Primavera '99. Porto di Trieste. Avevo
vent'anni e portavo un paio di occhiali rotondi come Gandhi.
Ero un militante verde e fra noi -
Verdi e Radicali - c'era un ragazzo curdo di cui non ricordo il nome.
Fra noi ricordo l'amico del Partito Radicale John Fischetti, unico
della brigata di allora che vedo e frequento ancora. E poi l'allora
Assessore dei Verdi friulani Mario Puiatti, l'attivista del FUORI!
Italo Corai, l'allora deputato Michele Boato e Renato Fiorelli.
Eravamo una decina. Portavamo dei cartelli al collo sui quali vi era
scritto: NO ALLA PENA DI MORTE IN TURCHIA.
Era il periodo in cui si parlava
dell'entrata della Turchia nell'Unione Europea e della condanna a
morte del capo del partito curdo PKK Ocalan.
Bloccammo simbolicamente dei tir
turchi. Il nostro intento era del tutto pacifico e dimostrativo.
Purtuttavia i camionisti non gradirono e, scesi dai tir, iniziarono
ad assalirci. Il ragazzo curdo se la vide davvero brutta e, se non
fosse stato per i militari della Guardia di Finanza, l'avrebbero
certamente linciato. Fu allora che compresi che, ai turchi, i curdi
non piacevano proprio.
Primavera 2016. Roma, quartiere
Testaccio. L'amica fotografa Maddalena Celano mi invita a visitare il
centro culturale curdo “Ararat”, che prende il nome dal
suggestivo monte della Turchia orientale. Maddalena mi scatta delle
foto con Sara - una degli attivisti - e poi all'interno della struttura. Il centro sta rischiando la
chiusura, proprio in questi giorni, a causa della scadenza della
concessione con il Comune di Roma.
Kazim Toptas, il coordinatore del
centro, mi mostra la raccomandata che ha ricevuto e che dice che, in
sostanza, non è possibile procedere al rinnovo della concessione a
causa di un “riordino del patrimonio capitolino”. E quindi ci
vanno di mezzo i curdi rifugiati in Italia (l'altro centro culturale
autogestito e concesso dal Comune è sito a Torino) che si
ritroveranno, a giorni, sulla strada.
Faccenda davvero triste che,
auguriamoci, si risolva nel migliore e più sensato dei modi.
Ma chi sono i curdi ?
“Siamo un antico popolo mediorientale
che anticamente abitò la Mesopotamia”, mi dice Kazim. “Molti di
noi sono zoroastriani, altri si sono islamizzati. Io sono alevita,
come molti di noi, che è una religione che rispetta tutti e crede
nell'uguaglianza fra uomini e donne”.
Sì, ma in Turchia siete perseguitati.
“Sì, siamo perseguitati da sempre. In Turchia, Siria, Iran,
Iraq... Per noi vige il regime di apartheid sin da quando non esiste
più una nazione curda”.
Quindi, in sostanza, volete
ricostituirne una... “No, alla maggior parte di noi non interessa.
Quelli sono i nazionalisti, che vogliono una nazione indipendente.
Molti di noi, me compreso, non la pensiamo affatto come i
nazionalisti curdi. Siamo federalisti, anzi, crediamo nel
confederalismo democratico, ovvero vogliamo solo essere rispettati
nell'ambito delle nostre comunità autonome. Il nostro modello
vorrebbe ispirarsi a quello svizzero. Crediamo nella democrazia
diretta e nella tutela delle minoranze. Crediamo nell'uguaglianza di
tutti, ad iniziare dalla parità di diritti fra maschi e femmine.
Siamo per l'autogestione e pensiamo che solo questo sistema possa
essere la chiave per superare non solo i nostri problemi, ma anche
quelli di tutto il Medioriente diviso in tribù, piagato dal
fondamentalismo islamico e dal capitalismo...”.
Infatti voi combattete il
fondamentalismo islamico. “Sì, in Siria, a Kobane, a Rojava, vi
sono i nostri combattenti dello YPG, soprattutto donne, che
combattono l'Isis a fianco delle truppe regolari siriane”.
Quindi in Siria state con Assad. “Non
ci fidiamo totalmente di lui. Noi siamo per la democrazia diretta e
lui è Presidente della Siria solo perché figlio e erede di
Hafiz-al-Assad, che un tempo ci perseguitava. Per noi rimane un
dittatore, ma è certamente più democratico del turco Erdogan, che
in Turchia ci massacra. Assad, che fra l'altro è di religione
alevita come me, in cambio del nostro aiuto, ha promesso
l'indipendenza del popolo curdo in Siria”.
E di Putin che ne pensate ? “Ci sta
dando una mano, ma non ci fidiamo di lui. Lui pensa agli interessi
della Russia, non a quelli del popolo curdo oppresso. L'unico leader
che si pronunciò in favore del popolo curdo fu Gheddafi...ma è
stato ucciso, come sappiamo”.
Kazim Toptas |
Kazim, tu sei nato in Turchia. Com'è
la situazione lì per voi ? “Brutta. Io sono fuggito dalla Turchia
e sono un rifugiato politico. Il governo di Erdogan è autoritario,
ci opprime ed impone la sua ideologia di Stato. Non riconosce i
diritti delle donne, che per noi è una cosa fondamentale”.
Avete un vostro partito rappresentato
in Parlamento comunque... “Sì, l'HDP, il Partito Democratico del
Popolo, che è un partito che si ispira al socialismo libertario e
all'ambientalismo e porta avanti la nostra idea di confederalismo
democratico. E' l'unico partito curdo rappresentato in Parlamento. La
nostra concezione di vita, come puoi capire e vedere, è basata sulla
libertà di opinione, sul rispetto delle diversità, sulla laicità
nel rispetto della visione spirituale di tutti. Sulla tolleranza”.
Eh sì, caro Kazim. Temo di capire
perché in pochi parlano di voi ed in pochi hanno interesse ad
abbracciare la vostra causa o, peggio, vi perseguitano.
Gesù Cristo fu messo in croce per lo
stesso motivo.
E ora, che scrivo queste poche righe,
una lacrima mi scende. Ma non è una lacrima di dolore, bensì di
consapevolezza. La consapevolezza che dovete proseguire nella ricerca
del vostro diritto ad autodeterminarvi, ad autogestirvi. A far
conoscere la vostra cultura e la vostra concezione di vita che
attinge dagli antichi insegmanenti di Zarathustra.
Luca Bagatin
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