Lo
scrittore dissidente russo di fama internazionale, Eduard Limonov, il
22 febbraio di quest'anno, avrebbe compiuto 81 anni.
L'ultimo
e definitivo numero della rivista statunitense “Esquire”, in
Russia, che uscì nell'aprile 2022 (prima di chiudere la versione
russa, a causa delle assurde sanzioni), gli dedicò la copertina con
il titolo: “La vita e il posto nella Storia del grande scrittore
russo” e, recentemente, è stato realizzato un film ispirato alla
sua vita - “Limonov:
The
Ballad of Eddie”, scritto dal regista polacco Paweł Pawlikowski,
diretto dal regista russo Kirill Serebrennikov e interpretato
dall'attore britannico Ben Whishaw (celebre per aver recitato nei
film “The Danish Girl”, “Il ritorno di Mary Poppins” e “La
vita straordinaria di David Copperfield).
Il
film, peraltro, è ispirato al romanzo-biografia “Limonov”, del
francese Emmanuel Carrère, del 2011, edito in Italia da Adelphi.
Romanzo che, in verità, Limonov non considerava per nulla, in quanto
lo riteneva scritto dal punto di vista di un “ricco borghese” e
dichiarò di non averlo mai voluto leggere.
Da
dire che, già nel 2018, il
regista italiano Mimmo Calopresti gli dedicò un docu-film, ove
accostò Limonov alla figura di Pier Paolo Pasolini.
Limonov,
alla sua morte, avvenuta il 17 marzo 2020,
aveva all’attivo oltre 60 libri. Prevalentemente romanzi a sfondo
autobiografico.
Ma
chi fu Eduard Limonov, al quale ho dedicato – due anni fa - persino
il mio penultimo saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov – I
giovani proletari del nazionalbolscevismo”
(https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/)?
Dissidente integrale, negli
Anni ’70, si fece volutamente espellere dall’URSS per approdare
negli USA, ove vivrà di scrittura e di umilissimi lavori, assieme al
compagna dell’epoca, Elena Schapova, la quale diverrà presto una
modella e oggi è moglie di un nobile italiano.
Fu autodidatta, sarto,
attivista trotzkista, comunista indipendente, redattore di giornali,
maggiordomo di un miliardario e, per un periodo, visse persino da
senzatetto.
Visse a Parigi negli Anni ’80,
con la seconda moglie (la prima fu Anna Rubinstein, che sposò negli
Anni '60), la cantante e scrittrice Natalya Medvedeva, e
successivamente, negli Anni ’90, partecipò alla guerra civile
nell’ex Jugoslavia a sostegno della Repubblica Federale di
Jugoslavia e alla guerra di Transnistria, a sostegno della Repubblica
Socialista Sovietica Moldava di Pridnestrovie. Successivamente,
tornato in Russia, prese parte alla resistenza popolare in difesa del
Parlamento russo, fatto bombardare da Eltsin.
Nel 1992 collaborò con
Vladimir Zirinovskij, leader del Partito LiberalDemocratico russo,
ricevendo la nomina a “Ministro della Sicurezza” del governo
ombra creato dallo stesso Zirinovskij. Presto ne prese le distanze,
spiegandone le ragioni nel saggio “Limonov contro Zirinovskij”.
L’anno successivo, invece,
organizzò un gruppo di poveri, sbandati, emarginati, punk ed ex punk
delusi dal crollo dell’Unione Sovietica e vittime dell’avvento
dei liberalismo oligarchico.
Un gruppo di giovani e
giovanissimi, prevalentemente artisti autodidatti, musicisti,
pittori, scrittori, che si ispiravano e ascoltavano la musica di
David Bowie e Viktor Coj e leggevano le opere di Aleister Crowley,
del Marchese De Sade, di Gabriele d'Annunzio, di Yukio Mishima, di
William S. Burroughs, di Jack Kerouac e di Hunter S. Thompson. E che, dunque,
trovarono in Limonov il loro profeta artistico, il loro padre, una
guida che aveva attraversato tutte le generazioni che amavano e che
li facevano sentire vivi: quella beatnik, hippie, punk e cyberpunk.
Quel nucleo di “desperados”,
nel 1993, prenderà il nome di Fronte Nazionale Boscevico e, nel
1994, di Partito NazionalBolscevico (PNB), unendo i principi del
nazionalbolscevismo di Ernst Niekisch (ex deputato socialidemocratico
e primo oppositore, in Germania, del totalitarismo hitleriano), a
quelli della controcultura punk e beatnik.
Limonov, il filosofo Aleksandr
Dugin (prima di andarsene dal partito e prendere le distanze da
Limonov), il cantante e chitarrista punk rock Egor Letov e il
musicista e attore Sergey Kuryokhin (oltre che numerosi altri
artisti, scrittori e musicisti, molti dei quali diventeranno celebri
nella Russia post-sovietica), saranno, dunque, i maggiori animatori
del PNB e del suo giornale controculturale “Limonka” (“Granata”)
e riusciranno, via via, ad aggiudicarsi le simpatie di quei giovani
delusi dall’avvento di Eltsin al potere e della conseguente
distruzione economico-sociale della Russia, che si avviava – come
tutte le altre Repubbliche post-sovietiche - a divenire – contro la
volontà dei cittadini - un Paese liberal-capitalista e oligarchico.
Il Partito NazionalBoslcevico
sarà bandito in Russia, nel 2007, con l’infondata accusa di
“estremismo”. Ma, nel settembre 2021, la Corte Europea dei
Diritti Umani (CEDU), con sede a Strasburgo, ha dichiarato che lo
scioglimento del Partito NazionalBolscevico (PNB) è da considerarsi
una violazione dei diritti umani e ha condannato le autorità russe a
pagare un risarcimento ai giovani figli adolescenti di Limonov e ai
dirigenti del partito di allora.
La CEDU ha infatti stabilito
che vietare il PNB fu un atto “sproporzionato
e non necessario in una società democratica”
e ha fatto cadere ogni accusa attribuita al partito dalla giustizia
russa, ovvero le accuse infondate di “estremismo”, “incitamento
all’odio” e “appelli a disordini di massa”.
Dopo una breve alleanza con i
liberali di Kasparov e Kasyanov - oltre che con i comunisti di Viktor
Anpilov – nella coalizione democratica “Altra Russia” (il nome
è tratto da un saggio politico dello stesso Limonov, del 2003),
Limonov e i suoi giovani militanti organizzeranno, nel 2010, il
partito “L’Altra Russia” che, dopo la sua morte, ha assunto la
denominazione “L’Altra Russia di Eduard Limonov”. Collocato a
sinistra e spesso alleato, in varie manifestazioni, a diversi partiti
comunisti russi, non rappresentati alla Duma, il parlamento russo.
Ancora oggi partito di
opposizione fra i più perseguitati in Russia (ed ai quali è
impedito presentare liste elettorali), il partito di Limonov propone
– fra le altre cose – una forma di socialismo popolare e
democratico, fondato sull'anticapitalismo e sulla nazionalizzazione
dei settori chiave dell'economia; il rispetto dell’articolo 31
della Costituzione che sancisce la libertà di riunione e
manifestazione; la fine dell’autoritarismo imposto dal governo
Putin e la riunificazione delle Repubbliche ex sovietiche,
liberandole da ogni forma di russofobia e nazionalismo di estrema
destra. Aspetti che, per primo, Limonov denunciò nel 1992, facendo
presente come il crollo dell'URSS stava aprendo le porte al
nazionalismo anti-sovietico e anti-comunista, a forme di separatismo
sciovinista e russofobo e a possibili nuovi conflitti fra popolazioni
che, grazie all'URSS, vivevano tutte – pacificamente – sotto lo
stesso tetto.
La compianta giornalista Anna
Politkovskaja sui nazionalbolscevichi di Limonov ebbe a scrivere:
“Mi
sono ritrovata a pensare di essere completamente d'accordo con ciò
che dicono i Nazbol. L'unica differenza è che a causa della mia età,
della mia istruzione e della mia salute, non posso invadere i
ministeri e lanciare sedie.
(...)
I Nazbol sono soprattutto giovani idealisti che vedono che gli
oppositori storici non stanno facendo nulla di serio contro l'attuale
regime. Questo è il motivo per cui si stanno radicalizzando.
(...)
I Nazbol sono probabilmente il gruppo di sinistra più attivo, ma il
loro nucleo si è ridotto da quando molti sono stati arrestati e
imprigionati.
(...)
I Nazbol sono giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che
permettono di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”.
Eduard
Limonov di Anna Politkovskaja scrisse:
"(...)
Cosa ha fatto Anna Politkovskaja per noi ? Ci ha fatti conoscere
nella società. Ci ha spiegati alla gente, perché ci ha riconosciuti
prigionieri politici. Ha ricreato nei suoi articoli l'atmosfera di un
terribile processo contro i giovani della Russia. Questo processo di
massa non avveniva sulla nostra terra dalla fine del XIX secolo. E
così rinasceva nel XXI secolo".
(...)
Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaya fu uccisa all'ingresso della
casa dove abitava. Sono andato al cimitero. C'erano già tutti i
nazionalbolscevichi di Mosca. E quelli che sono riusciti a venire
dalle zone limitrofe. I ragazzi mi hanno consegnato fiori di garofano
bianco. Poi si è svolta la processione funebre. Il ritratto di Anna
Politkovskaja è stato portato da una nostra compagna nazbol, che
indossava occhiali in una cornice in metallo. Molto simili a quelli
della Politkovskaja".
In
Italia, in questi ultimi anni, opere di Limonov sono state editate da
Sandro Teti, che continuerà, negli anni a venire, a pubblicare sue
opere.
Fra
queste ricordiamo il romanzo dai contorni noir e erotici “Il Boia”
e “Zona Industriale”, nel quale l'autore racconta il periodo
trascorso dopo l'uscita dal carcere di Lefortovo e il ritorno nel suo
malmesso e fatiscente appartamento, sito nella periferica zona
industriale moscovita di Syri.
Limonov,
infatti, non si è mai arricchito e non gli è mai interessato vivere
negli agi, nonostante la sua ultima moglie sia stata l'affascinante
attrice, cantautrice e modella Ekaterina Volkova, amante del jet set,
e dalla quale ha avuto due figli, Aleksandra e Bogdan.
Sandro
Teti ha curato anche la prefazione al mio già citato saggio “L'Altra
Russia di Eduard Limonov”, edito da IlMioLibro e uscito, come
dicevo, due anni fa, che cerca di cogliere l'anima artistica e
controculturale del Nostro.
L'ultima
compagna di Limonov, alla quale è sempre stato sempre fedele, fu
Fifì, alla quale dedicò una raccolta di poesie erotiche - “A
Fifì” - appunto, con l'affascinante fanciulla in copertina, nuda,
di spalle.
Limonov
e Fifì saranno anche protagonisti del numero 100 della rivista
“Rolling Stones”, l'uno accanto all'altra, con lei, completamente
nuda, di spalle.
Nel
suo soggiorno statunitense, negli Anni '70, Limonov conobbe il poeta
e editore della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti (il quale gli
consigliò un finale diverso per il suo romanzo “Sono io, Edika”,
tipo l’omicidio di una persona famosa, anziché la frase “Affanculo
tutti!”) e Andy Wharol.
Recentemente,
le edizioni Bietti, hanno ripubblicato, di Eduard Limonov, uno dei
suoi saggi più attuali e emblematici: “Grande Ospizio
Occidentale”.
Scritto
alla fine degli Anni '80, il “Grande Ospizio Occidentale”
denunciato da Limonov altro non è che il peggiore degli inferni
possibili. Ovvero la nostra società Occidentale, liberal
capitalista, che il Nostro osserva e ha osservato sin dagli Anni '70,
quando si fece espellere dall'URSS e approdò negli Stati Uniti
d'America.
L'Ospizio di Limonov,
come ho ricordato anche in una mia recensione al saggio, altro non è
che una società sorvegliata dall'Amministrazione, che garantisce ai
Malati (i cittadini) ogni tipo di piacere e comfort, utilizzando così
quella violenza soft – attraverso l'esaltazione di un Popolo senza
opinioni, amante del progresso e del piacere illimitato - che lo
stesso Hitler uzilizzò contro i tedeschi della sua epoca,
mascherando così tutto l'orrore autentico del Regime.
Un Ospizio nel quale
tutto è permesso, ovvero niente è davvero permesso, come affermava
Pasolini. In cui i media e i giornali permettono “libertà di
parola”, ma effettivo spazio lo trovano solo coloro i quali hanno i
mezzi finanziari per poter raggiungere le masse. Oppure, venendo alla
nostra epoca dei “social”, tutti possono scrivere contro
l'Amministrazione dell'Ospizio, ma questo non smuoverà la situazione
di una virgola.
Nell'Ospizio denunciato
da Limonov l'uomo è svirilizzato, addomesticato dalla pubblicità
commerciale, dalla televisione, dalla musica pop, dai reality show
(denunciati già nel 1988-89 da Limonov!).
Egli è coccolato in modo
che non si ribelli mai e poi mai, se non a parole. In questo senso,
coloro i quali Limonov definisce Agitati (ovvero l'opposto dei
Malati), quali ad esempio il leader socialista libico Gheddafi (che
Limonov paragona al nostro Giuseppe Garibaldi e all'eroe
latinoamericano Simon Bolivar, altri Agitati da sedare e combattere,
secondo le regole dell'Ospizio), vanno vilipesi e bollati come
criminali, terroristi, selvaggi, barbari e chi più ne ha più ne
metta.
Persino il sistema del
voto elettorale, secondo Limonov, è inutile. Ovvero non è altro che
una legittimazione dell'Amministrazione dell'Ospizio, la quale
propone candidati incolore, de-ideologizzati, nessuno dei quali vuole
davvero cambiare alla radice il sistema.
“La maggioranza dei
cittadini non ha un'opinione, per mancanza di voglia e incapacità”
- scrive Limonov - “Vota in funzione di opinioni prefabbricate,
elaborate dall'Amministrazione e suggerite dai media”. E,
spesso, ne consegue, che la gran parte dei Malati-elettori abbia
persino rinunciato ad andare a votare (Limonov riporta, in merito, i
dati elettorali di Francia e USA alla fine degli Anni '80, epoca in
cui ha scritto il suo saggio, rilevando come in Francia votasse la
metà degli aventi diritto al voto, mentre negli USA gli elettori
effettivi fossero addirittura una minoranza).
“E' illogico” -
prosegue Limonov - “far eleggere i dirigenti dell'Ospizio a un
Popolo così influenzabile: non è lo stesso Popolo, d'altronde, che
il 30 gennaio 1933 ha dato il potere, con elezioni “libere e
democratiche”, a un certo leader tedesco?”. Sottolineando,
dunque, come l'elettoralismo possa addirittura portare al potere –
con il voto “democratico” (si fa per dire) – i peggiori
dittatori.
E Limonov, eterno
profeta, come lo fu Pasolini, punta il dito contro l'uomo bianco,
borghese, ricco e “civlizzato”, il quale “è convinto di
poter capire qualsiasi conflitto sul pianeta dopo aver dato una
rapida occhiata alla televisione o leggiucchiato un paio di
trafiletti su qualche giornale. Non è cosciente delle conseguenze
negative del proprio intervento nella vita dell'Africa, del fatto che
la civiltà europea non è estranea alla moltiplicazione delle
Vittime”.
E, con ciò, Limonov
sottolinea come l'Amministrazione dell'Ospizio, attraverso i media,
si ponga sempre dalla parte delle Vittime...ma solo se non provengono
da Africa, America Latina e Asia, ovvero quelle realtà che non fanno
parte dell'Ospizio.
Le realtà estranee
all'Ospizio, infatti, secondo Limonov, hanno mantenuto il loro senso
comunitario, aracico, ribelle, agitato, estraneo all'ammorbamento
prodotto dal benessere materiale, dalla tecnologia, da un lavoro
alienante che costringe le persone (i Malati dell'Ospizio) – dalla
culla alla casa di riposo – a produrre sempre di più, distruggendo
così sempre più risorse naturali e l'ambiente.
L'Ospizio, secondo
Limonov, in nome dell'ideologia del progresso e della prosperità, ha
veicolato un piacere effimero, che ha annientato - negli esseri umani
che ne fanno parte - ogni senso di sofferenza e dolore. Condizioni
necessarie, all'essere umano, per crescere, emanciparsi ed essere
realmente felice, in quanto realmente artefice del proprio destino,
attraverso il superamento degli ostacoli e delle difficoltà che la
vita e la Natura che lo circonda gli offre.
Limonov ci mette dunque
in guardia – sin dai lontani Anni '80 - da una modernità e ci sta
auto distruggendo.
Intervistai Eduard Limonov nel 2018 e con me
non fu propriamente simpatico. Fu, infatti, un'intervista difficile.
Non ci teneva affatto ad essere simpatico con il prossimo,
soprattutto con chi lo ammirava. E, l'ho capito dopo, aveva ragione
lui.
Lui
che disse a Emmanuel Carrère che la sua era "una
vita di merda"
e che se volevano scriverci un libro o farci un film, facessero pure,
ma a lui non interessava affatto. Così come non gli interessava che
cosa pensassero gli altri di lui.
A
lui interessavano i suoi "giovani
ragazzi proletari",
i nazionalbolscevichi. Di cui sognava di essere alla testa fin da
quando, nel 1981, lo scrisse nel suo "Diario di un fallito".
Ovvero
scrisse di voler essere alla testa dei looser
e perdenti
di tutto il mondo. Che cercano un riscatto (come lo cercano tutti i
popoli diseredati). In nome della loro esistenza disperata, del loro
amore per l'arte e per una vita vissuta appieno – per quanto
difficile economicamente – senza le regole imposte dall'Ospizio.
Era una persona semplice, Limonov. Un eterno
ribelle che, anche a 81 anni, avrebbe dimostrato sempre non più di
18 anni, nello spirito. E ha, ancora oggi, tutto da insegnare a un
mondo, quello Occidentale, folle e alla deriva.
Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it