Sa femina
accabadora era, nei tempi arcaici,
in Sardegna, una figura femminile avvolta in uno scialle nero,
chiamata dai parenti al capezzale del congiunto sofferente che stava
per spirare. L'accabadora portava
con sé un martello di legno, un
matzolu,
come si dice in gergo sardo, che, una volta al capezzale del morente,
dopo averlo accarezzato, gli assestava un colpo secco alla nuca.
Tutto, nei tempi antichi, accadeva nel più assoluto riserbo, nella
più assoluto rispetto della vita e dunque della morte. Nella più
assoluta compassione per il sofferente.
Sa femina
accabadora, oggi, nei tempi ormai
postmoderni, non esiste più. E, se esistesse, sarebbe perseguita per
e dalla legge, mentre, nella Sardegna che fu, era tollerata sia dalle
istituzioni statali che religiose. Ne comprendevano entrambe,
infatti, il ruolo sociale ed umano, tramandato nei secoli.
Oggi sento
Angelino Alfano, Ministro dell'Interno e leader del Nuovo
Centrodestra affermare, testualmente che: “la
persona viene prima dello Stato, non può essere il Parlamento a dare
e a togliere la vita”.
Messa così la
frase sono d'accordo con lui ed aggiungo, come soleva sempre dire
Roberta Tatafiore - pasionaria dei diritti delle donne, scrittrice,
militante impenitente che per lungo tempo si occupò di
legalizzazione della prostituzione, di storia della pornografia e,
negli ultimi anni, di eutanasia e di suicidio assistito (al punto che
decise di uccidersi, consapevolmente, nell'aprile del 2009) - ritengo
che, ove avanza la legge, si riducano le libertà degli individui.
Per cui è vero:
non può essere il Parlamento, la legge, a decidere se una persona
deve vivere o morire.
La vita
– cito ancora Roberta Tatafiore – appartiene
a ogni individuo libero di affidarla a chi vuole, in base a ciò che
gli suggerisce la coscienza.
In questo senso,
la civilissima Svizzera ha stabilito, già dal 1940, che può essere
punita l'istigazione al suicidio solo se essa avviene “per
motivi egoistici”. In tal senso,
interpretando dunque la norma “al
contrario”, sono tollerate
associazioni come Dignitas ed Exit che accompagnano la persona che
decide di farsi praticare il suicidio, alla morte. La accompagnano,
esattamente come faceva sa femina
accabadora, solamente con metodi
più civili e moderni: una puntura, una pillola, in modo che
l'individuo non senta alcun dolore, non provi alcuna sofferenza.
Ora, io non so
che cosa davvero Angelino Alfano volesse affermare, ma, stando alla
sostanza delle sue parole, la tollerenza relativamente all'esistenza
di strutture private in grado di accompagnare la persona che, per
qualsivoglia motivo, decida di morire, è l'unica strada davvero
civile e praticabile. Lo Stato e la politica ne rimangano fuori,
perché, ogni qual volta hanno tentato di legiferare (vedi il
famigerato testamento biologico), hanno semplicemente ridotto le
libertà degli individui.
Sarebbe ora di
tornare a parlare, dunque, relativamente a tali tematiche, senza
preclusioni ideologiche. Imparando a tollerare, a comprendere, ad
amare davvero la coscienza di ciascuno, senza condannare nessuno ad
un'incivile sofferenza fisica, morale, psichica, umana.
Luca Bagatin
www.lucabagatin.ilcannocchiale.it