Cedere il passo alla
globalizzazione ed al capitalismo significa, in sostanza, cedere il
passo al materialismo, al nichilismo, alla distruzione di ogni
identità, comunità e civiltà in nome dell'individualismo,
dell'egoismo e del narcisismo.
Questo il contesto nel
quale si è sviluppata e si trova a vivere la "Generazione
Erasmus", descritta dal saggista Paolo Borgognone nell'omonimo
saggio dal titolo "Generazione Erasmus - I cortigiani della
società del capitale e la guerra di classe del XXI secolo",
edito di recente da Oaks Editrice (www.oakseditrice.it)
con prefazione di Francesco Borgonovo.
Ma che cos'è la
Generazione Erasmus, secondo Borgognone ?
E' la massa di giovani
sradicati dalla comunità originaria di appartenenza inviata in giro
per l'Europa, culturalmente senza classi sociali e dedita a piaceri
materialisti effimeri veicolati dalla pubblicità commerciale.
E' la massa di giovani
che vuole lasciare il proprio Paese per "cercare fortuna
altrove", spesso non pagata o sottopagata in una società
capitalistica che ormai "vende sogni", ma non assicura
alcun tipo di stabilità (economica, sociale, sentimentale,
spirituale...).
E' la massa di giovani
"flassibili" e "disponibili", spedita qua e là a
seconda delle necessità del mercato. Mercato che genera bisogni e
consumi indotti in una spirale senza fine, ma che crea l'illusione
nei suddetti giovani che il divertimento per loro sarà sempre
assicurato attraverso quella che Borgognone definisce l'"industria
globale dell'entertainment", ma che, come rilevato dal
medesimo autore "sono costretti a sposarsi a 45 anni poichè
disoccupati o precari".
La "Generazione
Erasmus" è dunque figlia della dottrina liberale che si fonda
"sull'esaltazione strumentale dei vizi dell'uomo mercantile,
individualista, rapace e dedito al perseguimento con ogni mezzo,
lecito e illecito, dell'accumulazione capitalistica (illimitata) di
beni e status sociale (...)".
Dottrina liberale che
l'autore del saggio ritiene abbia subìto un acceleramento dal 1989
ad oggi ove, crollato ad Est il comunismo, è diventata il perno
dello sdoganamento del capitalismo assoluto in tutta Europa.
Capitalismo assoluto che
ha significato per i popoli europei l'avvento del modello unico a
guida statunitense fatto di: flessibilità e precarietà economica;
distruzione del Welfare attraverso i tagli imposti dal Fondo
Monetario Internazionale; sradicamento culturale e identitario,
attraverso un cosmpolitismo imposto e funzionale alla flessibilità
del mercato di cui sopra.
A tale modello Paolo
Borgognone, in linea con il pensiero dei filosofi Michéa, Lasch e De
Benoist, contrappone la visione populista e socialista originaria,
ovvero critica nei confronti del mercato e del capitalismo e
alternativa alla visione delle élite finanziarie e politiche,
composte da una destra ed una sinistra liberali: la prima a tutela
dei ceti più ricchi, la seconda a tutela unicamente delle libertà
civili, ma che non considera affatto i bisogni sociali e culturali
dei popoli.
Visione populista e
socialista originaria che l'Autore ravvisa in un'alleanza
antiglobalista che egli afferma potrebbe assumere la denominazione di
"socialismo patriottico", atta a ripristinare la
"sovranità democratica e nazionale dei popoli costituenti
l'umanità intera". Una sovranità, dunque, alternativa alle
regole del mercato e funzionale al recupero del primato della
politica e dei popoli sull'economia.
In questo senso, Paolo
Borgognone ravvisa nella filosofia della Nouvelle Droite di Alain De
Benoist, nei movimenti socialisti latinoamericani di ispirazione
bolivariana e peronista, nella filosofia eurasiatista del filosofo
russo Aleksandr Dugin e nel Partito Comunista della Federazione Russa
guidato da Gennadij Zjuganov, un sentimento anti-materialistico e
spirituale di risposta in chiave antiglobalista e anticonsumista allo
stato di cose presenti.
Nel suo corposo saggio,
che consta di ben 496 pagine (bibliografia esclusa), l'Autore
prosegue analizzando numerosi altri aspetti caratterizzanti l'attuale
momento storico e le attuali nuove generazioni. Ad esempio, sotto il
profilo sessual-sentimentale, Borgognone rileva come "nell'era
del capitalismo liberale e della società di mercato, infatti, si
parla continuamente di sesso ma la nuova morale commerciale imposta
dai liberal è in fin dei conti puritana, scoraggia le relazioni
sessuali e si limita a prescrivere, ai propri utenti e clienti di
ceto medio, alcune normative obbligatorie in materia di stili di vita
e gusti in fatto di mode della più svariata natura, vendute "ai
molti" come propedeutiche a facilitare l'accesso di massa alla
sessualità mercificata". In
sostanza, oggi, laddove la sessualità è esibita e ostentata in ogni
dove, si fa meno sesso e ancor meno l'amore. L'amore, infondo, è
ormai persino messo (e promesso) "in vendita" attraverso i
numerosi siti di incontri online. Non è più dunque amore inteso
quale senso profondo di comunione fra due anime affini, ma diviene
ancora una volta mezzo di scambio e di consumo, elevato a merce come
ormai ogni cosa (come l'amicizia, ormai scambiata attraverso qualche
clik nei più svariati sedicenti "social"network e atta
unicamente ad accrescere il patrimonio dei gestori dei medesimi
attraverso l'introduzione di banner pubblicitari o attraverso la
vendita, più o meno consentita, di dati personali).
L'Autore
non a caso parla dei "social"network come non-luoghi nei
quali "si posta forsennatamente ogni singolo pensiero
e ogni istantanea relativi a qualche esperienza percepita come à la
page e rapidamente consumata ma non si trasmette più alcun valore
positivo, ovvero incompatbile e svincolato da categorie
utilitaristiche di sorta".
Medesimo
aspetto, secondo l'Autore, avviene attraverso i talk show, i quali,
nelle loro forme più evolute hanno "lo scopo di
vendere un prodotto all'utenza diversificata a seconda del format in
questione".
In
tutto questo c'è da chiedersi dove sia la democrazia e dove si trovi
la libertà della persona di decidere autonomamente. Dov'è la sua
libertà di pensare con la propria testa e di formarsi una propria
autonoma opinione, senza essere condizionata e bombardata da messaggi
mercificatori di ogni sorta ?
Parlando
delle nuove generazioni "Erasmus", l'Autore afferma:
"L'isteria turistica che coglieva il tipo
antropologico giovanilistico contemporaneo era il frutto di un
processo di atomizzazione sociale, di atrofizzazione delle
sensibilità collettive, di rifiuto consapevole della riflessione e
dell'accezione signorile, cavalleresca, della nozione di sentimento,
nonché di polverizzazione di ogni forma di coesione delle comunità".
Il
giovane d'oggi è dunque uno sradicato che ha perduto ogni valore ed
ogni sensibilità cavalleresca che ha caratterizzato le generazioni
precedenti almeno sino al 1968, anno in cui, come ricordarono
criticamente gli intellettuali comunisti Michel Clouscard e Pier
Paolo Pasolini, i figli di papà presero il sopravvento credendo di
emancipare il mondo ed in realtà lo resero unicamente più schiavo
delle mode e del mercato.
All'incultura
d'oggi Paolo Borgognone contrappone il senso di comunità,
reciprocità, solidarietà, patriottismo e rispetto per le
differenze. Valori che egli ravvisa oggi presenti in maniera
preminente nella Russia Ortodossa (e personalmente aggiungerei anche
nell'America Latina socialista), che non a caso è vista con sospetto
dalle élite liberali borghesi propugnatrici del capitalismo assoluto
e del mercato ad ogni costo.
Ringrazio
l'Autore per avermi citato relativamente ad un articolo che scrissi
qualche anno fa e nel quale parlai dei Nazbol guidati dallo scrittore
russo Eduard Limonov, attualmente unica opposizione democratica
extraparlamentare a Putin e che, a differenza dei giovani borghesi
della Generazione Erasmis, sono poveri, emerginati, provenienti dalle
più remote periferie post-sovietiche e delusi dall'avvento del
capitalismo assoluto e dell'oligarchia e rappresentano un po' quella
richiesta di riscatto di molti giovani dell'Est e dell'Ovest oggi
sottopagati, precari, lavoratori in nero o nei call center per pochi
euro l'ora e snobbati dalla politica e dall'economia dominanti.
Il
saggio di Paolo Borgognone prosegue poi nell'approfondimento relativo
alle varie destabilizzazioni di governi sovrani laici e socialisti da
parte degli USA: dalla Libia di Gheddafi alla Siria di Assad sino
alla Jugoslavia e sempre in nome del modello unico mercatista da
imporre ovunque.
Fra
le riflessioni conclusive dell'Autore la seguente: "La
Generazione Erasmus è parte integrante del pensiero unico della
mondializzazione e della crisi antropologica dell'uomo contemporaneo
(di cui la crisi economico/finanziaria degli Stati non è che la
conseguenza diretta e perseguita), tanto che il motto identitario di
riferimento di questa nebulosa adolescenziale postmoderna è
"lassez-passer", ossia la formula di istituzione, sin dai
tempi del Codice napoleonico, del liberismo economico negli
ordinamenti giuridici di alcuni Paesi europei, Francia in testa.
L'obiettivo dei fautori dell'espansione ulteriore del capitalismo
liberale era infatti quello di "selezionare talenti per creare
più mobilità" finalizzata a facilitare interazioni continue
tra business school private internazionali e aziende che cercano
profili interessanti, ovvero personale da cooptare sulla base non
solo dei tecnicismi acquisti dagli studenti/clienti (...), ma anche e
soprattutto, di precise caratteristiche riconducibili a una fedeltà
ideologica a tutta prova".
Sino
a che, in sostanza, la Generazione Erasmus non prenderà coscienza di
sè e non inizierà a pensare autonomamente e a rifiutare i modelli
mercificatori imposti, rimarrà parte di un sistema tutt'altro che
libero e democratico.
L'Autore,
a conclusione, sostiene infatti che sia in atto un nuovo conflitto di
classe contemporaneo fra "i sostentori dell'ideologia
nichilista e giovanilista del presente sclerotizzato a guida
americanocentrica e i fautori della filosofia del Sacro, del Sovrano
e dell'Eterno".
Comunque
la si possa pensare, "Generazione Erasmus - I cortigiani della
società del capitale e la guerra di classe del XXI secolo" è
un testo che merita di essere letto ed approfondito sia per la
corposità dell'analisi e le numerose note a margine, sia per la
scottante attualità dei temi che porta all'attenzione del pubblico
spesso poco abituato ad approcci che vadano oltre la vulgata proposta
dai mezzi di comunicazione di massa.
Luca
Bagatin