Filippo Corridoni |
Il sindacalismo rivoluzionario sembra
sempre essere marginalizzato dalla cultura in generale ed italiana in
particolare, preferendo privilegiare la storia del socialismo
riformista e del comunismo.
Il sindacalismo rivoluzionario, che
ebbe fra i suoi massimi teorici il socialista rivoluzionario Georges
Sorel, ad ogni modo, trae linfa in Italia dal Risorgimento mazziniano
e garibaldino, oltre che dal socialismo libertario del già
mazziniano Carlo Pisacane, il quale, non a caso, redasse il suo
“Saggio sulla rivoluzione”.
Il sindacalismo rivoluzionario, oltre
ad attingere a parte del pensiero mazziniano e marxista, fu
influenzato particolarmente dall'anarchismo di Proudhon.
La visione dei sindacalisti
rivoluzionari italiani – come ricorda il giovane storico Luca Lezzi
nel suo breve saggio su “Filippo Corridoni – un sindacalista
rivoluzionario” (Edizioni Circolo Proudhon) – era l'idea di
un'Italia economicamente liberista, socialmente industriale e
operaia, politicamente repubblicana, federalista e libertaria, con un
nazionalismo di stampo sindacalista, comunale e federativo.
I massimi esponenti del sindacalismo
rivoluzionario italiano furono Alceste De Ambriis (1874 – 1934) –
già eroe della dennunziana Repubblica di Fiume ed autore della sua
Costituzione, ovvero l'avanzatissima “Carta del Carnaro” - e
l'amico Filippo Corridoni (1887 - 1915) al quale, appunto, lo storico
Luca Lezzi dedica il suo raro saggio.
Raro saggio a rara figura, così come
raro fu l'esempio dei legionari dannunziani di Fiume, che
contribuirono a fondare la prima Repubblica libera e libertaria che
la Storia abbia mai conosciuto (con tanto di libertà di culto,
libertà di costumi sessuali, libertà di divorzio, garanzie per i
meno abbienti...).
Alceste De Ambriis e Filippo Corridoni,
non a caso, daranno vita, nel 1912, all'Unione Sindacale Italiana
(USI) - in contrapposizione alla Confederazione Generale del Lavoro
(CGL) – sindacato ancora oggi attivo e rappresentante
dell'anarcosindacalismo e del socialismo libertario.
Alceste De Ambriis |
Forti dei loro ideali, De Ambriis e
Corridoni porteranno avanti le loro proposte eminentemente sindacali,
ovvero antistataliste, antiburocratiche e contro ogni protezionismo,
attraverso un percorso rivoluzionario, sindacale ed antiparlamentare
fatto di rivendicazioni e scioperi animati.
Lo stesso Benito Mussolini, ai tempi
socialista, rimarrà impressionato dall'ardimento del Corridoni al
quale, una volta diventato Duce, dedicherà addirittura una città –
Corridonia, in provincia di Macerata – tentando di accaparrarsene
il pensiero. Purtuttavia sappiamo bene come il fascismo –
statalista, autoritario e borghese - fosse lontanissimo dagli ideali
sindacalisti rivoluzionari di Corridoni, De Ambriis e compagni, al
punto che ne rimarranno delusi persino i Delio Cantimori ed i Curzio
Malaparte, già di provata fede mazziniana ed anarchica, i quali
aderirono in un primo tempo al fascismo in quanto ritenevano che
questo rappresentasse gli ideali rivoluzionari di Mazzini e di
Corridoni. Così, come sappiamo, non fu.
Alceste Da Ambriis, dopo l'Impresa di
Fiume, aderirà all'antifascismo, mentre Filippo Corridoni morirà
prima, come volontario nella Prima Guerra Mondiale a San Martino del
Carso, nel 1915, con un colpo di fucile in fronte, così come egli
stesso avrebbe voluto da interventista, ritenendo che l'intervento in
guerra dell'Italia rappresentasse il completamento dell'Unità
nazionale e potesse essere di beneficio alle classi proletarie.
Nel già citato saggio di Luca Lezzi
“Filippo Corridoni – un sindacalista rivoluzionario”, in
appendice è presente un interessante scritto del Corridoni,
dall'emblematico titolo “Sindacalismo e Repubblica”. In esso il
Nostro critica fortemente la classe borghese, parlando forse per la
prima volta di quel “capitalismo straccione” che ha sempre
caratterizzato buona parte della grande impresa italiana, ovvero
quella che, per non perdere i propri guadagni, si è sempre affidata
alla protezione dello Stato. Di qui la sua lotta contro il
protezionismo e la burocrazia; la proposta di federare le province
italiane al fine di decentrare il potere amministrativo; la proposta
- peraltro mutuata da Giuseppe Garibaldi - di creare una “nazione
armata”, ovvero l'abolizione dell'esercito permanente permettendo
ai comuni cittadini di possedere armi al fine di difendersi da
invasioni esterne, sul modello svizzero; la soppressione della
polizia di Stato in favore di polizie comunali; il diritto di
referendum (sistema peraltro già sperimentato nella libera
Repubblica di Fiume); la lotta all'emigrazione di massa e
l'istituzione della democrazia diretta in luogo del parlamentarismo
che, nei fatti, non ha mai rappresentato davvero le necessità dei
cittadini.
Prospettive, quelle dei sindacalisti
rivoluzionari e di Filippo Corridoni in particolare, davvero di
stretta attualità. Oscurate purtroppo dai cosiddetti “vincitori”:
prima dai fascisti che tentarono, a fini propagandistici, di fare
proprio il mito di Mazzini, Garibaldi e Corridoni; successivamente
dai social-comunisti e dai loro eredi “democratici” o
“social-democratici” che, preferendo la via parlamentaristica,
finiranno per diventare i migliori amici dei borghesi ed oggi – non
a caso - i migliori e maggiori sostenitori della globalizzazione
capitalistica.
Ad ogni modo l'esempio di questi eroi
rimane, così come le loro proposte, che, oggi, andrebbero
assolutamente riprese e rese attuali.
Luca Bagatin