domenica 14 settembre 2025

MUSA SELVAGGIA. Poesia di Luca Bagatin

   MUSA SELVAGGIA 

Poesia di Luca Bagatin

Musa nella foto: Vasilisa Semiletova 

 

Musa

Elegante e selvaggia

Al tempo stesso.

Musa,

Che infondi coraggio

Nel poeta che ti ammira

E, al tempo stesso,

Lo fai cadere in estasi.

Il tuo volto,

I tuoi occhi,

Il tuo sorriso,

Il tuo corpo curato.

Regali

A noi poeti

La tua bellezza.

Musa,

Dai rossi capelli,

Con la tua pelle bianca

E il tuo sorriso

Sensuale.

Mi guardi e rapisci

E mai e poi mai

Chi ami tradisci.

Luca Bagatin

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Poesie romantiche al tramonto di Luca Bagatin

POESIE ROMANTICHE AL TRAMONTO 

di Luca Bagatin 

Musa nella foto: Vasilisa Semiletova

 

VISIONE AL TRAMONTO

Al tramonto

Una bellissima visione.

Una Donna

Degna di questo nome.

Sta riflettendo.

I suoi pensieri sono profondi

Mentre il vento le accarezza i capelli.

Io la ammiro

Nel suo essere seducente

Con la sua forza interiore.

Il cuore mi batte.

Mentre scrivo

Questi versi.

Per lei

Luca Bagatin 

 

 ILLUMINAZIONE AL TRAMONTO

Il tramonto

Illumina

Una nuova alba

Che sei tu

Affascinante ragazza

Le cui mani e i cui piedi

Seducono

Da sole.

La cui essenza

Può essere percepita

Dallo spirito più sensibile.

Il cui spirito

Indomito

Selvaggio

Rivoluzionario

Sconvolge

I miei sensi

Luca Bagatin

 

SGUARDI AL TRAMONTO

Rapito

Dallo sguardo

Di te

Che guardi

L'orizzonte

Di fronte al mare.

Rapito

Dai tuoi capelli rossi

Dalle tue affusolate mani

Dalla tua essenza

Che risalta il tuo intrinseco fascino

Dai tuoi occhiali

Che illuminano un volto

Sempre

Così elegantemente raffinato.

Rapito

Dalla tua eleganza

Dalla tua essenza

Che emana un profumo

Ancestrale

Che si unisce

A quello del mare.

Rapito

Mi sento rimescolare

Come cullato dalle onde

E queste parole delicate

Escono dalla mia mente

E le dedico a te

Con tutto il cuore

Luca Bagatin

sabato 13 settembre 2025

Celebrati, in Cina, gli eroi occidentali della Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese. Articolo di Luca Bagatin

Norman Bethune (1890 - 1939)

Nell'ambito dell'80esimo anniversario della Vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e nella Guerra Mondiale Antifascista, la Repubblica Popolare Cinese ha celebrato e ricordato anche quegli eroi occidentali che si sono sacrificati, accanto al popolo cinese, contro l'imperialismo giapponese.

E' stato infatti ricordato il Dr. Norman Bethune (1890 - 1939), canadese di origine scozzese, elogiato dal Presidente Mao Tse-Tung come “un uomo di nobile carattere, un uomo di puro spirito, un uomo di integrità morale, un uomo libero da interessi volgari, un uomo che è stato di beneficio al popolo”.

Bethune, iscritto al Partito Comunista Canadese, fu attivo come medico chirurgo nelle fila antifranchiste e antifasciste durante la Guerra Civile Spagnola (1936 – 1937). Successivamente, nel 1938-1939, prestò servizio come medico nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'imperialismo giapponese, nelle fila dell'Esercito Popolare di Liberazione, ove morì a seguito di un'infezione contratta a causa di una ferita da taglio.

Negli Anni '60 divenne l'Occidentale più noto nella Repubblica Popolare Cinese e gli furono tributati molti onori per il suo eroismo e servizio.

Bethune si batté molto, nel mondo anglosassone, per promuovere il sistema sanitario universale gratuito, che aveva visto applicato, per la prima volta, in URSS.

A lui furono dedicati due film: “Bethune”, del 1977 e “Bethune: The Making of a Hero” del 1990, impersonati entrambi da Donald Sutherland.

Nell'ambito di tale storico anniversario, è stato ricordato anche Eric Liddell (1902 - 1945), campione olimpico di origine scozzese, nato in Cina e che in Cina, dopo la sua attività sportiva, fu educatore e missionario congregazionista e sostenitore della resistenza dell'Ottava Armata contro i giapponesi e, per questo, internato in un campo di concentramento giapponese, ove morì, all'età di 43 anni.

Alla sua vita di sportivo è ispirato il celebre film, “Momenti di gloria”, del 1981 ed è sepolto nel Mausoleo dei Martiri, in Cina, nella città di Shijiazhuang.

Mio padre amava la Cina e il popolo cinese. Ecco perché, nonostante il suo grande successo alle Olimpiadi di Parigi del 1924, e subito dopo la laurea all'Università di Edimburgo, tornò in Cina”, dichiarò la figlia, Patricia Liddell Russell.

Luca Bagatin

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venerdì 12 settembre 2025

Amore, cooperazione, armonia, Libertà. Riflessioni di Luca Bagatin

 

Una società violenta e che promuove una falsa idea di libertà (edonismo, consumismo, benessere effimero e conseguente noia) produce violenza e odio.
Una società ordinata e volta alla cooperazione e al miglioramento della comunità nel suo insieme, sviluppa gli anticorpi per evitare odio e violenza.
 
(Luca Bagatin)
 

Non amo né il femminismo né il maschilismo.

La prevaricazione e la lotta fra i sessi è l'ennesima patologia partorita dall'essere umano addormentato e alla ricerca, ancora una volta, di una culla.

Culla che sia ideologica, religiosa o di appartenenza a un genere.

Tutte sciocchezze, visto che tutti noi siamo ben altro dall'essere incasellati o incasellabili in SCIOCCHE categorie terrene.

Aleister Crowley scrisse: "Ogni uomo e ogni donna è una stella".

Ciascuno di noi è unico e autosufficiente. Alla ricerca della sua Vera Volontà.

(Luca Bagatin)


È molto facile parlare di "libertà", quando i i "regimi della libertà" trovano comunque sistemi subdoli per tapparti la bocca.

L'ipocrisia è un crimine contro l'intelligenza umana.

Non ci può essere vera libertà senza ricerca della propria Vera Volontà.

Per questo alla Libertà, autentica e rettamente intesa, va anteposto il termine "Amore".

L'AMORE È LA LEGGE.

L'AMORE SOTTO LA VOLONTÀ "

(Luca Bagatin)

 

 

mercoledì 10 settembre 2025

Il Blocco Patriottico dei socialisti e dei comunisti moldavi presenta il suo programma fondato su giustizia sociale e sovranità nazionale. Articolo di Luca Bagatin

 

E, mentre nel resto d'Europa, le cosiddette sinistre (o, meglio, quelle che si dichiarano tali), ormai non più socialiste da tempo, arrancano e non si oppongono minimamente al liberal capitalismo che tutto mette in vendita (escludendo le ottime prospettive del britannico Jeremy Corbyn e Zarah Sultana e del suo “Your Party”; quelle del britannico George Galloway e del Partito dei Lavoratori della Gran Bretagna e quelle dei socialdemocratici slovacchi di Robert Fico e Peter Pellegrini), in Moldavia, il “Blocco Elettorale Patriottico dei Socialisti, dei Comunisti, del Cuore e del Futuro della Moldavia”, è pronto per sfidare il governo liberal capitalista di Maia Sandu, alle elezioni del 28 settembre prossimo.

E lo è con un programma socialista senza equivoci e che è recentemente stato presentato in conferenza stampa.

Fra i punti salienti, quelli incentrati in particolare sulla giustizia sociale e la sovranità nazionale, ovvero: ritorno dell'età pensionabile a 57 anni per le donne e 62 anni per gli uomini; ripristino del meccanismo di indicizzazione delle pensioni due volte l'anno; introduzione di un contributo finanziario agli anziani con pensioni basse, una tantum, nei giorni delle festività pasquali e della Giornata Internazionale degli Anziani; politica estera fondata sulla preservazione dell'autonomia della Moldavia e sulla neutralità geopolitica del Paese; ripristino del corso scolastico sulla “Storia della Moldavia”; istituzione di una banca pubblica; introduzione di una tariffa fissa del gas; cancellazione della celebrazione della Giornata dell'Europa del 9 maggio e celebrazione della stessa come Giorno della Vittoria contro il nazifascismo; utilizzo della lingua russa per comunicare all'estero; supporto alle famiglie e alla fertilità delle stesse, con anche età pensionabile ridotta di tre anni per le mamme con più di tre figli; investimenti nel settore sanitario, con anche ampliamento dell'elenco dei medicinali rimborsati dallo Stato; investimenti nel settore scolastico (con anche l'aumento delle borse di studio pubbliche) e degli asili pubblici; riduzione dell'IVA per i prodotti destinati all'infanzia; abolizione dell'imposta sul reddito per le madri con figli piccoli; aumento degli assegni sociali per i figli fino a 5 anni; alloggi gratuiti per i giovani che decideranno di lavorare nelle aree rurali; sviluppo dell'infrastruttura stradale nazionale; creazione di un Fondo Statale per lo Sviluppo Industriale per il periodo 2025-2029 e creazione di 18 piattaforme industriali multifunzionali nei centri distrettuali del Paese, in modo da industrializzare il Paese; controllo pubblico dei prezzi dei prodotti socialmente rilevanti; finanziamento pubblico di progetti di micro-imprese nelle zone rurali; riduzione del numero dei Ministeri; introduzione di un'aliquota zero dedicata agli operatori economici che investiranno in settori chiave determinati dallo Stato.

Questi alcuni dei punti del programma della coalizione della sinistra moldava, costituita da: Partito dei Socialisti della Repubblica di Moldavia (PSRM), guidato dall'ex Presidente della Repubblica di Moldavia Igor Dodon; Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldavia (PCRM), guidato da Vladimir Voronin; Partito Repubblicano Cuore della Moldavia (o Inima Moldovei), guidato dall'ex governatrice comunista della Gagauzia, Irina Vlah e dal Futuro della Moldavia, guidato dall'ex Primo Ministro comunista Vasile Tarlev.

Una coalizione che ha per simbolo una stella rossa e bianca, che racchiude un cuore rosso e bianco, con al centro una falce e martello.

Luca Bagatin

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martedì 9 settembre 2025

Il Presidente socialista brasiliano Lula al vertice virtuale BRICS: “L'unilateralismo non porterà mai pace, giustizia e prosperità". Articolo di Luca Bagatin

 

Il Presidente socialista del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, ha convocato, nei giorni scorsi, un vertice virtuale del gruppo dei BRICS (comprendente, oltre al Brasile, Cina, Russia, Sudafrica, India, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia, Iran e Arabia Saudita).

Durante il vertice, egli ha promosso un sistema volto alla cooperazione, capace di superare ogni forma di rivalità e di difendere il multilateralismo.

Lula ha affermato che i fondamenti dell'ordine internazionale, costituito nel 1945, sono stati rapidamente e irresponsabilmente minacciati dall'unilateralismo (USA, anche se Lula, nel suo discorso, non li ha voluti nominare direttamente) e che l'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) è paralizzata da anni.

In poche settimane, misure unilaterali hanno trasformato in lettera morta i principi fondamentali del libero scambio come le clausole della nazione più favorita e del trattamento nazionale. Ora assistiamo alla sepoltura formale di questi principi. I nostri Paesi sono diventati vittime di pratiche commerciali ingiustificate e illegali”, ha sottolineato il Presidente Lula.

Dividere per conquistare è la strategia dell'unilateralismo”, ha affermato Lula, aggiungendo che “Il ricatto tariffario si sta normalizzando come strumento per conquistare i mercati e interferire con questioni interne. L'imposizione di misure extraterritoriali minaccia le nostre istituzioni”.

Il gruppo dei BRICS, il suo sistema di commercio e l'integrazione finanziaria dei vari Paesi che lo compongono, ad ogni modo, stanno attenuando gli effetti del protezionismo, ha ricordato il Presidente brasiliano.

Abbiamo la legittimità necessaria per guidare la rifondazione del sistema commerciale multilaterale su basi moderne, flessibili e orientate alle nostre esigenze di sviluppo. Per questo dobbiamo andare uniti alla 14a conferenza ministeriale dell'OMC, il prossimo anno in Camerun”, ha proseguito.

Egli, ha inoltre spiegato come l'impatto dell'unilateralismo sia grave anche in ambito ambientale, ricordando come i Paesi in via di sviluppo siano i più colpiti dal cambiamento climatico.

In merito ha sottolineato che “Oltre a lavorare per la decarbonizzazione pianificata dell'economia globale, possiamo utilizzare i combustibili fossili per finanziare la transizione ecologica. Abbiamo bisogno di una governance climatica più forte, in grado di esercitare una supervisione efficace”.

Egli, ha inoltre fatto presente come i Paesi del Sud del Mondo possano creare le condizioni per promuovere un nuovo paradigma di sviluppo, volto ad arginare una nuova Guerra Fredda.

In tal senso, ha concluso affermando che: “L'unilateralismo non porterà mai alla realizzazione degli scopi di pace, giustizia e prosperità che i nostri antenati hanno delineato nel 1945 (... ). BRICS è già il nuovo nome della difesa del multilateralismo”.

Luca Bagatin

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Rischi e pericoli dell'Intelligenza Artificiale (per uso privato) e della società tecnologico-industriale. Articolo di Luca Bagatin

 

Da qualche tempo, un po' come tutti, del resto, rifletto sull'Intelligenza Artificiale e sull'impatto che essa ha e può avere sulla vita di tutti i giorni. In particolare il suo utilizzo privato e di “libero”, per così dire, accesso a tutti.

Di questo mi è capitato, soprattutto recentemente, di confrontarmi – spesso telefonicamente - con l'amico Giorgio Pizzol, che ha scritto molto in merito, anche un saggio, parlando delle sue esperienze con ChatGpt e simili.

Stimo molto Giorgio, anche per il suo passato di Senatore della Repubblica Italiana nelle fila socialiste e per la sua curiosità nei confronti delle nuove tecnologie.

Le nuove tecnologie, del resto, le usiamo tutti e io stesso ne sono pressoché schiavo. Sia nel bene che nel male e qui, vorrei entrare nel merito, perché per qualche settimana ho voluto cimentarmi anch'io nell'uso di ChatGpt.

L'ho fatto alla mia maniera, nel senso che amo i racconti e le poesie e ho voluto testarlo in questo senso.

Ho notato come questo strumento di IA, sia pressoché totalmente in grado di costruire racconti, articoli, poesie, al punto che, se ancor più perfezionato, potrebbe arrivare più che tranquillamente a sostituire tutti noi che, della scrittura, ma anche della lettura, abbiamo fatto non solo una professione, ma anche la nostra ragion d'essere.

Scrivere è anche ragionare. Se dai qualche breve imput a ChatGpt, lei ragiona per te (e forse anche meglio di te), attingendo a tutto lo scibile della rete e forse anche oltre.

In sostanza, è divertente, ma ti toglie il piacere, anzi, la possibilità di ragionare e di ricercare con la tue testa. ChatGpt fa tutto per te. Ti disegna persino le immagini che vuoi.

Con ChatGpt potresti fare persino a meno di leggere un romanzo. Lei lo scrive per te, con qualche piccolo input da parte tua che le suggerisca la direzione da prendere (ho passato interi pomeriggi a leggere racconti che ChatGpt ha scritto solo con qualche suggerimento da parte mia e le ho persino fatto scrivere un articolo CON IL MIO STILE – che non ho voluto pubblicare, ovviamente - e io non ho minimamente faticato).

Il bengodi per i pigri, che non amano lo studio. Il bengodi anche per quei giornalisti/scrittori che non hanno voglia di scrivere. Danno quattro imput e ecco tutto pronto: articolo e, volendo, anche un romanzo e altro ancora.

Stupefacente, ma a me, tolto il divertimento da "bambino che scarta i regali a Natale", tutto ciò intristisce. Anzi, inquieta.

Già il web, che io stesso iniziai a usare oltre vent'anni fa, aprendo un blog, ha ucciso, nei fatti, il pensiero e il linguaggio.

Il web è immediatezza. Il linguaggio del web è immediato. E quindi scarno. Vuoto, come il 95% dei contenuti che veicola.

Non ci si stupisca se le persone, nell'emisfero cosiddetto Occidentale e a economia “avanzata”, oggi, è diventato meno intelligente e non sa più scrivere correttamente (lo scrivere correttamente è strettamente connesso alla capacità di ragionare).

Questi “giochini” che ci hanno semplificato la vita, in realtà, ce l'hanno uccisa. Lentamente e senza nemmeno rendercene conto.

Tornando all'Intelligenza Artificiale, che personalmente concepirei solo per uso strettamente pubblico (ovvero appannaggio di appositi organismi pubblici) e connesso al settore medico/sanitario e della sicurezza nazionale e internazionale e vieterei del tutto per utilizzo privato, vorrei elaborare un ragionamento, che ho già esposto anche all'amico Giorgio e che estendo un po' all'intero sistema tecnologico-industriale, che non ho mai visto come una reale forma di progresso.

Anzi.

Il problema di fondo è che gli esseri umani non sono necessariamente dotati di consapevolezza, soprattutto delle conseguenze di ciò che la loro mente produce. Ma la maggior parte ne è convinta. 

La maggioranza degli esseri umani si appoggia alle tecnologie, come un tempo lo faceva (o lo fa ancora, ma in minima parte) alle religioni e/o alle ideologie. Questo per ricercare forme di “sicurezza” che, in realtà, l’essere umano potrà trovare solamente all’interno di sé stesso e non al suo esterno.
Di qui nasce la mia riflessione critica relativa alla tecnologia. Che io stesso utilizzo, come ho già scritto, ma consapevole che è cosa molto negativa e solo in minima parte positiva.
Negativa perché ci distoglie da noi stessi e dalla capacità di ragionare OLTRE l’utilizzo di un mezzo.

Un po’ come la religione, che viene praticata per MEZZO di qualcosa (un prete, un imam, un rabbino, una qualsivoglia entità astratta e/o considerata divina), che è diversa dalla spiritualità, che è, invece, ricerca DENTRO noi stessi. Senza medium, senza mediazioni.
Ogni mezzo/strumento/tecnologia, può essere, inoltre, usato in qualsiasi modo (non esiste un modo buono e uno cattivo, ma c'è o ci può essere sempre un uso positivo e negativo, anche allo stesso tempo, perché TUTTO è possibile in ambito tecnologico).

Generalmente, ogni mezzo/strumento/tecnologia, finisce per dare dipendenza o, in ogni caso, da la possibilità di superare ogni limite. Lecito o illecito… chi può saperlo?
Oggi noi ci stupiamo che esistano soggetti che si mettono a spiare molte donne e diffondere le loro immagini in rete, come il caso di quegli aberranti siti/gruppi social. Ma cosa ha permesso tutto ciò? Determinate tecnologie.
L'esistenza stessa di queste tecnologie.

Se non ci fossero state? Sarebbe andata così? Si dirà che la colpa è di quegli esseri umani, certo ma…. la tecnologia (che nasce da menti umane) permette a tutti di superare OGNI possibile limite. O, se non lo permette oggi, lo permetterà domani.

Perché l'essere umano non nasce purtroppo consapevole, ma è mosso dall'ego, dal senso del possesso, dalla ricerca del piacere esteriore a sé.

Nasce dunque con aspetti che, o nel corso della vita impara a sanare, oppure diverrà strumento stesso della sua schiavitù e di quella altrui.
Personalmente penso che, come un tempo avveniva per le Scuole Iniziatiche e la Magia (sia operativa che speculativa, ovvero intesa nel suo aspetto simbolico e filosofico-sapienziale), anche la tecnologia dovrebbe essere usata con parsimonia e appannaggio solo di un ristretto numero di persone consapevoli.

Liberate dall'ego, liberate dal senso di possesso e completamente al servizio della comunità umana.
Perché, diversamente, la tecnologia rischia di sfuggirci di mano.
Anzi, ci è già sfuggita di mano e da moltissimo tempo.
Molte persone pensano addirittura, con l’IA, di interfacciarsi con un essere umano! Ciò non fa che generare ulteriore isolamento e spersonalizzazione delle persone.

Un giorno, chissà, forse si riuscirà a dare una coscienza alle macchine e… visto il calo demografico, potremmo finire per essere letteralmente sostituiti dalle macchine stesse (e sono pressoché certo che questo avverrà).
Penso che la società tecnologico-industriale, lungi dall’essere una forma di progresso, sia, in realtà, una vera e propria prigione. Dorata, divertente, dalla quale io stesso non posso fare a meno.
Un po’ come direbbe il cocainomane, ormai assuefatto e consapevole che non ne uscirà più.
E' per questo che strumenti come OpenAI dovrebbero diventare “ClosedAI”, ovvero usati solo da un numero molto ristretto di soggetti formati e consapevoli.

Diversamente l'IA finirà per distruggerci.

L'essere umano ha idee bellissime. Ma è, di base, un essere inconsapevole e volto all' autodistruzione e all'egoismo.

Questo ciò che andrebbe compreso, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa.

Aprire le porte a chi non è consapevole porta alla fine di tutto.

A iniziare dalla fine del pensiero.

Per questo esiste la Libertà assoluta e la "libertà" materiale. Ovvero, in questo secondo caso, la schiavitù.

Ciò che andrebbe fatto, diversamente, è costruire comunità consapevoli, libere dal senso di possesso, al servizio esclusivo della comunità, che antepongono il dovere e il sacrificio al piacere effimero e materiale.

Questa è la base della formazione di una società di persone autenticamente libere, responsabili e eguali.

Alternative al sistema tecnologico-industriale che tutto distrugge. Dall'ecosistema al pensiero.

Luca Bagatin

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lunedì 8 settembre 2025

I peronisti vincono le elezioni della provincia di Buenos Aires e si preparano a battere il governo di estrema destra di Milei. Articolo di Luca Bagatin

 

Il peronismo argentino torna protagonista.

Alle elezioni della provincia di Buenos Aires, di domenica 7 settembre, che hanno rinnovato metà dell'Assemblea Legislativa provinciale, la coalizione peronista di centrosinistra, socialista e populista di sinistra, Fuerza Patria, ha conquistato ben il 47,3% dei consensi, superando di gran lunga l'attuale coalizione di governo liberal-capitalista e di estrema destra, La Libertad Avanza, che si è fermata al 33,7%.

A seguire la coalizione peronista centrista, alleata ai radicali, Somos Buenos Aires, con il 5,3% e il trotzkista Fronte di Sinistra e dei Lavoratori con il 4,4%. Le altre liste hanno ottenuto meno del 3% dei voti.

Fuerza Patria, che ha ottenuto il record dei voti nelle zone rurali, è stata fortemente sostenuta dall'ex Presidentessa peronista Cristina Kirchner, attualmente agli arresti domiciliari a causa di una ingiusta condanna dalla Corte Suprema argentina, per presunta corruzione relativa al periodo nel quale governò il Paese.

Cristina Kirchner, per festeggiare la vittoria del peronismo alle elezioni di Buenos Aires, è apparsa sul balcone di casa sua, indossando una maglia con un cuore rosso al centro e ha ringraziato la folla in festa.

L'ex Presidentessa, paladina dei diritti sociali e civili, assieme al marito Nestor, durante i loro anni di buongoverno, è sempre stata fortemente critica, anche sui social, nei confronti delle politiche di macelleria sociale attuate dal governo di estrema destra presieduto da Javier Milei, il quale ha vinto le elezioni, purtroppo, a causa di divisioni interne nel fronte peronista, che hanno favorito gli oppositori.

Ed ha invitato l'elettorato argentino, anche sui social, a sostenere i peronisti alle elezioni legislative del 26 ottobre prossimo, alle quali lei, purtroppo, non potrà essere candidata.

Il governo Milei, leader del partito liberal-capitalista La Libertad Avanza, è stato duramente contestato dalla piazza argentina, nell'ultimo anno, a causa delle sue politiche di distruzione dello stato sociale, di smantellamento dell'apparato pubblico e per aver addirittura negato l'esistenza della sanguinaria e terrorista dittatura militare che governò il Paese, dal 1976 al 1983.

Lo slogan della piazza peronista, in questi mesi, è stato “Mai Più”, riferendosi al non voler mai più ritornare ai tempi della dittatura militare antiperonista, che ha causato la scomparsa di migliaia di dissidenti (i cosiddetti desaparecidos), rapito bambini, compiuto violenze e torture, con l'appoggio dei governi USA.

Fu grazie al governo peronista di sinistra di Nestor Kirchner, se il regime criminale di Jorge Videla fu denunciato, con oltre 1.200 persone, legate al regime militare, finalmente condannate e con Videla condannato a due ergastoli e a 50 anni di carcere.

Il peronismo argentino, che ebbe come fondatori e paladini il Presidente e Generale Juan Domingo Peron (1895 - 1974) e sua moglie Evita (1919 - 1952), con la sua dottrina fondata su giustizia sociale, sovranità nazionale, indipendenza economica e unità del mondo latinoamericano e del Terzo Mondo, contro ogni forma di colonialismo e di imperialismo, sta dunque tornando sulla cresta dell'onda ed è pronto a rovesciare democraticamente il nuovo regime – tanto amato dalla Meloni (che ha concesso a Milei addirittura la cittadinanza italiana...sic!) e da Trump - fondato su egoismo, avvicinamento al regime USA ed ai suoi pessimi satelliti e che ha impedito all'Argentina di aderire ai BRICS.

Luca Bagatin

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Trump fra cambi di nome geografici e strategia egemonica in Messico, Medio Oriente e Iran. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

 

Il colosso della tecnologia Google ha recentemente compiuto un passo importante, ottemperando all’ordine esecutivo del presidente Trump e rinominando il Golfo del Messico in “Golfo d’America”. La modifica si applica attualmente solo agli utenti di Google Maps negli Stati Uniti d’America.

Google ha dichiarato sul suo blog ufficiale che gli utenti al di fuori degli Stati Uniti d’America e del Messico vedranno sia il vecchio che il nuovo nome del Golfo del Messico, una mossa coerente con la gestione di altre località controverse. Chi utilizza Google Maps negli Stati Uniti d’America vedrà “Golfo d’America”, mentre chi si trova in Messico vedrà “Golfo del Messico”, ha spiegato Google. Gli utenti di altri Paesi vedranno entrambi i nomi.

Google ha sottolineato che il cambiamento è in linea con la sua politica di seguire i nomi geografici ufficiali forniti dal Geographic Names Information System (GNIS) degli Stati Uniti d’America, il che significa che Google segue la posizione ufficiale del governo di Washington in merito alle questioni relative alla denominazione.

Tuttavia, questo non è l’unico cambio di nome geografico sotto l’amministrazione Trump. I decreti esecutivi firmati da Trump dall’insediamento non solo riguardano il Golfo del Messico, ma ripristinano anche il nome della vetta più alta della nazione, il Denali (6.144 m.) in Monte McKinley. In particolare, nel 2015, l’allora presidente Barack Obama aveva riconosciuto ufficialmente la montagna dell’Alaska come Denali, il nome tradizionale usato dai nativi americani per secoli.

Questi cambiamenti di nome geografico hanno suscitato un ampio dibattito. I sostenitori sostengono che dimostrino la sovranità e le tradizioni storiche degli Stati Uniti d’America, mentre i critici sottolineano che potrebbero causare controversie diplomatiche, in particolare con il Messico.

Secondo la statunitense Associated Press, Trump ha sempre assunto una posizione dura nei confronti del Messico. Fin dalla sua prima campagna per la presidenza nel 2016, si è ripetutamente scontrato con il Messico su questioni come la sicurezza dei confini e i dazi commerciali. Una volta ha espresso la pretesa che per la costruzione del muro esteso lungo il confine tra Stati Uniti d’America e Messico sia il Messico a pagarne i costi: 720 chilometri di muro di confine sono stati completati durante il suo primo mandato, ma i messicani non hanno pagato.

Il muro – parola che ricorda quello di Berlino, cortissimo a confronto – è chiamato politically correct in Italia “Barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico”, mentre in Messico, che ha la bandiera simile alla nostra ma governi differenti a livello “di servizio”, lo definiscono il muro della vergogna. Quest’è l’estensione: California (Baja California: 226,0 km.), Arizona (Baja California-Sonora: 599,5 km.), Nuovo Messico (Sonora-Chihuahua; 288,9 km.). Texas (Chihuahua, Coahuila, Nuevo León, Tamaulipas: 1,997.2 km.) per un totale di 3.111,6 km.); a confronto il predetto di Berlino pare il recinto del box per bambini al supermercato.

Esso muro è stato iniziato nel 1993 e tutti i presidenti – democratici e repubblicani – hanno dato il proprio entusiastico contributo alla sua edificazione. I messicani e il mondo, il predetto specchio d’acqua lo hanno sempre definito “Il Golfo del Messico”, a lungo noto come la “Terza Costa” degli Stati Uniti d’America, e bagna tre Stati del Continente: Messico, Stati Uniti d’America e Cuba. Non è la prima volta che Stati Uniti d’America e Messico sono in disaccordo sulla denominazione. Ad esempio, il fiume al confine tra Texas e Messico è chiamato “Rio Grande” negli Stati Uniti d’America, mentre in Messico è chiamato “Rio Bravo”.

È fattibile un cambio di nome? Chi ha l’ultima parola? Trump ha il potere di cambiare unilateralmente il nome del Golfo del Messico? La risposta è no.

L’Organizzazione Idrografica Internazionale (IHO), di cui fanno parte sia gli Stati Uniti d’America che il Messico, è responsabile della mappatura e della denominazione unificate degli oceani e dei corsi d’acqua del mondo. Sebbene i Paesi possano utilizzare nomi diversi a livello nazionale, i cambiamenti di nome in contesti internazionali richiedono un coordinamento multilaterale.

Poco dopo le dichiarazioni di Trump, la deputata della Georgia Marjorie Taylor Greene ha dichiarato in un’intervista che intende redigere un disegno di legge a sostegno del cambio di nome e proporre finanziamenti per la produzione di nuove mappe e materiali amministrativi governativi. Tuttavia, resta incerto se il disegno di legge verrà approvato.

Il nome “Golfo del Messico” è in uso da oltre 400 anni e si ritiene che derivi dal nome della parola nahuatl Mēxihco, toponimo della Valle del Messico e termine utilizzato per indicare il popolo Mexica (Aztechi) che la abitava. Sebbene il suo significato esatto sia dibattuto, la teoria più accreditata suggerisce che derivi da metztli (“luna”), xictli (“ombelico” o “centro”) e dal suffisso locativo co (“luogo”), che significa «il posto dell’ombelico della luna» o «il centro del lago della luna». Questo si riferisce alla posizione dell’antica capitale azteca, Tenochtitlán, su un’isola del lago Texcoco. Il nome era presente sulle mappe già durante il periodo coloniale.

Vale la pena notare che questa non è la prima volta che qualcuno propone di cambiare il nome del Golfo del Messico. Nel 2012, un legislatore del Mississippi propose di rinominare il Golfo del Messico al largo della costa dello Stato federale “Golfo Americano”, ma in seguito lo liquidò come uno “scherzo”. La proposta fallì e tempo dopo, il comico e conduttore televisivo statunitense Stephen Colbert scherzò nel suo programma sostenendo che il Golfo del Messico avrebbe dovuto essere rinominato “Golfo Americano” a causa della fuoriuscita di petrolio, sostenendo: «L’abbiamo rotto, quindi dobbiamo comprarlo».

La proposta di Trump di rinominare il Golfo del Messico “Golfo Americano” è destinata a suscitare ulteriori polemiche. Dalle norme internazionali alle connotazioni culturali, i toponimi racchiudono complessi simboli storici e sovrani. L’attuazione di questa proposta richiederà un processo articolato e l’esito finale è incerto, e speso da adito a situazioni imbarazzanti e diremmo pericolose.

La Casa Bianca ha revocato le credenziali di stampa della statunitense Associated Press per aver insistito nell’uso del termine “Golfo del Messico”, scatenando una controversia sulla libertà di stampa e azioni legali. Ad aprile 2025, un tribunale federale ha stabilito che l’Associated Press aveva il diritto, garantito dal Primo Emendamento, di usare un linguaggio giornalistico, ordinando alla Casa Bianca di ripristinare l’accesso ai suoi giornalisti. Ciononostante, l’Associated Press ha dichiarato che avrebbe continuato a utilizzare il termine “Golfo del Messico” e ha considerato “Golfo americano” un termine politico non universalmente accettato.

Il quotidiano di Città del Messico «El Universal» (fondato nel 1916( ha analizzato il Golfo del Messico come una delle regioni più ricche al mondo in termini di riserve di petrolio e gas naturale. Secondo la U.S. Energy Information Administration, la produzione petrolifera del Golfo del Messico rappresenta il 17% della produzione totale degli Stati Uniti d’America, il che la rende cruciale per l’indipendenza energetica del Paese. La regione è anche un polo chiave per il commercio marittimo globale, con il 60% delle esportazioni di cereali statunitensi che transitano attraverso i suoi porti, raggiungendo i 30 milioni di tonnellate all’anno.

Inoltre, la sua posizione geografica non solo facilita le relazioni commerciali e politiche tra gli Stati Uniti d’America e i Paesi latinoamericani, ma costituisce anche una barriera naturale che protegge Washington da invasioni e conflitti, consentendo loro di concentrarsi maggiormente sullo sviluppo interno. Storicamente, il Golfo del Messico è stato cruciale per l’ascesa degli Stati Uniti d’America allo status di superpotenza.

«El Universal» sottolinea che, ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (United Nations Convention on the Law of the Sea), i Paesi hanno il diritto di sfruttare le risorse all’interno delle loro zone economiche esclusive. Il Messico ha giurisdizione su 829.000 chilometri quadrati del Golfo del Messico, mentre gli Stati Uniti d’America ne controllano 662.000. Questi confini giurisdizionali sono da tempo chiaramente definiti e protetti dal diritto internazionale.

L’ex ambasciatrice messicana negli Stati Uniti d’America, Martha Elena Federica Bárcena Coqui, ha pubblicamente avvertito che il cambio di nome proposto da Trump è il primo passo nel tentativo degli Stati Uniti d’America di ridistribuire l’area di risorse del Golfo del Messico, e assomiglia più a una forma di “coercizione diplomatica” volta a rafforzare il controllo unilaterale sulla regione.

Se il cambiamento in “Golfo americano” diventasse una realtà internazionale, potrebbe avere un impatto significativo sull’estrazione di petrolio e gas della regione, sui prezzi del mercato energetico globale e sul commercio internazionale, e persino cambiare le dinamiche politiche della regione.

Gli studiosi sottolineano che l’affermazione unilaterale della giurisdizione degli Stati Uniti d’America sull’intero Golfo del Messico è destinata a suscitare una forte opposizione da parte dei messicani e della comunità internazionale, poiché qualsiasi cambiamento del genere dovrebbe essere negoziato all’interno di istituzioni multilaterali come l’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO). Sebbene questa simbolica mossa di ridenominazione possa ridefinire la leadership globale degli Stati Uniti d’America e rafforzare la filosofia politica di Trump «America First», è anche destinata a suscitare l’ira dei Paesi vicini e degli alleati.

La proposta di Trump di rinominare il Golfo in “Golfo Americano” ha indubbiamente un considerevole significato politico, mirando a consolidare il vantaggio geostrategico di Washington nella regione. Tuttavia, nella pratica, gli Stati Uniti d’America dovranno affrontare molteplici sfide legali, diplomatiche ed economiche. La comunità internazionale monitorerà attentamente anche eventuali controversie regionali e il loro potenziale impatto sui mercati energetici globali.

Le controversie sui toponimi internazionali non sono casi isolati, e sono comuni in tutto il mondo. Ad esempio, la denominazione del Mar del Giappone rimane una questione persistente tra Giappone, Repubblica Popolare Democratica della Corea (nord) e la Repubblica di Corea (sud) e Russia. La Repubblica del Sud sostiene che il nome risalga al periodo coloniale giapponese e dovrebbe essere ribattezzato “Mare Orientale”. Nel 2020, l’Organizzazione Idrografica Internazionale ha deciso di sostituire i nomi con identificatori digitali e di sviluppare nuovi standard digitali per i moderni sistemi informativi geografici.

Inoltre, gli Stati Uniti d’America hanno storicamente dibattuto sulla denominazione delle proprie acque. Nel 2013, l’ex Segretario di Stato, la democratica Hillary Clinton affermò in un discorso che, seguendo la logica cinese riguardo al Mar Cinese Meridionale, gli Stati Uniti d’America avrebbero potuto chiamare il Pacifico “Mare Americano” dopo la Seconda Guerra Mondiale; un patetico aspetto di voler scimmiottare una storia e una cultura plurimillenarie con un posizionamento geografico che ha visto il gli Stati Uniti d’America raggiungere la piena unità territoriale solo il 21 agosto 1959, ossia ieri (fondazione del 50esimo Stato federale: le Hawaii).

Anche il nome del Golfo Persico è stato un problema importante. Si prevede che Trump prima o poi annunci la sua volontà di ribattezzare il Golfo Persico in Golfo Arabico o Golfo d’Arabia. Questa scatenerebbe una forte e naturale reazione da parte dell’Iran, essendo chiaramente un’operazione ostile politicamente motivata, in quanto è insita nell’opinione pubblica mondiale la ferma condanna di qualsiasi tentativo di cambiare nomi storicamente consolidati.

Questa mossa non implicherebbe solo il simbolismo di un cambio di nome geografico, ma avrebbe anche ripercussioni sugli schieramenti militari e sugli accordi di investimento di Washington in Medio Oriente. Ciò comporterebbe significative implicazioni politiche, soprattutto perché Trump cerca di attrarre investimenti dagli Stati del Golfo, e frenare lo sviluppo nucleare dell’Iran e mediare nella Striscia di Gaza.

Il nome del Golfo Persico è oggetto di una controversia di lunga data. Questo tratto di mare di circa 1.600 chilometri, che si estende lungo la costa meridionale dell’Iran, è chiamato “Golfo Persico” fin dal XVI secolo, a testimonianza del ruolo storico dell’Iran come predecessore dell’Impero Persiano. L’Iran sostiene che il Golfo Persico faccia parte del suo territorio e che “Golfo Persico” sia il nome corretto.

Tuttavia, gli Stati arabi sostengono da tempo l’uso del termine “Golfo Arabico”, sostenendo che la geopolitica moderna non dovrebbe più perpetuare la nomenclatura imperiale. Già nel 2010, l’Iran ha minacciato di bandire dal suo spazio aereo qualsiasi compagnia aerea che esponesse la designazione “Golfo Arabico”. Nel 2012, Teheran ha protestato contro Google per non aver incluso la designazione “Golfo Persico” sulle sue mappe.

Attualmente, su Google Maps (versione statunitense), le acque sono etichettate come “Golfo Persico (Golfo Arabico)” accanto a “Golfo Persico”, mentre Apple Maps utilizza solo l’etichetta “Golfo Persico”. Il Pentagono utilizza da tempo “Golfo Arabico” come termine ufficiale nei comunicati stampa e nelle immagini, segnalando un cambiamento nel linguaggio prediletto dalle forze armate statunitensi nei rapporti con i propri alleati regionali.

L’uso del nome “Golfo Persico” da parte di Trump durante la sua presidenza nel 2017-2021 ha scatenato un’ulteriore frattura con Teheran. I funzionari iraniani lo hanno poi criticato perché «ha bisogno di seguire lezioni di geografia». L’annuncio di Trump di un cambio di nome ha scatenato una reazione negativa nella politica e nell’opinione pubblica iraniane. Seyed Abbas Araghchi, attuale ministro degli esteri di Teheran, ha ribadito: «Il Golfo Persico è un fatto storico innegabile e parte integrante del popolo e della cultura iraniani».

La politica di cambio di nome di Trump è ampiamente interpretata come una manovra politica volta a rafforzare la sua immagine tra gli elettori conservatori e nazionalisti e a rafforzare i legami con alcuni stati del Golfo. I commentatori sottolineano che non si tratta solo di una questione di linguaggio, ma piuttosto di un altro esercizio da parte di Trump per affermare il suo «diritto di interpretare la storia» e controllare la narrazione nazionale. Di fronte alle reazioni negative dell’Iran, dei media e della comunità internazionale, l’amministrazione Trump sembra non voler fare marcia indietro. In più potrebbe invece ricorrere ad azioni maggiormente simboliche per testare la reazione internazionale e ridefinire ulteriormente i confini della sua logica di politica estera.

Giancarlo Elia Valori 

venerdì 5 settembre 2025

Il Socialismo della coerenza di Pietro Longo

  

"...il capitalismo presenta inadempienze clamorose nella ripartizione delle ricchezze e dei consumi, nella soddisfazione dei bisogni e nella politica sociale”

“...siamo ancora molto indietro nell'attuazione istituzionalizzata delle forme di democrazia diretta”

“La lotta che noi conduciamo attualmente in Italia è la lotta per reintrodurre nella società e nella realtà economica il momento della responsabilità, dopo che l'ipertrofia dell'assistenzialismo e l'esplosione del rivendicazionismo hanno portato all'attuale deresponsabilizzazione. Quando noi studiamo i possibili progetti di “autogestione”, di “cogestione”, sulla scia di sperimentazioni condotte in altri Paesi europei, non facciamo altro che cercare le vie di un disegno di responsabilizzazione di tutta la società civile, quindi anche a livello della classe lavoratrice, anche delle categorie del lavoro manuale. Noi ci battiamo, cioè, perché, in un quadro di libertà, tutte le componenti della società diventino in un certo senso “ceto medio”

“La relazione e l'opera di Willy Brandt si collocano sulla scia di questa grande tradizione che dal punto di vista dei principi discende dal socialismo riformista e democratico che si è sviluppato nei decenni passati soprattutto in alcune nazioni dell'Europa occidentale. (…). Un socialismo democratico e libertario che ha sempre denunciato e combattuto gli egoismi e gli avventurismi del sistema capitalistico, contro le dittature militari e fasciste, contro il colonialismo economico e contro il sistema internazionale fondato sullo sfruttamento di alcuni popoli a vantaggio di altri” .

(Pietro Longo, ex Segretario del Partito Socialista Democratico Italiano ed ex Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica)

Per approfondimenti:

Il socialismo della coerenza di Pietro Longo. Un ricordo di un'epoca che non esiste più. Articolo di Luca Bagatin

 https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/03/il-socialismo-della-coerenza-di-pietro.html

  

giovedì 4 settembre 2025

Anche il socialista democratico slovacco Robert Fico alla celebrazione antifascista in Cina, senza fare sconti agli irresponsabili vertici UE. Articolo di Luca Bagatin

 

Il Presidente socialista democratico della Slovacchia, Robert Fico, è stato l'unico capo di Stato di un Paese UE e NATO ad essere presente a Pechino, alla commemorazione dell'80esimo anniversario della Vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e nella Guerra Mondiale Antifascista.

Robert Fico è noto per le sue posizioni fondate sulla giustizia sociale e la sovranità nazionale, al punto da aver rispedito al mittente, nell'aprile scorso, le assurde richieste dell'esponente della destra estone, Kaja Kallas, rappresentante per gli affari esteri dell'UE, che gli avrebbe voluto impedire di partecipare alle celebrazioni del Giorno della Vittoria, a Mosca, per commemorare la vittoria sovietica contro il nazifascismo.

Grande amico della Repubblica Popolare Cinese e, con essa, sostenitore di una soluzione pacifica alla crisi ucraina, ha espresso il suo plauso nei confronti del contributo significativo della Cina nella vittoria nella Guerra Mondiale Antifascista ed alla promozione della pace mondiale.

Fico, ha ribadito che la Slovacchia sostiene il principio di una sola Cina e anche la proposta di una governance globale, proposta dal Presidente cinese Xi Jinping, al fine di costruire un mondo più equo e giusto e, assieme al Presidente Xi, intende continuare a rafforzare i rapporti economici e la cooperazione Slovacchia-Cina.

Il Presidente Fico, anche sui social, non ha fatto sconti ai vertici dell'UE e così si è espresso: “Per coloro i quali si sono persi i messaggi di ieri del Presidente cinese Xi Jinping, vorrei ricordarglielo. Il mondo si trova di fronte a una scelta tra pace e guerra, e la Cina dichiara che la pace, la giustizia e il popolo devono prevalere. Se l'UE pensa che il nuovo ordine mondiale che sta nascendo fuori dall'Europa possa essere ignorato nascondendo la testa sotto la sabbia, si sbaglia di grosso. Grazie alla sua miopia e arroganza, l'UE si sta muovendo non sul secondo, ma sul terzo binario della politica mondiale. La mancata partecipazione dei rappresentanti dell'UE e dei suoi Stati membri alle celebrazioni in Cina è stato un enorme errore politico”.

Robert Fico, oltre ad essere Premier della Repubblica Slovacca dal 2023 (aveva già ricoperto tale ruolo dal 2006 al 2010 e dal 2012 al 2018), è alla guida del partito socialista democratico e populista di sinistra Direzione-Socialdemocrazia (SMER), che conta circa il 25% dei consensi e ha una piattaforma che rifiuta le ricette economiche liberali e promuove un'economia fondata sull'intervento pubblico e la cooperazione internazionale.

Luca Bagatin

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mercoledì 3 settembre 2025

Zack Polanski nuovo leader dei Verdi britannici. Speranze per la nascita una lista di sinistra - con Corbyn - dalla parte dei più deboli, per un mondo più giusto. Articolo di Luca Bagatin

 

Zack Polanski, classe 1982, di origine e fede ebraica, omosessuale dichiarato, un passato nelle fila liberaldemocratiche, è diventato leader del Partito dei Verdi dell'Inghilterra e Galles, al quale è iscritto dal 2017, con una piattaforma che ha definito, in senso positivo, “eco-populista”, ovvero capace di unire difesa dell'ambiente ad un'equa distribuzione delle risorse.

Polanski, infatti, sostiene – fra le altre cose - l'introduzione di una tassa sulla ricchezza per i miliardari; la rinazionalizzazione delle compagnie idriche e la regolamentazione delle società private e ritiene che la lotta ai cambiamenti climatici possa essere meglio sostenuta colpendo le classi più abbienti che, con il loro tenore di vita, la stanno causando.

Relativamente alla guerra fra Israele e Gaza, ritiene che vi sia una forma di genocidio nei confronti del popolo palestinese e che il Regno Unito dovrebbe considerarlo tale.

Critico nei confronti del rapporto fra Gran Bretagna, USA e NATO, ritiene che essa dovrebbe uscire dall'Alleanza Atlantica e dare priorità alla difesa dell'Europa, alla pace e alla diplomazia nella risoluzione delle controversie internazionali.

Fra le sue priorità, quella di lottare tanto contro la destra, quanto contro il Partito Laburista di Starmer, che non ha nulla di sociale né di laburista.

Siamo qui per sostituirvi”, ha dichiarato Polanski, dopo l'investitura a leader Verde britannico.

Ha incassato il sostegno dell'ex leader laburista Jeremy Corbyn, leader, assieme a Zarah Sultana, del nuovo partito di sinistra e di ispirazione socialista “Your Party”, il quale aveva recentemente dichiarato che vorrebbe creare una coalizione o una lista unitaria con i Verdi, per battere la destra liberal capitalista dei conservatori e gli pseudo “laburisti” di Starmer.

Tale lista unitaria, secondo un recente sondaggio Ipsos, potrebbe raccogliere circa il 31% dei consensi.

Jeremy Corbyn, dopo la vittoria di Polanski ha dichiarato, su Facebook: “Congratulazioni a Zack Polanski per la sua straordinaria vittoria.
La sua campagna ha sfidato i ricchi e i potenti, ha difeso la dignità di tutte le comunità emarginate e ha dato speranza alla gente!
Il vero cambiamento sta arrivando. Non vedo l'ora di lavorare con lui per creare un mondo più giusto e più gentile”.

Luca Bagatin

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Il Presidente cubano, Díaz-Canel, partecipa ai festeggiamenti in Vietnam e Repubblica Popolare Cinese. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 2 settembre scorso si è celebrato l'80esimo anniversario dell'Indipendenza del Vietnam.

Un solenne omaggio al Mausoleo del Presidente Ho Chi Minh, è stato tributato dal Presidente della Repubblica di Cuba e Primo Segretario del Partito Comunista Cubano, Miguel Díaz-Canel Bermúdez.

Il Presidente cubano ha celebrato, contestualmente, anche il 65esimo anniversario delle relazioni bilaterali fra i due Paesi.

Il Segretario Generale del Partito Comunista del Vietnam (PCV), To Lam, ha ricordato i legami di amicizia che uniscono Vietnam e Cuba e i relativi partiti fraterni, uniti dagli ideali di emancipazione sociale, liberazione e sovranità nazionale, forgiati tanto dal leader cubano Fidel Castro, quanto dallo storico Presidente del Vietnam Ho Chi Minh.

Il Presidente Ho Chi Minh, proclamò la vittoria e la fine del colonialismo francese il 2 settembre 1945 e, in merito, il Presidente Diaz Canel, ha affermato che “È un onore e un dovere per noi unirci al Vietnam nel celebrare eventi così straordinari, che ne hanno fatto il primo Stato operaio e contadino del Sud-est asiatico”.

Egli ha inoltre ringraziato il Partito Comunista del Vietnam per la campagna di solidarietà nei confronti del popolo cubano, colpito dall'embargo USA, che ha permesso di raccogliere ingenti somme, in poco tempo, in favore della popolazione di Cuba.

Al termine dei colloqui ufficiali, i Segretari To Lam e Díaz-Canel, hanno presieduto alla firma di vari accordi economici in ambito agricolo e sanitario e relativi alla cooperazione economica, tecnica e scientifica fra i rispettivi Paesi.

Il 3 settembre, il Presidente Díaz-Canel, si è successivamente recato a Pechino, per partecipare alla parata militare di commemorazione dell'80esimo anniversario della Vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e nella Guerra Mondiale Antifascista.

In merito alle prospettive promosse del Presidente cinese Xi Jinping, egli ha scritto su Facebook: Sosteniamo l'Iniziativa per la Governance Globale, annunciata dal presidente Xi Jinping al 25esimo Summit dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai. Contribuirà alla riforma del sistema di governance globale per garantire la costruzione di una comunità dal futuro condiviso”. E, su X: Tra millenni di Storia e un presente che ispira milioni di persone, la Cina guida oggi la battaglia per salvare il multilateralismo e la governance globale. Orgogliosa di sostenere e condividere questi principi, Cuba è onorata di partecipare alla commemorazione del Giorno della Vittoria”.

Luca Bagatin

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martedì 2 settembre 2025

La Repubblica Popolare Cinese e un nuovo ordine mondiale multilaterale, più equo, giusto e ordinato. Articolo di Luca Bagatin

 

L'equilibrio e la razionalità della Repubblica Popolare Cinese è sempre più evidente anche nell'ambito del 25esimo vertice del Consiglio dei Capi di Stato dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), tenutosi nei giorni scorsi nella città di Tianjin, nella Cina settentrionale.

Il Presidente cinese Xi Jinping, che ha presieduto il vertice, ha sottolineato la necessità di una Global Governance Initiative, atta ad “aiutare la comunità internazionale a condividere opportunità di sviluppo, costruire un sistema di governance globale più giusto ed equo e procedere congiuntamente verso una comunità umana dal futuro condiviso”.

Una iniziativa, in sostanza, non già volta a contrapporsi a un Occidente ormai alla deriva, vista l'inadeguatezza della sua classe dirigente, come scritto da tanta grande stampa di casa nostra, ma impegnata a sostenere l'uguaglianza della sovranità dei vari Paesi, aderendo allo Stato di diritto internazionale, in modo da praticare un autentico multilateralismo e promuovere un approccio fondato sulle persone.

La Cina, del resto, è da tempo impegnata a dare voce e a cooperare con i Paesi del Sud del mondo; fin dall'inizio della crisi ucraina è impegnata a gettare acqua sul fuoco (già nel marzo 2022, il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, si era espresso alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza nella ricerca di: “una soluzione pacifica che garantisca sicurezza e stabilità in Europa”, sottolineando come “nessuno è al di sopra del diritto internazionale”. In particolare, relativamente all'Ucraina, aveva affermato – ammonendo tanto gli USA che la Russia e l'UE - che “L'Ucraina deve essere un ponte che unisce Est e Ovest e non una linea di fronte per una competizione tra diverse potenze”); è fermamente impegnata nella cooperazione internazionale (sempre nel marzo 2022, il Ministro Wang aveva ribadito due concetti fondamentali: il primo affermando: “si è tornati ad una mentalità da Guerra Fredda, ma è sbagliato riportare indietro le lancette della Storia. Per trasformare il mondo in un posto migliore, i Paesi devono lavorare insieme, in un clima fondato sulla cooperazione, non sulla competizione”. Il secondo facendo riferimento alla lotta mondiale contro una pandemia difficile: “Dopo la pandemia l'economia mondiale si sta riprendendo lentamente e, per avviarci verso un progresso sostenibile, ci appelliamo a tutti i Paesi per agire insieme”) ed anche per quanto riguarda la crisi in Medio Oriente, ha una posizione di lungimiranza e equilibrio senza equivoci ed è da sempre per il riconoscimento dello Stato della Palestina e ha sempre denunciato il regime di Netanyahu per i bombardamenti contro i civili.

In tal senso, la Repubblica Popolare Cinese, guidata da Xi Jinping, Segretario del Partito Comunista Cinese e grande leader socialista riformista, come i suoi predecessori, da Deng Xiaoping a Hu Jintao, innalza la bandiera del multilateralismo e del sostegno alla pace mondiale, verso la costruzione di un ordine internazionale, che ponga al centro la sicurezza globale, la prosperità e il progresso a beneficio di tutta l'umanità.

Egli, nel suo discorso, fra le altre cose, ha affermato che: “Siamo stati i primi a istituire un meccanismo di rafforzamento della fiducia militare nelle regioni di confine, trasformando la vasta frontiera in un legame di amicizia, fiducia reciproca e cooperazione. Siamo stati pionieri nell'adottare misure multilaterali per combattere le 'tre forze del male', gestire adeguatamente conflitti e divergenze e opporci con fermezza alle interferenze esterne, mantenendo così la pace e la stabilità nella regione.

Abbiamo assunto un ruolo guida nel lancio della cooperazione nell'ambito dell'Iniziativa Belt and Road, la quale ha ulteriormente rafforzato l'impulso allo sviluppo e alla prosperità regionale. L'obiettivo di superare i 2,3 trilioni di dollari di scambi commerciali cumulativi tra la Cina e i Paesi dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai è stato raggiunto in anticipo rispetto al previsto. Sono stati aperti quasi 14.000 chilometri di linee internazionali di trasporto stradale tra gli Stati membri e con un totale di oltre 110.000 servizi ferroviari merci della China Railway Express.

Siamo stati i primi a stabilire un trattato a lungo termine di buon vicinato, amicizia e cooperazione, dichiarando amicizia e un impegno eterno alla non ostilità. L'istituzione e il pieno utilizzo di meccanismi come il Comitato di Buon Vicinato, Amicizia e Cooperazione della SCO hanno promosso l'amicizia e la comprensione reciproca tra i popoli degli Stati membri.

Siamo stati i primi a proporre il concetto di governance globale basato su ampie consultazioni, contributi congiunti e benefici condivisi, praticando un vero multilateralismo. L'approfondimento della cooperazione con le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali ha svolto un ruolo positivo nel promuovere la pace e lo sviluppo nel mondo”.

Il primo a credere nella Repubblica Popolare Cinese – che ha sempre giocato un ruolo importante, oltre i blocchi contrapposti USA-URSS - fu il nostro caro leader socialista Pietro Nenni, che nel 1955 incontrò Mao Tse-Tung ed ebbe lunghi rapporti di amicizia con Zhou Enlai, capo di governo della Cina socialista dal 1949 al 1976.

Grande importanza alla Cina socialista e alle sue riforme, la diede anche il già indimenticato Segretario e Presidente del Consiglio del PSI Bettino Craxi e il Ministro degli Esteri socialista Gianni De Michelis.

Ma non solo.

Pensiamo al Senatore della Democrazia Cristiana, Vittorino Colombo, più volte Ministro e Presidente del Senato.

Il Sen. Colombo, oltre ad essere stato fondatore della rivista “Mondo Cinese”, nel 1973, quale pubblicazione dell'Istituto Italo Cinese, fu in contatto diretto con Deng Xiaoping e Zhou Enlai e nel suo saggio fondamentale, ovvero “La Cina verso il 2000 – Il socialismo dal colori cinesi”, edito nel 1986 dalle Edizioni del Sole24 Ore, ci spiegò nel dettaglio il nuovo corso modernizzatore intrapreso dalla Cina socialista.

Una modernizzazione socialista – spiegava già il Sen. Colombo negli Anni '80 - fondata sull'armonia in ogni ambito; sul servizio della comunità; sulla non-egemonia e sulla non ingerenza negli affari interni dei singoli Stati e che coniuga confucianesimo e marxismo, aspetti che mirano a “distruggere l'egoismo”, cuore pulsante della concezione borghese del mondo, per far prevalere l'interesse comune.

E che permette la libertà religiosa, ma la considera un fatto privato.

E già allora il Sen. Colombo racconta di come Zhou Enlai, Primo Ministro del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, parlava di “superamento di un mondo bipolare”, auspicando la fondazione di un nuovo ordine, fondato sull'amicizia fra le nazioni, sulla base del mutuo rispetto.

Il caro amico prof. Giancarlo Elia Valori, importante manager e analista geopolitico, da moltissimi anni ci parla della Cina socialista, della necessità di studiarne il sistema e di cooperare con essa, promuovendo il sistema del BRICS.

In un suo importante articolo, il prof. Valori ha scritto: La modernizzazione cinese non è una visione che la Repubblica Popolare vuole imporre ad altri Paesi, come il caso dei tentativi d’occidentalizzazione che a tutti i costi quel sistema di produzione cerca d’imporre al mondo. Cercare la soddisfazione per il popolo cinese e il ringiovanimento della nazione è la missione base della modernizzazione cinese” (...) L’era del socialismo con caratteristiche cinesi fornisce una garanzia istituzionale più completa, una base materiale maggiormente solida, nonché una forza spirituale più attiva verso la modernizzazione nazionale. Si combinano i principi fondamentali del marxismo con caratteristiche cinesi attraverso la realtà specifica della Cina e con la sua cultura tradizionale. La spinta alla modernizzazione, l’approfondimento della sua comprensione teorica, la continua maturazione strategica e l’arricchimento della pratica, sono state avanzate in una serie di idee, nuovi punti di vista e lungimiranti conclusioni, che arricchiscono e sviluppano teorie modernizzatrici. Essa è una nuova analisi delle teorie che hanno promosso da anni le conquiste e i cambiamenti storici del Paese”.

E, nell'agosto del 2023, il prof. Valori scrisse, confermandosi ancora una volta profetico: “il gruppo BRICS è aperto ad aiutare i Paesi a svilupparsi, così come a promuovere gli investimenti e il commercio, e non impone mai precondizioni.

Ancora più importante, il gruppo BRICS difende la multipolarizzazione e il multilateralismo. Difendendo il multilateralismo, i Paesi BRICS lottano contro il concetto di Guerra Fredda ed aprono alla possibilità di costruire un ordine economico internazionale più giusto ed equo, da cui il mondo può trarre beneficio”.

Ed ha concluso il suo intervento sottolineando come Le economie emergenti, in particolare i Paesi BRICS, hanno sperimentato un’economia di vigorosa crescita e sono diventati importanti motori dello sviluppo economico globale. Tuttavia, di fronte a questi cambiamenti, i Paesi europei non hanno risposto attivamente. A parte le aspirazioni della Francia alla ricerca dell'autonomia strategica europea, esempi dall'Italia e altri Paesi parlano da soli: opportunità di sviluppo mancate, ostacoli terroristici, ignoranza e incompetenza politica”.

E siamo sempre lì.

Con una UE la cui classe dirigente non ne ha azzeccata una.

Una UE la cui classe dirigente sostiene una autocrazia di destra guidata da un comico che non vuole minimamente il dialogo; una UE che sostiene un riarmo inutile e costoso (mentre il comparto pubblico viene sempre più ridotto all'osso); una UE e una classe dirigente italiana che non fa nulla per arginare e colpire con forza il fenomeno delle baby gang e non fa nulla per combattere una violenza dilagante e gratuita che colpisce i settori più indifesi della società (dalle donne agli anziani) e non fa nulla per porre un argine a una società sempre più consumista, sempre meno moralizzata, sempre meno ordinata e civile.

E' facile sbandierare per anni, in campagna elettorale, lo slogan “sicurezza, sicurezza”. E parlare di “sicurezza internazionale”, ma in entrambi i casi senza sradicare le ragioni che portano all'instabilità e al caos.

La Repubblica Popolare Cinese, su questo, ha moltissimo da insegnare, ma occorre approfondire senza pregiudizio, con spirito pragmatico e da costruttori di ponti, come lo erano Nenni, Craxi, De Michelis, il Sen. Colombo e come lo è il prof. Valori.

Costruttori di ponti nel senso più serio del termine e non da boutade da fiction televisiva quale è quella del “ponte sullo Stretto di Messina”, intendiamoci.

A parlare, del resto, saranno i fatti, geopolitici ed economici, come sempre.

Spiace certo, che l'Italia, un tempo governata con serietà dal Centro-Sinistra (unico e autentico, quello formato da PSI – PSDI – PRI – DC - dal 1948 al 1993), sia finita molto male, con una classe dirigente di eredi del post PCI e del post MSI non adeguata alle necessità del Paese e della Storia.

Spiace altrettanto che l'UE, sognata da Ernesto Rossi, Altiero Spinelli e Eugenio Colorni e sostenuta un tempo da ideali socialisti, repubblicani, democratici, sia finita ben presto nelle mani di euro-burocrati e di fondamentalisti di un atlantismo irresponsabile e fuori tempo massimo.

Molti di noi rimpiangono Silvio Berlusconi, certo. Nel bene o nel male, molte cose le aveva dette e comprese. Nemmeno i suoi, alla fine, lo hanno ascoltato.

Siamo al punto in cui siamo. Ma i fatti parlano.

Chi, come la Cina, ha saputo imparare dalla Storia e dai suoi errori, ha oggi molto da dire e anche molto da insegnare. Chi non ha imparato... presto o tardi finirà per imparare, purtroppo a spese di tutti noi.

Luca Bagatin

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