lunedì 28 marzo 2016

I Curdi e la questione curda: una visita al centro culturale "Ararat" di Roma. Articolo di Luca Bagatin

Primavera '99. Porto di Trieste. Avevo vent'anni e portavo un paio di occhiali rotondi come Gandhi.
Ero un militante verde e fra noi - Verdi e Radicali - c'era un ragazzo curdo di cui non ricordo il nome. Fra noi ricordo l'amico del Partito Radicale John Fischetti, unico della brigata di allora che vedo e frequento ancora. E poi l'allora Assessore dei Verdi friulani Mario Puiatti, l'attivista del FUORI! Italo Corai, l'allora deputato Michele Boato e Renato Fiorelli. Eravamo una decina. Portavamo dei cartelli al collo sui quali vi era scritto: NO ALLA PENA DI MORTE IN TURCHIA.
Era il periodo in cui si parlava dell'entrata della Turchia nell'Unione Europea e della condanna a morte del capo del partito curdo PKK Ocalan.
Bloccammo simbolicamente dei tir turchi. Il nostro intento era del tutto pacifico e dimostrativo. Purtuttavia i camionisti non gradirono e, scesi dai tir, iniziarono ad assalirci. Il ragazzo curdo se la vide davvero brutta e, se non fosse stato per i militari della Guardia di Finanza, l'avrebbero certamente linciato. Fu allora che compresi che, ai turchi, i curdi non piacevano proprio.
Solo nel 2004 la pena di morte in Turchia sarà abolita. Ma l'odio per i curdi permane.
Primavera 2016. Roma, quartiere Testaccio. L'amica fotografa Maddalena Celano mi invita a visitare il centro culturale curdo “Ararat”, che prende il nome dal suggestivo monte della Turchia orientale. Maddalena mi scatta delle foto con Sara - una degli attivisti - e poi all'interno della struttura. Il centro sta rischiando la chiusura, proprio in questi giorni, a causa della scadenza della concessione con il Comune di Roma.
Kazim Toptas, il coordinatore del centro, mi mostra la raccomandata che ha ricevuto e che dice che, in sostanza, non è possibile procedere al rinnovo della concessione a causa di un “riordino del patrimonio capitolino”. E quindi ci vanno di mezzo i curdi rifugiati in Italia (l'altro centro culturale autogestito e concesso dal Comune è sito a Torino) che si ritroveranno, a giorni, sulla strada.
Faccenda davvero triste che, auguriamoci, si risolva nel migliore e più sensato dei modi.
Ma chi sono i curdi ?
“Siamo un antico popolo mediorientale che anticamente abitò la Mesopotamia”, mi dice Kazim. “Molti di noi sono zoroastriani, altri si sono islamizzati. Io sono alevita, come molti di noi, che è una religione che rispetta tutti e crede nell'uguaglianza fra uomini e donne”.
Sì, ma in Turchia siete perseguitati. “Sì, siamo perseguitati da sempre. In Turchia, Siria, Iran, Iraq... Per noi vige il regime di apartheid sin da quando non esiste più una nazione curda”.
Quindi, in sostanza, volete ricostituirne una... “No, alla maggior parte di noi non interessa. Quelli sono i nazionalisti, che vogliono una nazione indipendente. Molti di noi, me compreso, non la pensiamo affatto come i nazionalisti curdi. Siamo federalisti, anzi, crediamo nel confederalismo democratico, ovvero vogliamo solo essere rispettati nell'ambito delle nostre comunità autonome. Il nostro modello vorrebbe ispirarsi a quello svizzero. Crediamo nella democrazia diretta e nella tutela delle minoranze. Crediamo nell'uguaglianza di tutti, ad iniziare dalla parità di diritti fra maschi e femmine. Siamo per l'autogestione e pensiamo che solo questo sistema possa essere la chiave per superare non solo i nostri problemi, ma anche quelli di tutto il Medioriente diviso in tribù, piagato dal fondamentalismo islamico e dal capitalismo...”.
Infatti voi combattete il fondamentalismo islamico. “Sì, in Siria, a Kobane, a Rojava, vi sono i nostri combattenti dello YPG, soprattutto donne, che combattono l'Isis a fianco delle truppe regolari siriane”.
Quindi in Siria state con Assad. “Non ci fidiamo totalmente di lui. Noi siamo per la democrazia diretta e lui è Presidente della Siria solo perché figlio e erede di Hafiz-al-Assad, che un tempo ci perseguitava. Per noi rimane un dittatore, ma è certamente più democratico del turco Erdogan, che in Turchia ci massacra. Assad, che fra l'altro è di religione alevita come me, in cambio del nostro aiuto, ha promesso l'indipendenza del popolo curdo in Siria”.
E di Putin che ne pensate ? “Ci sta dando una mano, ma non ci fidiamo di lui. Lui pensa agli interessi della Russia, non a quelli del popolo curdo oppresso. L'unico leader che si pronunciò in favore del popolo curdo fu Gheddafi...ma è stato ucciso, come sappiamo”.
Kazim Toptas
Kazim, tu sei nato in Turchia. Com'è la situazione lì per voi ? “Brutta. Io sono fuggito dalla Turchia e sono un rifugiato politico. Il governo di Erdogan è autoritario, ci opprime ed impone la sua ideologia di Stato. Non riconosce i diritti delle donne, che per noi è una cosa fondamentale”.
Avete un vostro partito rappresentato in Parlamento comunque... “Sì, l'HDP, il Partito Democratico del Popolo, che è un partito che si ispira al socialismo libertario e all'ambientalismo e porta avanti la nostra idea di confederalismo democratico. E' l'unico partito curdo rappresentato in Parlamento. La nostra concezione di vita, come puoi capire e vedere, è basata sulla libertà di opinione, sul rispetto delle diversità, sulla laicità nel rispetto della visione spirituale di tutti. Sulla tolleranza”.
Eh sì, caro Kazim. Temo di capire perché in pochi parlano di voi ed in pochi hanno interesse ad abbracciare la vostra causa o, peggio, vi perseguitano.
Gesù Cristo fu messo in croce per lo stesso motivo.
E ora, che scrivo queste poche righe, una lacrima mi scende. Ma non è una lacrima di dolore, bensì di consapevolezza. La consapevolezza che dovete proseguire nella ricerca del vostro diritto ad autodeterminarvi, ad autogestirvi. A far conoscere la vostra cultura e la vostra concezione di vita che attinge dagli antichi insegmanenti di Zarathustra.

Luca Bagatin

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