Chi contesta il filosofo
Alain De Benoist, da sinistra o da destra, semplicemente non l'ha mai
letto.
Se l'avesse fatto avrebbe
potuto condividerlo o meno, ma sicuramente non avrebbe innalzato
assurdi muri, anacronistiche barriere ideologiche o agitato poco
democratiche censure.
I saggi e gli studi di De
Benoist vertono tutti, come ho avuto modo di scrivere nel recente
passato, essendo io un avido lettore delle sue opere, sull'analisi ed
il recupero - fra l'altro - del socialismo originario e popolare.
Quello di Pierre Leroux e della Prima Internazionale dei Lavoratori.
Ma questo, nell'Italia
delle contrapposizioni arcaiche e anacronistiche, dei
fascismi/antifascismi, sembra non lo si sappia. Preferendo bersi
tutto ciò che il mainstream mediatico-mediocre e politico tende ad
offrire.
Alain De Benoist è un
critico del capitalismo e del liberalismo e, in questo senso,
dell'immigrazione di massa, che danneggia prima di tutto gli
immigrati stessi ed i più poveri.
Egli è per il recupero
del panafricanismo e delle lotte per l'emancipazione dei popoli
africani in Africa, i quali sono stanchi di essere sfruttati dal
neocolonialismo.
Tutte cose di cui in
Italia poco o niente si parla. E così in Europa. Una Europa
autoreferenziale ed ecnomicistica, ancora oggi preda delle politiche
della NATO e del Fondo Monetario Internazionale, ove i partiti
socialisti sono diventati capitalisti e liberali tanto quanto i
partiti della destra, dimenticando la loro funzione originaria di
avanguardia delle classi popolari.
Avete mai sentito parlare
diffusamente, in Italia e in Europa, ad esempio, delle lotte
panafricane di Thomas Sankara, di Patrice Lumumba, di Kwamé Nkrumah,
di Nelson Mandela, di Mu'Ammar Gheddafi e, più di recente, di Kemi
Séba ? Ne dubito. Sono spesso state soffocate dall'"uomo
bianco" in nome del neocolonialismo capitalista.
Nei suoi saggi Alain De
Benoist parla anche di questo, così come ne parla l'altrettanto
inascoltato Noam Chomsky. Penso ad esempio al suo ultimo, intitolato
"Populismo" (da me recensito al seguente link:
http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/08/populismo-lultimo-saggio-di-alain-de.html),
nel quale De Benoist scrive, a proposito della globalizzazione: "La
globalizzazione produce molti vincitori tra le élite, ma milioni di
perdenti nel popolo, il quale comprende per di più che la
globalizzazione economica apre la strada alla globalizzazione
culturale, suscitando al tempo stesso nuove frammentazioni".
Ed
a proposito dell'immigrazione egli ha affermato giustamente, con
autentico spirito socialista e profondamente antirazzista:
"L'immigrazione
è un fenomeno padronale. Chi critica il capitalismo approvando
l'immigrazione, di cui la classe operaia è la prima vittima, farebbe
meglio a tacere. Chi critica l'immigrazione restando muto sul
capitalismo, dovrebbe fare altrettanto". Ed
ancora, criticando i partiti anti-immigrazione: "I
partiti politici specializzati nella denuncia anti-immigratoria non
sono nient'altro che partiti demagogici piccolo-borghesi, che cercano
di capitalizzare sulle paure e sulle miserie del mondo attuale
praticando la politica del capro espiatorio. L'esperienza storica ci
ha mostrato verso cosa conducono tali flautisti! Bisogna adesso
distinguere l'immigrazione e gli immigrati. L'immigrazione è un
fenomeno negativo, in quanto è essa stessa il frutto della miseria e
della necessità, e i seri problemi che pone sono ben conosciuti. È
quindi necessario cercare, se non di sopprimerla, almeno di rimuovere
il carattere troppo rapido e troppo massiccio che la caratterizza
attualmente. È chiaramente evidente che non risolveremo i problemi
del Terzo Mondo invitando i suoi popoli a venire ad installarsi in
massa nei paesi occidentali! Nello stesso tempo, bisogna avere uno
sguardo più globale dei problemi. Credere che sia l'immigrazione a
minacciare principalmente l'identità collettiva del Paese
d'accoglienza è un errore. Ciò che minaccia le identità
collettiva, è inanzitutto il tipo di esistenza che prevale oggi nei
paesi occidentali e che rischia di estendersi progressivamente al
mondo intero. Non è colpa degli immigrati se gli Europei non sono
più capaci di dare al mondo l'esempio di un modo di vita che sia
loro! L'immigrazione, da questo punto di vista, è una conseguenza
prima di essere un causa: costituisce un problema perché, di fronte
a degli immigrati che hanno spesso saputo conservare le loro
tradizioni, gli Occidentali hanno già scelto di rinunciare alle
loro.
L'americanizzazione
del mondo, l'omogeneità dei modi di produzione e di consumazione, il
regno della merce, l'estensione del mercato planetario, l'erosione
sistematica delle culture sotto l'effetto della mondializzazione
mettono in pericolo l'identità dei popoli molto di più
dell'immigrazione"
Le
critiche mosse da talune intellighenzie a De Benoist mi ricordano
tanto quelle che subì Pier Paolo Pasolini, altro eretico, altro
grande socialista originario e popolare, oltre che autentico
comunista del nostro tempo. E a quelle che subì il filosofo
comunista francese Michel Clouscard, che, con Pasolini e Guy Debord,
condivideva la critica alla società dei consumi, a quella dello
spettacolo, al liberalismo che tutto mercifica, anche l'amore, che
diviene una forma di consumo e mero soddisfacimento di un desiderio
(sic !).
Il
nemico principale, secondo De Benoist e prima di lui Pasolini,
Debord, Clouscard, è dunque il capitalismo, la società dei consumi,
l'omologazione monoculturale che genera miseria e sradica i popoli e
li rende schiavi del sistema nasci-produci-consuma-crepa.
Questo,
a parer mio, non significa essere di destra o di sinistra, ma
significa essere amanti della libertà dal bisogno. Essere alla
ricerca dell'amore fra tutti gli esseri umani, nel rispetto della
propria identità, cultura, modo di essere e di vivere. La ricerca,
dunque, di quell'agognata fratellanza universale mai ancora praticata
da nessuno nella realtà.
Debbo
dire che mi è molto piaciuta la risposta di De Benoist interpellato
in questi giorni dal quotidiano italiano "Il Foglio"
(https://www.ilfoglio.it/cultura/2018/02/05/news/gli-intello-mettono-il-bavaglio-al-filosofo-di-destra-177173/),
a proposito della richiesta di sospensione di una sua recente
conferenza in Italia: “Mi pare che ci sia
un grosso problema. Non sono membro di nessun partito politico. Sono
uno scrittore e un filosofo, specializzato in filosofia politica e
nella storia delle idee. Ho pubblicato 110 libri, inclusi tre libri
contro il razzismo e la xenofobia, 2000 articoli e fatto più di 700
interviste. Oltre 45 di questi libri sono stati tradotti in Italia.
Ma mi sembra abbastanza evidente che le persone che hanno firmato la
lettera non hanno la benché minima idea di ciò che ho scritto. Non
mi leggono. Hanno chiesto la soppressione della conferenza perché
hanno sentito questo o quello, o solo per ragioni collegate alla
politica italiana. Questo tipo di persone ha un problema reale con le
idee e il free speech. Non sanno che cos’è un dibattito
intellettuale (o forse sono semplicemente incapaci di dibattere, a
causa delle loro modeste abilità cognitive). In ogni caso è un
peccato. La storia recente ha dimostrato che quando uno comincia a
impedire le discussioni intellettuali, poi arriva un momento in cui i
libri vengono bruciati, poi arriva un altro momento in cui le stesse
persone vengono bruciate. È la logica base della caccia alle
streghe”.
Il dibattito,
l'approfondimento, è cultura. La cultura è confronto. La cultura ed
il confronto sono alla base di ogni democrazia. Il confronto e
l'approfondimento sono ad ogni modo due aspetti che sembrano mancare
nell'epoca dei cosiddetti "social". Che di sociale non
hanno davvero nulla, ma sembrano piuttosto fomentare ulteriori
divisioni e nuove "isole" di pensiero. Un po' come i media
tradizionali, già stigmatizzati da Pasolini.
Luca Bagatin