giovedì 31 marzo 2016

"Amore e Libertà" per il SI al referendum anti-trivelle e per uno sviluppo che nasca dalla natura, dai sentimenti e dalla decrescita economica

Il pensatoio (anti)politico e (contro)culturale “Amore e Libertà” - i cui punti di riferimento telematici sono www.amoreeliberta.altervista.org e www.amoreeliberta.blogspot.it - si schiera per il SI al referendum anti-trivelle indetto per il 17 aprile prossimo.
Anzi, vorremmo andare oltre, in quanto perplessi nella prosecuzione dell'esistenza della stessa industria estrattivista, che andrebbe via via smantellata – in tutte le società civili - al fine di favorire le fonti alternative e la decescita economica.
Riteniamo infatti che il progresso tecnologico sia, nei fatti, all'origine della schiavitù del lavoro e del degrado del pianeta.
Concordi con i principi della decrescita enunciati dall'economista Serge Latouche; con gli studi relativi all'economia del dono portati avanti dall'antropologo Marcel Mauss (1872 – 1950) tipici delle Società/Civiltà Matriarcali; con i principi portati avanti dal filosofo Henry David Thoreau (1817 - 1862) e con gli esempi dello sviluppo sostenibile del “Buen Vivir” che provengono da Ecuador, Uruguay e Bolivia, proponiamo un ritorno alla natura. Vivendo del poco che essa ci possa offrire, tornando alle nostre radici e ritrovando una dimensione sentimentale e comunitaria dell'esistenza.
Unica alternativa all'auto-condanna alla schiavitù, all'egoismo, alle violenze, all'invidia e all'inquinamento atmosferico che l'edonismo crea.

Luca Bagatin
Presidente del pensatoio “Amore e Libertà”

Intervista di Luca Bagatin all'Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Dott. Julián Isaías Rodríguez Díaz

Del Venezuela, nella stampa italiana ed europea, si parla sempre poco e male. E così accade un po' per tutta l'America Latina, dalla quale, invece, avremmo molto da imparare e ad essa ci legano, non solo le comuni radici latine, ma anche un'antica storia di emigrazione italiana in quelle terre.
Ringrazio pertanto l'Ambasciatore della Repubblica Bolivariana in Italia Dott. Julián Isaías Rodríguez Díaz per avermi concesso questa intervista.

Luca Bagatin: I giornali italiani ed europei parlano di una situazione economica e sociale in Venezuela davvero disastrosa, in particolare dopo la morte del Presidente Hugo Chavez. Un fallimento del processo bolivariano e chavista, in sostanza.
Le cose stanno davvero così ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz: Vi è una strategia d’interessi stranieri affinché rimanga sfornito sia da dentro e da fuori. Nel linguaggio colloquiale si conosce come “GUERRA ECONOMICA CONTRO IL GOVERNO CHAVISTA”. E’ simile a quella contro Salvador Allende, nel Cile del 1973, e di fatto non ci sono grandi differenze con le sanzioni contro Cuba, soltanto che in Venezuela le Forze Armate non sono quelle cilene e per quanto riguarda Cuba, il Venezuela produce petrolio e non canna da zucchero. Si sostiene economicamente. Importa alimenti e internamente c’è stabilità militare. L'assenza del Comandante Chávez si sente. Tutti sapevamo - persino i nostri nemici - quanto sarebbe stato difficile mandare avanti il nostro processo senza Chávez. Nonostante tutto, siamo qui. Non è stato facile per le forze estranee al Paese smontare il processo politico pro-sovranità, d’integrazione, alternativo al capitalismo, anti neoliberale, partecipativo e conseguentemente vincolato alle idee concepite dal Presidente Hugo Chávez.
I prezzi bassi del petrolio hanno influenzato negativamente, ma iniziano a risalire. L’accaparramento, la mancanza di rifornimento e il controllo dell’offerta alimentare da parte dei settori transnazionali, ci fanno danneggiano, ma di recente la distribuzione incomincia ad essere sostenuta da organizzazioni popolari. Il para-militarismo colombiano è stato seminato in diversi punti del Paese e ci sono risposte positive. La società appare stremata, ma non sconfitta davanti alle aggressioni. Il solo fatto di non aver fallito socialmente e di avere cercato di uscire dalla crisi pacificamente, è un segnale positivo. Internamente l’opposizione è più logorata del governo, e anche questo è un segnale positivo. Ci sono delle risposte e ce ne saranno delle altre. Nonostante tutto crediamo che l’epilogo non sarà, come in passato, continentale o regionale. Geo-strategicamente la situazione mondiale è complessa e non si risolverà soltanto in un tavolo americano.


Luca Bagatin: Hugo Chavez ha aperto, dagli Anni '90 sino alla sua morte, ad un processo di possibile integrazione latinoamericana. Come mai, a suo avviso, non si è ancora riusciti – nonostante la vittoria alle elezioni in quasi tutti i Paesi dell'America Latina di governi socialisti, libertari e bolivariani – ad unificare davvero il continente Latinoamericano ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz: Il Colpo di Stato in Honduras arrestò il processo d’integrazione latinoamericana. O quantomeno lo rallentò. Successivamente, con il golpe in Paraguay, il capitale internazionale pretese di fermare il Mercosur (Mercato Comune dell'America Meridionale. N.d.A.). Non ci riuscì. La guerra dell’impero statunitense per riconquistare l’America Latina è stata forte. Con l’Alleanza del Pacifico si divise, ma non è riuscita ad istallare l’ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe- N.d.A.). Elettoralmente ha arrestato la rielezione di Evo Morales in Bolivia, è riuscita a dividere il movimento argentino e ha ottenuto una vittoria neoliberale con Macri quale Presidente. In Venezuela ha riconquistato uno dei cinque poteri pubblici, quello Legislativo. Sta facendo il possibile per evitare il trionfo di Lula in Brasile. Ma non riconquisterà mai l’antica maniera di pensare e neanche il nuovo ideale dei popoli latinoamericani.
Qui in America Latina si è radicata l’idea di integrazione, di sovranità, di un mercato più giusto, di una materia prima meno facile da acquisire, di un processo volto a creare un mercato con tecnologia propria, disposto a trasformare la propria materia prima o a commercializzarla in favore della propria crescita. Non si è riuscito per quanto prima detto, ad unificare e ad integrare il continente, ma neanche chi si oppone all’integrazione è riuscito negli obiettivi proposti con i trattati del libero commercio. Oggi li stanno spostando in Europa e in altri Paesi, dei quali soltanto quattro sono Repubbliche latinoamericane. E questo è già un passo avanti.


Luca Bagatin: Che cosa accadrà ora che il PSUV ha perduto le elezioni parlamentari e dunque è in minoranza in Parlamento ?
C'è il rischio che i partiti anti-chavisti possano davvero distruggere tutto quanto ha costruito la Rivoluzione Bolivariana dal 1998 ad oggi ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz: L’opposizione ha vinto la maggioranza parlamentare nelle elezioni del 6 dicembre 2015. Comunque non siamo un governo parlamentare. Più che presidenzialista, si tratta di un regime giudiziario in cui il Tribunale Supremo, tramite la Sala Costituzionale, interpreta la Costituzione e controlla le funzioni di ognuno dei poteri pubblici, evitando che l’uno invada le competenze dell’altro. Le decisioni del potere Legislativo devono essere sottoposte alle funzioni assegnate dalla Costituzione, senza dirottarle ad interessi che non siano legittimi.
Si sono già verificati alcuni tentativi di deviazione, ma il potere Legislativo ha dovuto fare marcia indietro. Le decisioni che il Legislativo può prendere non sono illimitate e possono essere annullate qualora non si aggiustino a quanto previsto dalla Magna Carta della Nazione.


Luca Bagatin: Cuba ha da sempre un rapporto privilegiato con il Venezuela. Ora che finalmente l'embargo è stato tolto, pensa che anche i rapporti fra Caracas e Washington potranno migliorare ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz: Crediamo che i rapporti fra Cuba e Washington miglioreranno, ma questo non significa che peggioreranno i rapporti con il Venezuela. Osserviamo attentamente tutti i dettagli della visita di Obama a Cuba: è stata preceduta dalla visita del nostro Presidente Maduro, il quale è stato insignito di una importante onorificenza nel corso della sua visita. E’ stata commentata la non partecipazione delle Forze Armate cubane durante la visita del Presidente degli USA, mentre un fatto contrario si è verificato durante la visita del Presidente venezuelano.
Fidel Castro continua ad essere un importante riferimento politico. Il Papa e Renzi lo hanno dimostrato. Ha ricevuto il primo, ma non il secondo e neanche Obama è stato ricevuto. A Maduro invece, Fidel Castro dedicato un’intera giornata. Le dimostrazioni di solidarietà cubane verso il Venezuela non si sono arrestate. Durante la visita di Obama hanno cercato di tirare fuori l’argomento “Venezuela” e si è astenuto di rispondere, ma non lo ha rifiutato.
Tutto migliorerà. Il mondo migliorerà. Tutti gli imperi finiscono.


Luca Bagatin: Quali rapporti vi sono fra il Venezuela e l'Unione Europea ed in particolare fra il Venezuela e l'Italia ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz: L’Unione Europea e l’Italia sono argomenti ben differenziati per il Venezuela, anche per l’Italia stessa. Il Primo Ministro è stato duro davanti alla centralizzazione sproporzionata dell’Unione Europea rispetto all’Italia. L’Unione Europea è stata sconsiderata e parzializzata politicamente contro il processo politico venezuelano. A nostro avviso si è lasciata influenzare dalla Spagna e da alcuni governi conservatori. Specialmente dal neoliberismo che porta avanti la politica dello sfruttamento. Le multinazionali ed il potere finanziario internazionale segnano le loro politiche, che non coincidono con quelle dell’America Latina in cerca della propria identità, integrazione, sovranità e capacità di negoziazione per difendere le proprie materie prime. Con l’ Italia, ciò nonostante, il Venezuela mantiene oggi dei buoni rapporti. Cerca di sviluppare il commercio d’importazione ed esportazione. Abbiamo bisogno di tecnologia agroalimentare e di trasporto ferroviario in particolare. Nel prossimo mese di maggio avrà luogo la riunione periodica italo-venezuelana. Ci sono dei temi interessanti da trattare da parte di entrambi i Paesi. Il nostro Ministero degli Esteri ha assicurato la propria presenza e, se non si verificano degli incidenti di percorso che ritardino la riunione, la stessa sarà un successo sia per l’Italia che per il Venezuela.

Luca Bagatin

lunedì 28 marzo 2016

I Curdi e la questione curda: una visita al centro culturale "Ararat" di Roma. Articolo di Luca Bagatin

Primavera '99. Porto di Trieste. Avevo vent'anni e portavo un paio di occhiali rotondi come Gandhi.
Ero un militante verde e fra noi - Verdi e Radicali - c'era un ragazzo curdo di cui non ricordo il nome. Fra noi ricordo l'amico del Partito Radicale John Fischetti, unico della brigata di allora che vedo e frequento ancora. E poi l'allora Assessore dei Verdi friulani Mario Puiatti, l'attivista del FUORI! Italo Corai, l'allora deputato Michele Boato e Renato Fiorelli. Eravamo una decina. Portavamo dei cartelli al collo sui quali vi era scritto: NO ALLA PENA DI MORTE IN TURCHIA.
Era il periodo in cui si parlava dell'entrata della Turchia nell'Unione Europea e della condanna a morte del capo del partito curdo PKK Ocalan.
Bloccammo simbolicamente dei tir turchi. Il nostro intento era del tutto pacifico e dimostrativo. Purtuttavia i camionisti non gradirono e, scesi dai tir, iniziarono ad assalirci. Il ragazzo curdo se la vide davvero brutta e, se non fosse stato per i militari della Guardia di Finanza, l'avrebbero certamente linciato. Fu allora che compresi che, ai turchi, i curdi non piacevano proprio.
Solo nel 2004 la pena di morte in Turchia sarà abolita. Ma l'odio per i curdi permane.
Primavera 2016. Roma, quartiere Testaccio. L'amica fotografa Maddalena Celano mi invita a visitare il centro culturale curdo “Ararat”, che prende il nome dal suggestivo monte della Turchia orientale. Maddalena mi scatta delle foto con Sara - una degli attivisti - e poi all'interno della struttura. Il centro sta rischiando la chiusura, proprio in questi giorni, a causa della scadenza della concessione con il Comune di Roma.
Kazim Toptas, il coordinatore del centro, mi mostra la raccomandata che ha ricevuto e che dice che, in sostanza, non è possibile procedere al rinnovo della concessione a causa di un “riordino del patrimonio capitolino”. E quindi ci vanno di mezzo i curdi rifugiati in Italia (l'altro centro culturale autogestito e concesso dal Comune è sito a Torino) che si ritroveranno, a giorni, sulla strada.
Faccenda davvero triste che, auguriamoci, si risolva nel migliore e più sensato dei modi.
Ma chi sono i curdi ?
“Siamo un antico popolo mediorientale che anticamente abitò la Mesopotamia”, mi dice Kazim. “Molti di noi sono zoroastriani, altri si sono islamizzati. Io sono alevita, come molti di noi, che è una religione che rispetta tutti e crede nell'uguaglianza fra uomini e donne”.
Sì, ma in Turchia siete perseguitati. “Sì, siamo perseguitati da sempre. In Turchia, Siria, Iran, Iraq... Per noi vige il regime di apartheid sin da quando non esiste più una nazione curda”.
Quindi, in sostanza, volete ricostituirne una... “No, alla maggior parte di noi non interessa. Quelli sono i nazionalisti, che vogliono una nazione indipendente. Molti di noi, me compreso, non la pensiamo affatto come i nazionalisti curdi. Siamo federalisti, anzi, crediamo nel confederalismo democratico, ovvero vogliamo solo essere rispettati nell'ambito delle nostre comunità autonome. Il nostro modello vorrebbe ispirarsi a quello svizzero. Crediamo nella democrazia diretta e nella tutela delle minoranze. Crediamo nell'uguaglianza di tutti, ad iniziare dalla parità di diritti fra maschi e femmine. Siamo per l'autogestione e pensiamo che solo questo sistema possa essere la chiave per superare non solo i nostri problemi, ma anche quelli di tutto il Medioriente diviso in tribù, piagato dal fondamentalismo islamico e dal capitalismo...”.
Infatti voi combattete il fondamentalismo islamico. “Sì, in Siria, a Kobane, a Rojava, vi sono i nostri combattenti dello YPG, soprattutto donne, che combattono l'Isis a fianco delle truppe regolari siriane”.
Quindi in Siria state con Assad. “Non ci fidiamo totalmente di lui. Noi siamo per la democrazia diretta e lui è Presidente della Siria solo perché figlio e erede di Hafiz-al-Assad, che un tempo ci perseguitava. Per noi rimane un dittatore, ma è certamente più democratico del turco Erdogan, che in Turchia ci massacra. Assad, che fra l'altro è di religione alevita come me, in cambio del nostro aiuto, ha promesso l'indipendenza del popolo curdo in Siria”.
E di Putin che ne pensate ? “Ci sta dando una mano, ma non ci fidiamo di lui. Lui pensa agli interessi della Russia, non a quelli del popolo curdo oppresso. L'unico leader che si pronunciò in favore del popolo curdo fu Gheddafi...ma è stato ucciso, come sappiamo”.
Kazim Toptas
Kazim, tu sei nato in Turchia. Com'è la situazione lì per voi ? “Brutta. Io sono fuggito dalla Turchia e sono un rifugiato politico. Il governo di Erdogan è autoritario, ci opprime ed impone la sua ideologia di Stato. Non riconosce i diritti delle donne, che per noi è una cosa fondamentale”.
Avete un vostro partito rappresentato in Parlamento comunque... “Sì, l'HDP, il Partito Democratico del Popolo, che è un partito che si ispira al socialismo libertario e all'ambientalismo e porta avanti la nostra idea di confederalismo democratico. E' l'unico partito curdo rappresentato in Parlamento. La nostra concezione di vita, come puoi capire e vedere, è basata sulla libertà di opinione, sul rispetto delle diversità, sulla laicità nel rispetto della visione spirituale di tutti. Sulla tolleranza”.
Eh sì, caro Kazim. Temo di capire perché in pochi parlano di voi ed in pochi hanno interesse ad abbracciare la vostra causa o, peggio, vi perseguitano.
Gesù Cristo fu messo in croce per lo stesso motivo.
E ora, che scrivo queste poche righe, una lacrima mi scende. Ma non è una lacrima di dolore, bensì di consapevolezza. La consapevolezza che dovete proseguire nella ricerca del vostro diritto ad autodeterminarvi, ad autogestirvi. A far conoscere la vostra cultura e la vostra concezione di vita che attinge dagli antichi insegmanenti di Zarathustra.

Luca Bagatin

Cuba e donne cubane: intervista amichevole di Luca Bagatin alla studiosa Maddalena Celano

Maddalena Celano, fotografa, laureata in filosofia all'Università degli Studi Roma Tre e dottoranda di ricerca in Studi Comparati presso l'Università Tor Vergata di Roma con una tesi su bolivarismo, educazione, femminismo e diritti civili in Venezuela e Cuba, è forse la persona più accreditata per parlarci della situazione che sta vivendo Cuba in questo periodo.

Avendo peraltro lei tenuto - sia a Malnate che a Roma (lo scorso 21 marzo) - delle conferenze dal titolo “Donne cubane: una Rivoluzione nella Rivoluzione ?”, ho pensato di proporle un'amichevole intervista relativa alla questione femminile nell'isola Caraibica.

Luca Bagatin: Bene Maddalena, prima di parlare, nello specifico, delle donne cubane, iniziamo con il dire che i tuoi studi e ricerche si sono incentrati molto sulla figura di Manuela Saenz de Thorne – soprannominata la “Libertadora del Libertador” - che fu compagna di Simon Bolivar e che influenzò molto il movimento di liberazione femminile in America Latina. Cosa puoi dirici di lei ?


Maddalena Celano: Manuela Sáenz Thorne fu una rivoluzionaria che combatté per l'indipendenza delle colonie sudamericane dalla Spagna. Fu molto vicina a Simón Bolívar, del quale divenne amante.

Manuela nacque dall'unione illegittima tra il nobile spagnolo Simón Sáenz Vergara e Maria Joaquina Aispuru, unione che provocò uno scandalo nella città di Quito.

Dopo la morte di sua madre, Manuelita fu ammessa al convento di Santa Caterina, nella città natale, dove in seguito fu cacciata per aver incontrato un giovane amante. All’epoca aveva soli diciassette anni e già mostrava interesse per la politica e l’ idea di emancipare il continente latinoamericano dall’oppressore spagnolo.

A Lima, nell'anno 1817, si sposa con un ricco mercante inglese, James Thorne. Da allora mantiene una doppia vita: da una parte svolge il ruolo di brava e rispettabile moglie, dall'altro aiuta i ribelli peruviani - guidati da San Martin – attraverso incarichi di messaggera, spia e addirittura soldatessa. Cosa assai rara per l'epoca.

Nel 1822 torna a Quito nella casa natale, abbandonando il marito. La città andina aveva appena ricevuto la visita di Simón Bolívar e quindi del "liberatore delle Americhe" di cui si innamora.

Nel 1823 Simón Bolívar entra a Lima e, tre anni dopo, una rivolta fa di Manuela un’esiliata. Nel 1828 Manuela salva fra l'altro il Libertador da un’ attentato.

Nel 1834 fu esiliata in Giamaica e l'anno successivo si trasferisce a Paita, dove visse fino alla sua morte. A Paita ricevette visite prestigiose come quella di Herman Melville, nel 1841 e di Giuseppe Garibaldi nel 1851.



Luca Bagatin: Manuela Saenz de Thorne ha influenzato dunque molto i movimenti di liberazione femminile latinoamericani, che sono, fra l'altro, molto attivi anche ai giorni nostri ed oggetto dei tuoi studi. Cosa puoi dirci in merito ?

Maddalena Celano: Dopo aver impedito un tentativo di assassinio contro Bolívar e aver facilitato la sua fuga, tutti cominciarono a chiamare Manuelita "Libertadora del Libertador”, ovvero liberatrice del liberatore e fu una delle poche donne celebrate con molti onori. Per molti anni dopo la sua morte i contributi di Manuela Saenz de Thorne alle rivoluzioni del Sud America furono soppressi e anche quelli di Bolívar rivissero solo un decennio più tardi. Ma, mentre lui fu restituito alla memoria al rango di eroe, il ruolo di Manuelita, in generale, fu trascurato sino alla fine del Ventesimo Secolo, se non proprio calunniato e oggetto di invidia e di numerose dicerie.

Nonostante sia stata proprio lei la custode di importanti segreti militari sulla rivoluzione in corso, e, nel 1819, quando Simon Bolivar partecipò alla liberazione della Nuova Granada, fu proprio Manuela Sáenz a diventare membro attivo nella cospirazione contro il Vicerè del Perù. Manuelita scambiò numerose lettere d'amore con Bolívar, lo visitò mentre si trasferiva da un paese all'altro, sostenne la causa rivoluzionaria con la raccolta di informazioni, distribuzione di volantini, e protestò affinché alle donne venissero concessi più diritti. Come una delle prime donne coinvolte nella causa rivoluzionaria, Manuela ricevette l' ammissione all' Ordine del Sole, onorando i suoi servizi alla rivoluzione. Nonostante ciò, per lunghi anni, almeno fino agli inizi del terzo millennio, Manuelita fu “demonizzata” e rappresentata esclusivamente come donna indecorosa, promiscua, indegna. Insomma, un esempio da non imitare per ogni donna desiderosa di rispettabilità.

Solo dal 2002 l’immagine di questa donna ed il suo grande valore civico-militare venne rivalutato ed elevato a modello di valore patriottico, sociale e civile.

Il 13 novembre 2006, l'ecuadoregno Teatro Teatro Nacional Sucre realizzò in anteprima l'opera “Manuela y Bolivar” del compositore ecuatoriano Diego Luzuriaga, acclamato dalla critica internazionale. Solo il 5 luglio del 2010 le spoglie simboliche di Manuela Sáenz troveranno degna sepoltura in Venezuela, poiché le sue spoglie reali finirono in una fossa comune. Attualmente si trovano nel Pantheon Nazionale del Venezuela, accanto a quelle del suo amante, Bolívar.





Luca Bagatin: Parliamo di Cuba e della Rivoluzione di Fidel e di Che Guevara. I movimenti di liberazione femminile hanno influenzato questo processo? E se sì, in che modo ?

Maddalena Celano: Alcune donne cubane, come Haydee Santamaria e Celia Sanchez, hanno combattuto con Castro sin dal suo primo tentativo di Rivoluzione nel 1953 e sono tornate a lottare con lui sino al successo del 1959. Nel Museo della Rivoluzione all'Avana si possono trovare foto a grandezza naturale di queste donne. Tali rivoluzionarie dissero: "Preferiamo lottare al fianco degli uomini piuttosto che fare il bucato". Nel 1960 nacque la Federazione delle Donne Cubane (FMC), un’organizzazione nata con il compito di occuparsi dell’istruzione di tutte le donne, di formarle professionalmente e assisterle nella vita sociale e civile. Oggi il Congresso Cubano è costituito da un 22% donne e il 50% dei medici cubani sono donne. Le donne cubane partecipano in massa al lavoro politico e spesso ricoprono incarichi di prestigio negli ambiti della ricerca scientifica, in quelli artistici e culturali. Tuttavia gli uomini continuano a detenere un numero sproporzionato d’incarichi di potere politico ed economico. L'80% delle donne cubane appartiene alla FMC. L’ attuale Codice di Famiglia Cubano prescrive che uomini e donne condividano, in modo uguale, i lavori domestici e la cura dei figli.





Luca Bagatin: A Cuba e in America Latina in generale ha sempre pesato molto una certa (in)cultura “machista”, che ha reso difficile sia la vita delle donne che degli omosessuali. La Rivoluzione ha cambiato la vita delle donne a Cuba ?

Maddalena Celano: Direi di sì, considerando che le donne cubane, soprattutto le donne rurali ed afrodiscendenti, non avevano il benché minimo accesso ad un’ istruzione di base ed alle cure igienico sanitarie. Le Nazioni Unite registrarono, nel periodo pre-rivoluzionario, un’impennata di mortalità infantile e un’impennata di donne morte per parto a causa di condizioni igieniche precarie e instabili. Numerosi studiosi statunitensi contestano questa tesi rilevando che, sin dal periodo pre-rivoluzionario e “liberale”, le donne cubane avevano accesso al voto, all’attività politica, alla ricerca e all’insegnamento. Ritengo le tesi portate avanti da alcuni intellettuali “pro-USA” superficiale e faziosa. I “gringos” dimenticano che si trattava, in qualunque modo, di “privilegi” indirizzati alle donne bianche della media ed alta borghesia cubana che viveva nell’area urbana. Formalmente, le donne cubane avevano accesso al voto, all’attività politica, alla sanità e all’istruzione - che nell’epoca pre-rivoluzionaria, era prevalentemente privata - ma “di-fatto” le donne rurali - direi la netta maggioranza delle donne cubane - e le afrodiscendenti - circa il 15% del totale delle donne cubane - non ne aveva accesso poiché eccessivamente povere, eccessivamente isolate e scollegate dalla vita attiva e lussuosa delle grandi città. All’epoca, a Cuba, vi era il grande problema causato dalla scarsità di contatti e trasporti tra le aree rurali e le aree urbane dell’isola. Problema che tutt'ora non è stato ancora superato. Il Regime Castrista ha avuto l’astuzia di “ovviare” alla scarsità dei trasporti e dei contatti tra le due aree inviando “brigate” di volontari e militari nelle aree rurali al fine di fornire istruzione, medicine, cibo e servizi assistenziali per i lavoratori rurali. Perciò la vita delle donne rurali migliorò notevolmente proprio con la Rivoluzione Castrista. Durante il periodo pre-rivoluzionario, ma anche durante il periodo post-rivoluzionario - direi sino al 1992 - la vessazione contro i gay a Cuba era estremamente diffusa. L’omosessualità, considerata alla stregua di una malattia contagiosa, veniva perseguita con l’ emarginazione o la “messa alla berlina” delle persone omosessuali. Nei primi anni ’60, a Cuba, gli omosessuali venivano internati in unità speciali per non “contagiare” militari o attivisti-rivoluzionari. Dal 1992 la situazione è cambata ed è stato istituito il CENESEX, ovvero un istituto di Studi di Sessuologia che si occupa anche della formazione e della promozione dei diritti-civili: si batte per un’ulteriore promozione del ruolo femminile nella società e per l’ eliminazione di ogni genere e forma di omofobia ed trans-fobia.

In questo momento, a Cuba, le persone omosessuali e transessuali hanno libero accesso a consulenza legale gratuita in caso di violenze subite, assistenza sanitaria e psicologica e operazioni di “cambio-sesso”. Tutto a spese dello Stato. Oggi, a Cuba, discriminare o emarginare una persona a causa dell’orientamento sessuale è considerato un reato ed è perseguito con pene piuttosto severe.





Luca Bagatin: Oggi le donne cubane possono dirsi emancipate? Parrebbe che la prostituzione sia ancora molto diffusa...

Maddalena Celano: Anche se la rivoluzione del 1959 ha tentato di eliminare la prostituzione integrando le ex prostitute nei lavori agricoli o artigianali e nella vita civile, nel 1989, con il “periodo-especial”, ovvero dopo la caduta del Muro di Berlino, si è registrata un’inversione di tendenza. L’aumento del turismo, che fu abbracciato come una soluzione ai problemi economici di Cuba, ha portato ad un riemergere di tale forma di oppressione. Una grave perdita per le donne cubane è la recente dissoluzione del gruppo femminista radicale Magìn che, nel 1996, nei suoi due anni di esistenza, focalizzò nei media e nella pubblicità lo sfruttamento delle donne e tentò di lottare contro il turismo sessuale. La Federazione delle Donne Cubane (FMC) si muove invece più lentamente ed in maniera più conservatrice nel contesto rivoluzionario, cercando di istituire norme e prassi che migliorino la condizione femminile all’interno dello Stato.

La maggior parte delle battaglie condotte dalla FMC come i diritti delle donne all'istruzione superiore, il congedo di maternità retribuito, le leggi a favore dell'infanzia, l’aborto libero e di controllo delle nascite, hanno avuto un enorme successo. Ha migliorato la qualità della vita delle donne cubane in modo considerevole.





Luca Bagatin: Cuba per molti è ritenuta una dittatura che, solo oggi, sta iniziando ad aprirsi – per così dire – alla democrazia. Quantomeno così i mezzi di comunicazione di massa dicono. Sei d'accordo ?

Maddalena Celano: Per quanto possa sembrare “eretica” e addirittura “incomprensibile” in un contesto egemonizzato dalle ideologie liberal-capitaliste e dal dogma della “democrazia-rappresentativa” di stampo ottocentesco e borghese, ovvero una forma di governo che ritengo essere in crisi in tutto il mondo e, ormai, antiquata nonché inefficace, farei enorme fatica a considerare il Regime Castrista una “dittatura”. Inoltre, su quali basi ? In base a quali criteri ? Se il criterio sono le “libere-elezioni”, ebbene, anche a Cuba ogni anno si svolgono libere elezioni, esattamente come da noi. Elezioni libere, controllate e presiedute dagli Osservatori Internazionali dell’ONU. In tutti questi anni gli Osservatori ONU non hanno mai registrato casi di brogli come invece accade spesso nelle nostre “democrazie”. Se il criterio è l’ esistenza di un pluri-partitismo e la presenza di un’attiva società civile, anche su questo Cuba risulta un’ anomalia internazionale, più che una “dittatura” intesa in senso classico. Non oserei definirla una “dittatura” benché il sistema sia radicalmente diverso da quello dominante nel nostro Primo Mondo. A Cuba l’unico partito ammesso è il Partito Comunista Cubano (PCC) ma, badate bene, i suoi membri non possono assolutamente candidarsi alle elezioni. E, allora, che partito elettoralistico è ? Nessuno dice ed in pochi sanno che l’unico partito ammesso a Cuba in realtà non agisce affatto come un partito unico dovrebbe agire. In quanto, di fatto, non gli è permesso. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, a Cuba, esiste una forte e attiva società civile: dai numerosi Comitati di Quartiere, alle numerose Associazioni che rappresentano gli afrodiscendenti, le minoranze indie e altri gruppi sociali sino ai Movimenti Anarchici. Ebbene si: a Cuba esistono diverse organizzazione anarchiche, persino molto attive nei quartieri. La società civile, nonostante alcuni contrasti e incomprensioni con il Governo Centrale, soprattutto quando si tratta di Organizzazioni Anarchiche, può candidare i propri rappresentanti, mentre il PCC non può farlo. La Società Civile può vincere le elezioni e gestire interi quartieri e città. In quanti casi una “dittatura” registra la presenza di una società vivile così attiva, diversificata e dinamica ? Credo in nessun caso ! Allora smettiamola di chiamarla dittatura! Un filosofo politico di matrice democratico-liberale come Hannah Arendt, se fosse ancora viva, inorridirebbe nel veder affibbiare una simile etichetta all’attuale sistema cubano. Penso che gli scribacchini e i politicanti nostrani dovrebbero mostrarsi meno pigri intellettualmente e sforzarsi di trovare aggettivi e definizioni più adeguate nel descrivere e definire l’“anomalia” cubana. Per quanto mi riguarda il “sistema-cubano” sembra molto più vicino ad una forma di “democrazia radicale e popolare”. Sconveniente ed ostile alla ricca borghesia occidentale, ma parecchio conveniente per le masse popolari e rurali. Un sistema simile, per molti versi, al “confederalismo-democratico” di tipo curdo.




Luca Bagatin: Che ne pensi della fine dell'embargo e del recentissimo incontro storico fra il Presidente USA Barack Obama e il Presidente cubano Raul Castro? Tale evento offrirà̀ nuove opportunità̀ oppure è l'inizio della fine del “sogno cubano” ?

Maddalena Celano: Innanzitutto, nonostante i nuovi accordi USA-Cuba ed i vari proclami, l’embargo non è stato ancora ufficialmente eliminato. Inoltre, come fa Obama a parlare di democrazia se nel suo paese si pratica ancora, in molti Stati, la pena di morte ? A Cuba la pena di morte non è più applicata almeno da quarant'anni, neanche per reati gravissimi come la pedofilia, il terrorismo o la cospirazione. Tuttavia Cuba continua a subire da anni la “morale” di Obama. Tutto questo mentre la “democratica” polizia statunitense massacra come animali da macello i cittadini statunitensi afrodiscendenti e gli immigrati latinoamericani clandestini. Come fa Obama a parlare di democrazia se nel suo paese chi ha un reddito al di sotto della media non ha accesso, non solo agli studi medi-superiori, ma neanche alle cure mediche di base ? Crede di dare al mondo un buon esempio di democrazia ? Che fa Obama quando, mentre ristabilisce i rapporti con Cuba, sigla - per il secondo anno consecutivo - un Ordine Esecutivo che dichiara il Venezuela un pericolo per il suo Paese ? Proprio per rivendicare il diritto internazione all’ Auto-Determinazione dei Popoli Cuba si è battuta, contro tutto e tutti, per reclamare il proprio diritto ad esistere autonomamente ed autogestirsi al di fuori delle logiche egemoniche delle “democrazie-liberal-capitaliste” e del “libero-mercato”, ovvero i “valori” cari ad USA ed UE. Quando Obama deciderà di cancellare il Plan Cóndor dal continente latinoamericano ? 




Luca Bagatin: Il fratello di Raul Castro, Fidel, ha preferito incontrare il Presidente del Venezuela Nicolas Maduro, ma non Obama. Come mai, a tuo parere?
Maddalena Celano: Ritengo piuttosto evidente la continua violazione di Obama del principio di autodeterminazione dei popoli, poiché, in questi ultimi mesi, non ha fatto altro che praticare “ingerenze” nelle politiche locali e nazionali latinoamericane. Come ha scritto lo scorso 24 marzo su “il manifesto” il sociologo Claudio Tognonato: «il premio Nobel per la Pace Barack Obama arriva (in Argentina) insieme a un esercito di 500 imprenditori» e calca il Parco della Memoria di Buenos Aires dedicato ai desaparecidos sebbene las madres e las abuela de Plaza de Mayo e centinaia di intellettuali argentini avessero richiesto al presidente USA di evitare la visita il giorno in cui 40 anni fa iniziava, sotto copertura della CIA, il golpe più sanguinario della storia argentina. Penso che l’intera politica estera di Obama, in tutti questi anni e in tutti questi mesi, continui ad essere improntata sulla sistematica violazione del principio di autodeterminazione dei popoli. Ciò è dimostrabile dalle continue ingerenze statunitensi nella politica venezuelana, nelle politiche di ingerenza condotte in Ecuador, Brasile e Argentina, Mi sembra ovvio che un campione del principio di autodeterminazione dei popoli come Fidel Castro si sia sentito offeso e irritato dagli atteggiamenti autoritari e paternalistici adottati da Obama verso i suoi fratelli latinoamericani. Tutt'ora i “democratici” USA trattano i leader dei Paesi in via di Sviluppo come dei “selvaggi” da rieducare e da ridurre al ruolo di umili servitori verso le Potenze Internazionali.


Luca Bagatin

venerdì 25 marzo 2016

"The Political Machine 2016": un simpatico pc game elettorale ! Articolo di Luca Bagatin

Barack Obama sta per lasciare la Casa Bianca e le primarie del Partito Democratico e del Partito Repubblicano incalzano. Chi la spunterà ?
Ancora non lo sappiamo, ma, nel frattempo, possiamo divertirci a capire come funziona il sistema elettorale statunitense con un simpaticissimo ed agile videogame ludico realizzato dalla Stardock, ovvero “The Political Machine 2016” (www.politicalmachine.com).
Videogame evoluzione delle precedenti versioni realizzate nel 2004, 2008 e 2012, “The Political Machine 2016” rappresenta, in modo divertente e caricaturale, i principali personaggi politici statunitensi di entrambi gli schieramenti: da Barnie Sanders a Donald Trump, da Hillary Clinton a Rand Paul, passando per Ted Cruz, Marco Rubio, Michael Bloomberg, Joe Biden e moltissimi altri.
Ciascuno, nel gioco, ha differenti caratteristiche non solo fisiche, ma anche e soprattutto intrinseche come ad esempio i punti resistenza (stamina), quelli relativi alla credibilità politica, alla capacità di raccogliere fondi elettorali, alla capacità economica (e Donald Trump in questo senso è avvantaggiatissimo !), all'appeal, all'intelligenza, all'esperienza politica, al senso religioso e così via. Punti fondamentali che la casa produttrice ha attribuito a ciascun candidato virtuale in base a specifiche ricerche relative ai politici statunitensi reali e ciò rende ancora più realistico il game.
Oltre a ciò è inoltre possibile costruirsi un candidato proprio: sceglierne il partito, l'aspetto fisico e le caratteristiche che abbiamo sopra elencato, attribuendo i punteggi che deciderete di attribuirgli.
Le caratteristiche di ciascun candidato saranno peraltro molto utili per agevolare la nostra strategia elettorale e portarci, dunque, alla vittoria e dunque a far diventare il nostro candidato il Presidente degli Stati Uniti d'America !
Il gioco si svolge all'interno della cartina degli USA, divisa in 52 Stati, ciascuno dei quali ha un numero variabile di “delegati” ovvero “grandi elettori”. Il nostro scopo, dunque, è tentare di accaparrarci il maggior numero di delegati/grandi elettori. Quando ci saremo accaparrati uno Stato, questo diventerà del colore del nostro partito: rosso per i Repubblicani, blu per i Democratici. In questo senso, Stati come la California, il Texas e la Florida sono, come nella realtà, gli Stati che spesso sarebbe bene riuscire ad assicurarsi, avendo questi il maggior numero di delegati/grandi elettori.
Come fare per assicurarsi ciascuno Stato ? Facendo letteralmente viaggiare il nostro candidato nel suo aereoplano personale di Stato in Stato, facendogli fare dichiarazioni e apparizioni pubbliche e televisive nelle quali riesca a convincere l'elettorato, specie quello più indeciso; attraverso spot televisivi mirati; raccogliendo fondi per sostenere la nostra campagna elettorale; costruendo quartier generali e rendendo questi sempre più grandi e capaci di attirare gli attivisti; acquistando consulenti elettorali, spin doctor, lookmaker in grado di far aumentare i consensi elettorali del nostro candidato e tentando di acquisire “endorsement”, ovvero le simpatie delle varie lobby: da quella del Tea Party sino alle associazioni femministe; dagli ambientalisti ai sostenitori dell'uso delle armi.
Il gioco è sostanzialmente semplice da capire anche se totalmente in inglese (l'ho testato diverse volte - pur avendo una conoscenza basica della lingua - e posso dire che è comunque giocabilissimo), ma è tutt'altro che semplice ottenere la vittoria. Spesso ci si può riuscire spendendo moltissimi fondi elettorali. Altre volte sulla base di dichiarazioni che soddisfino l'elettorato, altre volte ancora grazie a particolari strategie che comprenderete nell'ambito del gioco medesimo.
Non perdete mai di vista, ad ogni modo, le strategie del candidato avversario e, soprattutto, sceglietevi un Vicepresidente che possa essere all'altezza della situazione e vi possa sostenere nel corso della campagna !
Ogni campagna può durare dalle 52 alle 21 settimane. All'inzio di ogni partita sarete voi a deciderlo, come sarete sempre voi a decidere con quanti fondi elettorali volete iniziare la campagna e che tipo di modalità di gioco volete utilizzare, ovvero se preferite giocare nella modalità principiante, normale o esperto.
“The Political Machine 2016” è assai diverso rispetto a “The Race to the White House” della Eversim che già recensimmo qualche tempo fa. Entrambi, ad ogni modo, hanno il pregio unico di dare la possibilità al videogiocatore di comprendere le modalità elettorali USA, di immedesimarsi nel candidato prescelto e di utilizzare diverse stretegie elettorali, ottimamente simulate.
Chiunque desideri acquistarlo, peraltro ad un prezzo decisamente contenuto, lo può fare attraverso il link della piattaforma Steam: http://store.steampowered.com/app/404620/.
In attesa dell'esito elettorale “reale”, dunque, divertiamoci con questo simulatore ludico e appassionante !

Luca Bagatin

martedì 22 marzo 2016

No alla violenza ! No alla guerra ! Sì all'Amore (e alla Libertà) !

Nel momento massimo del dolore mi chiedo solo se la soluzione sia più semplice di quel che pensiamo e sia magari racchiusa in una sola parola: AMORE.
Un Amore praticato, non decantato.
Da tempo ho rinunciato alla politica partitica e alle analisi economicistico-politiche, per ricercare, con Amore e Libertà, una strada alternativa. La ricerca di quella Civiltà dell'Amore che può nascere solo nel nostro cuore.
Ricerca di quella Civiltà dell'Amore che per me è ormai l'unica teoria valida: la Quarta Teoria Universale.
 
L. B.
 

lunedì 21 marzo 2016

Carlo Rienzi Presidente del Codacons Sindaco di Roma: una candidatura di tutto rispetto ! Articolo di Luca Bagatin

Pur mantenendo forti perplessità sull'utilità delle elezioni amministrative, ovvero ritenendo forse ben più democratica la partecipazione attiva dei cittadini – senza mediazioni di partiti e di politici - in appositi comitati popolari o assemblee pubbliche aperte a tutti, ritengo interessante e degna di nota la candidatura di Carlo Rienzi, avvocato e Presidente del Codacons, a Sindaco di Roma.
L'Avv. Rienzi, oltre da essere da sempre persona perbene e in prima linea nella tutela dei diritti dei consumatori e dell'ambiente, ha l'onestà intellettuale di dire: “Se si vuole cambiare la città, occorre cambiare prima di tutto i cittadini. Accanto ai problemi noti della corruzione, del malaffare, e di tutto ciò che non funziona a livello amministrativo, politico e gestionale nella capitale, si pongono i comportamenti sbagliati degli stessi abitanti, abitudini che contribuiscono a rovinare il decoro della città e alimentare disagi e disservizi con ripercussioni per l’intera collettività. Occorre partire da questi atteggiamenti errati per ridare dignità a Roma e migliorare i servizi per tutti(fonte: http://www.dire.it/06-03-2016/41786-comunali-rienzi-codacons-mi-candido-a-sindaco-di-roma/).
Se i cittadini, in sostanza, non cambiano mentalità e non provano ad avere un minimo di senso civico, è assai improbabile che le cose cambino da un giorno all'altro attraverso santi in paradiso o politici che, nei fatti, sono espressione diretta dell'elettorato.
Ecco perché sarebbe interessante che i cittadini imparassero ad autogestirsi, come nell'ambito di “Amore e Libertà” (www.amoreeliberta.altervista.org - www.amoreeliberta.blogspot.it) andiamo dicendo da diversi annetti. Ed ecco perché la proposta dei Codacons – che hanno lanciato la candidatura di Rienzi - di invitare la cittadinanza ad impegnarsi in prima persona contattandoli via e-mail (codacons@rienzixroma.it) e facendo proposte e/o proponendosi quali candidati per tutti i municipi, mi sembra una cosa che vada in questa direzione.
Il programma di Carlo Rienzi e del Codacons per Roma, poi, mi sembra vada nella medesima direzione di quanto dissi tre anni fa, allorquando proposi la candidatura a Sindaco di Roma della hippie e fricchettona Ilona Staller nell'ambito di una lista laica fuori dagli schieramenti. Alla fine, io ed Ilona, finimmo candidati solo come consiglieri, ma il nostro scopo è passato e a dispetto anche di coloro i quali, nella nostra stessa lista, pensavano alla nostra presenza solo come ad una provocazione.
La nostra vera provocazione fu infatti – come fece Moana Pozzi con la candidatura a Sindaco nel Partito dell'Amore, prima lista civica italiana, nel 1993 - quella di lanciare proposte concrete, civiche e ambientaliste per la città. Dicevamo e scrivevamo infatti: “Dobbiamo impedire a Marino ed Alemanno – ovvero i riferimenti romani dell’inciucio nazionale – di vincere queste elezioni comunali (…). All’antipolitica dell’inciucio destra-sinistra, contrapponiamo le politiche in favore di disabili, degli anziani, dei bambini, degli omosessuali, delle prostitute, delle donne sole, dei senzatetto e degli animali. All’antipolitica dell’inciucio, contrapponiamo gli ultimi, i più bisognosi, che necessitano di strutture socialmente utili, parchi, asili nido sempre più insufficienti, reddito di cittadinanza, trasporti efficienti e meno costosi. Tutte cose che potrebbero essere attuate abbattendo del 50% gli stipendi di Sindaco, Assessori, consulenti e funzionari pubblici” (http://www.pensalibero.it/2015/10/12/quando-mi-candidai-alle-amministrative-di-roma-con-la-staller-e-contro-marino-e-alemanno/).
Carlo Rienzi, che si propone quale candidato Sindaco provocatoriamente “contro” i cittadini, che cosa propone ? Come leggiamo nel sito Dire.it al seguente link http://www.dire.it/06-03-2016/41786-comunali-rienzi-codacons-mi-candido-a-sindaco-di-roma/, egli propone: lotta serrata al parcheggio in doppia fila e alla sosta selvaggia con telecamere intelligenti che multeranno i trasgressori; ingresso al centro storico a pedaggio, con gli automobilisti che dovranno pagare un ticket se vorranno entrare in centro con la propria vettura; trasporto pubblico gratuito tra le ore 8 e le ore 9, e dalle 17 alle 18, per spingere i romani ad utilizzare bus e metro, potenziati grazie alle multe e ai pedaggi di ingresso in città.
Un programma rigoroso e di buonsenso. Ambientalista e civico. Scaricabile peraltro per intero al sito: http://www.rienzixroma.com/programma.pdf
Per questo e in tutto questo bailamme, riteniamo che la candidatura di bandiera a Sindaco di Roma dell'Avv. Rienzi sia interessante e degnissima. Quantomeno può essere utile a smuovere una cittadinanza troppo spesso lamentosa, ma troppo poco attiva.

Luca Bagatin

domenica 20 marzo 2016

Camillo Berneri: un umanista anarchico. Articolo di Luca Bagatin

Degli anarchici, nella lotta antifascista e nella Guerra di Spagna, si tende a parlare sempre poco, preferendo, invece, esaltare le gesta dei comunisti che, all'epoca, erano al soldo del sanguinario e totalitario Stalin, per nulla diverso da quell'Adolf Hitler – peraltro suo ammiratore - ed al gradasso Benito Mussolini che, senza gli amorevoli insegnamenti della pasionaria del socialismo Angelica Balabanoff, non sarebbe diventato nessuno. E sicuramente i popoli ne avrebbero tratto giovamento.
Ma Angelica Balabanoff, all'epoca, purtroppo, non poteva sapere che aveva allevato la classica “serpe in seno”.
Camillo Berneri (1897 – 1937), lodigiano, è uno di quegli anarchici che la Guerra di Spagna la fece e la combattè dalla parte giusta, ovvero dalla parte degli antifascisti, anarchici, socialisti, antistalinisti e repubblicani. E, se non si beccò il piombo fascista, si beccò quello comunista, in quanto prese le difese del Partito Operaio Unificato Marxista di Spagna (P.O.U.M.), antistalinista e antitotalitario.
Gli scritti di Berneri sono stati editati, diversi anni fa, in un agilissimo volumetto dal titolo “Umanesimo e Anarchismo”. Il percorso politico e intellettuale del Berneri, infatti, fu sempre profondamente umanista, ovvero non provò mai odio per i suoi avversari politici, fossero preti, ricchi o borghesi, ma ricercò sempre il confronto. Critico nei confronti dei comunisti, egli si definiva “comunalista” e “liberalista” - secondo gli insegmanenti di Bakunin e Malatesta - ed il suo modello era l'autodemocrazia, attuabile attraverso l'istituzione di club/comitati popolari che avessero la possibilità di discutere liberamente e seriamente tutte le questioni sociali e dunque permettessero al popolo di partecipare attivamente alla vita ed alla gestione della comunità.
In questo senso egli simpatizzò per la Rivoluzione Russa del 1917, ma, allorquando il sistema dei soviet sarà sostituito dalla centralità del Partito, egli se ne discosterà.
Il suo comunalismo sarà dunque libertario, autonomista e federalista, rifiutando ogni forma di autoritarismo e di parlamentarismo partitocratico.
Interessanti, in questo senso, i confronti che ebbe con Carlo Rosselli sulle pagine di “Giustizia e Libertà”, organo dell'omonimo movimento rosselliano, il quale aveva forti affinità ideali con il movimento anarchico. Sarò proprio Rosselli, peraltro, a proporre a Berneri e a tutti gli anarchici un fronte di unità d'azione rivoluzionaria fra tutti i libertari e socialisti che si battevano contro fascismo e capitalismo, per una soluzione decisiva della crisi italiana: una Alleanza Rivoluzionaria Italiana, come chiamata da Rosselli medesimo.
Purtroppo, sia Berneri che Rosselli – assieme al fratello Nello – moriranno presto trucidati ed entrambi nel 1937, in terra straniera. Il primo per mano dei comunisti stalinisti, come già detto, ed i secondi per mano di agenti legati al regime fascista.
Ecco che una pagina gloriosa dell'antifascismo antitotalitario e democratico si sarebbe chiusa. Ecco che due eroi, due intellettuali, due attivisti che avrebbero meritato di essere i veri Padri della Patria, sarebbero stati uccisi perché scomodi a due regimi totalitari le cui basi affondavano entrambe nel Potere e nella dissoluzione dell'umanesimo.
C'è da chiedersi perché, nemmeno oggi, in questa pseudo Repubblica dei partiti, delle chiese e delle imprese, ove hanno trionfato – alternativamente - il dogma clericofascista, cattocomunista e capitalista, ancora non si parla né di Berneri né di Rosselli. Ma nemmeno di Randolfo Pacciardi di cui pur recentemente abbiamo parlato a proposito di un convegno accademico che si è tenuto all'Università La Sapienza di Roma (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/un-convegno-su-randolfo-pacciardi.html).
C'è da chiedersi perché la democrazia autentica, quella comunalista dei comitati popolari sognata da Camillo Berneri, non sia stata presa a modello ideale della Repubblica italiana sovrana e antifascista o magari dell'Europa dei popoli e non delle banche centrali e degli Stati/Parlamenti euro-burocratici.
C'è da chiedersi, in sostanza, se Berneri e i Rosselli non siano morti invano. Come quel Cristo che ha sofferto per tutti noi continua a farlo. Per Amore dell'umanità e della giustizia sociale.

Luca Bagatin

sabato 19 marzo 2016

"Dediche, attivismo sessual-sentimental-politico, nonsenso paterno malinconico, giornalismo gonzo". Riflessioni di Luca Bagatin

La cosa che ho sempre detto e che pochi hanno capito è che la parte più importante dei miei saggi sono le dediche.

Il 19 marzo è la festa del papà e, se tante cose fossero andate diversamente, forse oggi sarei padre anche io.
Ma le vicissitudini della vita hanno preso strade diverse...
Piccolo momento malinconico.



Sono un attivista, non un difensore.
Non credo nei sostegni alle cause, alle solidarietà ecc... Sono per la lotta quotidiana, passionale nel senso sessual-sentimentale del termine, individuale, solitaria, senza bandiere e senza quartiere.


Mi dicono che sono un autore di saggistica, mentre ho sempre pensato di essere un autore di narrativa.
Narro delle storie. Anche e soprattutto nei miei articoli. Racconto una storia, un punto di vista (il mio), una sensazione (la mia).
Sono una sorta di Dio OnniPotente della scrittura.
Un Dio rigorosamente BESTIEmmiabile.
Obiettivamente l'obiettivo che utilizzo è il mio (un cannocchiale ?).
Sono un autore gonzo (non a caso sono citato qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Gonzo_%28giornalismo%29), eccheccazzo !

venerdì 18 marzo 2016

Intervista esclusiva di Luca Bagatin a Mauro Biuzzi, leader del Partito dell'Amore (tratta da www.lucabagatin.ilcannocchiale.it del 18/02/2013)

"Amore e Libertà", pur con i dovuti distinguo, si sente un po' figlio del Partito dell'Amore e, pertanto, visto anche il successo di visite che ha avuto e le richieste che abbiamo ricevuto, desideriamo riportare, qui di seguito, la lunga intervista che Luca Bagatin fece a Mauro Biuzzi, leader e fondatore del Partito dell'Amore, nonché curatore testamentario dell'indimenticata attrice, cantante e donna politica Moana Pozzi.
L'intervista fu pubblicata per intero, il 18 febbraio 2013, nel vecchio blog di Luca Bagatin (www.lucabagatin.ilcannocchiale.it) e ampi stralci furono pubblicati dal settimanale romano "Le Città" nello stesso periodo. E' citata, peraltro, fra le fonti di Wikipedia relative alla voce "Partito dell'Amore" (https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_dell'Amore).
Nell'intervista è presente tutta l'attualità della politica di oggi, ovvero una serrata critica alla medesima ed al sistema dei media.
Le foto a corredo ed il video qui sotto sono tratte dal canale youtube e dal sito ufficiale del PdA www.partitodellamore.it.
A&L 



 Intervista esclusiva di Luca Bagatin a Mauro Biuzzi, leader del Partito dell'Amore

Ti credo capace di ogni male: perciò voglio da te il bene;
La pornografia è una cosa troppo importante per lasciarla fare ai pornografi;
Solo il Partito dell’Amore, che ha saputo liberare la pornografia in Italia, può anche liberare l’Italia dalla pornografia.
Queste solo alcune delle citazioni di Mauro Biuzzi che ci hanno subito incuriosito, al punto dal volergli proporre quest'intervista, che parla non solo o tanto di lui, quanto piuttosto del suo progetto “alter-politico” - contenuto nel programma politico-culturale del Partito dell'Amore - ed il suo ricordo della celebre attrice Moana Pozzi, tragicamente e prematuramente scomparsa nel 1994.
Mauro si definisce un' “attivista antipolitico” che, con vari mezzi, espressivi – che vanno dall'architettura, alla fotografia, al cinema alla politica e persino alla teologia – pratica, da oltre trent'anni, una critica al linguaggio dei media, della pornografia e della politica.
Già fra i primi obiettori di coscienza al servizio militare di leva, negli Anni '70, Mauro Biuzzi è iscritto alla Lega Obiettori di Coscienza, fondata su iniziativa del Partito Radicale.
Architetto ed artista poliedrico, Biuzzi, nel 1980, fonda e partecipa alla rivista di cultura romana indipendente“Braci” e, sempre sull'onda della controcultura artistica e letteraria dell'epoca Cyberpunk, fonda, nel 1991, il primo partito politico - per così dire -“antipolitico”, ovvero il Partito dell'Amore, assieme a Riccardo Schicchi, Ilona Staller e Moana Pozzi.
Non a caso il personaggio di Mauro Biuzzi è interpretato e rappresentato (a parer mio male ed in modo totalmente macchiettistico, così come sono mal interpretati i ruoli di Riccardo Schicchi ed Ilona Staller) nella fiction che Sky ha dedicato a Moana Pozzi dal titolo, appunto, “Moana”, di Alfredo Peyretti, con l'ottima (lei sì davvero !) Violante Placido.
Mauro Biuzzi – oggi leader del Partito dell'Amore (www.partitodellamore.it) - è un simpatico amico, peraltro già in passato in contatto con il nostro amico e collaboratore fraterno Peter Boom, profondamente colto, intelligente ed arguto.
Oggi abbiamo il piacere di intervistarlo, in esclusiva (per completezza dell'informazione desideriamo segnalare che i link contenuti nell'articolo, le parole in maiuscolo, corsivo e grassetto sono state appositamente e volutamente inserite dall'intervistato Mauro Biuzzi).



Luca Bagatin: Quando hai conosciuto per la prima volta Moana Pozzi ?

Mauro Biuzzi: Il nostro primo scambio di battute è stato a Roma, i primi giorni di gennaio 1992, nel comprensorio di palazzine in Via Cassia, dove c’era la Diva Futura e dove abitavano lei, Schicchi e la Staller. La prima sede del PdA era in un appartamento indipendente in una di quelle palazzine, nel quale io ho diretto la campagna politica del 1992. Per la campagna alle amministrative del 1993, invece, la sede del PdA si spostò nel superattico sopra all’appartamento di Moana, giacché volevamo entrambi una totale indipendenza dalle attività di Schicchi. Torniamo alla prima volta con Moana. Era appena arrivata da Milano la diffida della Staller ad usare il suo volto nel simbolo del Partito dell’Amore [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/006/d001.html]. Pioveva e, poiché aveva un pacco di copie della sua Filosofia e non aveva l’ombrello, Schicchi mi chiese se volevo accompagnarla alla palazzina dove si trovava il suo attico. Lei mi disse subito: “Peccato dover sprecare tutto il lavoro che hai fatto per il simbolo !”. In ascensore le dissi: “Potrebbe dipendere anche da te…”. Lei, che non aveva la minima idea di impegnarsi in quest’avventura politica che stimava come un’ennesima “pagliacciata” di Riccardo (parole sue), sulla porta di casa mi disse: “Ci penso.”. Ci pensò. Pochi giorni dopo, in una riunione a quattro (Schicchi, Moana, io e mia moglie Marcella Zingarini), con il solo voto contrario di Riccardo, è rinato il vero Partito dell’Amore e questa volta aveva il volto di Moana. Il PdA di Schicchi/Staller era durato solo un mese.


Luca Bagatin: Chi era, secondo te, Moana Pozzi, veramente ?

Mauro Biuzzi: Moana fu un raro esemplare di genio italiano. Una donna, cioè, la cui eccezionale forza fisica e logica la spinsero sempre a fare scelte anti-conformiste.

Luca Bagatin: Ricordo che in un'intervista che Piero Chiambretti ti fece nel suo programma, alcuni anni fa, dicesti che, secondo te, Moana Pozzi dovrebbe essere ricordata nei libri di Storia. Puoi spiegarcene meglio il motivo ?

Mauro Biuzzi: Perché Moana ha concluso la sua vita facendo politica e senza usare i potenti mezzi del Potere (Denaro, Media, Spettacolo, Scienza, Cultura, Politica, Religione, ecc), ma al contrario mettendo la sua popolarità al servizio di una piccola formazione come il PdA, che aveva come scopo quasi suicida quello di opporsi ai poteri forti partendo da zero. E la Storia in Occidente, da Cristo in poi, si fa senza i potenti mezzi. Non troverai nessuna “diva” che, al vertice della sua carriera, abbia corso un tale rischio d’immagine. E che, dopo la prima sconfitta e contro l’opinione di tutti, che abbia voluto assolutamente ritentare quasi da sola (ovvero solo con me), nella campagna elettorale per il Sindaco di Roma del 1993, riuscendo a concludere la raccolta firme in condizioni disperate e riuscendo a portare per la seconda volta il simbolo del PdA nella scheda elettorale. Una tempra da Giovanna D’Arco, che sola spiega la sua beatificazione postuma. Anch’io che l’ho seguita e guidata passo passo in questa lucida follia, certe volte penso che me la sia sognata, che Moana non è mai esistita. Ma la vera politica, quella che fa Storia, è quella che non teme di realizzare l’impossibile. Altro che economia politica !
Luca Bagatin: Che cosa ti ha spinto ad ideare, assieme a Riccardo Schicchi, il Partito dell'Amore ?

Mauro Biuzzi: La scommessa che si potesse sfidare sul suo terreno, quello di una campagna elettorale - ma fatta senza spendere una lira pubblica - il peggior consociativismo partitico della Repubblica Italiana: quello che aveva resistito al Movimento Studentesco del 1968, alle Brigate Rosse del 1978, ma che poi aveva ceduto qualcosina solo nei primi anni Novanta nell’inchiesta detta Tangentopoli. Con il PdA - per la prima volta - una formazione dichiaratamente antipolitica ha dominato per tre mesi una campagna elettorale italiana, se si escludono i precedenti referendum sull'aborto e sul divorzio. Voglio qui precisare che l’accostamento del PdA all’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, è un’approssimazione idiota, di quelle che si leggono su Wikipedia. Oggi sono tutti qualunquisti meno il PdA.



Luca Bagatin: Ma il simbolo del Partito dell'Amore lo ideasti tu o Riccardo Schicchi ? Che cosa rappresenta, nello specifico ?

Mauro Biuzzi: L’icona nel cuore, che avevo già usato dal 1987 in mie azioni pubbliche [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/001/d009.html], la proposi a Schicchi nel 1991 in una versione adatta ad essere presentata come simbolo in una campagna elettorale. Fu, infatti, ammesso dal Ministero degli Interni nel 1992, anche se dovetti discutere un’obiezione di ammissibilità dell’ufficio competente che riteneva blasfemo l’accostamento tra una croce e il volto di una pornostar. Feci notare che non era “una pornostar” ma la cittadina Moana Pozzi. E il simbolo fu ammesso dalle Istituzioni [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/009/d004.html]. Ma non dagli elettori italiani, il cui concetto di cittadinanza era ancora ristretto a quello indicato dai Partiti e dai mass-media dell’epoca.


Luca Bagatin: Quali i punti salienti del programma cultural-politico del Partito dell'Amore ?

Mauro Biuzzi: Dichiarammo subito sul retro del volantino di Moana [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/011/d02.html ]che la nostra logica politica non era riducibile a quella di programma, come nella politica di matrice sindacal-contrattuale. E invece preferimmo una Politica di Immagine piuttosto che di Parola, che fu poi tipica dei movimenti no-global ma anche del terrorismo islamico (intendo sul piano dell’uso dei mezzi di comunicazione). Nessuna chiacchiera moraleggiante. In particolare io avevo ed ho i miei riferimenti nelle declinazioni nazionali della rivoluzione punk, che come tutti sanno, si oppose a quella hippie sessantottina e che riemerse all’inizio degli Anni Novanta. Anche su questo piano di Immagine si è consumata la separazione del PdA di Mauro Biuzzi e di Moana Pozzi dalla precedente esperienza politica della Diva Futura di Riccardo Schicchi e Ilona Staller, legata all’ideologia della Rivoluzione Sessuale degli anni settanta. Nel 1991 gli effetti della caduta del muro di Berlino erano ormai evidenti e noi lanciammo per primi una sfida al Pensiero Unico sul suo terreno: quello della simulazione della politica e della sua morte simbolica, dell’anti-partito, come dissi nella mia tribuna elettorale del 1992 [http://www.youtube.com/watch?v=ye4tvQk1TQ8]. La cosa interessò, infatti, tutto il mondo e con Moana raccogliemmo oltre duecento articoli di stampa estera, da ogni parte del mondo [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/015/index.html]. Moana rappresentò uno sperpero di visibilità politica contro la riduzione della politica all’economia. Una festa orgiastica della morte della politica contro la simulazione tragicomica della crisi economica mondiale. Generazione X. Tentativo riuscito di fare di Moana una bellissima e terribile pausa in cui si sente solo il rumore dello strappo di una moquette: quella con cui l’economia politica borghese silenzia da qualche secolo ogni Realtà che gli somigli come la sua immagine rovesciata nello specchio, un’immagine che simuli la sua morte simbolica, un’immagine fuori controllo. E Moana era esattamente questo: non la diversità ma l’alterità, non la trasgressione ma la seduzione fatale. Come il Don Giovanni, il Gattopardo, il Marchese del Grillo, l’aristocrazia francese o russa che misero fine ad una tirannia cortigiana ed oligarchica di cui erano la maggior espressione e che conoscevano molto bene. Moana rimarrà una delle maggiori icone del tramonto dell’Occidente in Italia, insieme a Mamma Roma e ad Accattone.


Luca Bagatin: Il Partito dell'Amore esiste tutt'oggi, ma, dal 1993, non si presenta alle elezioni politiche, come mai?

Mauro Biuzzi: Perché il PdA è un partito cristiano-dionisiaco, nel senso che proprio con il parlare silenzioso del corpo di Moana ha dato l’esempio di un leader politico che pratica il diritto/dovere di tacere su ciò di cui non si può parlare. Con ciò opponendosi radicalmente all’idea tutta mass-mediatica che il politico sia un opinionista televisivo, un inarrestabile nastro trasportatore di Doxa, un continuo parolibero che vomita contratti programmatici. In tal senso la cultura realista del PdA, in contrasto con il cosiddetto diritto alla libertà d’espressione, si oppone anche all’obbligo per tutti ad avere un’opinione su tutto. Dittatura della Doxa che si esprime ai suoi massimi livelli nei social network, veri campi di concentramento dell’autismo cronachistico di massa (oltre che mezzo d’intercettazione e di controllo): crimine perfetto di istigazione dell’umanità alla masturbazione espressiva travestita da “libertà di espressione”, proprio come tra gli adolescenti nativi digitali l’esperienza della masturbazione via cam sta sostituendo quella del primo rapporto sessuale. Insomma, il PdA ha dato alla borghesia “protestante” italiana la spiacevole notizia che il sesso è nato molto prima del diritto. E che non se ne può fare libero commercio “liberandolo”, quasi peggio di come hanno fatto i preti “vietandolo”.

Luca Bagatin: Il Partito dell'Amore, fra gli altri, si ispira al socialista umanitario Giuseppe Garibaldi, come mai?

Mauro Biuzzi: Perché Garibaldi ha fondato la nostra Repubblica credendo, parlando e scrivendo di un socialismo del cuore che certamente Biuzzi e Moana, da patrioti e credenti, hanno praticato prima ancora che capito. Capiamo invece perché l’algida e frigida borghesia televisiva italiana possa chiamare populismo ciò che arriva alla gente in forma commovente e affettiva. Un politico che è amato dalla popolazione indispettisce i pragmatici che ormai ci governano, come il caso di Pier Paolo Pasolini ancora dimostra. Perché i progressisti e i pragmatici possono avere ragione, ma amore no.
Luca Bagatin: Oggi vi presentate come "Partito dell'Ex Voto", ovvero invitate gli elettori all'astensionismo ed alla dissidenza "alter-politica". In che cosa consiste questo nuovo modo di fare politica da voi inaugurato?

Mauro Biuzzi: Per l’esattezza oggi invitiamo all’obiezione di coscienza elettorale, che è tutt’altra cosa dalla scheda bianca. Per quanto ho già detto, noi ci proponiamo sempre come critici dello spettacolo elettorale, e in particolare, critici della comunicazione pornografica come modello di propaganda della nostra epoca. Come nel secolo scorso ogni persona faceva due mestieri, il suo e quello di critico cinematografico, il PdA ha profetizzato la nascita del “critico politico”. Beppe Grillo non è “un comico che fa politica” ma è un cittadino che interrompe momentaneamente il suo mestiere per fare il critico della politica. E così dicasi per i militanti del suo Movimento. Una rivoluzione antropologico-culturale cominciata con il sottoscritto e con Moana Pozzi. Questa novità determinò il contrasto con Schicchi e Staller, che furono espulsi dal PdA nel 1992 [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/014/d001.html] proprio perché praticavano ancora una politica di conflitto d’interesse tra il proprio mestiere e le alleanze politiche. Questa evoluzione di Moana maturò, infatti, nella campagna per le amministrative di Roma nel 1993 nella quale, liberi ormai dalla vecchia equazione sesso = politica, formammo la prima lista civica di candidati della Seconda Repubblica. Fu costituita candidando oltre cinquanta aspiranti consiglieri comunali tutti provenienti dalla società civile romana e senza alcun “precedente” politico, ed io fui nominato capolista su proposta di Moana [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/amministrative/004/s02.html]. In conclusione, direi che la caratteristica dei cittadini ai quali il PdA si rivolse per primo (nel quadro della crisi della politica che dura da Tangentopoli ad oggi), è quella di essere dei “critici politici” irriducibili alla Doxa politica e al marketing mediatico. Cittadini irriducibili alla definizione asfittica di elettori, essendo ormai caduto miseramente il vincolo che legava politica e lavoro (alla faccia dell’art.1 della Costituzione). Cittadini-stalker delle mappe interstiziali che ancora ostacolano l’urbanizzazione a tappeto del territorio. Cittadini-mutanti residuali della cittadinanza repubblicana, nel quadro della modernizzazione fondata sul capitalismo avanzato e sull’immigrazione/deportazione di massa. Insomma, non più cittadini collaborazionisti, deleganti, qualunquisti, pessimisti, clandestini o resistenti, ma attivisti e patrioti che si riprendono la loro sovranità nel pubblico e soprattutto nel privato. Cittadini che, al di là della modernizzazione coatta e ricattatoria tipica del dopoguerra e del suo portato d’ingerenze e di embarghi (che ancora chiamiamo esportazione della democrazia, una specie di Pax romana fatta da bottegai e top-guns), riprendono il cammino della libertà repubblicana universalista, in Italia e nel mondo.
Luca Bagatin: Che cosa ne pensi della politica di oggi ? Ci sarebbe spazio, nel panorama politico-culturale e mediatico per una personalità libera e libertaria come Moana Pozzi ?

Mauro Biuzzi: Ho già detto che nelle nostre socialdemocrazie la politica si è ridotta ad economia politica. In questo senso ritengo che l’economia politica sia troppo stretta per Moana come per qualunque altro cittadino che non sia un Attore di questa nuova oligarchica. Che non sia cioè un finanziere, un industriale, un editore, un autore/pubblicitario, un politico ovvero una Vedette al servizio della Governance mondiale. Moana (come Marilyn o Pasolini) non è riducibile a nessun bipolarismo imperial-democratico (tipo progressisti/conservatori), come si è rappresentato da Jacqueline Kennedy a Carla Bruni ex-Sarkozy (che guarda caso sono donne). Moana è la parte vitale e negativa del bipolarismo, la parte maledetta e anti-borghese, la parte anti-sociale e anti-edipica, come alle origini lo furono Van Gogh o Rimbaud (che guarda caso sono maschi). Il PdA, con la posizione di estremo-centro, si libera per primo anche del retaggio ideologico della distinzione destra/sinistra o di quella maschile/femminile, con tutti i primati di genere ad essa collegati strumentalmente e darwinianamente (schiavo/padrone, vittima/carnefice, disoccupato/salariato). Insomma, l’Estremo-centro di Moana sfugge ad ogni sistema binario e cibernetico (i codici seriali 0/1, senza centro e senza estremi per definizione). Il PdA è per la ciclicità, per l’estremo ritorno del principio dell’eguale, per la Terra e contro il Territorio. Il PdA sostiene Moana come simbolo della Repubblica Italiana, dalle Alpi alla Sicilia. Sostiene Moana come Cuore della nostra Patria. Cuore della questione mediterranea, cuore del rapporto nord/sud.


Luca Bagatin: Pensate che in futuro ci potrà essere spazio, in Italia, per il Partito dell'Amore ?

Mauro Biuzzi: Non ci sarà futuro per nessuna libera repubblica e per nessun popolo che si riconosce in essa, se non si farà ovunque una “critica politica” ai rappresentanti del mondialismo finanziario che ovunque si insediano nei governi nazionali, per espropriarli progressivamente della loro sovranità culturale e popolare, vero motivo della crisi della rappresentanza elettorale (in Italia come in Grecia come in Spagna). Insomma, dopo i manager, le pornostar, i papi e i centravanti “stranieri”, tra quanto tempo il liberismo aprirà anche il mercato della politica-spettacolo ? E perché non lo ha ancora fatto ? E che fine farà la cultura diffusa in Italia sotto i colpi dell’internazionalizzazione del Made in Italy ? Per non parlare dello sterminio della cultura contadina di Pasoliniana memoria, dell’olocausto delle api pronube, dei fondamenti stessi della corretta alimentazione dei popoli, tutto spazzato via a colpi di aree metropolitane e grande distribuzione. Il Partito dell’Amore, lungi dall’essere un partito nazional-socialista, è stato certamente un primo segnale tutto italiano dell’inizio di una crisi irreversibile del primato della politica trans e multinazionale. Il PdA ha profetizzato nel 1992, l’avvento in Italia di una Videocrazia senza uguali al mondo e la necessità di affrontare il “discorso sul Massimo Sistema Pornografico”. Quel Sistema che, dall’11 settembre del 2001, ha cominciato a parlare, all’interno di tutti i linguaggi locali, con il linguaggio politico del nuovo Impero finanziario mondiale. Quindi, nessun futuro senza il Partito dell’Amore, che ha avuto sempre la missione di voler restituire agli italiani la loro verginità stuprata (culturale e ambientale). Questo noi intendiamo con cristiano-dionisiaco: la difesa della nostra cultura mediterranea da quella Mondialista. E il più grande successo del PdA è stato quello di riuscirci almeno con la sua prima candidata, Moana, che da iper-pornostar all’americana è diventata cittadina comune e prima donna-leader di una piccola formazione indipendente (e non la solita testimonial dello Spettacolo candidata dal Padrone di turno a questo o quel Partito politico che fa i suoi interessi a Montecitorio). L’Italia è una giovane Repubblica fondata sulla resistenza Risorgimentale alle occupazioni militari, e agli stupri simbolici e materiali che sempre ne conseguono. A mio modesto avviso, la nostra Moana con la fascia tricolore davanti all’Altare della Patria a Roma è uno dei simboli più significativi della volontà di emancipazione di una Repubblica nata nel clima di occupazione morale e materiale conseguente agli esiti della Seconda Guerra Mondiale. E in seguito cresciuta nello “sviluppo senza progresso”, la cui entità è data proprio dal livello insopportabile raggiunto oggi dal nostro debito pubblico sotto la pressione speculativa internazionale [http://www.partitodellamore.it/diva_patria/amministrative/003/i01.html]. In quell’immagine, che ho realizzato con lei nel novembre 1993 per il suo unico manifesto politico, Moana cessa di essere la pallida imitazione di una diva del cinema americano (che tanto piace ai critici sessantottini che sostengono il Trash all’italoamericana), per diventare la vera icona del cammino che la nostra Repubblica sta facendo attraverso i tanti disastri civili del dopoguerra. Certo, di una Repubblica nata orfana, e che continua ad essere considerata figlia di madre ignota. Proprio come Moana, la nostra Biancaneve che ora dorme con il milite ignoto, con l’italiano futuro.

Luca Bagatin