Aveva per simbolo, nel
1947, falce, martello, libro e tre frecce rosse (emblema dei
movimenti che diedero vita all'Internazionale Operaia, a
simboleggiare le tre armi socialiste: il Partito, il Sindacato e
l'Impresa socializzata), il Partito Socialista dei Lavoratori
Italiani (PSLI), primo nucleo di quello che diverrà, dal 1952 in
poi, il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), partito del
dopoguerra troppo spesso dimenticato, ma che diede forte impulso alla
ricostruzione post-bellica e all'emancipazione della classe
lavoratrice, ancorandola a valori di libertà e democrazia.
A raccontarci,
lungamente, l'epopea dei socialisti democratici, il prof. Michele
Donno, attraverso due ottimi saggi editi da Rubbettino, ovvero
“Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il PSLI (1945 – 1952)"
e “I socialisti democratici e il centro-sinistra (1956 – 1968)”.
Il primo saggo del prof. Donno
si apre parlandoci del Padre nobile del socialismo democratico,
ovvero Giuseppe Saragat, ben prima di divenire anche Padre nobile
della Repubblica italiana, ovvero Presidente della stessa, dal 1964
al 1971.
Saragat aderì – a 24
anni - al Partito Socialista Unitario (PSU) di Filippo Turati
(fondatore del Partito Socialista Italiano, nel 1893) e Giacomo
Matteotti, nel 1922. All'epoca del nascente fascismo, al quale si
contrapporrà per tutta la vita.
Il PSU rappresentava la
corrente riformista del socialismo italiano, la quale aveva preso le
distanze dai comunisti e da quei socialisti che, anziché guardare
alla costituzione di una democrazia socialista interclassista,
guardavano all'esperienza sovietica e alla dittatura del
proletariato.
I valori di Saragat e del
PSU erano dunque: internazionalismo, identità nazionale e
cooperazione fra i popoli e i suoi principi si ispiravano al
cosiddetto “centro marxista”, ovvero quella corrente che si
collocava fra il riformismo e i principi socialisti rivoluzionari.
In tal senso, Saragat, in
particolare, si ispirò al cosiddetto “austromarxismo”, ideologia
sviluppata dai socialdemocratici austriaci dell'epoca, fra cui Otto
Bauer – che vedeva uniti ceti medi e proletari - e alla quale si
ispirò grazie al suo soggiorno viennese.
E proprio quel “centro
marxista” sarà il nucleo attorno al quale si sviluppò il Partito
Socialista dei Lavoratori Italiani, costituito per la prima volta nel
1926.
L'obiettivo sarà quello
di edificare una società socialista, marxista, attraverso la
democrazia e l'unione di tutte le classi lavoratrici, dialogando con
le classi borghesi, pur non rimanendone dipendenti o subalterni.
Erano gli anni
dell'esilio dall'Italia, visto che il fascismo perseguitava tutte le
correnti di ispirazione democratica e socialista a Saragat, nel 1929,
pubblicò – in Francia - una delle sue più importanti opere,
ovvero “Marxismo e democrazia”, nel quale espose le sue tesi
relative al marxismo umanitario, secondo lui più autentico rispetto
a quello burocratico che aveva trionfato in Unione Sovietica.
Erano comunque anche gli
anni della collaborazione fra tutte le correnti socialiste e
comuniste antifasciste in esilio e, più volte, i socialisti
tentarono l'unificazione e, per il periodo della lotta antifascista,
si fusero nel PSIUP, ovvero nel Partito Socialista Italiano di Unità
Proletaria, nei quali il riformista Saragat e l'allora filo-sovietico
Pietro Nenni, convissero nello stesso partito. E, entrambi i leader
socialisti, all'epoca, combatterono nelle fila della Resistenza
antifascista.
Nel 1945 – 1946,
Giuseppe Saragat fu nominato dall'allora Presidente del Consiglio De
Gasperi, Ambasciatore italiano a Parigi e, il 2 giugno 1946, fu
eletto all'Assemblea Costituente, di cui fu nominato Presidente sino
al 1947.
Il dopoguerra coincise
con la ripresa, in Italia, dell'attività socialista e vennero
rifondate una serie di riviste e circoli, fra cui la storica “Critica
Sociale”, la cui direzione sarà affidata a Ugo Guido Mondolfo, con
la collaborazione di Giuseppe Faravelli.
Molto attivo fu anche il
gruppo di Rivoluzione Socialista, raccolto attorno alla rivista
“Iniziativa Socialista”, guidato da Mario Zagari, futuro deputato
socialista democratico e la cui corrente era considerata più a
sinistra del Partito Comunista Italiano, di cui denunciavano
l'eccessivo tatticismo e la subordinazione all'URSS.
Fu proprio attorno alle
riviste “Critica Sociale”, di orientamento riformista e a
“Iniziativa Socialista”, più a sinistra, che si costituì la
base per la fondazione del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani
(PSLI), nel 1947 e che provocò la cosiddetta “scissione di Palazzo
Barberini”, che portò nuovamente il Partito Socialista Italiano a
dividersi in due.
Saragat, Zagari,
Mondolfo, Matteo Matteotti, Luigi Preti, Ludovico D'Aragona, Alberto
Simonini, la rivoluzionaria russa Angelica Balabanoff e altri, con il
PSLI, portarono dunque avanti nuovamente la bandiera di quel “centro
marxista” e riformista che non accettava quella subalternità al
PCI che, invece, il PSI di Nenni sembrava subire.
Il PSLI, dunque, si
proponeva quale partito socialista interclassista, contro tutti i
totalitarismi, sia di destra che di sinistra e poneva, alla base
della sua strategia, i principi di cooperazione e di pianificazione
in ambito economico, attraverso una riorganizzazione della pubblica
amministrazione e riforme strutturali.
Nell'ambito
dell'Assemblea Costituente, i deputati socialisti democratici,
accanto a quelli del Partito d'Azione, del Partito Repubblicano
Italiano e del partito Democrazia del Lavoro, cercarono un'intesa e
furono fra i primi – assieme al Partito Socialista Italiano - a
battersi contro l'inserimento dei fascisti Patti Lateranensi in
Costituzione (il famoso Articolo 7), che invece fu approvato grazie
alla convergenza dei voti democristiani e comunisti.
Il PSLI, peraltro, con il
Partito d'Azione, tentò di riunificare le forze socialiste e, non a
caso, alcuni esponenti azionisti, quali Tristano Codignola e Leo
Valiani, entreranno nel PSLI.
Figura di spicco, molto
citata nei saggi del prof. Donno, quella del socialista democratico
Roberto Tremelloni, il quale, peraltro, contribuì alla nascita del
celebre quotidiano economico “Il Sole 24 Ore”.
Fine studioso di
economia, anche internazionale, Tremelloni, nominato Ministro
dell'Industria e del Commercio nel IV Governo De Gasperi, promosse
un piano economico che prevedeva la razionalizzazione della spesa
pubblica, attraverso tagli alle spese improduttive e uno snellimento
della burocrazia. Tremelloni fu anche un acceso sostenitore del Piano
Marshall e, da Ministro, badò a gestirne la pianificazione.
Nonostante lo scarso peso
elettorale del PSLI nel 1947, attestato attorno al 4%, la Democrazia
Cristiana degasperiana accettò di buon grado un suo ingresso al
governo, ritenendo, in questo modo, di poter dare rappresentanza a
quel socialismo democratico che poteva fungere da argine all'avanzata
del comunismo italiano nella società e nelle classi lavoratrici
italiane.
E ciò, pur fra i molti
dubbi di quelle correnti di sinistra del PSLI, fra cui quella
capeggiata da Zagari, le quali non vedevano di buon occhio una
collaborazione governativa con forze politiche borghesi.
Anche l'adesione al Piano
Marshall da parte dei deputati del PSLI non fu così indolore – per
quanto la maggioranza lo sostenne con forza - e, relativamente
all'integrazione europea, questa fu sostenuta quale nucleo per la
creazione di una “terza forza” europeista di ispirazione
federalista e socialista democratica, alternativa al blocco atlantico
e a quello sovietico, visti entrambi, dagli esponenti del PSLI, come
opposti “imperialismi”.
Il PSLI, come spiega il
prof. Donno, fu sostenitore di una seria riforma agraria, di un piano
di sicurezza sociale, della stabilizzazione monetaria e di una
politica di stabilizzazione dei prezzi, il tutto collegato all'avvio
del Piano Marshall, adeguatamente pianificato.
Oltre a ciò, i deputati
socialisti democratici, furono sostenitori dell'ordine pubblico
(contro ogni estremismo di destra e sinistra); della laicità dello
Stato e delle libertà individuali; delle politiche in favore dello
sviluppo del Mezzogiorno d'Italia; di una politica fiscale che
andasse a colpire il grande capitale, ma tutelasse l'iniziativa
privata; della riduzione delle spese militari, in favore dell'aumento
del bilancio alla pubblica istruzione. I socialisti democratici
furono anche i primi, peraltro, in Italia, a parlare di obiezione di
coscienza al servizio militare (ben prima dei radicali di Marco
Pannella) e a promuovere l'abolizione della coscrizione obbligatoria.
Come ricorda il prof.
Donno nei suoi saggi, l'utilità storica del Piano Marshall, in ogni
caso, secondo gli esponenti del PSLI, doveva essere legata a: “parità
dei diritti degli Stati aderenti; porta aperta all'Unione Sovietica e
alle nazioni dell'Europa orientale; nessuna riabilitazione delle
vecchie caste capitaliste e militariste responsabili del nazifascismo
e della guerra; inserimento delle masse lavoratrici nella gestione
dello Stato e dei grandi mezzi di produzione; coordinamento dei piani
di ricostruzione nazionale con quelli degli altri Paesi europei”.
Relativamente
all'adesione al Patto Atlantico, nel 1949, il PSLI invece si divise.
Ciò portò a una scissione e alla fondazione del PSU, costituito
dalla corrente “Critica Sociale” di Mondolfo e Faravelli, che
diede la sua adazione al Patto Atlantico.
Se,
da una parte, il PSU diede adesione al Patto Atlantico, in ambito di
politica interna criticò il PSLI di Saragat per il suo voler
proseguire la collaborazione governativa con la DC, accusandolo di
essere la “coda marxista della DC”.
Molti
socialisti democratici, invece, preferirono astenersi, relativamente
al Patto Atlantico, fra cui Mario Zagari, mentre altri, come Piero
Calamandrei, votarono contro, ritenendo inaccettabile che l'Italia
potesse aderire ad uno dei due blocchi, rinunciando alla sua funzione
mediatrice e di promozione della pace internazionale.
A
ridosso delle elezioni del 1948, come ricorda il prof. Donno, gli
esponenti del PSDI contribuirono a organizzare convegni per la
promozione della cosiddetta “terza forza”, ovvero un'aggregazione
di forze laiche, socialiste e repubblicane, che avesse come obiettivo
l'ammodernamento e la sburocratizzazione della macchina
amministrativa e si contrapponesse tanto alla DC quanto al PCI, oltre
che al neonato MSI.
A tali convegni
contribuirono attivamente personalità di area azionista, socialista
democratica e repubblicana quali Ernesto Rossi, Aldo Garosci, Mario
Pannunzio, Tristano Codignola Piero Calamandrei e altri e portarono,
per molti versi, ad essere la base per la creazione della lista Unità
Socialista, che si presenterà alle elezioni del 4 e 5 aprile 1948,
ottenendo il 7,1% dei voti alla Camera dei Deputati (34 deputati) e
il 7% al Senato (12 senatori).
Risultato considerato
modesto, se pensiamo che la DC prese il 48,5% dei voti e il Fronte
Democratico Popolare (PCI e PSI uniti) ottenne il 30,98%, ma tale
lista socialista e laica si posizionò comunque al terzo posto e la
DC le offrì – pur senza essere obbligata a farlo, visto il gran
numero di voti conseguiti – una nuova collaborazione governativa.
La DC di De Gasperi
sapeva infatti molto bene che, per mantenere buoni rapporti con le
forze sociali, era opportuno coalizzarsi con i socialisti
democratici, così come si alleò anche con il Partito Repubblicano
Italiano e il Partito Liberale Italiano per ottenere il consenso
delle maggiori forze economiche laiche italiane dell'epoca.
Pur fra alti e bassi,
nasceva così il V Governo De Gasperi. Governo centrista, equilibrato
a sinistra grazie all'apporto del PSLI, che diede un contributo a
sostegno dell'istruzione pubblica, nella lotta ai privilegi, in
favore dei lavoratori e della ricostruzione industriale.
Giuseppe Saragat sarà nominato Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Roberto
Tremelloni sarà Ministro senza portafoglio e, al socialista
democratico Ivan Matteo Lombardo, sarà assegnato il Ministero
dell'Industria e del Commercio.
Scissioni e
ricomposizioni, in casa socialista, non erano ancora finite, ma di
questo parleremo in altro articolo, sempre grazie agli ottimi studi
del prof. Michele Donno, il quale ha saputo ricostruire la storia di
questo piccolo partito socialista che ha contribuito a rendere grande
quell'Italia che altri, dal 1993 ad oggi, hanno contribuito,
purtroppo, a distruggere.
Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it
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Simbolo del PSLI dal 1947 al 1948
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Simbolo del socialismo democratico dal 1948 al 1983
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