Prima Repubblica ed il sistema politico democratico dei tempi implodesse su sé stesso. Craxi, lo sappiamo, fu costretto ad andare in esilio ad Hammamet, protetto dal governo tunisino, diversamente avrebbe rischiato il linciaggio mediatico, fisico e la galera, quale unico “capro espiatorio” di un sistema non in grado di roformarsi e che si rifaceva su di lui in quanto l'unico ad aver “scoperto il Vaso di Pandora” ed in quanto l'unico ad opporsi, all'epoca, alla svendita del patrimonio statale ed a quella sovranità del Paese minacciata dai gruppi economico-finanziari italiani e soprattutto stranieri.
Ecco che il saggio di Francesco Carlesi, giovane ricercatore laureato in Scienze Politiche, cerca di rimettere ordine al caos ed all'odio generato in un'epoca che ha generato l'attuale crisi economica, sociale, civile e politica italiana ed europea. Merita, anche fosse solo per questo, di essere letto e diffuso.

Luca Bagatin

mercoledì 26 ottobre 2016

Democrazia e libertà. Articolo di Luca Bagatin

Alcuni giorni fa è nato un piccolo dibattito con un vecchio amico che conosco dai tempi in cui simpatizzavo per il Partito Radicale, ovvero almeno una ventina di anni fa. Simpatizzavo, ma non vi ho mai aderito, in quanto non ho mai amato i “centralismi democratici” pannelliani, pur avendo sempre ammirato lo spirito libertario e soprattutto creativo e fricchettone dei radicali vecchio stile. Stile che purtuttavia hanno progressivamente abbandonato, aprendosi al pensiero liberal-capital-globalista-economicistico, dimenticando un pezzo importante della loro storia, fatta di critica all'economia di mercato tout court, di autogestione libertaria e socialista, di lotta contro lo sfruttamento e di opposizione alle guerre “occidentali” nei Paesi del Terzo Mondo (proprio di recente, sulla rivista francese “Rébellion”, ho ricordato la battaglia di Marco Pannella a fianco del Presidente del Burkina Faso Thomas Sankara contro lo sterminio per fame http://rebellion-sre.fr/15-octobre-1987-15-octobre-2016-29e-anniversaire-de-disparition-de-thomas-sankara/).
Il dibattito di cui parlo è nato ad ogni modo attorno alla concezione di aspetti quali la “democrazia” e la “libertà”, che per me non hanno alcuna attinenza con le ideologie, men che meno con l'ideologia dal mio amico sostenuta, ovvero quella liberale.
Da buon lettore e ammiratore di Alain De Benoist, debbo con il saggista francese riconoscere che, se per “liberalismo” intendessimo un concetto attinente unicamente alle libertà personali, non ci sarebbe nulla da eccepire. Purtuttavia sappiamo bene che esso ha implicazioni anche ed eminentemente economiche oltre che sociali.
Anni fa incorsi anch'io nell'equivoco di ritenere il liberalismo una forma di liberazione dell'individuo, così come da giovanissimo – quando avevo all'incirca quindici-sedici anni - incorsi nell'errore di credere che il comunismo fosse una forma di emancipazione dell'essere umano.
Con il tempo, lo studio e l'approfondimento ho compreso quanto tanto il comunismo storico novecentesco sia stato foriero di totalitarismo burocratico accentratore (che nulla, peraltro, aveva a che vedere con il pensiero di Marx ed Engels, i quali puntavano ad una società senza classi né Stati), quanto il liberalismo sia e sia stato portatore del totalitarismo dell'egoismo e del consumismo indotto e sfrenato, responsabile dell'attuale globalizzazione capitalista con tutto ciò che ne consegue (povertà diffusa, precarietà, immigrazionismo, insicurezza psicologica e sociale...).
Fu così che ritenni, come oggi ritengo, superati i concetti di Destra e Sinistra, identificando queste due ideologie illuministiche quali portatrici di esigenze anti-popolari, borghesi, economicistiche e, sostanzialmente, non democratiche né portatrici di libertà.
La mia visione, lungi dall'essere definitiva (non ho mai creduto infatti che un sistema o una ideologia possa e debba andare sempre e comunque bene in ogni luogo e in ogni spazio, anzi !), è dunque schiettamente conservatrice dei valori, dei sentimenti e dei doveri degli individui verso loro stessi e verso la loro comunità di appartenenza. Per questo mi sento di abbracciare il socialismo romantico ed autogestionario fondato sulla cooperazione e sull'economia del dono (ovvero il socialismo di Pierre Leroux, di Giuseppe Garibaldi e di Marcel Mauss in primis) ed il mazzinianesimo che, appunto, anteponeva i “doveri” comunitari delle persone ai “diritti” egoistici borghesi e “liberali”. Ritengo dunque che tale visione sia proprio all'origine del pensiero democratico (che nacque nell'Antica Grecia) ove il popolo ha la sovranità e la responsabilità del destino della comunità in cui vive. Viene da sé, dunque, che la libertà nasca dal confronto all'interno della comunità, non già dalla prevaricazione del singolo individuo sugli altri o del singolo gruppo (le famose élites) sugli altri.
La democrazia autentica, dunque, è quella forma che permette a tutti di auto-rappresentarsi, senza deleghe né mediazioni di sorta. E la libertà è una continua ricerca: interiore ed esteriore. Un continuo confronto fra il proprio sé e l'altrui sé.
E' chiaro che ciò presuppone il senso di comunità; la consapevolezza di essere tutti appartenenti ad un'unica grande famiglia; la disponibilità al confronto e al dialogo oltre che una formazione storica, culturale, politica, filosofica, spirituale e antropologica continua e che guardi non già alle sedicenti democrazie capitaliste e “liberali” moderne, bensì alla democrazia ateniese, alle società arcaiche matriarcali e fondate sul dono (e non già sul “diritto” o sul “libero” commercio); ad esempi quali la Comune di Parigi, la Repubblica Romana del 1849 e la libertaria e d'annunziana Repubblica di Fiume, senza dimeticare gli esempi portati avanti dal Socialismo del Secolo XXI in America Latina negli ultimi quindici anni.
Alla fine del dibattito con il mio amico, ad ogni modo, ciascuno è rimasto sulle sue posizioni, ma ci siamo ripromessi di continuare a confrontarci davanti ad un'ottima pizza ed a una birra.
Penso dunque, una volta di più, che la democrazia e la libertà scaturiscano solo dalle diversità e dal rispetto delle stesse (non certo dall'omologazione, dal pensiero unico “politicamente corretto”, dall'indistinzione ideologica tipica della società odierna dei consumi...), dal confronto e da nuove sintesi ideali. Non certo dalle livorose divisioni fini a sé stesse o dagli egoismi.

Luca Bagatin

domenica 23 ottobre 2016

"Al chiaro di luna". Poesia di Luca Bagatin

Al chiaro di luna 
ho scritto per te questo messaggio 
affinché il tuo cuore si apra alla gioia delle feste.
Luci, colori, profumi di caldi fiori appena colti 
illuminano il tuo viso riflesso in un sorriso 
di un bimbo che suona la sua arpa d'oro 
e dona l'armonia di una nuova alba.
Alba di loto.
Fiore di loto.
Sulla tua bocca.
Sul tuo cuore.
Sul tuo corpo.
Sul tuo sorriso riflesso nel tuo viso.

Luca Bagatin

L'eleganza e la politica di Moana contro la futilità mediatica d'oggi

Di fronte a tutte queste sciocche e mediatiche proposte di "sesso orale" attorno a futilità e sciocchezze "politiche", continuiamo a preferire l'eleganza schiettamente POLITICA di Moana Pozzi.



(tratto da una storica tribuna politica degli Anni '90 in onda su Rai Tre ai tempi della candidatura di Moana Pozzi e del Partito dell'Amore al Parlamento)


Riflessioni brevi attorno a Moana. Di Luca Bagatin

sabato 22 ottobre 2016

Fate l'Amore e pretentete Democrazia diretta. NON fate la guerra (economica, mediatica...). Autorappresentatevi !

Veronica "Madonna" Ciccone - icona del mainstreaming pop mediatico yankee - sostiene una guerrafondaia come la Clinton proponendo un rapporto orale.
E pensare che un tempo c'era chi proponeva l'amore contro la guerra.

I tempi involvono.

(Luca Bagatin)


Io credo nel cannibalismo obbligatorio. Se le persone fossero obbligate a mangiare quello che uccidono non ci sarebbero più guerre.

(Abbie Hoffman)


La felicità del popolo e la grandezza della nazione  si fonda nella giustizia sociale, nell'indipendenza economica, nella sovranità politica.

(Juan Domingo Peron) 


La democrazia non è qualcosa in cui credi o un posto dove agganciare il tuo cappello, ma qualcosa che fai. Tu partecipi. Se smetti di farlo, la democrazia va in pezzi.

(Abbie Hoffman)   

giovedì 20 ottobre 2016

"SOGNO". Poesia by Luca Bagatin

Poesia serale.
Poesia notturna.
Poesia che si posa laddove una rosa
fiorisce sull'urna.
Nell'urna riposa
qualcosa di antico.
Di antico e passato
e per sempre finito.
Ed io son rapito
dal sogno di te.
E ciò che un tempo era amaro,
dolce ora è.
Luca Bagatin

lunedì 17 ottobre 2016

E' uscito il numero di Settembre-Ottobre della rivista francese "Rébellion" !

E' uscito l'ultimo numero della rivista bimestrale francese "Rébellion" degli amici dell'Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea (OSRE) (www.rebellion-sre.fr).
Un numero interamente dedicato al panafricanismo e contente, fra i numerosi articoli, un pezzo di Luca Bagatin dedicato a Thomas Sankara, leader della Rivoluzione Burkinabè ed ex Presidente del Burkina Faso. 



Per acquistarlo cliccate al seguente link e seguite le istruzioni: http://rebellion-sre.fr/rebellion-76-nouveau-numero-nouvelle-formule/

 Per abbonarsi a "Rébellion" (solo 20 euro annui per un abbonamento semplice composto di sei numeri, in tutta Europa e senza spese di spedizione): http://rebellion-sre.fr/boutique/abonnement-a-rebellion-6-numeros-2/

"Amore = Libertà. Comunismo & Liberalismo = Oppressione". Riflessioni di Luca Bagatin

Sono sempre stato un sostenitore dell'emancipazione sociale e della libertà personale.
Da ragazzino pensavo di trovare la prima nel comunismo e la seconda nel liberalismo.
Mi sono completamente sbagliato, trovandovi infatto solo l'opposto dell'emancipazione e l'opposto della libertà.
Per questo ho scelto la terza via di Amore e Libertà (www.amoreeliberta.blogspot.it. www.amoreeliberta.altervista.org)




Uscire dal Patto Atlantico, già reo dei bombardamenti in Iraq, Libia, Siria ed oggi protagonista delle manovre ai confini russi, appare come l'unica scelta sensata per i sinceri democratici e gli amici dei popoli.

Ogni giorno scopro come liberali e comunisti vadano a braccetto in nome di "verità" e "totalitarismo".
Le persone, ad ogni modo, hanno altri sogni e bisogni rispetto a queste sciocche ideologie onanistiche ed autoritarie.

venerdì 14 ottobre 2016

Riflessioni brevi attorno a Moana. Di Luca Bagatin

Leggevo una intervista di qualche tempo fa alla pornostar Valentina Nappi, nella quale lei dichiara che Moana Pozzi fu un personaggio tutto sommato conservatore, che con lei non c'entra nulla.
Penso avesse ragione. Moana piaceva alle persone forse proprio per questo. Non era volgare e sapeva parlare molto più che fare sesso.
Da pornodiva scelse di uscire dal mondo del porno attraverso la politica, in una piccolissima formazione emergente rappresentata dal suo volto, ovvero il Partito dell Amore fondato da Riccardo Schicchi e Mauro Biuzzi. Non come oggi, che politiche di partiti ben più grandi o noti scelgono il mondo dello spettacolo o il porno (sic !).


Per questo penso che Moana rimarrà nel mito, mentre la Nappi ed il caravanserraglio della odierna società dello spettacolo, descritta e denunciata dal filosofo situazionista Guy Debord nel 1967, saranno presto dimenticati e destinati ad incarnare unicamente l'epoca effimera, modernista, consumista e tecnoidiotoca che stiamo vivendo. E presto destinata, ci auguriamo, ad esaurirsi.


Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it

Viaggio nella Siria che resiste. Articolo di Luca Bagatin

La Siria di Bashar Al Assad, checché ne dicano taluni media occidentali, è l'ultimo avamposto di laicità e socialismo arabo in Medioriente. Ovvero è l'ultimo avamposto contro il terrorismo ed il fondamentalismo islamico.
La Siria di Bashar Al Assad va dunque difesa, perché la libertà dell'Occidente, oggi, si combatte sotto le mura di Damasco e di Aleppo: dalla parte delle milizie siriane, dalla parte dei curdi del Rojava, dalla parte dei russi. Dalla parte della Siria che resiste e che vuole rimanere uno Stato sovrano e non essere spazzata via e smembrata, come accaduto alla Libia di Mu'Ammar Gheddafi, martoriata dalle truppe anglo-franco-statunitensi ed oggi preda dell'Isis, sdoganato – come in Siria – proprio da quell'Occidente pseudo-democratico che dal 2011 si è schierato con i ribelli antigovernativi e con i terroristi di Al Nusra contro il governo legittimo di Assad e che solo oggi si rende conto del pericolo di Daesh, l'autoproclamatosi Stato Islamico dell'Isis.
Di questo ed altro parla l'agile e ottimo saggio del giovane giornalista Sebastiano Caputo, il quale ha visitato la Siria - nel settembre del 2015 e nell'aprile del 2016 – riportandone la situazione dalle colonne de “Il Giornale”.
Il suo saggio, “Alle porte di Damasco – viaggio nella Siria che resiste” (Edizioni Circolo Proudhon), è infatti il reportage di quei viaggi. E' il racconto della Siria baahtista e delle sue conquiste civili e sociali prima del conflitto; prima delle sedicenti “primavere arabe”; prima degli embarghi occidentali; prima dei bombardamenti voluti da Francia e Stati Uniti contro il legittimo governo di Assad ed il suo popolo. Prima dell'avvento dell'Isis.
La Siria è sempre stato un centro e crocevia di spiritualità cristiana ed islamica, oltre che alawita e drusa e, dall'avvento al potere del Partito Baath, anche di laicità dello Stato.
Nel saggio di Caputo sono raccontate, peraltro, le origini dello stesso Partito Baaht – ovvero il Partito del Risorgimento Arabo Socialista - fondato da due insegnanti, rispettivamente di religione cristiana ed islamica, ovvero Michel Aflaq (1910 – 1989) e Salah Al Bitar 1912 – 1980).
Studenti dell'Università della Sorbona a Parigi, Aflaq e Al Bitar, nella costituzione del Partito Baaht si ispirarono sia alle opere del nostro Giuseppe Mazzini che di Karl Marx, oltre che di Friedrich Nietzsche. Un partito, dunque, dalle solide fondamenta risorgimentali, laiche, nazionali e socialiste non materialiste, bensì panarabe e che ispirerà per molti versi, tanto l'egiziano Nasser che il libico Gheddafi, i quali saranno successivamente, nel mondo arabo, i propugnatori di quello che viene definito Socialismo Arabo: laico e rispettoso della spiritualità, nazionale ed autogestionario.
Il baahtismo si diffonderà dunque in Siria ed il Iraq e riuscirà a prendere il potere negli Anni '60 attraverso un colpo di stato militare contro il regime ed in Siria si affretterà dunque a nazionalizzare le banche, le aziende commerciali ed industriali e ad applicare la riforma agraria.
Nel 1971 i militari baahtisti affidarono il governo ad Hafez Al Assad, il quale stabilizzò il Paese e contibuì a laicizzarlo. Hafez Al Assad morirà nel 2000 e, essendo deceduto il suo primogenito, affiderà il governo al suo secondo figlio Bashar, allora studente di medicina e avviato alla carriera di oculista.
L'avvento al governo di Bashar Al Assad segnerà l'inizio della riconciliazione con tutte le minoranze, le correnti religiose e le classi sociali e la trasformazione della Siria in una democrazia elettorale, al punto che oggi – checché se ne dica – vi sono numerosi partiti politici ed un parlamento libero con tanto di opposizione. Si noti peraltro che, in appendice al saggio di Sebastiano Caputo, vi è un'intervista dello stesso ad una dei appresentanti dell'opposizione, ovvero alla siriana cristiana Maria Saadeh la quale si indigna particolarmente quando apprende che i media occidentali definiscono il suo Paese una dittatura e ritiene che debbano essere i siriani ed unicamente i siriani gli artefici del loro destino e i detentori della loro sovranità e non già interventi esterni stranieri.
Come spiegato da Caputo nel suo saggio, fu con l'avvento della Presidenza di George W. Bush che, nel 2004, il governo di Bashar Al Assad, iniziò a diventare sgradito alle cancellerie occidentali che pur precedentemente l'avevano accolto come un portatore di concordia e di pace e che iniziarono – su pressione degli USA - ad accusarlo di fomentare il terrorismo e di detenere armi chimiche. Accuse, peraltro, da tempo smentite e fondate unicamente sulla malafede (come per quanto concerne le presunte armi di distruzione di massa detenute dall'Iraq), ma che costarono alla Siria il totale isolamento da parte della comunità internazionale, con l'eccezione della Russia, sua storica alleata sin dai tempi della Guerra Fredda.
Sebastiano Caputo passa successivamente ad analizzare la nascita del fenomeno Isis, che oggi si finanzia principalmente con il contrabbando di beni archeologici dei siti che conquista ed attraverso la vendita di petrolio, identificandola nel Wahabismo, corrente fondamentalista dell'Islam fondata nel XVIII secolo e sviluppatasi in seno alla comunità sunnita. Si noti bene, come ricorda il saggio di Caputo, peraltro, come i Paesi sunniti – noti per il loro fondamentalismo – siano i migliori alleati degli Stati Uniti d'America sin dal 1945: Arabia Saudita, Turchia e Quatar in primis. Paesi che, è ricordato nel saggio stesso – pensiamo all'Arabia Saudita – hanno sempre scaricato i profughi provenienti dalla Siria in virtù delle loro severissime leggi sull'immigrazione (sic !).
Il saggio di Caputo è inoltre una denuncia delle sedicenti “primavere arabe” - sostenutissime acriticamente dal filosofo francese Bernard Henri Levy - che in Siria (come in Libia) hanno portato in piazza unicamente i sostenitori del fondamentalismo e dei suoi fiancheggiatori allo scopo di abbattere il laico governo di Assad.
Fu solo dopo i tragici attentati di Parigi che l'Occidente inizierà a comprendere che il vero nemico non era certo la Siria di Assad, ma i suoi detrattori terroristi e fondamentalisti. E ciò al punto che – lo ricorda lo stesso Caputo – i quattro leader del centrodestra francese (Sarkozy in testa, ovvero il maggior responsabile della caduta del governo libico di Gheddafi...sic !), si appresteranno ad incontrare Vladimir Putin a Mosca e ad avviare un dialogo con il governo di Assad.
Ecco dunque che solo oggi il quadro appare più chiaro ed appare chi sono i responsabili di uno fra i più terribili eventi dell'ultimo secolo e delle tensioni vissute direttamente dal popolo siriano, ma anche da quello europeo, sempre a rischio di possibili attentati.
Ed ecco che il saggio di Sebastiano Caputo è lì a mettere un po' d'ordine fra molta, troppa disinformazione e deformazione mediatica. E peraltro ci racconta anche di una bellissima iniziativa, sconosciuta ai più ed osteggiata dall'Eliseo, ovvero l'iniziativa “SOS Chrétiens d'Orient”, costituita da giovani volontari francesi cristiani che, dal 2013, porta aiuti umanitari e soccorsi alla popolazione siriana. Un'organizzazione che è peraltro presente anche in Giordania, Egitto, Iraq e Libano.
Ecco dunque il viaggio nella Siria che resiste e che tutti gli spiriti liberi, autentitamente e non falsamente democratici, dovrebbero sostenere. Perché ne va della libertà di tutti i popoli laici e sovrani e di tutti noi.

Luca Bagatin

mercoledì 12 ottobre 2016

"Passione e tensione emotiva contro mercificazione e annichilimento delle coscienze". Riflessioni di Luca Bagatin

Mi risulta assai difficile vivere in quest'epoca che smorza ogni entusiasmo e passione; in quest'epoca che ha sostituito l'amicizia e l'amore con la virtualità e la mercificazione. In quest'epoca di amebe che nuotano in superficie, facilmente manipolabili, prive di ogni tensione emotiva.

I banner pubblicitari sul web mi disturbano profondamente tanto quanto la pubblicità commerciale televisiva e telefonica.
Penso che essa sia, oltre che invasiva, una profonda offesa all'intelligenza delle persone.

Esiste il sexysmo (o erotismo) non il sessismo. Il termine sessismo mi appare una nuova ideologia ed idiosincrasia, ammantata di moralismo ed ipocrisia.

I ricchi a parer mio dovrebbero essere utili ad una sola cosa: a mantenere i poveri!
I politici, a parer mio, dovrebbero essere utili ad una sola cosa: a servire la volontà popolare!

"Ad A.". Poesia di Luca Bagatin (tratta dal saggio "Ritratti di Donna" - Ipertesto Edizioni)

Amo guardare i tuoi occhi verdi,
perdermici per poi ritrovarmi.
Amo scriverti, anche senza riceverne risposta,
perché essa è dentro di me.
Amo pensare che le tue labbra, così carnose,
così morbide, possano aprirsi un giorno e raccontarmi di te.
Amo vederti sorridere
e mi chiedo se quel sorriso riuscirò un giorno a vederlo davvero.
Amo pensare che esisti,
anche se forse non avrò mai l'ardire di conferire, a viva voce, con te.
Amo chiedermi che cosa c'è nel tuo cuore,
anche se questo rimarrà per me sempre un mistero.
Amo pensare di scriverti una poesia,
senza pretendere che sia compresa, che abbia un senso, che sottenda qualche cosa.
Amo immaginarmi con te,
sotto la pioggia, a danzare, a baciarti lungamente, a far l'amore.
Sin tanto che i nostri corpi si inzuppino del tutto.
Amo non chiederti nulla più di quanto tu non voglia dire,
non voglia dirmi.
Amo quando mi ringrazi,
anche se ti rimprovero, spesso, di farlo.
Amo di te tutte queste cose
e forse altre ancora.
Ora le ho dette.
Posso tornare alla mia dimora.

domenica 9 ottobre 2016

Fra capitalismo, globalizzazione e democrazia: intervista-confronto fra Luca Bagatin ed il saggista Paolo Borgognone

Paolo Borgognone
Paolo Borgognone, classe 1981, astigiano, laureato in Scienze Storiche all'Università di Studi di Torino con il massimo dei voti, è ormai un saggista noto negli ambienti critici del fenomeno della globalizzazione e del capitalismo.
I suoi ultimi saggi, pubblicati d Zambon, sono: “La disinformazione e la formazione del consenso attraverso i media”; “Capire la Russia. Correnti politiche e dinamiche sociali nella Russia e nell'Ucraina postsovietiche” e “L'immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo liberale”.
Trovo che Paolo sia un analista interessante dei processi geopolitici più recenti. Molte delle prospettive che egli ha analizzato sono concordanti con le mie, per quanto vi siano dei punti che ci dividono completamente.
Poiché, come ho sempre sostenuto, “è solo dal confronto che può nascere cultura”, ho deciso di proporre a Paolo un'intervista-confronto. E dunque di sottoporla ai lettori, anche vista la radicalità delle nostre posizioni, non sempre concordanti.
Luca Bagatin
In essa Paolo ed io ci confrontiamo su temi che spaziano dalla globalizzazione al capitalismo; dai concetti di destra e di sinistra; dal socialismo ai più recenti fenomeni di immigrazione; passando per la Massoneria, la spiritualità, la Russia e la democrazia.


Luca Bagatin: Qual è la tua formazione politico-culturale ? Come nasce la tua critica radicale alla globalizzazione ed al capitalismo assoluto ?
Paolo Borgognone: Sono un autodidatta. Non ho padroni. La mia formazione è stata dettata da criteri istintivi. Ho 35 anni, osservo il tipo antropologico “maschile” oggi di moda, ovvero lo sbruffone ipertatuato, buono soltanto a fare il “figo” con tutte le ragazze che gli capitano a tiro e ad atteggiarsi a “padrone del mondo” con i suoi omologhi “maschi” ma che poi, davanti al capufficio, si caga addosso e china la schiena. Allora dico a me stesso: devo fare qualsiasi cosa per essere assolutamente l’opposto rispetto a questa rappresentazione dell’“uomo” contemporaneo. La penso, politicamente, come Alain Soral, ossia faccio riferimento alla destra dei valori cavallereschi e alla sinistra del lavoro, dell’antimperialismo e della dignità. Ho militato in un’organizzazione giovanile di destra quando da adolescente ho cominciato a percepire che il conformismo era, ed è, direttamente proporzionale alle idee propugnate dalla sinistra e in un’organizzazione di sinistra quando vidi che a “destra” più che altro si pensava ai soldi da esibire quale passepartout per accedere alla considerazione femminile, alle discoteche e ai listini di borsa. Lasciai anche la sinistra all’inizio del 2014, nauseato dal settarismo e dallo snobismo che caratterizzano questa entità astratta. Dopodiché persi il conto di tutto e oggi sono un pensatore indipendente. I miei critici di sinistra mi insultano con epiteti tipo “fascista” e “rosso-bruno” e io rispondo loro con calma, affermando che i miei riferimenti intellettuali sono pensatori tutt’altro che fascisti, come Dragoš Kalajić, Aleksandr Dugin, Gennadij Zjuganov, Igor Šafarevič, Aleksandr Zinov’ev, Alain De Benoist, Costanzo Preve, Dominique Venner, Maurizio Blondet, Roberto Pecchioli, Jean-Claude Michéa e il citato Soral.

Luca Bagatin: Nessuno meglio di me può comprenderti, ti dirò. Anche io nasco autodidatta, oltre che di umili origini e, forse per questo, approdo giovanissimo alla sinistra pur non sentendomi affatto di sinistra, ma oltre le ideologie. Specie se totalitarie e totalizzanti. Molti dei tuoi riferimenti intellettuali sono anche miei, anche se non tutti. Di Alain Soral ho letto poco e non condivido tutto, purtuttavia è da molto tempo uno dei riferimenti del Partito dell'Amore fondato da Mauro Biuzzi, che ebbi modo di intervistare alcuni anni fa e che fu autore peraltro di un appello a sostegno dell'intellettuale francese (http://www.partitodellamore.it/attivita/alain_soral/comunicato_pda_or.pdf).
Mi riconosco personalmente in toto, invece, nelle prospettive lanciate da De Benoist e da Michéa. Oltre che delle teorie sulla decrescita economica proposte da Serge Latouche. Più che a Dugin – troppo vicino all'oligarca autoritario Putin per i miei gusti – preferisco invece Eduard Limonov, che tu nei tuoi saggi definisci un “anarchico di destra”, mentre io lo considero piuttosto un nazionalista moderato ed un bolscevico moderno, amante della libertà di espressione in tutte le sue forme.

Come definiresti il processo di globalizzazione ? Cosa rappresenta, a tuo giudizio, il capitalismo assoluto ?
Paolo Borgognone: Il capitalismo odierno è assoluto perché svincolato da tutti i limiti che l’ideologia borghese, un’ideologia radicalmente incompatibile con il mio modo di essere e di vedere le cose, gli aveva imposto, grosso modo tra il 1945 e il 1975, in ibrido connubio con le forze politiche e sindacali facenti capo al movimento dei lavoratori. Con il Sessantotto parte la retorica giovanilistica del “Vietato vietare”, uno degli slogan più infami che venivano incessantemente salmodiati all’epoca e tutto è cambiato…in peggio. Nella società di mercato odierna, che ha preso il posto della società dicotomica novecentesca, è davvero “Vietato vietare” e il risultato qual è ? La tecnica si è impadronita dei destini dell’umanità. Le nuove tecnologie orientano tutte le nostre scelte, il nostro modo di pensare, di agire, di rapportarci vicendevolmente. Credo che il film Videodrome di David Cronenberg abbia predetto questo sfacelo sin dal 1983. Anche La Mosca (1986), sempre di Cronenberg, ha perfettamente colto il meccanismo di ibridazione, di unificazione tra uomo e nuovi apparati tecnologici deumanizzanti. Naturalmente, alla fine, l’universo virtuale delle nuove tecnologie digitali s’impadronisce dell’uomo, lo trasforma e sfigura, lo assimila e poi lo sputa ormai consunto. E’ il nichilismo caratteristico di un mondo a trazione univocamente scientista e tecnocratica.

Luca Bagatin: Il problema ritengo, personalmente almeno, non sia tanto il “vietato vietare”. Nessuno direi, si dovrebbe arrogare il diritto di dire agli altri che cosa devono o non devono fare. In questo senso, anzi, ritengo che sia un vero scandalo il fatto che uno Stato – solo nominalmente democratico – si arroghi, attraverso le sue leggi, il diritto di decidere se una persona debba morire (attraverso la pena di morte) oppure non morire (se l'individuo stesso lo chiede).
Penso che la vita appartenga a ciascuno ed in questo senso ciascuno abbia il diritto di disporne come meglio crede.
In questo senso il capitalismo trovo faccia semplicemente concorrenza allo statalismo: impone delle sue regole, che sono regole slegate dalle necessità delle persone.

Nel tuo ultimo saggio “L'immagine sinistra della globalizzazione”, rilevi come le “leggi del mercato” si siano sostituite ai valori patriottici ed al concetto di sovranità dei popoli e degli Stati. Puoi spiegarci meglio questo concetto ?
Paolo Borgognone: Il mercato, nell’Occidente paranoico contemporaneo, è principalmente un mercato di prodotti finanziari da speculazione, di gadget tecnologici d’avanguardia e di consumo e desiderio sessuale a basso costo. E’ ovvio che se il mercato è egemonizzato da queste offerte, frutto di una domanda sempre crescente di denaro, smartphone, divertimento e sesso facile e a ogni costo, allora ogni spazio per qualsivoglia riferimento all’etica, alla morale e alla virtù si restringe inevitabilmente. Il mercato oggi non considera l’amor patrio, i legami comunitari e la cultura come veicolo di ribellione anticapitalistica prodotti “spendibili”. Il mercato, che è soprattutto mercato di immagini estrapolate con i nuovi strumenti di comunicazione universale, promuove e invoglia la riproduzione seriale di vicende obiettivamente desolanti sul tipo di quella che ha visto protagonista la sventurata ragazza di nome Tiziana Cantone nel mese di settembre di quest’anno. Questo perché la società del capitale divora i suoi figli, li manipola, fa credere loro di essere in grado di controllare i meccanismi perversi della comunicazione globale e a costo ridotto. Naturalmente è vero il contrario, ossia è la comunicazione globale a controllare i suoi prodotti umani. E poi “succedono” le tragedie. Ma anche tragedie come quella occorsa alla povera Tiziana Cantone sono il frutto della perdita irreversibile delle identità, dei valori comunitari, di pietas religiosa ecc. A un “pensiero unico” debole e mercificato, corrispondono persone deboli e mercificate.

Luca Bagatin: Per molti versi sono d'accordo, anche se personalmente sul caso Tiziana Cantone preferisco sospendere il giudizio, non conoscendo a fondo la vicenda e non essendo in grado di fornire un'opinione lapidaria e univoca. Personalmente direi che la mercificazione delle menti e dei corpi ha annichilito per molti versi l'erotismo dei tempi antichi, l'eros decantato e sperimentato sia da Giacomo Casanova che da Giuseppe Garibaldi e da Gabriele D'Annunzio e inveratosi, per molti versi, nella libera e libertaria Repubblica di Fiume.
Un erotismo che guarda sempre e comunque all'amore ed ai sentimenti e non al freddo materialismo, alla fredda tecnica del piacere che, nei fatti, si manifesta nelle più varie forme di masturbazione mentale o fisica, di dipendenza patologica dagli oggetti (vedi i già citati smartphone) o dai beni di uso, abuso e consumo (alcool, cibo, droghe, le stesse tecnologie, il sesso compulsivo...).

Nel tuo saggio la tesi di fondo è che il fenomeno globalista e capitalista sia stato cavalcato e favorito dalla sinistra politica ed istituzionale. Puoi riassumerci brevemente questa tua tesi, ampiamente articolata nel saggio stesso ?
Paolo Borgognone: Ma sì, la capii a 13 anni questa cosa, quando ad Asti, la mia città, vidi dei giovani di Rifondazione (era la campagna elettorale del 1994) inalberare una serie di slogan dietro l’altro tutti estremamente compatibili con l’ideologia del mercato globale di mode e “culture” e del consumo libero uscita vincitrice dai tumulti del “fatidico 1989”. Bertinotti ha sdoganato, a sinistra, lo shopping e i “salotti” e s’incazzava quando gli facevano ascoltare l’inno sovietico (la musica più bella del mondo, che Putin ha giustamente reintrodotto come inno russo a partire dal dicembre 2000); Paolo Ferrero, uno dei successori di Bertinotti, parla continuamente di matrimonio gay (oh, a questo punto, vorrei precisare: gay e omosessuale non sono la stessa cosa, l’omosessuale è sempre esistito e a questo tipo antropologico va il mio riconoscimento, mentre il gay è l’involuzione postmoderna, adattata alla società dei consumi e dello spettacolo, dell’omosessuale); Vladimir Luxuria ha vinto l’Isola Dei Famosi dopo essere stato parlamentare di Rifondazione e persino Maria De Filippi disse di votare, quando questo partito esisteva ancora, per il Prc. Devo fornire altre prove per dimostrare la correità tra sinistra politica e globalizzazione liberale, anzi il ruolo della sinistra come vettore di costruzione, legittimazione e accelerazione di detti processi ? No perché ne avrei altre centinaia ma l’intervista diventerebbe a questo punto eccessivamente lunga e noiosa.

Luca Bagatin: Anche tu, dunque, come saggisti del calibro di Alain De Benoist e Jean-Claude Michéa, ritieni che ci sia una differenza abissale fra il concetto di “socialismo” e quello di “sinistra” ?
Paolo Borgognone: Assolutamente sì e infatti credo che l’appellativo di “intellettuale di sinistra” oggi sia il peggior insulto che mi si possa rivolgere. Anche “intellettuale di destra” è tutt’altro che un complimento. Queste categorie politiche sono infatti state frollate, con tutto il resto, classi sociali comprese, nel tritacarne contemporaneo dell’Occidente mercantilizzato e integralmente anarco-capitalistico. Sono convinto che la dicotomia sinistra/destra sussista ancora in varie aree del mondo, come l’America Latina. Evo Morales, infatti, è certamente un uomo di sinistra e io sto dalla sua parte, come da quella di Maduro, di Ortega, Correa e Castro. E Kirchner, anzi, Kirchner più di tutti, essendo una parte della mia famiglia di origini argentine e avendo ereditato una spiccata simpatia per il peronismo di sinistra. Ma in Europa no, non mi si raccontino stronzate. In Europa, soprattutto in Francia, in Ungheria e anche in Italia, la dicotomia sinistra/destra è tramontata e anzi, oggi, la destra, o meglio, una certa destra (spirituale, identitaria, tradizionale) è assai più antiglobalista della sinistra.

Luca Bagatin: Una cosa che non ho condiviso nei tuoi scritti è l'identificazione della “massoneria” o della cultura “massonica” come foriera di capitalismo e/o di liberalismo. Invero la Massoneria non si è mai occupata di politica direttamente e, quando alcuni suoi esponenti lo hanno fatto (ciò è accaduto nei Paesi di cultura latina e latinoamericana, come ho avuto modo di scrivere in questo mio articolo: http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/06/la-massoneria-dellamerica-latina-e-dei_45.html), essi sono stati avversi all'oligarchia ed ad una visione capitalistico-egoistica della società. Pensiamo a Proudhon, Bakunin, Garibaldi, Pierre Leroux, Bolivar, Louise Michel e persino Hugo Chavez, i quali erano, oltre che socialisti, anche massoni dichiarati ed hanno contribuito a diffondere le loro idee di emancipazione sociale anche e proprio in quanto tali. Non pensi che una certa vulgata mediatica e complottistica (pensiamo anche a trasmissioni mainstream quali “Mistero”) abbia contribuito – così come ho avuto più modo di rilevare – a diffondere una immagine distorta della Massoneria ?
Paolo Borgognone: Non ho alcuna simpatia per la massoneria e sono un critico feroce della vulgata storiografica cosiddetta “risorgimentale”. Se in America Latina Chavez fu massone, affari suoi. Io sto con lui, e ne onoro la figura, perché ha osato sfidare gli yankee e ha ridato la dignità e la sovranità a un popolo coloniale. Chavez era un vero socialista, al di là degli errori che tutti, ma proprio tutti, possono commettere.

Luca Bagatin: E' ovvio che l'iniziazione massonica è un fatto personale e che ciascuno ha le sue simpatie o antipatie. Un altro fatto purtuttavia è anche che nei Paesi latini – ed in particolare dell'America Latina - la gran parte dei massoni e degli eroi e delle eroine (vedi la nostra Anita Garibaldi) risorgimentali ha contribuito ad emancipare i popoli oppressi a rischio stesso della vita. Spesso nel segno del socialismo, i cui simboli peraltro sono mutuati dalla simbologia massonica medesima. Lo stesso Presidente argentino Juan Domingo Peron negli ultimi anni della sua vita, fu iniziato alla Massoneria, per non parlare di Che Guevara e della gran parte dei rivoluzionari cubani. Essendo una forma di spiritualità laica, ma al contempo intrisa di cristianesimo gnostico, la Massoneria, pur non occupandosi di politica, ha purtuttavia animato gli spiriti liberi, specie laddove il cristianesimo ufficiale e istituzionale li aveva spenti.

Capitalismo, globalizzazione, immigrazione e cosmopolitismo (con relativa “fuga di cervelli”). Pensi che ci sia una stretta correlazione fra questi aspetti ? Se sì, quale ?
Paolo Borgognone: Mi sono occupato perlopiù dei fenomeni migratori legati ai ceti ricchi, benestanti, europei, soddisfatti ma non ancora sazi dai processi di globalizzazione: la Generazione Erasmus, per dirlo in breve. Sì, questi sarebbero i “nuovi europei”. E vogliono viaggiare, divertirsi, acquistare, fare turismo senza capire né conoscere una mazza della storia dei Paesi che visitano (l’importante, d’altronde, sono i locali trendy e l’abbondanza di “Movida” e le discoteche, che io sappia, sono uguali a Milano come a Ibiza o a Dubai), desiderando tutto ciò che può essere in qualche modo fagocitato e assimilato. E’ una gioventù onnivora, molto inibita (altrimenti non si spiegherebbe il ricorso massivo dei giovani maschi adulti d’oggi alla prostituzione per sfogare i propri istinti e la contestuale incapacità di questi “uomini” di spiccicar parola davanti a una donna per cui provano interesse o attrazione) e subalterna. Una generazione infertile, impotente. Una generazione che, per fortuna, si riproduce con il contagocce e che dunque si estinguerà presto. Ciò mi consola. Sull’immigrazione di massa dai Paesi cosiddetti extracomunitari si è occupato, con estrema accuratezza, il giornalista Adriano Scianca nel suo ultimo libro, “L’identità sacra” (AGA Editrice) e rimando a questa lettura chi voglia saperne di più sul tema.

Luca Bagatin: Nel tuo saggio dimostri come il Partito Comunista Italiano sia stato, in assoluto, il partito che più di altri in Italia si è progressivamente avvicinato al capitalismo assoluto, alla tecnocrazia e all'atlantismo. Puoi parlarcene ? Pensi che l'attuale Partito Democratico renziano non sia altro che una diretta conseguenza di questo processo ?
Paolo Borgognone: Sì, il renzismo è un prodotto pubblicitario, un detersivo che poi, quando lo provi, nemmeno smacchia e anzi imbratta ancor più del ragù, della merda o dell’inchiostro. Una “sòla”, per dirla in romanesco. Renzi e i suoi ministri-teenager stanno in piedi perché godono dell’appoggio di una lista di supporter ricchi, potenti, influenti e stranieri che occuperebbe, se elencata a dovere, almeno 6.000 pagine di un libro a formato gigante. Per cui… Ma Renzi piace, in definitiva, perché è proprio come gli italiani, è il premier degli italiani. Agli italiani è sempre piaciuto lustrare le scarpe agli americani o ai potenti di turno, strisciare davanti al padroncino al motto di “Franza o Spagna purché se magna !”, cercare di fottere il simile e schiacciare il più debole. Gli italiani hanno grandi individualità ma sono un collettivo volutamente debole, privo di coesione sociale. Per questo all’Italia serve un sistema autoritario, come quello della Corea del Sud degli anni Sessanta-Ottanta in politica interna, orientato in senso filo-russo in politica estera e piuttosto dirigista in politica economica. Un regime che imponga agli italiani i valori funzionali a rendere la società più coesa, ossia il patriottismo, la passione per il lavoro fatto bene, il senso dello Stato, della famiglia e della giustizia, l’empatia, la lealtà e l’onore. Ovviamente, essendo l’Italia piena di quegli italiani così ben descritti e rappresentati dai personaggi cinematografici interpretati da Alberto Sordi e non di coreani, di giapponesi anteguerra e di prussiani in stile Federico il Grande, non vedo una classe dirigente capace di smantellare l’attuale sistema di sudditanza collettiva generalizzata e orgogliosamente ostentata caratterizzante i nostri connazionali (i cosiddetti “Italians”).

Luca Bagatin: Beh, in realtà c'è una grande differenza storica, oltre che culturale e ideologica fra i coreani, i giapponesi anteguerra, i russi alla Putin e i prussiani alla Federico il Grande. Quest'ultimo ha tutta la mia ammirazione, ti dirò, essendo stato il personaggio storico che amai di più e che iniziai a studiare quando avevo quattordici anni (assieme alla figura di Casanova e successivamente di Garibaldi). Ma nota bene: fu un filosofo illuminato, amico di Voltaire ed al contempo fu uno spiritualista e teosofo, legato all'ordine massonico della Rosa Croce d'Oro. Un po' diverso rispetto ai tecnocratici giapponesi o alla Cina capital-comunista o a Putin, il quale personalmente non lo vedo affatto diverso rispetto ai vari Bush, Clinton o Obama, ma unito a costoro nella lotta per il trionfo del capitale e del controllo delle menti e dei corpi dei popoli.
Uno spirito illuminato alla Federico il Grande già sarebbe molto, direi. Ma senza una coscienza spirituale e gnostica alla base, la vedo assai dura ti dirò.

Nei tuoi saggi sei sempre stato molto critico nei confronti delle cosiddette “primavere arabe” e delle varie guerre del Golfo che, nei fatti, hanno defenestrato governi laici e spesso socialisti (come quello del Rais Mu'Ammar Gheddafi), favorendo l'avvento di Daesh e del fondamentalismo islamico. Come giudichi il fatto che, a livello mediatico, di questo non si parli mai e che leader quali Sarkozy e Blair, per non parlare di Bush, non siano mai stati incriminati per crimini contro l'umanità per le illegittime invasioni compiute ai danni di popoli e di Paesi sovrani ?

Paolo Borgognone: Con una frase soltanto: fintantoché i grandi quotidiani borghesi italiani continueranno a scrivere che i palestinesi “rapiscono” israeliani e gli israeliani “catturano” o “arrestano” palestinesi non vi sarà alcuna informazione corretta né credibile su Medioriente e dintorni. Per fortuna, le persone più consapevoli tendono sempre a cercare canali d’informazione alternativi a quelli forniti dal mainstream. Per esempio, sulle questioni mediorientali, reputo il sito del giornalista Maurizio Blondet una delle più preziose fonti d’informazione presenti in Italia, così come considero i libri scritti, tradotti e prefati da Diego Siragusa (“Il terrorismo impunito”, “Vivere con la spada”, “Sionismo” e Il vero nemico degli ebrei”, tutti editi da Zambon) strumenti di ricerca e di analisi storiografica fondamentali capire motivazioni, dinamiche e strategie all’origine dell’imperialismo di Israele in Mediorente.

Luca Bagatin: Che cosa ne pensi delle aperture obamiane nei confronti di Cuba ? L'isola dei Caraibi rischierà di perdere tutte le conquiste sociali ottenute in tutti questi anni di Rivoluzione castrista ?
Paolo Borgognone: Penso che la carota certe volte possa essere più efficace del bastone per ottenere i risultati che, dal 1959, gli Usa si prefiggono nei confronti di Cuba. Gli yankee l’hanno capito e agiscono di conseguenza. Le profferte di beni di consumo generalizzati e soldi facili e per tutti su vasta scala sono le nuove armi del colonialismo. Ricordo Eltsin strillare, nel 1991, che i russi sarebbero divenuti, sotto la sua presidenza e senza più il comunismo storico novecentesco tra i piedi, tutti ricchi e tutti molto più “americani” nei consumi. Quattro anni dopo l’aspettativa di vita media in Russia era crollata a 55 anni (era 67 nel 1990), le pensioni non venivano più pagate, l’inflazione era alle stelle e un pugno di mafiosi s’era impadronito di tutte le ricchezze nazionali. Eltsin aveva promesso ai russi che avrebbe portato loro l’America in casa e così fu, in un certo qual senso. Il capitalismo americano colonizzò la Russia e la situazione economica e sociale interna al Paese nel 1943 era paragonabile, per molti aspetti, allo stato di miseria e di devastazione che l’Urss patì durante il periodo dell’invasione nazista. Ricordo che nel 1991 i cittadini russi (non sovietici nel loro complesso, sto parlando degli abitanti dell’allora Rsfsr) erano complessivamente 148 milioni. Nel 1999 erano scesi a 143 milioni. Il drastico calo demografico fu diretta conseguenza degli effetti dell’imposizione del capitalismo americano a un popolo ormai ridotto allo stato semi-coloniale.

Luca Bagatin: Filosofi quali Alain De Benoist e Jean-Claude Michéa, oltre che fra l'altro il sottoscritto, auspicano un modello di sviluppo fondato sulla democrazia autentica, autogestionaria e diretta. Un sistema che richiama per molti versi al socialismo delle origini di Pierre Leroux. Quale modello di sviluppo ci attende a tuo parere ?
Paolo Borgognone: Attualmente agli “Italians” non farei autogestire nemmeno uno scantinato vuoto o il cesso di un bar di estrema periferia. Io sono per una democrazia organica, dove l’individuo sia parte integrante di un tutto, dove il ciclo delle stagioni determini l’organizzazione e la riproduzione della società. Una democrazia scrupolosamente rispettosa delle tradizioni religiose dei popoli costituenti. Mi rendo conto che tutto ciò è assolutamente impensabile tenendo presenti le peculiarità relative al carattere nazionale degli italiani. In maniera volutamente provocatoria affermo che agli italiani, o meglio, agli attuali “Italians”, serve un regime autoritario in stile Idi Amin Dada, ma molto più militarizzato. Un regime che li faccia lavorare (soprattutto i giovani, i teenager) per il bene della patria 18 ore al giorno (con un richiamo notturno di 4 ore, coatto e non retribuito), per 250 euro (lordi) al mese, dai 14 ai 102 anni. Soltanto così si potrà tenere gli “Italians” lontani da Facebook, Tinder, Internet e dai social network più in generale nonché dal dating, dalle fiction, dal gossip e da tutti gli agenti mediatici di costruzione del consenso di massa nei confronti della società di mercato. Soltanto riducendo al silenzio, all’impotenza e alla schiavitù sul modello propinato agli ebrei dal regime babilonese di Nabucodonosor II la generazione cui, mio malgrado, appartengo, si potrà sperare di “salvare” la generazione successiva dall’abisso di stupidità, di conformismo, di subalternità, di incomunicabilità e di apatia in cui ci siamo, in larga parte volontariamente, precipitati noi trenta-quarantenni odierni, ossia una Generazione Y che merita niente (altro che “welfare” e “diritti civili”…).

Luca Bagatin: Personalmente penso che ciascun popolo abbia le sue peculiarità ed all'interno dello stesso popolo vi siano altrettante peculiarità. Che vanno comunque rispettate. In questo senso mi sento di dissentire completamente da te e ritengo che, se un popolo vuole essere l'artefice del suo stesso destino, ovvero voglia essere un popolo davvero consapevole, debba per forza di cose imparare ad autogestirsi e ad autogovernarsi, ritenendo peraltro ciò l'unica forma naturale e democratica di organizzazione possibile.
Credo che, agli italiani come ai francesi, ai tedeschi, ai russi, ai cinesi, agli statunitensi e così via, occorra – in questo senso - formazione in luogo dell'informazione. Oggi l'informazione è massiccia e contribuisce unicamente a generare confusione, insicurezza, instabilità, inutili ansie e inutili smanie di sapere fatti tutto sommato marginali (come ad esempio i fatti di cronaca nera o il gossip).
La formazione, diversamente, permette alle persone di ragionare e di comprendere da dove provengono e dove possono avere la possibilità di andare. La formazione è conoscenza, gnosi nell'accezione originaria del termine. Manca, in credo, una scuola formativa, come ai tempi dell'Antica Grecia, per citare un esempio.
Perché anche se imponi un fantomatico autoritarismo non è affatto detto che il leader autoritario sia una persona sensata o competente. La Storia ha già prodotto, direi, abbastanza folli che si sono messi a capo delle nazioni. E l'autoritarismo si è rivelato comunque, direi, il peggiore dei regimi possibili. E' forse l'ora che i cittadini si mettano a capo delle nazioni. Ovvero nessuno comandi più, ma tutti inizino a vivere in comunione fraterna.
E ciò è possibile, io credo, solo scavando nella profondità del proprio e dell'altrui essere. Comprendendo che l'unica tecnologia utile all'umanità è il potenziale interiore (che potremmo riassumere in tre concetti: anima, mente, cuore), che è poi l'unica cosa che tutte le correnti spirituali hanno cercato di comunicare all'essere umano, il quale, spesso, per bramosia di potere, le ha volutamente fraintese, istituzionalizzandole in religioni, con le conseguenti guerre fratricide.
L'America Latina del Socialismo del XXI secolo – alternativa umanitaria tanto al socialismo reale quanto al capitalismo - per molti versi, si è ispirata ad un modello autogesionario e libertario dell'esistente. Leader come Chavez, Morales, i Kirchner, Correa e José “Pepe” Mujica hanno saputo porre al centro l'essere umano ed i suoi sentimenti. In questo senso i continui richiami di Chavez all'amore – anche attraverso l'uso simbolico del cuore – vanno visti, ritengo, in quest'ottica.
Quanto al lavoro, come ricordò Alain De Benoist in una intervista nel 2002, trovo sia ormai diventata una ideologia da superare. Egli disse infatti testualmente: “Tutta un'educazione ci ha abituati a pensare che lavorare sia al contempo normale e morale. Ora si tratta di disfarsi di questa educazione per sostituire a poco a poco, nella misura del possibile, il lovoro con l'attività liberamente scelta. La società attuale continua a fare l'apologia del lavoro mentre la sua evoluzione rende il lavoro sempre meno necessario. A partire dal momento in cui un numero crescente di bisogni possono essere soddisfatti con una quantità di lavoro sempre più debole, debbono essere tratte indispensabili lezioni”.
Lavoro, salario, alienazione, ideologia, politica, economia: tutti concetti che, nel corso dei secoli, hanno schiavizzato l'essere umano rendendolo sempre meno consapevole del proprio potenziale. E' in questo senso che ideai il pensatoio “Amore e Libertà” nel 2013: una prospettiva autogestionaria per superare tutto ciò. Puntando al cuore: all'esteremo centro dell'essere umano.

Ringrazio dunque Paolo Borgognone per il confronto che abbiamo avuto e che potrebbe essere il primo di una serie di futuri confronti.

Luca Bagatin

giovedì 6 ottobre 2016

Socialismo del XXI secolo, decrescita economica, amore e libertà


 



Il Socialismo del XXI secolo non è né di destra né di sinistra.
Non è di destra perché non rappresenta né i ricchi, né i nazionalisti xenofobi.
Non è di sinistra perché non rappresenta affatto la classe borghese media, progressista e produttivista.
Il Socialismo del XXI secolo rappresenta unicamente il popolo che, per emanciparsi, deve essere in grado di auto-rappresentarsi e di auto-gestirsi. Senza alcuna intermedizione di sorta (Stati, chiese, partiti, politici, economisti...).
Vivendo di e con lo stretto necessario per condurre un'esistenza in armonia con i suoi simili e la Natura che lo circonda.

(Luca Bagatin)

Per un ritorno al socialismo delle origini: né a destra, né a sinistra. Per l'autogoverno e l'autogestione. 

Articolo di Luca Bagatin