Hugo Chavez Frias, il Presidente che
viene dalla periferia, nato a Sabaneta, piccola cittadina dello Stato
venezuelano di Barinas.
E proprio nella periferia di Roma,
ironia della sorte, è stato presentato un bellissimo saggio a lui
dedicato, scritto dalla giornalista Marinella Correggia che il 25
giugno scorso, presso la Biblioteca Vaccheria Nardi di Via Grotta di
Gregna, ha infatti intrattenuto appassionati e lettori con il suo “El
presidente de la paz” (Sankara Edizioni).
El presidente de la paz è lui, Hugo
Chavez, purtroppo scomparso nel 2013 per un tumore, e che ha guidato
il Venezuela dal 1999 sino alla sua morte.
A Chavez ho dedicato numerosi articoli,
alcuni dei quali saranno anche presenti nel mio prossimo saggio
“Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore” e per
me è il Giuseppe Garibaldi del XXIesimo secolo.
La particolarità del saggio di
Marinella Correggia è che si vanno a toccare tematiche meno
conosciute e più di scottante attualità geopolitica. Il ruolo del
Presidente Chavez, del Venezuela e dei Paesi dell'Alba (Alleanza
bolivariana per le Americhe, comprendenti Venezuela, Cuba, Nicaragua
e Bolivia) per la prevenzione delle guerre e dei conflitti
internazionali.
Guerre che, come ben sappiamo, sono
foriere di un'immigrazione forzata, di un vero e proprio sradicamento
di persone dalle proprie terre d'origine, con il conseguente
sfruttamento nei Paesi occidentali, falsamente definiti “democratici”
(visto anche che spesso hanno causato quelle guerre !).
Pensiamo alla guerra in Iraq durata
dagli Anni '90 sino a pochi anni fa e a quella dell'Afghanistan,
ennesime guerre per le risorse petrolifere e spacciate per
“interventi umanitari”, per “guerre preventive” o peggio
ancora di “esportazione della democrazia”. Guerre fatte sulla
pelle dei popoli e di bambini inermi. Veri e propri crimini contro
l'umanità commessi da Capi di Stato presunti democratici (solo
perché eletti !) quali i Bush e Tony Blair, denunciati più volte
dallo stesso Chavez, il quale più volte ne ha chiesto
l'incriminazione in sede internazionale, ma ancora oggi rimasto
inascoltato.
Pensiamo alla guerra in Libia del 2011,
all'invasione franco-anglo-statunitense – un vero e proprio Asse
della Guerra - di uno Stato sovrano, spacciata anch'essa per
“protezione dei civili e dei diritti umani”. Civili che, intanto,
sono stati bombardati dall'Occidente (sic !). La medesima cosa,
peraltro, è accaduta in Siria e ne pagano le conseguenze interi
popoli, costretti peraltro a migrare in quell'Occidente che li ha
sfruttati e sfrattati per secoli e continua a farlo, chiudendo le
porte come fa la Francia, i cui governi hanno le mani sporche di
sangue sin dai tempi della Guerra d'Algeria degli anni '50 e '60.
Purtuttavia sono considerati “civili e democratici” e finanche
“repubblicani” (sic !). Mai terroristi. Stranamente. E così gli
USA di Barack Obama, che ha ricevuto un Premio Nobel per la Pace in
modo totalmente ingiustificato e ingiusto. Perché chi uccide e
bombarda, tutto è tranne che un uomo di pace.
In tutto ciò l'azione dei Paesi
latinoamericani dell'Alba. Hugo Chavez in prima linea per trovare una
soluzione che evitasse l'intervento della Nato in Libia come in
Siria, tentando anche di coinvolgere i Paesi fratelli e non allineati
dell'Africa, ma senza purtuttavia successo. Le forze dell'Asse della
Guerra Nato-petromonarchie saranno infatti troppo forti. E
riusciranno a coinvolgere tutta l'Europa, persino l'Italia (che pur
con Gheddafi aveva raggiunto un ottimo accordo) con l'avallo del
Presidente Giorgio Napolitano, il quale – come ricordato nel saggio
di Marinella Correggia – assumerà un ruolo interventista e quindi
anticostituzionale, a cento anni dalla colonizzazione italiana della
Libia (sic !).
Solo i Paesi dell'Alba e gli altri
Paesi latinoamericani che guardano al Foro di San Paolo, fra cui il
Brasile e l'Argentina, si oppongono alla guerra imperialista in Libia
e Siria, spacciate anche dai social-network come delle guerre di
librazione nazionale (sic !).
Una guerra che, ancora una volta, mira
all'accaparramento delle risorse petrolifere ed economiche. Fanno
gola infatti soprattutto le riserve libiche collocate nelle banche
occidentali. Una guerra che, oggi, ci ha consegnato l'attuale
situazione di migrazione di massa e ci ha consegnato l'Isis, per
decenni finanziato dagli amici degli Stati Uniti d'America, come di
recente raccontato dall'ex generale Wesley Clark, in funzione
anti-sciita. Ma nessuno ne parla. Nessuno ha memoria del suo passato,
anche perché i governi ed i media hanno fatto in modo di distorcerlo
ad uso e consumo di chi sulle guerre lucra e continua a lucrare:
governi, sistema bancario, multinazionali...oltre che le cooperative
mafiose di casa nostra. Come abbiamo ben visto con la recente
inchiesta su mafia Capitale.
E continueranno a farlo se seguiteremo
a delegare ad altri, se seguiteremo a rinunciare alla nostra
sovranità ed alla cooperazione internazionale. Che poi è la nostra
libertà e quella di tutti i popoli della terra.
Marinella Correggia, nel raccontare di
questo - che è peraltro il fulcro del suo saggio su Chavez -
racconta la suggestione di un economista gandhiano durante la Guerra
di Corea, J.C. Kumarappa, il quale fece un appello a tutti i Paesi
non allineati della Terra - spesso appartenenti al cosiddetto Terzo
Mondo - affinché si coalizzassero in termini di cooperazione
economica in chiave anti-bellica e dunque anti-statunitense, oltre
che anti-sovietica. E ciò proprio al fine di costruire una
prospettiva di pace, al di fuori dei due blocchi, capitalista e
comunista. Il suo pensiero, purtroppo, non influenzò per nulla la
nostra vecchia Europa, la quale è sempre finita fra i Paesi
belligeranti e si è resa colpevole, come abbiamo già detto, di
milioni di morti fra i civili.
Il saggio di Marinella Correggia è
dunque un pretesto per parlare di chi ha lavorato contro le guerre
nel mondo, a quarant'anni, peraltro, della fine della Guerra in
Vietnam. E per parlare inevitabilmente di anticolonialismo e di
antimperialismo, ovvero di sovranità nazionale, oltre che delle
prospettive ecosocialiste del Venezuela chavista.
Un Venezuela che, assieme alla Cuba dei
fratelli Castro, alla Bolivia di Morales ed al Nicaragua del
sandinista Ortega, si è subito adoperato per una prospettiva
umanitaria e proprio per questo, nel 2002, è stato destabilizzato da
un colpo di Stato finanziato dagli USA e nel 2014, il governo del
chavista Maduro ha subìto l'attacco da parte dell'opposizione di
destra – sostenuta dai ricchi oligarchi – attraverso violente
manifestazioni di piazza.
Il secondo capitolo de “El presidente
de la paz” pone in parallelo la vicenda di Hugo Chavez con quella
di Thomas Sankara, Presidente per soli quattro anni del Burkina Faso,
assassinato nel 1987 a soli 38 anni nel corso di un colpo di Stato.
Anche Sankara, come Chavez, fu un
sognatore con i piedi per terra,
un lucido utopista, un rivoluzionario non a caso definito il “Che
Guevara africano”, che avviò una serie di progetti di lotta ai
privilegi ed agli sprechi e di sviluppo nazionale che permisero al
Burkina Faso di essere indipendente economicamente e socialmente,
senza per forza dover dipendere da organismi esterni, usurai ed
oligarchici quali il Fondo Monetario Internazionale.
Dei progetti che permisero ai cittadini
di avere due pasti al giorno, l'acqua, l'assistenza sanitaria
gratuita, un programma di istruzione gratuita, di rimboschimento, di
redistribuzione delle terre e di politiche in favore delle donne,
contro l'infibulazione genitale femminile e la poligamia.
Progetti che richiamano il “Plan de
la Patria 2013 – 2019” avviato da Hugo Chavez che, oltre a
richiamare principi di collaborazione geopolitica fra i Paesi del Sud
del Mondo in chiave antimilitarista, propone un progetto di
autogestione delle imprese da parte dei lavoratori, le cosiddette
comunas ed un progetto
ecosocialista che vada oltre l'estrattivismo petrolifero e che punti
allo sviluppo delle energie e delle risorse rinnovabili.
Ecco
che, dunque, Marinella Correggia con il suo piccolo saggio - i cui
proventi peraltro andranno all'opera dei Fratelli maristi, i quali
gestiscono un ospedale ad Aleppo - in Siria - e varie attività
sociali, assistenziali ed educative – ci ha aperto un mondo,
misconosciuto ai più.
Il
mondo dei poveri e dei diseredati. Degli abitanti delle periferie del
mondo, dei socialisti del XXIesimo secolo, dei bolivariani, dei
sandinisti, degli amici di Sankara. Di coloro i quali, sfruttati da
secoli di colonialismo e di neo-colonialismo, hanno ricercato una
loro via di liberazione che è ogni giorno messa a rischio dai
Signori della guerra, dai signori del danaro. Dai tiranni senza
cuore, ovvero senza amore, che si proclamano, a torto, difensori di
una libertà e di una democrazia che non conoscono.
Luca
Bagatin