Il pensatoio (anti)politico e
(contro)culturale “Amore e Libertà” - i cui punti di riferimento
telematici sono www.amoreeliberta.altervista.org
e www.amoreeliberta.blogspot.it
- si schiera per il SI al referendum anti-trivelle indetto per il 17
aprile prossimo. Anzi, vorremmo andare oltre, in quanto perplessi
nella prosecuzione dell'esistenza della stessa industria
estrattivista, che andrebbe via via smantellata – in tutte le
società civili - al fine di favorire le fonti alternative e la
decescita economica. Riteniamo infatti che il progresso
tecnologico sia, nei fatti, all'origine della schiavitù del lavoro e
del degrado del pianeta. Concordi con i principi della decrescita
enunciati dall'economista Serge Latouche; con gli studi relativi
all'economia del dono portati avanti dall'antropologo Marcel Mauss
(1872 – 1950) tipici delle Società/Civiltà Matriarcali; con i
principi portati avanti dal filosofo Henry David Thoreau (1817 -
1862) e con gli esempi dello sviluppo sostenibile del “Buen Vivir”
che provengono da Ecuador, Uruguay e Bolivia, proponiamo un ritorno
alla natura. Vivendo del poco che essa ci possa offrire, tornando
alle nostre radici e ritrovando una dimensione sentimentale e
comunitaria dell'esistenza. Unica alternativa all'auto-condanna
alla schiavitù, all'egoismo, alle violenze, all'invidia e
all'inquinamento atmosferico che l'edonismo crea.
Del Venezuela, nella stampa italiana ed
europea, si parla sempre poco e male. E così accade un po' per tutta
l'America Latina, dalla quale, invece, avremmo molto da imparare e ad
essa ci legano, non solo le comuni radici latine, ma anche un'antica
storia di emigrazione italiana in quelle terre.
Ringrazio pertanto l'Ambasciatore della
Repubblica Bolivariana in Italia Dott. Julián Isaías Rodríguez
Díaz per avermi concesso questa intervista.
Luca Bagatin: I giornali
italiani ed europei parlano di una situazione economica e sociale in
Venezuela davvero disastrosa, in particolare dopo la morte del
Presidente Hugo Chavez. Un fallimento del processo bolivariano e
chavista, in sostanza.
Le cose stanno davvero così ?
Julián
Isaías Rodríguez Díaz:Vi è una strategia d’interessi stranieri affinché
rimanga sfornito sia da dentro e da fuori. Nel linguaggio colloquiale
si conosce come “GUERRA ECONOMICA CONTRO IL GOVERNO CHAVISTA”. E’
simile a quella controSalvador Allende,
nel Cile del 1973, e di fatto non ci sono grandi differenze con le
sanzioni contro Cuba, soltanto che in Venezuela le Forze Armate non
sono quelle cilene e per quanto riguarda Cuba, il Venezuela produce
petrolio e non canna da zucchero. Si sostiene economicamente. Importa
alimenti e internamente c’è stabilità militare. L'assenza del
Comandante Chávez si sente. Tutti sapevamo - persino i nostri nemici
- quanto sarebbe stato difficile mandare avanti il nostro processo
senza Chávez. Nonostante tutto, siamo qui. Non è stato facile per
le forze estranee al Paese smontare il processo politico
pro-sovranità, d’integrazione, alternativo al capitalismo, anti
neoliberale, partecipativo e conseguentemente vincolato alle idee
concepite dal Presidente Hugo Chávez.
I prezzi bassi del petrolio hanno
influenzato negativamente, ma iniziano a risalire. L’accaparramento,
la mancanza di rifornimento e il controllo dell’offerta alimentare
da parte dei settori transnazionali, ci fanno danneggiano, ma di
recente la distribuzione incomincia ad essere sostenuta da
organizzazioni popolari. Il para-militarismo colombiano è stato
seminato in diversi punti del Paese e ci sono risposte positive. La
società appare stremata, ma non sconfitta davanti alle aggressioni.
Il solo fatto di non aver fallito socialmente e di avere cercato di
uscire dalla crisi pacificamente, è un segnale positivo.
Internamente l’opposizione è più logorata del governo, e anche
questo è un segnale positivo. Ci sono delle risposte e ce ne saranno
delle altre. Nonostante tutto crediamo che l’epilogo non sarà,
come in passato, continentale o regionale. Geo-strategicamente la
situazione mondiale è complessa e non si risolverà soltanto in un
tavolo americano.
Luca Bagatin:
Hugo Chavez ha aperto, dagli Anni '90 sino alla sua morte, ad un
processo di possibile integrazione latinoamericana. Come mai, a suo
avviso, non si è ancora riusciti – nonostante la vittoria alle
elezioni in quasi tutti i Paesi dell'America Latina di governi
socialisti, libertari e bolivariani – ad unificare davvero il
continente Latinoamericano ?
Julián
Isaías Rodríguez Díaz:Il Colpo di Stato in
Honduras arrestò il processo d’integrazione latinoamericana. O
quantomeno lo rallentò. Successivamente, con il golpe in Paraguay,
il capitale internazionale pretese di fermare il Mercosur (Mercato
Comune dell'America Meridionale. N.d.A.). Non ci riuscì. La guerra
dell’impero statunitense per riconquistare l’America Latina è
stata forte. Con l’Alleanza del Pacifico si divise, ma non è
riuscita ad istallare l’ALCA (Area di Libero Commercio delle
Americhe- N.d.A.). Elettoralmente ha arrestato la rielezione di Evo
Morales in Bolivia, è riuscita a dividere il movimento argentino e
ha ottenuto una vittoria neoliberale con Macri quale Presidente. In
Venezuela ha riconquistato uno dei cinque poteri pubblici, quello
Legislativo. Sta facendo il possibile per evitare il trionfo di Lula
in Brasile. Ma non riconquisterà mai l’antica maniera di pensare e
neanche il nuovo ideale dei popoli latinoamericani.
Qui in America Latina si è radicata
l’idea di integrazione, di sovranità, di un mercato più giusto,
di una materia prima meno facile da acquisire, di un processo volto a
creare un mercato con tecnologia propria, disposto a trasformare la
propria materia prima o a commercializzarla in favore della propria
crescita. Non si è riuscito per quanto prima detto, ad unificare e
ad integrare il continente, ma neanche chi si oppone all’integrazione
è riuscito negli obiettivi proposti con i trattati del libero
commercio. Oggi li stanno spostando in Europa e in altri Paesi, dei
quali soltanto quattro sono Repubbliche latinoamericane. E questo è
già un passo avanti.
Luca Bagatin: Che cosa accadrà
ora che il PSUV ha perduto le elezioni parlamentari e dunque è in
minoranza in Parlamento ?
C'è il rischio che i partiti
anti-chavisti possano davvero distruggere tutto quanto ha costruito
la Rivoluzione Bolivariana dal 1998 ad oggi ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz:L’opposizione ha vinto la
maggioranza parlamentare nelle elezioni del 6 dicembre 2015. Comunque
non siamo un governo parlamentare. Più che presidenzialista, si
tratta di un regime giudiziario in cui il Tribunale Supremo, tramite
la Sala Costituzionale, interpreta la Costituzione e controlla le
funzioni di ognuno dei poteri pubblici, evitando che l’uno invada
le competenze dell’altro. Le decisioni del potere Legislativo
devono essere sottoposte alle funzioni assegnate dalla Costituzione,
senza dirottarle ad interessi che non siano legittimi.
Si sono già
verificati alcuni tentativi di deviazione, ma il potere Legislativo
ha dovuto fare marcia indietro. Le decisioni che il Legislativo può
prendere non sono illimitate e possono essere annullate qualora non
si aggiustino a quanto previsto dalla Magna Carta della Nazione.
Luca Bagatin: Cuba ha da sempre
un rapporto privilegiato con il Venezuela. Ora che finalmente
l'embargo è stato tolto, pensa che anche i rapporti fra Caracas e
Washington potranno migliorare ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz:Crediamo che i rapporti fra Cuba e Washington miglioreranno, ma
questo non significa che peggioreranno i rapporti con il Venezuela.
Osserviamo attentamente tutti i dettagli della visita di Obama a
Cuba: è stata preceduta dalla visita del nostro Presidente Maduro,
il quale è stato insignito di una importante onorificenza nel corso
della sua visita. E’ stata commentata la non partecipazione delle
Forze Armate cubane durante la visita del Presidente degli USA,
mentre un fatto contrario si è verificato durante la visita del
Presidente venezuelano.
Fidel Castro continua ad essere un
importante riferimento politico. Il Papa e Renzi lo hanno dimostrato.
Ha ricevuto il primo, ma non il secondo e neanche Obama è stato
ricevuto. A Maduro invece, Fidel Castro dedicato un’intera
giornata. Le dimostrazioni di solidarietà cubane verso il Venezuela
non si sono arrestate. Durante la visita di Obama hanno cercato di
tirare fuori l’argomento “Venezuela” e si è astenuto di
rispondere, ma non lo ha rifiutato.
Tutto migliorerà. Il mondo
migliorerà. Tutti gli imperi finiscono.
Luca Bagatin: Quali rapporti vi
sono fra il Venezuela e l'Unione Europea ed in particolare fra il
Venezuela e l'Italia ?
Julián Isaías Rodríguez Díaz:
L’Unione Europea e l’Italia sono argomenti ben
differenziati per il Venezuela, anche per l’Italia stessa. Il
Primo Ministro è stato duro davanti alla centralizzazione
sproporzionata dell’Unione Europea rispetto all’Italia. L’Unione
Europea èstata sconsiderata
e parzializzata politicamente contro il processo politico
venezuelano. A nostro avviso si è lasciata influenzare dalla Spagna
e da alcuni governi conservatori. Specialmente dal neoliberismo che
porta avanti la politica dello sfruttamento. Le multinazionali ed il
potere finanziario internazionale segnano le loro politiche, che non
coincidono con quelle dell’America Latina in cerca della propria
identità, integrazione, sovranità e capacità di negoziazione per
difendere le proprie materie prime. Con l’ Italia, ciò nonostante,
il Venezuela mantiene oggi dei buoni rapporti. Cerca di sviluppare il
commercio d’importazione ed esportazione. Abbiamo bisogno di
tecnologia agroalimentare e di trasporto ferroviario in particolare.
Nel prossimo mese di maggio avrà luogo la riunione periodica
italo-venezuelana. Ci sono dei temi interessanti da trattare da parte
di entrambi i Paesi. Il nostro Ministero degli Esteri ha assicurato
la propria presenza e, se non si verificano degli incidenti di
percorso che ritardino la riunione, la stessa sarà un successo sia
per l’Italia che per il Venezuela.
Primavera '99. Porto di Trieste. Avevo
vent'anni e portavo un paio di occhiali rotondi come Gandhi.
Ero un militante verde e fra noi -
Verdi e Radicali - c'era un ragazzo curdo di cui non ricordo il nome.
Fra noi ricordo l'amico del Partito Radicale John Fischetti, unico
della brigata di allora che vedo e frequento ancora. E poi l'allora
Assessore dei Verdi friulani Mario Puiatti, l'attivista del FUORI!
Italo Corai, l'allora deputato Michele Boato e Renato Fiorelli.
Eravamo una decina. Portavamo dei cartelli al collo sui quali vi era
scritto: NO ALLA PENA DI MORTE IN TURCHIA.
Era il periodo in cui si parlava
dell'entrata della Turchia nell'Unione Europea e della condanna a
morte del capo del partito curdo PKK Ocalan.
Bloccammo simbolicamente dei tir
turchi. Il nostro intento era del tutto pacifico e dimostrativo.
Purtuttavia i camionisti non gradirono e, scesi dai tir, iniziarono
ad assalirci. Il ragazzo curdo se la vide davvero brutta e, se non
fosse stato per i militari della Guardia di Finanza, l'avrebbero
certamente linciato. Fu allora che compresi che, ai turchi, i curdi
non piacevano proprio.
Solo nel 2004 la pena di morte in
Turchia sarà abolita. Ma l'odio per i curdi permane.
Primavera 2016. Roma, quartiere
Testaccio. L'amica fotografa Maddalena Celano mi invita a visitare il
centro culturale curdo “Ararat”, che prende il nome dal
suggestivo monte della Turchia orientale. Maddalena mi scatta delle
foto con Sara - una degli attivisti - e poi all'interno della struttura. Il centro sta rischiando la
chiusura, proprio in questi giorni, a causa della scadenza della
concessione con il Comune di Roma.
Kazim Toptas, il coordinatore del
centro, mi mostra la raccomandata che ha ricevuto e che dice che, in
sostanza, non è possibile procedere al rinnovo della concessione a
causa di un “riordino del patrimonio capitolino”. E quindi ci
vanno di mezzo i curdi rifugiati in Italia (l'altro centro culturale
autogestito e concesso dal Comune è sito a Torino) che si
ritroveranno, a giorni, sulla strada.
Faccenda davvero triste che,
auguriamoci, si risolva nel migliore e più sensato dei modi.
Ma chi sono i curdi ?
“Siamo un antico popolo mediorientale
che anticamente abitò la Mesopotamia”, mi dice Kazim. “Molti di
noi sono zoroastriani, altri si sono islamizzati. Io sono alevita,
come molti di noi, che è una religione che rispetta tutti e crede
nell'uguaglianza fra uomini e donne”.
Sì, ma in Turchia siete perseguitati.
“Sì, siamo perseguitati da sempre. In Turchia, Siria, Iran,
Iraq... Per noi vige il regime di apartheid sin da quando non esiste
più una nazione curda”.
Quindi, in sostanza, volete
ricostituirne una... “No, alla maggior parte di noi non interessa.
Quelli sono i nazionalisti, che vogliono una nazione indipendente.
Molti di noi, me compreso, non la pensiamo affatto come i
nazionalisti curdi. Siamo federalisti, anzi, crediamo nel
confederalismo democratico, ovvero vogliamo solo essere rispettati
nell'ambito delle nostre comunità autonome. Il nostro modello
vorrebbe ispirarsi a quello svizzero. Crediamo nella democrazia
diretta e nella tutela delle minoranze. Crediamo nell'uguaglianza di
tutti, ad iniziare dalla parità di diritti fra maschi e femmine.
Siamo per l'autogestione e pensiamo che solo questo sistema possa
essere la chiave per superare non solo i nostri problemi, ma anche
quelli di tutto il Medioriente diviso in tribù, piagato dal
fondamentalismo islamico e dal capitalismo...”.
Infatti voi combattete il
fondamentalismo islamico. “Sì, in Siria, a Kobane, a Rojava, vi
sono i nostri combattenti dello YPG, soprattutto donne, che
combattono l'Isis a fianco delle truppe regolari siriane”.
Quindi in Siria state con Assad. “Non
ci fidiamo totalmente di lui. Noi siamo per la democrazia diretta e
lui è Presidente della Siria solo perché figlio e erede di
Hafiz-al-Assad, che un tempo ci perseguitava. Per noi rimane un
dittatore, ma è certamente più democratico del turco Erdogan, che
in Turchia ci massacra. Assad, che fra l'altro è di religione
alevita come me, in cambio del nostro aiuto, ha promesso
l'indipendenza del popolo curdo in Siria”.
E di Putin che ne pensate ? “Ci sta
dando una mano, ma non ci fidiamo di lui. Lui pensa agli interessi
della Russia, non a quelli del popolo curdo oppresso. L'unico leader
che si pronunciò in favore del popolo curdo fu Gheddafi...ma è
stato ucciso, come sappiamo”.
Kazim Toptas
Kazim, tu sei nato in Turchia. Com'è
la situazione lì per voi ? “Brutta. Io sono fuggito dalla Turchia
e sono un rifugiato politico. Il governo di Erdogan è autoritario,
ci opprime ed impone la sua ideologia di Stato. Non riconosce i
diritti delle donne, che per noi è una cosa fondamentale”.
Avete un vostro partito rappresentato
in Parlamento comunque... “Sì, l'HDP, il Partito Democratico del
Popolo, che è un partito che si ispira al socialismo libertario e
all'ambientalismo e porta avanti la nostra idea di confederalismo
democratico. E' l'unico partito curdo rappresentato in Parlamento. La
nostra concezione di vita, come puoi capire e vedere, è basata sulla
libertà di opinione, sul rispetto delle diversità, sulla laicità
nel rispetto della visione spirituale di tutti. Sulla tolleranza”.
Eh sì, caro Kazim. Temo di capire
perché in pochi parlano di voi ed in pochi hanno interesse ad
abbracciare la vostra causa o, peggio, vi perseguitano.
Gesù Cristo fu messo in croce per lo
stesso motivo.
E ora, che scrivo queste poche righe,
una lacrima mi scende. Ma non è una lacrima di dolore, bensì di
consapevolezza. La consapevolezza che dovete proseguire nella ricerca
del vostro diritto ad autodeterminarvi, ad autogestirvi. A far
conoscere la vostra cultura e la vostra concezione di vita che
attinge dagli antichi insegmanenti di Zarathustra.
Maddalena
Celano, fotografa, laureata in filosofia all'Università degli Studi
Roma Tre e dottoranda di ricerca in Studi Comparati presso
l'Università Tor Vergata di Roma con una tesi su bolivarismo,
educazione, femminismo e diritti civili in Venezuela e Cuba, è forse
la persona più accreditata per parlarci della situazione che sta
vivendo Cuba in questo periodo.
Avendo
peraltro lei tenuto - sia a Malnate che a Roma (lo scorso 21 marzo) -
delle conferenze dal titolo “Donne cubane: una Rivoluzione nella
Rivoluzione ?”, ho pensato di proporle un'amichevole intervista
relativa alla questione femminile nell'isola Caraibica.
Luca
Bagatin: Bene
Maddalena, prima di parlare, nello specifico, delle donne cubane,
iniziamo con il dire che i tuoi studi e ricerche si sono incentrati
molto sulla figura di Manuela Saenz de Thorne – soprannominata la
“Libertadora del Libertador” - che fu compagna di Simon Bolivar e
che influenzò molto il movimento di liberazione femminile in America
Latina. Cosa puoi dirici di lei ?
Maddalena
Celano:
Manuela Sáenz Thorne fu una rivoluzionaria che combatté per
l'indipendenza delle colonie sudamericane dalla Spagna. Fu molto
vicina a Simón Bolívar, del quale divenne amante.
Manuela
nacque dall'unione illegittima tra il nobile spagnolo Simón Sáenz
Vergara e Maria Joaquina Aispuru, unione che provocò uno scandalo
nella città di Quito.
Dopo
la morte di sua madre, Manuelita fu ammessa al convento di Santa
Caterina, nella città natale, dove in seguito fu cacciata per aver
incontrato un giovane amante. All’epoca aveva soli diciassette anni
e già mostrava interesse per la politica e l’ idea di emancipare
il continente latinoamericano dall’oppressore spagnolo.
A
Lima, nell'anno 1817, si sposa con un ricco mercante inglese, James
Thorne. Da allora mantiene una doppia vita: da una parte svolge il
ruolo di brava e rispettabile moglie, dall'altro aiuta i ribelli
peruviani - guidati da San Martin – attraverso incarichi di
messaggera, spia e addirittura soldatessa. Cosa assai rara per
l'epoca.
Nel
1822 torna a Quito nella casa natale, abbandonando il marito. La
città andina aveva appena ricevuto la visita di Simón Bolívar e
quindi del "liberatore delle Americhe" di cui si innamora.
Nel
1823 Simón Bolívar entra a Lima e, tre anni dopo, una rivolta fa di
Manuela un’esiliata. Nel 1828 Manuela salva fra l'altro il
Libertador da un’ attentato.
Nel
1834 fu esiliata in Giamaica e l'anno successivo si trasferisce a
Paita, dove visse fino alla sua morte. A Paita ricevette visite
prestigiose come quella di Herman Melville, nel 1841 e di Giuseppe
Garibaldi nel 1851.
Luca
Bagatin: Manuela
Saenz de Thorne ha influenzato dunque molto i movimenti di
liberazione femminile latinoamericani, che sono, fra l'altro, molto
attivi anche ai giorni nostri ed oggetto dei tuoi studi. Cosa puoi
dirci in merito ?
Maddalena
Celano: Dopo
aver impedito un tentativo di assassinio contro Bolívar e aver
facilitato la sua fuga, tutti cominciarono a chiamare Manuelita
"Libertadora del Libertador”, ovvero liberatrice del
liberatore e fu una delle poche donne celebrate con molti onori. Per
molti anni dopo la sua morte i contributi di Manuela Saenz de Thorne
alle rivoluzioni del Sud America furono soppressi e anche quelli di
Bolívar rivissero solo un decennio più tardi. Ma, mentre lui fu
restituito alla memoria al rango di eroe, il ruolo di Manuelita, in
generale, fu trascurato sino alla fine del Ventesimo Secolo, se non
proprio calunniato e oggetto di invidia e di numerose dicerie.
Nonostante
sia stata proprio lei la custode di importanti segreti militari sulla
rivoluzione in corso, e, nel 1819, quando Simon Bolivar partecipò
alla liberazione della Nuova Granada, fu proprio Manuela Sáenz a
diventare membro attivo nella cospirazione contro il Vicerè del
Perù. Manuelita scambiò numerose lettere d'amore con Bolívar, lo
visitò mentre si trasferiva da un paese all'altro, sostenne la causa
rivoluzionaria con la raccolta di informazioni, distribuzione di
volantini, e protestò affinché alle donne venissero concessi più
diritti. Come una delle prime donne coinvolte nella causa
rivoluzionaria, Manuela ricevette l' ammissione all' Ordine del
Sole, onorando i suoi servizi alla rivoluzione. Nonostante ciò, per
lunghi anni, almeno fino agli inizi del terzo millennio, Manuelita fu
“demonizzata” e rappresentata esclusivamente come donna
indecorosa, promiscua, indegna. Insomma, un esempio da non imitare
per ogni donna desiderosa di rispettabilità.
Solo
dal 2002 l’immagine di questa donna ed il suo grande valore
civico-militare venne rivalutato ed elevato a modello di valore
patriottico, sociale e civile.
Il
13 novembre 2006, l'ecuadoregno Teatro Teatro Nacional Sucre realizzò
in anteprima l'opera “Manuela y Bolivar” del compositore
ecuatoriano Diego Luzuriaga, acclamato dalla critica internazionale.
Solo il 5 luglio del 2010 le spoglie simboliche di Manuela Sáenz
troveranno degna sepoltura in Venezuela, poiché le sue spoglie reali
finirono in una fossa comune. Attualmente si trovano nel Pantheon
Nazionale del Venezuela, accanto a quelle del suo amante, Bolívar.
Luca
Bagatin: Parliamo
di Cuba e della Rivoluzione di Fidel e di Che Guevara. I movimenti di
liberazione femminile hanno influenzato questo processo? E se sì,
in che modo ?
Maddalena
Celano: Alcune
donne cubane, come Haydee Santamaria e Celia Sanchez, hanno
combattuto con Castro sin dal suo primo tentativo di Rivoluzione nel
1953 e sono tornate a lottare con lui sino al successo del 1959. Nel
Museo della Rivoluzione all'Avana si possono trovare foto a grandezza
naturale di queste donne. Tali rivoluzionarie dissero: "Preferiamo
lottare al fianco degli uomini piuttosto che fare il bucato".
Nel 1960 nacque la Federazione delle Donne Cubane (FMC),
un’organizzazione nata con il compito di occuparsi dell’istruzione
di tutte le donne, di formarle professionalmente e assisterle nella
vita sociale e civile. Oggi il Congresso Cubano è costituito da un
22% donne e il 50% dei medici cubani sono donne. Le donne cubane
partecipano in massa al lavoro politico e spesso ricoprono incarichi
di prestigio negli ambiti della ricerca scientifica, in quelli
artistici e culturali. Tuttavia gli uomini continuano a detenere un
numero sproporzionato d’incarichi di potere politico ed economico.
L'80% delle donne cubane appartiene alla FMC. L’ attuale Codice
di Famiglia Cubano prescrive che uomini e donne condividano, in modo
uguale, i lavori domestici e la cura dei figli.
Luca
Bagatin:
A Cuba e in America Latina in generale ha sempre pesato molto una
certa (in)cultura “machista”, che ha reso difficile sia la vita
delle donne che degli omosessuali. La Rivoluzione ha cambiato la vita
delle donne a Cuba ?
Maddalena
Celano: Direi
di sì, considerando che le donne cubane, soprattutto le donne rurali
ed afrodiscendenti, non avevano il benché minimo accesso ad un’
istruzione di base ed alle cure igienico sanitarie. Le Nazioni Unite
registrarono, nel periodo pre-rivoluzionario, un’impennata di
mortalità infantile e un’impennata di donne morte per parto a
causa di condizioni igieniche precarie e instabili. Numerosi studiosi
statunitensi contestano questa tesi rilevando che, sin dal periodo
pre-rivoluzionario e “liberale”, le donne cubane avevano accesso
al voto, all’attività politica, alla ricerca e all’insegnamento.
Ritengo le tesi portate avanti da alcuni intellettuali “pro-USA”
superficiale e faziosa. I “gringos” dimenticano che si trattava,
in qualunque modo, di “privilegi” indirizzati alle donne bianche
della media ed alta borghesia cubana che viveva nell’area urbana.
Formalmente, le donne cubane avevano accesso al voto, all’attività
politica, alla sanità e all’istruzione - che nell’epoca
pre-rivoluzionaria, era prevalentemente privata - ma “di-fatto”
le donne rurali - direi la netta maggioranza delle donne cubane - e
le afrodiscendenti - circa il 15% del totale delle donne cubane - non
ne aveva accesso poiché eccessivamente povere, eccessivamente
isolate e scollegate dalla vita attiva e lussuosa delle grandi città.
All’epoca, a Cuba, vi era il grande problema causato dalla scarsità
di contatti e trasporti tra le aree rurali e le aree urbane
dell’isola. Problema che tutt'ora non è stato ancora superato. Il
Regime Castrista ha avuto l’astuzia di “ovviare” alla scarsità
dei trasporti e dei contatti tra le due aree inviando “brigate”
di volontari e militari nelle aree rurali al fine di fornire
istruzione, medicine, cibo e servizi assistenziali per i lavoratori
rurali. Perciò la vita delle donne rurali migliorò notevolmente
proprio con la Rivoluzione Castrista. Durante il periodo
pre-rivoluzionario, ma anche durante il periodo post-rivoluzionario -
direi sino al 1992 - la vessazione contro i gay a Cuba era
estremamente diffusa. L’omosessualità, considerata alla stregua di
una malattia contagiosa, veniva perseguita con l’ emarginazione o
la “messa alla berlina” delle persone omosessuali. Nei primi anni
’60, a Cuba, gli omosessuali venivano internati in unità speciali
per non “contagiare” militari o attivisti-rivoluzionari. Dal 1992
la situazione è cambata ed è stato istituito il CENESEX, ovvero un
istituto di Studi di Sessuologia che si occupa anche della formazione
e della promozione dei diritti-civili: si batte per un’ulteriore
promozione del ruolo femminile nella società e per l’ eliminazione
di ogni genere e forma di omofobia ed trans-fobia.
In
questo momento, a Cuba, le persone omosessuali e transessuali hanno
libero accesso a consulenza legale gratuita in caso di violenze
subite, assistenza sanitaria e psicologica e operazioni di
“cambio-sesso”. Tutto a spese dello Stato. Oggi, a Cuba,
discriminare o emarginare una persona a causa dell’orientamento
sessuale è considerato un reato ed è perseguito con pene piuttosto
severe.
Luca
Bagatin:
Oggi le donne cubane possono dirsi emancipate? Parrebbe che la
prostituzione sia ancora molto diffusa...
Maddalena
Celano: Anche
se la rivoluzione del 1959 ha tentato di eliminare la prostituzione
integrando le ex prostitute nei lavori agricoli o artigianali e nella
vita civile, nel 1989, con il “periodo-especial”, ovvero dopo la
caduta del Muro di Berlino, si è registrata un’inversione di
tendenza. L’aumento del turismo, che fu abbracciato come una
soluzione ai problemi economici di Cuba, ha portato ad un riemergere
di tale forma di oppressione. Una grave perdita per le donne cubane è
la recente dissoluzione del gruppo femminista radicale Magìn che,
nel 1996, nei suoi due anni di esistenza, focalizzò nei media e
nella pubblicità lo sfruttamento delle donne e tentò di lottare
contro il turismo sessuale. La Federazione delle Donne Cubane (FMC)
si muove invece più lentamente ed in maniera più conservatrice nel
contesto rivoluzionario, cercando di istituire norme e prassi che
migliorino la condizione femminile all’interno dello Stato.
La
maggior parte delle battaglie condotte dalla FMC come i diritti delle
donne all'istruzione superiore, il congedo di maternità retribuito,
le leggi a favore dell'infanzia, l’aborto libero e di controllo
delle nascite, hanno avuto un enorme successo. Ha migliorato la
qualità della vita delle donne cubane in modo considerevole.
Luca
Bagatin: Cuba
per molti è ritenuta una dittatura che, solo oggi, sta iniziando ad
aprirsi – per così dire – alla democrazia. Quantomeno così i
mezzi di comunicazione di massa dicono. Sei d'accordo ?
Maddalena
Celano: Per
quanto possa sembrare “eretica” e addirittura “incomprensibile”
in un contesto egemonizzato dalle ideologie liberal-capitaliste e dal
dogma della “democrazia-rappresentativa” di stampo ottocentesco e
borghese, ovvero una forma di governo che ritengo essere in crisi in
tutto il mondo e, ormai, antiquata nonché inefficace, farei enorme
fatica a considerare il Regime Castrista una “dittatura”.
Inoltre, su quali basi ? In base a quali criteri ? Se il criterio
sono le “libere-elezioni”, ebbene, anche a Cuba ogni anno si
svolgono libere elezioni, esattamente come da noi. Elezioni libere,
controllate e presiedute dagli Osservatori Internazionali dell’ONU.
In tutti questi anni gli Osservatori ONU non hanno mai registrato
casi di brogli come invece accade spesso nelle nostre “democrazie”.
Se il criterio è l’ esistenza di un pluri-partitismo e la
presenza di un’attiva società civile, anche su questo Cuba risulta
un’ anomalia internazionale, più che una “dittatura” intesa in
senso classico. Non oserei definirla una “dittatura” benché il
sistema sia radicalmente diverso da quello dominante nel nostro Primo
Mondo. A Cuba l’unico partito ammesso è il Partito Comunista
Cubano (PCC) ma, badate bene, i suoi membri non possono assolutamente
candidarsi alle elezioni. E, allora, che partito elettoralistico è ?
Nessuno dice ed in pochi sanno che l’unico partito ammesso a Cuba
in realtà non agisce affatto come un partito unico dovrebbe agire.
In quanto, di fatto, non gli è permesso. Al contrario di ciò che si
potrebbe pensare, a Cuba, esiste una forte e attiva società civile:
dai numerosi Comitati di Quartiere, alle numerose Associazioni che
rappresentano gli afrodiscendenti, le minoranze indie e altri gruppi
sociali sino ai Movimenti Anarchici. Ebbene si: a Cuba esistono
diverse organizzazione anarchiche, persino molto attive nei
quartieri. La società civile, nonostante alcuni contrasti e
incomprensioni con il Governo Centrale, soprattutto quando si tratta
di Organizzazioni Anarchiche, può candidare i propri rappresentanti,
mentre il PCC non può farlo. La Società Civile può vincere le
elezioni e gestire interi quartieri e città. In quanti casi una
“dittatura” registra la presenza di una società vivile così
attiva, diversificata e dinamica ? Credo in nessun caso ! Allora
smettiamola di chiamarla dittatura! Un filosofo politico di matrice
democratico-liberale come Hannah Arendt, se fosse ancora viva,
inorridirebbe nel veder affibbiare una simile etichetta all’attuale
sistema cubano. Penso che gli scribacchini e i politicanti nostrani
dovrebbero mostrarsi meno pigri intellettualmente e sforzarsi di
trovare aggettivi e definizioni più adeguate nel descrivere e
definire l’“anomalia” cubana. Per quanto mi riguarda il
“sistema-cubano” sembra molto più vicino ad una forma di
“democrazia radicale e popolare”. Sconveniente ed ostile alla
ricca borghesia occidentale, ma parecchio conveniente per le masse
popolari e rurali. Un sistema simile, per molti versi, al
“confederalismo-democratico” di tipo curdo.
Luca
Bagatin: Che
ne pensi della fine dell'embargo e del recentissimo incontro storico
fra il Presidente USA Barack Obama e il Presidente cubano Raul
Castro? Tale evento offrirà̀ nuove opportunità̀ oppure è
l'inizio della fine del “sogno cubano” ?
Maddalena
Celano: Innanzitutto,
nonostante i nuovi accordi USA-Cuba ed i vari proclami, l’embargo
non è stato ancora ufficialmente eliminato.
Inoltre, come fa Obama a parlare di democrazia se nel suo paese si
pratica ancora, in molti Stati, la pena di morte ? A Cuba la pena di
morte non è più applicata almeno da quarant'anni, neanche per reati
gravissimi come la pedofilia, il terrorismo o la cospirazione.
Tuttavia Cuba continua a subire da anni la “morale” di Obama.
Tutto questo mentre la “democratica” polizia statunitense
massacra come animali da macello i cittadini statunitensi
afrodiscendenti e gli immigrati latinoamericani clandestini. Come fa
Obama a parlare di democrazia se nel suo paese chi ha un reddito al
di sotto della media non ha accesso, non solo agli studi
medi-superiori, ma neanche alle cure mediche di base ? Crede di dare
al mondo un buon esempio di democrazia ? Che fa Obama quando, mentre
ristabilisce i rapporti con Cuba, sigla - per il secondo anno
consecutivo - un Ordine Esecutivo che dichiara il Venezuela un
pericolo per il suo Paese ? Proprio per rivendicare il diritto
internazione all’ Auto-Determinazione dei Popoli Cuba si è
battuta, contro tutto e tutti, per reclamare il proprio diritto ad
esistere autonomamente ed autogestirsi al di fuori delle logiche
egemoniche delle “democrazie-liberal-capitaliste” e del
“libero-mercato”, ovvero i “valori” cari ad USA ed UE.
Quando Obama deciderà di cancellare il Plan Cóndor dal continente
latinoamericano ?
Luca
Bagatin: Il
fratello di Raul Castro, Fidel, ha preferito incontrare il Presidente
del Venezuela Nicolas Maduro, ma non Obama. Come mai, a tuo parere?
Maddalena
Celano: Ritengo
piuttosto evidente la continua violazione di Obama del principio di
autodeterminazione dei popoli, poiché, in questi ultimi mesi, non ha
fatto altro che praticare “ingerenze” nelle politiche locali e
nazionali latinoamericane. Come ha scritto
lo scorso 24 marzo su “il manifesto” il sociologo Claudio
Tognonato:«il
premio Nobel per la Pace Barack Obama arriva (in Argentina) insieme a
un esercito di 500 imprenditori» e
calca il Parco
della Memoria di Buenos Aires dedicato
ai desaparecidos sebbene las
madres e las abuela de Plaza de Mayoe
centinaia di intellettuali argentini avessero richiesto al presidente
USA
di
evitare la visita il giorno in cui 40 anni fa iniziava, sotto
copertura della CIA, il golpe più sanguinario della storia
argentina. Penso che l’intera politica estera di Obama, in tutti
questi anni e in tutti questi mesi, continui ad essere improntata
sulla sistematica violazione del principio
di autodeterminazione dei popoli. Ciò è dimostrabile dalle continue
ingerenze statunitensi nella politica venezuelana, nelle politiche di
ingerenza condotte in Ecuador, Brasile e Argentina, Mi sembra ovvio
che un campione del principio di autodeterminazione dei popoli come
Fidel Castro si sia sentito offeso e irritato dagli atteggiamenti
autoritari e paternalistici adottati da Obama verso i suoi fratelli
latinoamericani. Tutt'ora i “democratici” USA trattano i leader
dei Paesi in via di Sviluppo come dei “selvaggi” da rieducare e
da ridurre al ruolo di umili servitori verso le Potenze
Internazionali.
Barack Obama sta per lasciare la Casa
Bianca e le primarie del Partito Democratico e del Partito
Repubblicano incalzano. Chi la spunterà ?
Ancora non lo sappiamo, ma, nel
frattempo, possiamo divertirci a capire come funziona il sistema
elettorale statunitense con un simpaticissimo ed agile videogame
ludico realizzato dalla Stardock, ovvero “The Political Machine
2016” (www.politicalmachine.com).
Videogame evoluzione delle precedenti
versioni realizzate nel 2004, 2008 e 2012, “The Political Machine
2016” rappresenta, in modo divertente e caricaturale, i principali
personaggi politici statunitensi di entrambi gli schieramenti: da
Barnie Sanders a Donald Trump, da Hillary Clinton a Rand Paul,
passando per Ted Cruz, Marco Rubio, Michael Bloomberg, Joe Biden e
moltissimi altri.
Ciascuno, nel gioco, ha differenti
caratteristiche non solo fisiche, ma anche e soprattutto intrinseche
come ad esempio i punti resistenza (stamina), quelli relativi alla
credibilità politica, alla capacità di raccogliere fondi
elettorali, alla capacità economica (e Donald Trump in questo senso
è avvantaggiatissimo !), all'appeal, all'intelligenza,
all'esperienza politica, al senso religioso e così via. Punti
fondamentali che la casa produttrice ha attribuito a ciascun
candidato virtuale in base a specifiche ricerche relative ai politici
statunitensi reali e ciò rende ancora più realistico il game.
Oltre a ciò è inoltre possibile
costruirsi un candidato proprio: sceglierne il partito, l'aspetto
fisico e le caratteristiche che abbiamo sopra elencato, attribuendo i
punteggi che deciderete di attribuirgli.
Le caratteristiche di ciascun candidato
saranno peraltro molto utili per agevolare la nostra strategia
elettorale e portarci, dunque, alla vittoria e dunque a far diventare
il nostro candidato il Presidente degli Stati Uniti d'America !
Il gioco si svolge all'interno della
cartina degli USA, divisa in 52 Stati, ciascuno dei quali ha un
numero variabile di “delegati” ovvero “grandi elettori”. Il
nostro scopo, dunque, è tentare di accaparrarci il maggior numero di
delegati/grandi elettori. Quando ci saremo accaparrati uno Stato,
questo diventerà del colore del nostro partito: rosso per i
Repubblicani, blu per i Democratici. In questo senso, Stati come la
California, il Texas e la Florida sono, come nella realtà, gli Stati
che spesso sarebbe bene riuscire ad assicurarsi, avendo questi il
maggior numero di delegati/grandi elettori.
Come fare per assicurarsi ciascuno
Stato ? Facendo letteralmente viaggiare il nostro candidato nel suo
aereoplano personale di Stato in Stato, facendogli fare dichiarazioni
e apparizioni pubbliche e televisive nelle quali riesca a convincere
l'elettorato, specie quello più indeciso; attraverso spot televisivi
mirati; raccogliendo fondi per sostenere la nostra campagna
elettorale; costruendo quartier generali e rendendo questi sempre più
grandi e capaci di attirare gli attivisti; acquistando consulenti
elettorali, spin doctor, lookmaker in grado di far aumentare i
consensi elettorali del nostro candidato e tentando di acquisire
“endorsement”, ovvero le simpatie delle varie lobby: da quella
del Tea Party sino alle associazioni femministe; dagli ambientalisti
ai sostenitori dell'uso delle armi.
Il gioco è sostanzialmente semplice da
capire anche se totalmente in inglese (l'ho testato diverse volte -
pur avendo una conoscenza basica della lingua - e posso dire che è
comunque giocabilissimo), ma è tutt'altro che semplice ottenere la
vittoria. Spesso ci si può riuscire spendendo moltissimi fondi
elettorali. Altre volte sulla base di dichiarazioni che soddisfino
l'elettorato, altre volte ancora grazie a particolari strategie che
comprenderete nell'ambito del gioco medesimo.
Non perdete mai di vista, ad ogni modo,
le strategie del candidato avversario e, soprattutto, sceglietevi un
Vicepresidente che possa essere all'altezza della situazione e vi
possa sostenere nel corso della campagna !
Ogni campagna può durare dalle 52 alle
21 settimane. All'inzio di ogni partita sarete voi a deciderlo, come
sarete sempre voi a decidere con quanti fondi elettorali volete
iniziare la campagna e che tipo di modalità di gioco volete
utilizzare, ovvero se preferite giocare nella modalità principiante,
normale o esperto.
“The Political Machine 2016” è
assai diverso rispetto a “The Race to the White House” della
Eversim che già recensimmo qualche tempo fa. Entrambi, ad ogni modo,
hanno il pregio unico di dare la possibilità al videogiocatore di
comprendere le modalità elettorali USA, di immedesimarsi nel
candidato prescelto e di utilizzare diverse stretegie elettorali,
ottimamente simulate.
Chiunque desideri acquistarlo, peraltro
ad un prezzo decisamente contenuto, lo può fare attraverso il link
della piattaforma Steam: http://store.steampowered.com/app/404620/.
In attesa dell'esito elettorale
“reale”, dunque, divertiamoci con questo simulatore ludico e
appassionante !
Nel momento massimo del dolore mi chiedo solo se la soluzione sia più semplice di quel che pensiamo e sia magari racchiusa in una sola parola: AMORE.
Un Amore praticato, non decantato.
Da tempo ho rinunciato alla politica partitica e alle analisi economicistico-politiche, per ricercare, con Amore e Libertà, una strada alternativa. La ricerca di quella Civiltà dell'Amore che può nascere solo nel nostro cuore.
Ricerca di quella Civiltà dell'Amore che per me è ormai l'unica teoria valida: la Quarta Teoria Universale.
Pur mantenendo forti perplessità
sull'utilità delle elezioni amministrative, ovvero ritenendo forse
ben più democratica la partecipazione attiva dei cittadini – senza
mediazioni di partiti e di politici - in appositi comitati popolari o
assemblee pubbliche aperte a tutti, ritengo interessante e degna di
nota la candidatura di Carlo Rienzi, avvocato e Presidente del
Codacons, a Sindaco di Roma.
L'Avv. Rienzi, oltre da essere da
sempre persona perbene e in prima linea nella tutela dei diritti dei
consumatori e dell'ambiente, ha l'onestà intellettuale di dire: “Se
si vuole cambiare la città, occorre cambiare prima di tutto i
cittadini. Accanto ai problemi noti della corruzione, del malaffare,
e di tutto ciò che non funziona a livello amministrativo, politico e
gestionale nella capitale, si pongono i comportamenti sbagliati degli
stessi abitanti, abitudini che contribuiscono a rovinare il decoro
della città e alimentare disagi e disservizi con ripercussioni per
l’intera collettività. Occorre partire da questi atteggiamenti
errati per ridare
dignità a Roma e migliorare i servizi per tutti”
(fonte:
http://www.dire.it/06-03-2016/41786-comunali-rienzi-codacons-mi-candido-a-sindaco-di-roma/).
Se i cittadini, in sostanza, non
cambiano mentalità e non provano ad avere un minimo di senso civico,
è assai improbabile che le cose cambino da un giorno all'altro
attraverso santi in paradiso o politici che, nei fatti, sono
espressione diretta dell'elettorato.
Ecco perché sarebbe interessante che i
cittadini imparassero ad autogestirsi, come nell'ambito di “Amore e
Libertà” (www.amoreeliberta.altervista.org - www.amoreeliberta.blogspot.it) andiamo dicendo da diversi annetti. Ed ecco perché la
proposta dei Codacons – che hanno lanciato la candidatura di Rienzi
- di invitare la cittadinanza ad impegnarsi in prima persona
contattandoli via e-mail (codacons@rienzixroma.it)
e facendo proposte e/o proponendosi quali candidati per tutti i
municipi, mi sembra una cosa che vada in questa direzione.
Il programma di Carlo Rienzi e del
Codacons per Roma, poi, mi sembra vada nella medesima direzione di
quanto dissi tre anni fa, allorquando proposi la candidatura a
Sindaco di Roma della hippie e fricchettona Ilona Staller nell'ambito
di una lista laica fuori dagli schieramenti. Alla fine, io ed Ilona,
finimmo candidati solo come consiglieri, ma il nostro scopo è
passato e a dispetto anche di coloro i quali, nella nostra stessa
lista, pensavano alla nostra presenza solo come ad una provocazione.
La nostra vera provocazione fu
infatti – come fece Moana Pozzi con la candidatura a Sindaco nel
Partito dell'Amore, prima lista civica italiana, nel 1993 - quella di
lanciare proposte concrete, civiche e ambientaliste per la città.
Dicevamo e scrivevamo infatti: “Dobbiamo impedire a Marino ed
Alemanno – ovvero i riferimenti romani dell’inciucio nazionale –
di vincere queste elezioni comunali (…). All’antipolitica
dell’inciucio destra-sinistra, contrapponiamo le politiche in
favore di disabili, degli anziani, dei bambini, degli omosessuali,
delle prostitute, delle donne sole, dei senzatetto e degli animali.
All’antipolitica dell’inciucio, contrapponiamo gli ultimi, i più
bisognosi, che necessitano di strutture socialmente utili, parchi,
asili nido sempre più insufficienti, reddito di cittadinanza,
trasporti efficienti e meno costosi. Tutte cose che potrebbero essere
attuate abbattendo del 50% gli stipendi di Sindaco, Assessori,
consulenti e funzionari pubblici”
(http://www.pensalibero.it/2015/10/12/quando-mi-candidai-alle-amministrative-di-roma-con-la-staller-e-contro-marino-e-alemanno/).
Carlo Rienzi, che si propone quale
candidato Sindaco provocatoriamente “contro” i cittadini,
che cosa propone ? Come leggiamo nel sito Dire.it al seguente link
http://www.dire.it/06-03-2016/41786-comunali-rienzi-codacons-mi-candido-a-sindaco-di-roma/,
egli propone: lotta serrata al parcheggio in doppia fila e alla
sosta selvaggia con telecamere intelligenti che multeranno i
trasgressori; ingresso al centro storico a pedaggio, con gli
automobilisti che dovranno pagare un ticket se vorranno entrare in
centro con la propria vettura; trasporto pubblico gratuito tra le ore
8 e le ore 9, e dalle 17 alle 18, per spingere i romani ad utilizzare
bus e metro, potenziati grazie alle multe e ai pedaggi di ingresso in
città.
Per questo e in tutto questo bailamme,
riteniamo che la candidatura di bandiera a Sindaco di Roma dell'Avv.
Rienzi sia interessante e degnissima. Quantomeno può essere utile a
smuovere una cittadinanza troppo spesso lamentosa, ma troppo poco
attiva.
Degli anarchici, nella lotta
antifascista e nella Guerra di Spagna, si tende a parlare sempre
poco, preferendo, invece, esaltare le gesta dei comunisti che,
all'epoca, erano al soldo del sanguinario e totalitario Stalin, per
nulla diverso da quell'Adolf Hitler – peraltro suo ammiratore - ed
al gradasso Benito Mussolini che, senza gli amorevoli insegnamenti
della pasionaria del socialismo Angelica Balabanoff, non sarebbe
diventato nessuno. E sicuramente i popoli ne avrebbero tratto
giovamento.
Ma Angelica Balabanoff, all'epoca,
purtroppo, non poteva sapere che aveva allevato la classica “serpe
in seno”.
Camillo Berneri (1897 – 1937),
lodigiano, è uno di quegli anarchici che la Guerra di Spagna la fece
e la combattè dalla parte giusta, ovvero dalla parte degli
antifascisti, anarchici, socialisti, antistalinisti e repubblicani.
E, se non si beccò il piombo fascista, si beccò quello comunista,
in quanto prese le difese del Partito Operaio Unificato Marxista di
Spagna (P.O.U.M.), antistalinista e antitotalitario.
Gli scritti di Berneri sono stati
editati, diversi anni fa, in un agilissimo volumetto dal titolo
“Umanesimo e Anarchismo”. Il percorso politico e intellettuale
del Berneri, infatti, fu sempre profondamente umanista, ovvero non
provò mai odio per i suoi avversari politici, fossero preti, ricchi
o borghesi, ma ricercò sempre il confronto. Critico nei confronti
dei comunisti, egli si definiva “comunalista” e “liberalista”
- secondo gli insegmanenti di Bakunin e Malatesta - ed il suo
modello era l'autodemocrazia, attuabile attraverso l'istituzione di
club/comitati popolari che avessero la possibilità di discutere
liberamente e seriamente tutte le questioni sociali e dunque
permettessero al popolo di partecipare attivamente alla vita ed alla
gestione della comunità.
In questo senso egli simpatizzò per la
Rivoluzione Russa del 1917, ma, allorquando il sistema dei soviet
sarà sostituito dalla centralità del Partito, egli se ne
discosterà.
Il suo comunalismo sarà dunque
libertario, autonomista e federalista, rifiutando ogni forma di
autoritarismo e di parlamentarismo partitocratico.
Interessanti, in questo senso, i
confronti che ebbe con Carlo Rosselli sulle pagine di “Giustizia e
Libertà”, organo dell'omonimo movimento rosselliano, il quale
aveva forti affinità ideali con il movimento anarchico. Sarò
proprio Rosselli, peraltro, a proporre a Berneri e a tutti gli
anarchici un fronte di unità d'azione rivoluzionaria fra tutti i
libertari e socialisti che si battevano contro fascismo e
capitalismo, per una soluzione decisiva della crisi italiana: una
Alleanza Rivoluzionaria Italiana, come chiamata da Rosselli medesimo.
Purtroppo, sia Berneri che Rosselli –
assieme al fratello Nello – moriranno presto trucidati ed entrambi
nel 1937, in terra straniera. Il primo per mano dei comunisti
stalinisti, come già detto, ed i secondi per mano di agenti legati
al regime fascista.
Ecco che una pagina gloriosa
dell'antifascismo antitotalitario e democratico si sarebbe chiusa.
Ecco che due eroi, due intellettuali, due attivisti che avrebbero
meritato di essere i veri Padri della Patria, sarebbero stati uccisi
perché scomodi a due regimi totalitari le cui basi affondavano
entrambe nel Potere e nella dissoluzione dell'umanesimo.
C'è da chiedersi perché, nemmeno
oggi, in questa pseudo Repubblica dei partiti, delle chiese e delle
imprese, ove hanno trionfato – alternativamente - il dogma
clericofascista, cattocomunista e capitalista, ancora non si parla né
di Berneri né di Rosselli. Ma nemmeno di Randolfo Pacciardi di cui
pur recentemente abbiamo parlato a proposito di un convegno
accademico che si è tenuto all'Università La Sapienza di Roma
(http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/02/un-convegno-su-randolfo-pacciardi.html).
C'è da chiedersi perché la democrazia
autentica, quella comunalista dei comitati popolari sognata da
Camillo Berneri, non sia stata presa a modello ideale della
Repubblica italiana sovrana e antifascista o magari dell'Europa dei
popoli e non delle banche centrali e degli Stati/Parlamenti
euro-burocratici.
C'è da chiedersi, in sostanza, se
Berneri e i Rosselli non siano morti invano. Come quel Cristo che ha
sofferto per tutti noi continua a farlo. Per Amore dell'umanità e
della giustizia sociale.
La cosa che ho sempre detto e che pochi hanno capito è che la
parte più importante dei miei saggi sono le dediche.
Il 19 marzo è la festa del papà e, se tante cose fossero andate
diversamente, forse oggi sarei padre anche io. Ma le
vicissitudini della vita hanno preso strade diverse... Piccolo
momento malinconico.
Sono un attivista, non un difensore. Non credo nei sostegni
alle cause, alle solidarietà ecc... Sono per la lotta quotidiana,
passionale nel senso sessual-sentimentale del termine, individuale,
solitaria, senza bandiere e senza quartiere.
Mi dicono che sono un autore di saggistica, mentre ho sempre
pensato di essere un autore di narrativa. Narro delle storie.
Anche e soprattutto nei miei articoli. Racconto una storia, un punto
di vista (il mio), una sensazione (la mia). Sono una sorta di Dio
OnniPotente della scrittura. Un Dio rigorosamente
BESTIEmmiabile. Obiettivamente l'obiettivo che utilizzo è il mio
(un cannocchiale ?). Sono un autore gonzo (non a caso sono citato
qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Gonzo_%28giornalismo%29),
eccheccazzo !
"Amore e Libertà", pur con i dovuti distinguo, si sente un po' figlio del Partito dell'Amore e, pertanto, visto anche il successo di visite che ha avuto e le richieste che abbiamo ricevuto, desideriamo riportare, qui di seguito, la lunga intervista che Luca Bagatin fece a Mauro Biuzzi, leader e fondatore del Partito dell'Amore, nonché curatore testamentario dell'indimenticata attrice, cantante e donna politica Moana Pozzi.
L'intervista fu pubblicata per intero, il 18 febbraio 2013, nel vecchio blog di Luca Bagatin (www.lucabagatin.ilcannocchiale.it) e ampi stralci furono pubblicati dal settimanale romano "Le Città" nello stesso periodo. E' citata, peraltro, fra le fonti di Wikipedia relative alla voce "Partito dell'Amore" (https://it.wikipedia.org/wiki/Partito_dell'Amore).
Nell'intervista è presente tutta l'attualità della politica di oggi, ovvero una serrata critica alla medesima ed al sistema dei media. Le foto a corredo ed il video qui sotto sono tratte dal canale youtube e dal sito ufficiale del PdA www.partitodellamore.it.
A&L
Intervista esclusiva di Luca Bagatin a Mauro Biuzzi, leader del Partito dell'Amore
Ti
credo capace di ogni male: perciò voglio da te il bene;
La
pornografia è una cosa troppo importante per lasciarla fare ai
pornografi;
Solo
il Partito dell’Amore, che ha saputo liberare la pornografia in
Italia, può anche liberare l’Italia dalla pornografia.
Queste solo alcune
delle citazioni di Mauro Biuzzi che ci hanno subito incuriosito, al
punto dal volergli proporre quest'intervista, che parla non solo o
tanto di lui, quanto piuttosto del suo progetto “alter-politico”
- contenuto nel programma politico-culturale del Partito dell'Amore -
ed il suo ricordo della celebre attrice Moana Pozzi, tragicamente e
prematuramente scomparsa nel 1994.
Mauro si definisce
un' “attivista antipolitico” che, con vari mezzi, espressivi –
che vanno dall'architettura, alla fotografia, al cinema alla politica
e persino alla teologia – pratica, da oltre trent'anni, una critica
al linguaggio dei media, della pornografia e della politica.
Già fra i primi
obiettori di coscienza al servizio militare di leva, negli Anni '70,
Mauro Biuzzi è iscritto alla Lega Obiettori di Coscienza, fondata su
iniziativa del Partito Radicale.
Architetto ed
artista poliedrico, Biuzzi, nel 1980, fonda e partecipa alla rivista
di cultura romana indipendente“Braci” e, sempre sull'onda della
controcultura artistica e letteraria dell'epoca Cyberpunk, fonda,
nel 1991, il primo partito politico - per così dire -“antipolitico”,
ovvero il Partito dell'Amore, assieme a Riccardo Schicchi, Ilona
Staller e Moana Pozzi.
Non a caso il
personaggio di Mauro Biuzzi è interpretato e rappresentato (a parer
mio male ed in modo totalmente macchiettistico, così come sono mal
interpretati i ruoli di Riccardo Schicchi ed Ilona Staller) nella
fiction che Sky ha dedicato a Moana Pozzi dal titolo, appunto,
“Moana”, di Alfredo Peyretti, con l'ottima (lei sì davvero !)
Violante Placido.
Mauro
Biuzzi – oggi leader del Partito dell'Amore
(www.partitodellamore.it)
- è un simpatico amico, peraltro già in passato in contatto con il
nostro amico e collaboratore fraterno Peter Boom, profondamente
colto, intelligente ed arguto.
Oggi abbiamo il
piacere di intervistarlo, in esclusiva (per completezza
dell'informazione desideriamo segnalare che i link contenuti
nell'articolo, le parole in maiuscolo, corsivo e grassetto sono state
appositamente e volutamente inserite dall'intervistato Mauro Biuzzi).
Luca
Bagatin: Quando hai conosciuto per la prima volta Moana Pozzi ?
Mauro
Biuzzi: Il
nostro primo scambio di battute è stato a Roma, i primi giorni di
gennaio 1992, nel comprensorio di palazzine in Via Cassia, dove c’era
la Diva Futura e dove abitavano lei, Schicchi e la Staller. La prima
sede del PdA era in un appartamento indipendente in una di quelle
palazzine, nel quale io ho diretto la campagna politica del 1992. Per
la campagna alle amministrative del 1993, invece, la sede del PdA si
spostò nel superattico sopra all’appartamento di Moana, giacché
volevamo entrambi una totale indipendenza dalle attività di
Schicchi. Torniamo alla prima volta con Moana. Era appena arrivata da
Milano la diffida della Staller ad usare il suo volto nel simbolo del
Partito dell’Amore
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/006/d001.html].
Pioveva e, poiché aveva un pacco di copie della sua Filosofia
e non aveva l’ombrello, Schicchi mi chiese se volevo accompagnarla
alla palazzina dove si trovava il suo attico. Lei mi disse subito:
“Peccato dover sprecare tutto il lavoro che hai fatto per il
simbolo !”. In ascensore le dissi: “Potrebbe dipendere anche da
te…”. Lei, che non aveva la minima idea di impegnarsi in
quest’avventura politica che stimava come un’ennesima
“pagliacciata” di Riccardo (parole sue), sulla porta di casa mi
disse: “Ci penso.”. Ci pensò. Pochi giorni dopo, in una riunione
a quattro (Schicchi, Moana, io e mia moglie Marcella Zingarini), con
il solo voto contrario di Riccardo, è rinato il vero Partito
dell’Amore e questa volta aveva il volto di Moana. Il PdA di
Schicchi/Staller era durato solo un mese.
Luca
Bagatin: Chi
era, secondo te, Moana Pozzi, veramente ?
Mauro
Biuzzi: Moana
fu un raro esemplare di genio italiano. Una donna, cioè, la cui
eccezionale forza fisica e logica la spinsero sempre a fare scelte
anti-conformiste.
Luca
Bagatin: Ricordo
che in un'intervista che Piero Chiambretti ti fece nel suo programma,
alcuni anni fa, dicesti che, secondo te, Moana Pozzi dovrebbe essere
ricordata nei libri di Storia. Puoi spiegarcene meglio il motivo ?
Mauro
Biuzzi: Perché
Moana ha concluso la sua vita facendo politica e senza usare i
potenti mezzi del Potere (Denaro, Media, Spettacolo, Scienza,
Cultura, Politica, Religione, ecc), ma al contrario mettendo la sua
popolarità al servizio di una piccola formazione come il PdA, che
aveva come scopo quasi suicida quello di opporsi ai poteri forti
partendo da zero. E la Storia in Occidente, da Cristo in poi, si fa
senza i potenti mezzi. Non troverai nessuna “diva” che, al
vertice della sua carriera, abbia corso un tale rischio d’immagine.
E che, dopo la prima sconfitta e contro l’opinione di tutti, che
abbia voluto assolutamente ritentare quasi da sola (ovvero solo con
me), nella campagna elettorale per il Sindaco di Roma del 1993,
riuscendo a concludere la raccolta firme in condizioni disperate e
riuscendo a portare per la seconda volta il simbolo del PdA nella
scheda elettorale. Una tempra da Giovanna D’Arco, che sola spiega
la sua beatificazione postuma. Anch’io che l’ho seguita e guidata
passo passo in questa lucida follia, certe volte penso che me la sia
sognata, che Moana non è mai esistita. Ma la vera politica, quella
che fa Storia, è quella che non teme di realizzare l’impossibile.
Altro che economia politica !
Luca
Bagatin: Che cosa ti ha spinto ad ideare, assieme a Riccardo
Schicchi, il Partito dell'Amore ?
Mauro
Biuzzi: La
scommessa che si potesse sfidare sul suo terreno, quello di una
campagna elettorale - ma fatta senza spendere una lira pubblica - il
peggior consociativismo partitico della Repubblica Italiana: quello
che aveva resistito al Movimento Studentesco del 1968, alle Brigate
Rosse del 1978, ma che poi aveva ceduto qualcosina solo nei primi
anni Novanta nell’inchiesta detta Tangentopoli.
Con il PdA - per la prima volta - una formazione dichiaratamente
antipolitica ha dominato per tre mesi una campagna elettorale
italiana, se si escludono i precedenti referendum sull'aborto e sul
divorzio. Voglio qui precisare che l’accostamento del PdA all’Uomo
Qualunque
di Guglielmo Giannini, è un’approssimazione idiota, di quelle che
si leggono su Wikipedia. Oggi sono tutti qualunquisti meno il PdA.
Luca
Bagatin: Ma
il simbolo del Partito dell'Amore lo ideasti tu o Riccardo Schicchi ?
Che cosa rappresenta, nello specifico ?
Mauro
Biuzzi: L’icona
nel cuore, che avevo già usato dal 1987 in mie azioni pubbliche
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/001/d009.html],
la proposi a Schicchi nel 1991 in una versione adatta ad essere
presentata come simbolo in una campagna elettorale. Fu, infatti,
ammesso dal Ministero degli Interni nel 1992, anche se dovetti
discutere un’obiezione di ammissibilità dell’ufficio competente
che riteneva blasfemo l’accostamento tra una croce e il volto di
una pornostar. Feci notare che non era “una pornostar” ma la
cittadina Moana Pozzi. E il simbolo fu ammesso dalle Istituzioni
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/009/d004.html].
Ma non dagli elettori italiani, il cui concetto di cittadinanza era
ancora ristretto a quello indicato dai Partiti e dai mass-media
dell’epoca.
Luca
Bagatin: Quali
i punti salienti del programma cultural-politico del Partito
dell'Amore ?
Mauro
Biuzzi: Dichiarammo
subito sul retro del volantino di Moana
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/011/d02.html
]che la nostra logica politica non era riducibile a quella di
programma,
come nella politica di matrice sindacal-contrattuale. E invece
preferimmo una Politica di Immagine piuttosto che di Parola, che fu
poi tipica dei movimenti no-global ma anche del terrorismo islamico
(intendo sul piano dell’uso dei mezzi di comunicazione). Nessuna
chiacchiera moraleggiante. In particolare io avevo ed ho i miei
riferimenti nelle declinazioni nazionali della rivoluzione
punk,
che come tutti sanno, si oppose a quella hippie
sessantottina e che riemerse all’inizio degli Anni Novanta. Anche
su questo piano di Immagine si è consumata la separazione del PdA di
Mauro Biuzzi e di Moana Pozzi dalla precedente esperienza politica
della Diva Futura di Riccardo Schicchi e Ilona Staller, legata
all’ideologia della Rivoluzione Sessuale degli anni settanta. Nel
1991 gli effetti della caduta del muro di Berlino erano ormai
evidenti e noi lanciammo per primi una sfida al Pensiero Unico sul
suo terreno: quello della simulazione della politica e della sua
morte simbolica, dell’anti-partito,
come dissi nella mia tribuna elettorale del 1992
[http://www.youtube.com/watch?v=ye4tvQk1TQ8]. La cosa interessò,
infatti, tutto il mondo e con Moana raccogliemmo oltre duecento
articoli di stampa estera, da ogni parte del mondo
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/015/index.html].
Moana rappresentò uno sperpero di visibilità politica contro la
riduzione della politica all’economia. Una festa orgiastica della
morte della politica contro la simulazione tragicomica della crisi
economica mondiale. Generazione
X.
Tentativo riuscito di fare di Moana una bellissima e terribile pausa
in cui si sente solo il rumore dello strappo di una moquette: quella
con cui l’economia politica borghese silenzia da qualche secolo
ogni Realtà che gli somigli come la sua immagine rovesciata nello
specchio, un’immagine che simuli la sua morte simbolica,
un’immagine fuori controllo. E Moana era esattamente questo: non la
diversità
ma l’alterità,
non la trasgressione
ma la seduzione
fatale.
Come il Don Giovanni, il Gattopardo, il Marchese del Grillo,
l’aristocrazia francese o russa che misero fine ad una tirannia
cortigiana ed oligarchica di cui erano la maggior espressione e che
conoscevano molto bene. Moana rimarrà una delle maggiori icone del
tramonto dell’Occidente in Italia, insieme a Mamma
Roma e
ad Accattone.
Luca
Bagatin: Il Partito dell'Amore esiste tutt'oggi, ma, dal 1993, non si
presenta alle elezioni politiche, come mai?
Mauro
Biuzzi: Perché
il PdA è un partito cristiano-dionisiaco,
nel senso che proprio con il parlare
silenzioso del
corpo di Moana ha dato l’esempio di un leader
politico che pratica il diritto/dovere di tacere su ciò di cui non
si può parlare. Con ciò opponendosi radicalmente all’idea tutta
mass-mediatica che il politico sia un opinionista
televisivo,
un inarrestabile nastro trasportatore di Doxa, un continuo parolibero
che vomita contratti programmatici. In tal senso la cultura realista
del PdA, in contrasto con il cosiddetto diritto
alla libertà d’espressione,
si oppone anche all’obbligo per tutti ad avere un’opinione su
tutto. Dittatura della Doxa
che si esprime ai suoi massimi livelli nei social
network,
veri campi di concentramento dell’autismo cronachistico di massa
(oltre che mezzo d’intercettazione e di controllo): crimine
perfetto di istigazione dell’umanità alla masturbazione espressiva
travestita da “libertà di espressione”, proprio come tra gli
adolescenti nativi digitali l’esperienza della masturbazione via
cam sta sostituendo quella del primo rapporto sessuale. Insomma, il
PdA ha dato alla borghesia “protestante” italiana la spiacevole
notizia che il sesso è nato molto prima del diritto. E che non se ne
può fare libero commercio “liberandolo”, quasi peggio di come
hanno fatto i preti “vietandolo”.
Luca
Bagatin: Il Partito dell'Amore, fra gli altri, si ispira al
socialista umanitario Giuseppe Garibaldi, come mai?
Mauro
Biuzzi: Perché
Garibaldi ha fondato la nostra Repubblica credendo, parlando e
scrivendo di un socialismo
del cuore
che certamente Biuzzi e Moana, da patrioti e credenti, hanno
praticato prima ancora che capito. Capiamo invece perché l’algida
e frigida borghesia televisiva italiana possa chiamare populismo
ciò che arriva alla gente in forma commovente e affettiva. Un
politico che è amato dalla popolazione indispettisce i pragmatici
che ormai ci governano, come il caso di Pier Paolo Pasolini ancora
dimostra. Perché i progressisti e i pragmatici possono avere
ragione, ma amore no.
Luca
Bagatin: Oggi vi presentate come "Partito dell'Ex Voto",
ovvero invitate gli elettori all'astensionismo ed alla dissidenza
"alter-politica".
In che cosa consiste questo nuovo modo di fare politica da voi
inaugurato?
Mauro
Biuzzi: Per
l’esattezza oggi invitiamo all’obiezione
di coscienza elettorale,
che è tutt’altra cosa dalla scheda bianca. Per quanto ho già
detto, noi ci proponiamo sempre come critici
dello spettacolo elettorale,
e in particolare, critici
della comunicazione pornografica
come modello di propaganda della nostra epoca. Come nel secolo scorso
ogni persona faceva due mestieri, il suo e quello di critico
cinematografico, il PdA ha profetizzato la nascita del “critico
politico”. Beppe Grillo non è “un comico che fa politica” ma è
un cittadino che interrompe momentaneamente il suo mestiere per fare
il critico
della politica.
E così dicasi per i militanti del suo Movimento. Una rivoluzione
antropologico-culturale cominciata con il sottoscritto e con Moana
Pozzi.
Questa novità determinò il contrasto con Schicchi e Staller, che
furono espulsi dal PdA nel 1992
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/politiche/014/d001.html]
proprio perché praticavano ancora una politica di conflitto
d’interesse tra il proprio mestiere e le alleanze politiche.
Questa evoluzione di Moana maturò, infatti, nella campagna per le
amministrative di Roma nel 1993 nella quale, liberi ormai dalla
vecchia equazione sesso = politica, formammo la prima lista civica di
candidati della Seconda Repubblica. Fu costituita candidando oltre
cinquanta aspiranti consiglieri comunali tutti provenienti dalla
società civile romana e senza alcun “precedente” politico, ed io
fui nominato capolista su proposta di Moana
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/amministrative/004/s02.html].
In conclusione, direi che la caratteristica dei cittadini ai quali il
PdA si rivolse per primo (nel quadro della crisi della politica che
dura da Tangentopoli ad oggi), è quella di essere dei “critici
politici” irriducibili alla Doxa politica e al marketing mediatico.
Cittadini irriducibili alla definizione asfittica di elettori,
essendo
ormai caduto miseramente il vincolo che legava politica e lavoro
(alla faccia dell’art.1 della Costituzione). Cittadini-stalker
delle mappe interstiziali che ancora ostacolano l’urbanizzazione a
tappeto del territorio. Cittadini-mutanti residuali della
cittadinanza repubblicana, nel quadro della modernizzazione fondata
sul capitalismo avanzato e sull’immigrazione/deportazione di massa.
Insomma, non più cittadini collaborazionisti, deleganti,
qualunquisti, pessimisti, clandestini o resistenti, ma attivisti e
patrioti che si riprendono la loro sovranità nel pubblico e
soprattutto nel privato. Cittadini che, al di là della
modernizzazione coatta e ricattatoria tipica del dopoguerra
e
del suo portato d’ingerenze e di embarghi (che ancora chiamiamo
esportazione
della democrazia, una
specie di Pax
romana
fatta da bottegai e top-guns),
riprendono il cammino della libertà repubblicana universalista, in
Italia e nel mondo.
Luca
Bagatin: Che cosa ne pensi della politica di oggi ? Ci sarebbe
spazio, nel panorama politico-culturale e mediatico per una
personalità libera e libertaria come Moana Pozzi ?
Mauro
Biuzzi: Ho
già detto che nelle nostre socialdemocrazie la politica
si è ridotta ad economia
politica.
In questo senso ritengo che l’economia politica sia troppo stretta
per Moana come per qualunque altro cittadino che non sia un Attore
di questa nuova oligarchica. Che non sia cioè un finanziere, un
industriale, un editore, un autore/pubblicitario, un politico ovvero
una Vedette
al servizio della Governance
mondiale. Moana (come Marilyn o Pasolini) non è riducibile a nessun
bipolarismo imperial-democratico (tipo progressisti/conservatori),
come si è rappresentato da Jacqueline Kennedy a Carla Bruni
ex-Sarkozy
(che guarda caso sono donne). Moana è la parte vitale e negativa del
bipolarismo, la parte maledetta e anti-borghese, la parte
anti-sociale e anti-edipica, come alle origini lo furono Van Gogh o
Rimbaud (che guarda caso sono maschi). Il PdA, con la posizione di
estremo-centro, si libera per primo anche del retaggio ideologico
della distinzione destra/sinistra o di quella maschile/femminile, con
tutti i primati di genere
ad essa collegati strumentalmente e darwinianamente (schiavo/padrone,
vittima/carnefice, disoccupato/salariato). Insomma, l’Estremo-centro
di Moana sfugge ad ogni sistema binario e cibernetico (i codici
seriali 0/1, senza centro e senza estremi per definizione). Il PdA è
per la ciclicità, per l’estremo ritorno del principio dell’eguale,
per la Terra e contro il Territorio. Il PdA sostiene Moana come
simbolo della Repubblica Italiana, dalle Alpi alla Sicilia. Sostiene
Moana come Cuore della nostra Patria. Cuore della questione
mediterranea, cuore del rapporto nord/sud.
Luca
Bagatin: Pensate che in futuro ci potrà essere spazio, in Italia,
per il Partito dell'Amore ?
Mauro
Biuzzi: Non
ci sarà futuro per nessuna libera repubblica e per nessun popolo che
si riconosce in essa, se non si farà ovunque una “critica
politica” ai rappresentanti del mondialismo finanziario che ovunque
si insediano nei governi nazionali, per espropriarli progressivamente
della loro sovranità culturale e popolare, vero
motivo della crisi della rappresentanza elettorale
(in Italia come in Grecia come in Spagna). Insomma, dopo i manager,
le pornostar, i papi e i centravanti “stranieri”, tra quanto
tempo il liberismo aprirà anche il mercato della politica-spettacolo
? E perché non lo ha ancora fatto ? E che fine farà la cultura
diffusa in Italia sotto i colpi dell’internazionalizzazione del
Made
in Italy ?
Per non parlare dello sterminio della cultura contadina di
Pasoliniana memoria, dell’olocausto delle api pronube, dei
fondamenti stessi della corretta alimentazione dei popoli, tutto
spazzato via a colpi di aree metropolitane e grande distribuzione. Il
Partito dell’Amore, lungi dall’essere un partito
nazional-socialista, è stato certamente un primo segnale tutto
italiano dell’inizio di una crisi irreversibile del primato della
politica trans e multinazionale. Il PdA ha profetizzato nel 1992,
l’avvento in Italia di una Videocrazia
senza uguali al mondo e la necessità di affrontare il “discorso
sul Massimo Sistema Pornografico”. Quel Sistema che, dall’11
settembre del 2001, ha cominciato a parlare, all’interno di tutti i
linguaggi locali, con il linguaggio politico del nuovo Impero
finanziario mondiale. Quindi, nessun futuro senza il Partito
dell’Amore, che ha avuto sempre la missione di voler restituire
agli italiani la loro verginità stuprata (culturale e ambientale).
Questo noi intendiamo con cristiano-dionisiaco:
la difesa della nostra cultura mediterranea da quella Mondialista. E
il più grande successo del PdA è stato quello di riuscirci almeno
con la sua prima candidata, Moana, che da iper-pornostar
all’americana è diventata cittadina comune e prima donna-leader di
una piccola formazione indipendente (e non la solita testimonial
dello Spettacolo candidata dal Padrone di turno a questo o quel
Partito politico che fa i suoi interessi a Montecitorio). L’Italia
è una giovane Repubblica fondata sulla resistenza Risorgimentale
alle occupazioni militari, e agli stupri simbolici e materiali che
sempre ne conseguono. A mio modesto avviso, la nostra Moana con la
fascia tricolore davanti all’Altare della Patria a Roma è uno dei
simboli più significativi della volontà di emancipazione di una
Repubblica nata nel clima di occupazione morale e materiale
conseguente agli esiti della Seconda Guerra Mondiale. E in seguito
cresciuta nello “sviluppo senza progresso”, la cui entità è
data proprio dal livello insopportabile raggiunto oggi dal nostro
debito pubblico sotto la pressione speculativa internazionale
[http://www.partitodellamore.it/diva_patria/amministrative/003/i01.html].
In quell’immagine, che ho realizzato con lei nel novembre 1993 per
il suo unico manifesto politico, Moana cessa di essere la pallida
imitazione di una diva del cinema americano (che tanto piace ai
critici sessantottini che sostengono il Trash
all’italoamericana), per diventare la vera icona del cammino che la
nostra Repubblica sta facendo attraverso i tanti disastri civili del
dopoguerra. Certo, di una Repubblica nata orfana, e che continua ad
essere considerata figlia di madre ignota. Proprio come Moana, la
nostra Biancaneve che ora dorme con il milite ignoto, con l’italiano
futuro.