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Paolo Borgognone |
Paolo Borgognone, classe 1981,
astigiano, laureato in Scienze Storiche all'Università di Studi di
Torino con il massimo dei voti, è ormai un saggista noto negli
ambienti critici del fenomeno della globalizzazione e del
capitalismo.
I suoi ultimi saggi, pubblicati d
Zambon, sono: “La disinformazione e la formazione del consenso
attraverso i media”; “Capire la Russia. Correnti politiche e
dinamiche sociali nella Russia e nell'Ucraina postsovietiche” e
“L'immagine sinistra della globalizzazione. Critica del radicalismo
liberale”.
Trovo che Paolo sia un analista
interessante dei processi geopolitici più recenti. Molte delle
prospettive che egli ha analizzato sono concordanti con le mie, per
quanto vi siano dei punti che ci dividono completamente.
Poiché, come ho sempre sostenuto, “è
solo dal confronto che può nascere cultura”, ho deciso di
proporre a Paolo un'intervista-confronto. E dunque di sottoporla ai
lettori, anche vista la radicalità delle nostre posizioni, non
sempre concordanti.
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Luca Bagatin |
In essa Paolo ed io ci confrontiamo su
temi che spaziano dalla globalizzazione al capitalismo; dai concetti
di destra e di sinistra; dal socialismo ai più recenti fenomeni di
immigrazione; passando per la Massoneria, la spiritualità, la Russia
e la democrazia.
Luca Bagatin:
Qual è la tua formazione politico-culturale ? Come nasce la tua
critica radicale alla globalizzazione ed al capitalismo assoluto ?
Paolo Borgognone: Sono un
autodidatta. Non ho padroni. La mia formazione è stata dettata da
criteri istintivi. Ho 35 anni, osservo il tipo antropologico
“maschile” oggi di moda, ovvero lo sbruffone ipertatuato, buono
soltanto a fare il “figo” con tutte le ragazze che gli capitano a
tiro e ad atteggiarsi a “padrone del mondo” con i suoi omologhi
“maschi” ma che poi, davanti al capufficio, si caga addosso e
china la schiena. Allora dico a me stesso: devo fare qualsiasi cosa
per essere assolutamente l’opposto rispetto a questa
rappresentazione dell’“uomo” contemporaneo. La penso,
politicamente, come Alain Soral, ossia faccio riferimento alla destra
dei valori cavallereschi e alla sinistra del lavoro,
dell’antimperialismo e della dignità. Ho militato in
un’organizzazione giovanile di destra quando da adolescente ho
cominciato a percepire che il conformismo era, ed è, direttamente
proporzionale alle idee propugnate dalla sinistra e in
un’organizzazione di sinistra quando vidi che a “destra” più
che altro si pensava ai soldi da esibire quale passepartout per
accedere alla considerazione femminile, alle discoteche e ai listini
di borsa. Lasciai anche la sinistra all’inizio del 2014, nauseato
dal settarismo e dallo snobismo che caratterizzano questa entità
astratta. Dopodiché persi il conto di tutto e oggi sono un pensatore
indipendente. I miei critici di sinistra mi insultano con epiteti
tipo “fascista” e “rosso-bruno” e io rispondo loro con calma,
affermando che i miei riferimenti intellettuali sono pensatori
tutt’altro che fascisti, come Dragoš Kalajić, Aleksandr Dugin,
Gennadij Zjuganov, Igor Šafarevič, Aleksandr Zinov’ev, Alain De
Benoist, Costanzo Preve, Dominique Venner, Maurizio Blondet, Roberto
Pecchioli, Jean-Claude Michéa e il citato Soral.
Luca
Bagatin: Nessuno meglio
di me può comprenderti, ti dirò. Anche io nasco autodidatta, oltre
che di umili origini e, forse per questo, approdo giovanissimo alla
sinistra pur non sentendomi affatto di sinistra, ma oltre le
ideologie. Specie se totalitarie e totalizzanti. Molti dei tuoi
riferimenti intellettuali sono anche miei, anche se non tutti. Di
Alain Soral ho letto poco e non condivido tutto, purtuttavia è da
molto tempo uno dei riferimenti del Partito dell'Amore fondato da
Mauro Biuzzi, che ebbi modo di intervistare alcuni anni fa e che fu
autore peraltro di un appello a sostegno dell'intellettuale francese
(http://www.partitodellamore.it/attivita/alain_soral/comunicato_pda_or.pdf).
Mi riconosco
personalmente in toto, invece, nelle prospettive lanciate da De
Benoist e da Michéa. Oltre che delle teorie sulla decrescita
economica proposte da Serge Latouche. Più che a Dugin – troppo
vicino all'oligarca autoritario Putin per i miei gusti – preferisco
invece Eduard Limonov, che tu nei tuoi saggi definisci un “anarchico
di destra”, mentre io lo considero piuttosto un nazionalista
moderato ed un bolscevico moderno, amante della libertà di
espressione in tutte le sue forme.
Come definiresti il
processo di globalizzazione ? Cosa rappresenta, a tuo giudizio, il
capitalismo assoluto ?
Paolo Borgognone: Il
capitalismo odierno è assoluto perché svincolato da tutti i limiti
che l’ideologia borghese, un’ideologia radicalmente incompatibile
con il mio modo di essere e di vedere le cose, gli aveva imposto,
grosso modo tra il 1945 e il 1975, in ibrido connubio con le forze
politiche e sindacali facenti capo al movimento dei lavoratori. Con
il Sessantotto parte la retorica giovanilistica del “Vietato
vietare”, uno degli slogan più infami che venivano incessantemente
salmodiati all’epoca e tutto è cambiato…in peggio. Nella società
di mercato odierna, che ha preso il posto della società dicotomica
novecentesca, è davvero “Vietato vietare” e il risultato qual è
? La tecnica si è impadronita dei destini dell’umanità. Le nuove
tecnologie orientano tutte le nostre scelte, il nostro modo di
pensare, di agire, di rapportarci vicendevolmente. Credo che il film
Videodrome di David Cronenberg abbia predetto questo sfacelo sin dal
1983. Anche La Mosca (1986), sempre di Cronenberg, ha perfettamente
colto il meccanismo di ibridazione, di unificazione tra uomo e nuovi
apparati tecnologici deumanizzanti. Naturalmente, alla fine,
l’universo virtuale delle nuove tecnologie digitali s’impadronisce
dell’uomo, lo trasforma e sfigura, lo assimila e poi lo sputa ormai
consunto. E’ il nichilismo caratteristico di un mondo a trazione
univocamente scientista e tecnocratica.
Luca Bagatin: Il
problema ritengo, personalmente almeno, non sia tanto il “vietato
vietare”. Nessuno direi, si dovrebbe arrogare il diritto di dire
agli altri che cosa devono o non devono fare. In questo senso, anzi,
ritengo che sia un vero scandalo il fatto che uno Stato – solo
nominalmente democratico – si arroghi, attraverso le sue leggi, il
diritto di decidere se una persona debba morire (attraverso la pena
di morte) oppure non morire (se l'individuo stesso lo chiede).
Penso
che la vita appartenga a ciascuno ed in questo senso ciascuno abbia
il diritto di disporne come meglio crede.
In
questo senso il capitalismo trovo faccia semplicemente concorrenza
allo statalismo: impone delle sue regole, che sono regole slegate
dalle necessità delle persone.
Nel tuo ultimo
saggio “L'immagine sinistra della globalizzazione”, rilevi come
le “leggi del mercato” si siano sostituite ai valori patriottici
ed al concetto di sovranità dei popoli e degli Stati. Puoi spiegarci
meglio questo concetto ?
Paolo Borgognone: Il mercato,
nell’Occidente paranoico contemporaneo, è principalmente un
mercato di prodotti finanziari da speculazione, di gadget tecnologici
d’avanguardia e di consumo e desiderio sessuale a basso costo. E’
ovvio che se il mercato è egemonizzato da queste offerte, frutto di
una domanda sempre crescente di denaro, smartphone, divertimento e
sesso facile e a ogni costo, allora ogni spazio per qualsivoglia
riferimento all’etica, alla morale e alla virtù si restringe
inevitabilmente. Il mercato oggi non considera l’amor patrio, i
legami comunitari e la cultura come veicolo di ribellione
anticapitalistica prodotti “spendibili”. Il mercato, che è
soprattutto mercato di immagini estrapolate con i nuovi strumenti di
comunicazione universale, promuove e invoglia la riproduzione seriale
di vicende obiettivamente desolanti sul tipo di quella che ha visto
protagonista la sventurata ragazza di nome Tiziana Cantone nel mese
di settembre di quest’anno. Questo perché la società del capitale
divora i suoi figli, li manipola, fa credere loro di essere in grado
di controllare i meccanismi perversi della comunicazione globale e a
costo ridotto. Naturalmente è vero il contrario, ossia è la
comunicazione globale a controllare i suoi prodotti umani. E poi
“succedono” le tragedie. Ma anche tragedie come quella occorsa
alla povera Tiziana Cantone sono il frutto della perdita
irreversibile delle identità, dei valori comunitari, di pietas
religiosa ecc. A un “pensiero unico” debole e mercificato,
corrispondono persone deboli e mercificate.
Luca Bagatin:
Per molti versi sono d'accordo, anche se personalmente sul caso
Tiziana Cantone preferisco sospendere il giudizio, non conoscendo a
fondo la vicenda e non essendo in grado di fornire un'opinione
lapidaria e univoca. Personalmente direi che la mercificazione delle
menti e dei corpi ha annichilito per molti versi l'erotismo dei tempi
antichi, l'eros decantato e sperimentato sia da Giacomo Casanova che
da Giuseppe Garibaldi e da Gabriele D'Annunzio e inveratosi, per
molti versi, nella libera e libertaria Repubblica di Fiume.
Un erotismo che
guarda sempre e comunque all'amore ed ai sentimenti e non al freddo
materialismo, alla fredda tecnica del piacere che, nei fatti, si
manifesta nelle più varie forme di masturbazione mentale o fisica,
di dipendenza patologica dagli oggetti (vedi i già citati
smartphone) o dai beni di uso, abuso e consumo (alcool, cibo, droghe,
le stesse tecnologie, il sesso compulsivo...).
Nel tuo saggio la
tesi di fondo è che il fenomeno globalista e capitalista sia stato
cavalcato e favorito dalla sinistra politica ed istituzionale. Puoi
riassumerci brevemente questa tua tesi, ampiamente articolata nel
saggio stesso ?
Paolo Borgognone: Ma sì, la
capii a 13 anni questa cosa, quando ad Asti, la mia città, vidi dei
giovani di Rifondazione (era la campagna elettorale del 1994)
inalberare una serie di slogan dietro l’altro tutti estremamente
compatibili con l’ideologia del mercato globale di mode e “culture”
e del consumo libero uscita vincitrice dai tumulti del “fatidico
1989”. Bertinotti ha sdoganato, a sinistra, lo shopping e i
“salotti” e s’incazzava quando gli facevano ascoltare l’inno
sovietico (la musica più bella del mondo, che Putin ha giustamente
reintrodotto come inno russo a partire dal dicembre 2000); Paolo
Ferrero, uno dei successori di Bertinotti, parla continuamente di
matrimonio gay (oh, a questo punto, vorrei precisare: gay e
omosessuale non sono la stessa cosa, l’omosessuale è sempre
esistito e a questo tipo antropologico va il mio riconoscimento,
mentre il gay è l’involuzione postmoderna, adattata alla società
dei consumi e dello spettacolo, dell’omosessuale); Vladimir Luxuria
ha vinto l’Isola Dei Famosi dopo essere stato parlamentare di
Rifondazione e persino Maria De Filippi disse di votare, quando
questo partito esisteva ancora, per il Prc. Devo fornire altre prove
per dimostrare la correità tra sinistra politica e globalizzazione
liberale, anzi il ruolo della sinistra come vettore di costruzione,
legittimazione e accelerazione di detti processi ? No perché ne
avrei altre centinaia ma l’intervista diventerebbe a questo punto
eccessivamente lunga e noiosa.
Luca Bagatin:
Anche tu, dunque, come saggisti del calibro di Alain De Benoist e
Jean-Claude Michéa, ritieni che ci sia una differenza abissale fra
il concetto di “socialismo” e quello di “sinistra” ?
Paolo Borgognone: Assolutamente
sì e infatti credo che l’appellativo di “intellettuale di
sinistra” oggi sia il peggior insulto che mi si possa rivolgere.
Anche “intellettuale di destra” è tutt’altro che un
complimento. Queste categorie politiche sono infatti state frollate,
con tutto il resto, classi sociali comprese, nel tritacarne
contemporaneo dell’Occidente mercantilizzato e integralmente
anarco-capitalistico. Sono convinto che la dicotomia sinistra/destra
sussista ancora in varie aree del mondo, come l’America Latina. Evo
Morales, infatti, è certamente un uomo di sinistra e io sto dalla
sua parte, come da quella di Maduro, di Ortega, Correa e Castro. E
Kirchner, anzi, Kirchner più di tutti, essendo una parte della mia
famiglia di origini argentine e avendo ereditato una spiccata
simpatia per il peronismo di sinistra. Ma in Europa no, non mi si
raccontino stronzate. In Europa, soprattutto in Francia, in Ungheria
e anche in Italia, la dicotomia sinistra/destra è tramontata e anzi,
oggi, la destra, o meglio, una certa destra (spirituale, identitaria,
tradizionale) è assai più antiglobalista della sinistra.
Luca
Bagatin: Una cosa che non
ho condiviso nei tuoi scritti è l'identificazione della “massoneria”
o della cultura “massonica” come foriera di capitalismo e/o di
liberalismo. Invero la Massoneria non si è mai occupata di politica
direttamente e, quando alcuni suoi esponenti lo hanno fatto (ciò è
accaduto nei Paesi di cultura latina e latinoamericana, come ho avuto
modo di scrivere in questo mio articolo:
http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/06/la-massoneria-dellamerica-latina-e-dei_45.html),
essi sono stati avversi all'oligarchia ed ad una visione
capitalistico-egoistica della società. Pensiamo a Proudhon,
Bakunin, Garibaldi, Pierre Leroux, Bolivar, Louise Michel e persino
Hugo Chavez, i quali erano, oltre che socialisti, anche massoni
dichiarati ed hanno contribuito a diffondere le loro idee di
emancipazione sociale anche e proprio in quanto tali. Non pensi che
una certa vulgata mediatica e complottistica (pensiamo anche a
trasmissioni mainstream quali “Mistero”) abbia contribuito –
così come ho avuto più modo di rilevare – a diffondere una
immagine distorta della Massoneria ?
Paolo Borgognone: Non ho
alcuna simpatia per la massoneria e sono un critico feroce della
vulgata storiografica cosiddetta “risorgimentale”. Se in America
Latina Chavez fu massone, affari suoi. Io sto con lui, e ne onoro la
figura, perché ha osato sfidare gli yankee e ha ridato la dignità e
la sovranità a un popolo coloniale. Chavez era un vero socialista,
al di là degli errori che tutti, ma proprio tutti, possono
commettere.
Luca Bagatin:
E' ovvio che l'iniziazione massonica è un fatto personale e che
ciascuno ha le sue simpatie o antipatie. Un altro fatto purtuttavia è
anche che nei Paesi latini – ed in particolare dell'America Latina
- la gran parte dei massoni e degli eroi e delle eroine (vedi la
nostra Anita Garibaldi) risorgimentali ha contribuito ad emancipare i
popoli oppressi a rischio stesso della vita. Spesso nel segno del
socialismo, i cui simboli peraltro sono mutuati dalla simbologia
massonica medesima. Lo stesso Presidente argentino Juan Domingo Peron
negli ultimi anni della sua vita, fu iniziato alla Massoneria, per
non parlare di Che Guevara e della gran parte dei rivoluzionari
cubani. Essendo una forma di spiritualità laica, ma al contempo
intrisa di cristianesimo gnostico, la Massoneria, pur non occupandosi
di politica, ha purtuttavia animato gli spiriti liberi, specie
laddove il cristianesimo ufficiale e istituzionale li aveva spenti.
Capitalismo,
globalizzazione, immigrazione e cosmopolitismo (con relativa “fuga
di cervelli”). Pensi che ci sia una stretta correlazione fra questi
aspetti ? Se sì, quale ?
Paolo Borgognone: Mi sono
occupato perlopiù dei fenomeni migratori legati ai ceti ricchi,
benestanti, europei, soddisfatti ma non ancora sazi dai processi di
globalizzazione: la Generazione Erasmus, per dirlo in breve. Sì,
questi sarebbero i “nuovi europei”. E vogliono viaggiare,
divertirsi, acquistare, fare turismo senza capire né conoscere una
mazza della storia dei Paesi che visitano (l’importante,
d’altronde, sono i locali trendy e l’abbondanza di “Movida” e
le discoteche, che io sappia, sono uguali a Milano come a Ibiza o a
Dubai), desiderando tutto ciò che può essere in qualche modo
fagocitato e assimilato. E’ una gioventù onnivora, molto inibita
(altrimenti non si spiegherebbe il ricorso massivo dei giovani maschi
adulti d’oggi alla prostituzione per sfogare i propri istinti e la
contestuale incapacità di questi “uomini” di spiccicar parola
davanti a una donna per cui provano interesse o attrazione) e
subalterna. Una generazione infertile, impotente. Una generazione
che, per fortuna, si riproduce con il contagocce e che dunque si
estinguerà presto. Ciò mi consola. Sull’immigrazione di massa dai
Paesi cosiddetti extracomunitari si è occupato, con estrema
accuratezza, il giornalista Adriano Scianca nel suo ultimo libro,
“L’identità sacra” (AGA Editrice) e rimando a questa lettura
chi voglia saperne di più sul tema.
Luca Bagatin:
Nel tuo saggio dimostri come il Partito Comunista Italiano sia
stato, in assoluto, il partito che più di altri in Italia si è
progressivamente avvicinato al capitalismo assoluto, alla tecnocrazia
e all'atlantismo. Puoi parlarcene ? Pensi che l'attuale Partito
Democratico renziano non sia altro che una diretta conseguenza di
questo processo ?
Paolo Borgognone: Sì, il
renzismo è un prodotto pubblicitario, un detersivo che poi, quando
lo provi, nemmeno smacchia e anzi imbratta ancor più del ragù,
della merda o dell’inchiostro. Una “sòla”, per dirla in
romanesco. Renzi e i suoi ministri-teenager stanno in piedi perché
godono dell’appoggio di una lista di supporter ricchi, potenti,
influenti e stranieri che occuperebbe, se elencata a dovere, almeno
6.000 pagine di un libro a formato gigante. Per cui… Ma Renzi
piace, in definitiva, perché è proprio come gli italiani, è il
premier degli italiani. Agli italiani è sempre piaciuto lustrare le
scarpe agli americani o ai potenti di turno, strisciare davanti al
padroncino al motto di “Franza o Spagna purché se magna !”,
cercare di fottere il simile e schiacciare il più debole. Gli
italiani hanno grandi individualità ma sono un collettivo
volutamente debole, privo di coesione sociale. Per questo all’Italia
serve un sistema autoritario, come quello della Corea del Sud degli
anni Sessanta-Ottanta in politica interna, orientato in senso
filo-russo in politica estera e piuttosto dirigista in politica
economica. Un regime che imponga agli italiani i valori funzionali a
rendere la società più coesa, ossia il patriottismo, la passione
per il lavoro fatto bene, il senso dello Stato, della famiglia e
della giustizia, l’empatia, la lealtà e l’onore. Ovviamente,
essendo l’Italia piena di quegli italiani così ben descritti e
rappresentati dai personaggi cinematografici interpretati da Alberto
Sordi e non di coreani, di giapponesi anteguerra e di prussiani in
stile Federico il Grande, non vedo una classe dirigente capace di
smantellare l’attuale sistema di sudditanza collettiva
generalizzata e orgogliosamente ostentata caratterizzante i nostri
connazionali (i cosiddetti “Italians”).
Luca Bagatin:
Beh, in realtà c'è una grande differenza storica, oltre che
culturale e ideologica fra i coreani, i giapponesi anteguerra, i
russi alla Putin e i prussiani alla Federico il Grande. Quest'ultimo
ha tutta la mia ammirazione, ti dirò, essendo stato il personaggio
storico che amai di più e che iniziai a studiare quando avevo
quattordici anni (assieme alla figura di Casanova e successivamente
di Garibaldi). Ma nota bene: fu un filosofo illuminato, amico di
Voltaire ed al contempo fu uno spiritualista e teosofo, legato
all'ordine massonico della Rosa Croce d'Oro. Un po' diverso rispetto
ai tecnocratici giapponesi o alla Cina capital-comunista o a Putin,
il quale personalmente non lo vedo affatto diverso rispetto ai vari
Bush, Clinton o Obama, ma unito a costoro nella lotta per il trionfo
del capitale e del controllo delle menti e dei corpi dei popoli.
Uno spirito
illuminato alla Federico il Grande già sarebbe molto, direi. Ma
senza una coscienza spirituale e gnostica alla base, la vedo assai
dura ti dirò.
Nei tuoi saggi sei
sempre stato molto critico nei confronti delle cosiddette “primavere
arabe” e delle varie guerre del Golfo che, nei fatti, hanno
defenestrato governi laici e spesso socialisti (come quello del Rais
Mu'Ammar Gheddafi), favorendo l'avvento di Daesh e del
fondamentalismo islamico. Come giudichi il fatto che, a livello
mediatico, di questo non si parli mai e che leader quali Sarkozy e
Blair, per non parlare di Bush, non siano mai stati incriminati per
crimini contro l'umanità per le illegittime invasioni compiute ai
danni di popoli e di Paesi sovrani ?
Paolo Borgognone: Con una
frase soltanto: fintantoché i grandi quotidiani borghesi italiani
continueranno a scrivere che i palestinesi “rapiscono” israeliani
e gli israeliani “catturano” o “arrestano” palestinesi non vi
sarà alcuna informazione corretta né credibile su Medioriente e
dintorni. Per fortuna, le persone più consapevoli tendono sempre a
cercare canali d’informazione alternativi a quelli forniti dal
mainstream. Per esempio, sulle questioni mediorientali, reputo il
sito del giornalista Maurizio Blondet una delle più preziose fonti
d’informazione presenti in Italia, così come considero i libri
scritti, tradotti e prefati da Diego Siragusa (“Il terrorismo
impunito”, “Vivere con la spada”, “Sionismo” e Il vero
nemico degli ebrei”, tutti editi da Zambon) strumenti di ricerca e
di analisi storiografica fondamentali capire motivazioni, dinamiche e
strategie all’origine dell’imperialismo di Israele in Mediorente.
Luca Bagatin:
Che cosa ne pensi delle aperture obamiane nei confronti di Cuba ?
L'isola dei Caraibi rischierà di perdere tutte le conquiste sociali
ottenute in tutti questi anni di Rivoluzione castrista ?
Paolo Borgognone: Penso che
la carota certe volte possa essere più efficace del bastone per
ottenere i risultati che, dal 1959, gli Usa si prefiggono nei
confronti di Cuba. Gli yankee l’hanno capito e agiscono di
conseguenza. Le profferte di beni di consumo generalizzati e soldi
facili e per tutti su vasta scala sono le nuove armi del
colonialismo. Ricordo Eltsin strillare, nel 1991, che i russi
sarebbero divenuti, sotto la sua presidenza e senza più il comunismo
storico novecentesco tra i piedi, tutti ricchi e tutti molto più
“americani” nei consumi. Quattro anni dopo l’aspettativa di
vita media in Russia era crollata a 55 anni (era 67 nel 1990), le
pensioni non venivano più pagate, l’inflazione era alle stelle e
un pugno di mafiosi s’era impadronito di tutte le ricchezze
nazionali. Eltsin aveva promesso ai russi che avrebbe portato loro
l’America in casa e così fu, in un certo qual senso. Il
capitalismo americano colonizzò la Russia e la situazione economica
e sociale interna al Paese nel 1943 era paragonabile, per molti
aspetti, allo stato di miseria e di devastazione che l’Urss patì
durante il periodo dell’invasione nazista. Ricordo che nel 1991 i
cittadini russi (non sovietici nel loro complesso, sto parlando degli
abitanti dell’allora Rsfsr) erano complessivamente 148 milioni. Nel
1999 erano scesi a 143 milioni. Il drastico calo demografico fu
diretta conseguenza degli effetti dell’imposizione del capitalismo
americano a un popolo ormai ridotto allo stato semi-coloniale.
Luca Bagatin:
Filosofi quali Alain De Benoist e Jean-Claude Michéa, oltre che
fra l'altro il sottoscritto, auspicano un modello di sviluppo fondato
sulla democrazia autentica, autogestionaria e diretta. Un sistema che
richiama per molti versi al socialismo delle origini di Pierre
Leroux. Quale modello di sviluppo ci attende a tuo parere ?
Paolo Borgognone: Attualmente
agli “Italians” non farei autogestire nemmeno uno scantinato
vuoto o il cesso di un bar di estrema periferia. Io sono per una
democrazia organica, dove l’individuo sia parte integrante di un
tutto, dove il ciclo delle stagioni determini l’organizzazione e la
riproduzione della società. Una democrazia scrupolosamente
rispettosa delle tradizioni religiose dei popoli costituenti. Mi
rendo conto che tutto ciò è assolutamente impensabile tenendo
presenti le peculiarità relative al carattere nazionale degli
italiani. In maniera volutamente provocatoria affermo che agli
italiani, o meglio, agli attuali “Italians”, serve un regime
autoritario in stile Idi Amin Dada, ma molto più militarizzato. Un
regime che li faccia lavorare (soprattutto i giovani, i teenager) per
il bene della patria 18 ore al giorno (con un richiamo notturno di 4
ore, coatto e non retribuito), per 250 euro (lordi) al mese, dai 14
ai 102 anni. Soltanto così si potrà tenere gli “Italians”
lontani da Facebook, Tinder, Internet e dai social network più in
generale nonché dal dating, dalle fiction, dal gossip e da tutti gli
agenti mediatici di costruzione del consenso di massa nei confronti
della società di mercato. Soltanto riducendo al silenzio,
all’impotenza e alla schiavitù sul modello propinato agli ebrei
dal regime babilonese di Nabucodonosor II la generazione cui, mio
malgrado, appartengo, si potrà sperare di “salvare” la
generazione successiva dall’abisso di stupidità, di conformismo,
di subalternità, di incomunicabilità e di apatia in cui ci siamo,
in larga parte volontariamente, precipitati noi trenta-quarantenni
odierni, ossia una Generazione Y che merita niente (altro che
“welfare” e “diritti civili”…).
Luca Bagatin:
Personalmente penso che ciascun popolo abbia le sue peculiarità
ed all'interno dello stesso popolo vi siano altrettante peculiarità.
Che vanno comunque rispettate. In questo senso mi sento di dissentire
completamente da te e ritengo che, se un popolo vuole essere
l'artefice del suo stesso destino, ovvero voglia essere un popolo
davvero consapevole, debba per forza di cose imparare ad autogestirsi
e ad autogovernarsi, ritenendo peraltro ciò l'unica forma naturale e
democratica di organizzazione possibile.
Credo che, agli
italiani come ai francesi, ai tedeschi, ai russi, ai cinesi, agli
statunitensi e così via, occorra – in questo senso - formazione in
luogo dell'informazione. Oggi l'informazione è massiccia e
contribuisce unicamente a generare confusione, insicurezza,
instabilità, inutili ansie e inutili smanie di sapere fatti tutto
sommato marginali (come ad esempio i fatti di cronaca nera o il
gossip).
La formazione,
diversamente, permette alle persone di ragionare e di comprendere da
dove provengono e dove possono avere la possibilità di andare. La
formazione è conoscenza, gnosi nell'accezione originaria del
termine. Manca, in credo, una scuola formativa, come ai tempi
dell'Antica Grecia, per citare un esempio.
Perché anche se
imponi un fantomatico autoritarismo non è affatto detto che il
leader autoritario sia una persona sensata o competente. La Storia ha
già prodotto, direi, abbastanza folli che si sono messi a capo delle
nazioni. E l'autoritarismo si è rivelato comunque, direi, il
peggiore dei regimi possibili. E' forse l'ora che i cittadini si
mettano a capo delle nazioni. Ovvero nessuno comandi più, ma tutti
inizino a vivere in comunione fraterna.
E ciò è
possibile, io credo, solo scavando nella profondità del proprio e
dell'altrui essere. Comprendendo che l'unica tecnologia utile
all'umanità è il potenziale interiore (che potremmo riassumere in
tre concetti: anima, mente, cuore), che è poi l'unica cosa che tutte
le correnti spirituali hanno cercato di comunicare all'essere umano,
il quale, spesso, per bramosia di potere, le ha volutamente
fraintese, istituzionalizzandole in religioni, con le conseguenti
guerre fratricide.
L'America Latina
del Socialismo del XXI secolo – alternativa umanitaria tanto al
socialismo reale quanto al capitalismo - per molti versi, si è
ispirata ad un modello autogesionario e libertario dell'esistente.
Leader come Chavez, Morales, i Kirchner, Correa e José “Pepe”
Mujica hanno saputo porre al centro l'essere umano ed i suoi
sentimenti. In questo senso i continui richiami di Chavez all'amore –
anche attraverso l'uso simbolico del cuore – vanno visti, ritengo,
in quest'ottica.
Quanto al lavoro,
come ricordò Alain De Benoist in una intervista nel 2002, trovo sia
ormai diventata una ideologia da superare. Egli disse infatti
testualmente: “Tutta un'educazione ci ha
abituati a pensare che lavorare sia al contempo normale e morale. Ora
si tratta di disfarsi di questa educazione per sostituire a poco a
poco, nella misura del possibile, il lovoro con l'attività
liberamente scelta. La società attuale continua a fare l'apologia
del lavoro mentre la sua evoluzione rende il lavoro sempre meno
necessario. A partire dal momento in cui un numero crescente di
bisogni possono essere soddisfatti con una quantità di lavoro sempre
più debole, debbono essere tratte indispensabili lezioni”.
Lavoro,
salario, alienazione, ideologia, politica, economia: tutti concetti
che, nel corso dei secoli, hanno schiavizzato l'essere umano
rendendolo sempre meno consapevole del proprio potenziale. E' in
questo senso che ideai il pensatoio “Amore e Libertà” nel 2013:
una prospettiva autogestionaria per superare tutto ciò. Puntando al
cuore: all'esteremo centro dell'essere umano.
Ringrazio dunque
Paolo Borgognone per il confronto che abbiamo avuto e che potrebbe
essere il primo di una serie di futuri confronti.
Luca Bagatin