Maddalena
Celano, fotografa, laureata in filosofia all'Università degli Studi
Roma Tre e dottoranda di ricerca in Studi Comparati presso
l'Università Tor Vergata di Roma con una tesi su bolivarismo,
educazione, femminismo e diritti civili in Venezuela e Cuba, è forse
la persona più accreditata per parlarci della situazione che sta
vivendo Cuba in questo periodo.
Avendo
peraltro lei tenuto - sia a Malnate che a Roma (lo scorso 21 marzo) -
delle conferenze dal titolo “Donne cubane: una Rivoluzione nella
Rivoluzione ?”, ho pensato di proporle un'amichevole intervista
relativa alla questione femminile nell'isola Caraibica.
Luca Bagatin: Bene Maddalena, prima di parlare, nello specifico, delle donne cubane, iniziamo con il dire che i tuoi studi e ricerche si sono incentrati molto sulla figura di Manuela Saenz de Thorne – soprannominata la “Libertadora del Libertador” - che fu compagna di Simon Bolivar e che influenzò molto il movimento di liberazione femminile in America Latina. Cosa puoi dirici di lei ?
Maddalena
Celano:
Manuela Sáenz Thorne fu una rivoluzionaria che combatté per
l'indipendenza delle colonie sudamericane dalla Spagna. Fu molto
vicina a Simón Bolívar, del quale divenne amante.
Manuela
nacque dall'unione illegittima tra il nobile spagnolo Simón Sáenz
Vergara e Maria Joaquina Aispuru, unione che provocò uno scandalo
nella città di Quito.
Dopo
la morte di sua madre, Manuelita fu ammessa al convento di Santa
Caterina, nella città natale, dove in seguito fu cacciata per aver
incontrato un giovane amante. All’epoca aveva soli diciassette anni
e già mostrava interesse per la politica e l’ idea di emancipare
il continente latinoamericano dall’oppressore spagnolo.
A
Lima, nell'anno 1817, si sposa con un ricco mercante inglese, James
Thorne. Da allora mantiene una doppia vita: da una parte svolge il
ruolo di brava e rispettabile moglie, dall'altro aiuta i ribelli
peruviani - guidati da San Martin – attraverso incarichi di
messaggera, spia e addirittura soldatessa. Cosa assai rara per
l'epoca.
Nel
1822 torna a Quito nella casa natale, abbandonando il marito. La
città andina aveva appena ricevuto la visita di Simón Bolívar e
quindi del "liberatore delle Americhe" di cui si innamora.
Nel
1823 Simón Bolívar entra a Lima e, tre anni dopo, una rivolta fa di
Manuela un’esiliata. Nel 1828 Manuela salva fra l'altro il
Libertador da un’ attentato.
Nel
1834 fu esiliata in Giamaica e l'anno successivo si trasferisce a
Paita, dove visse fino alla sua morte. A Paita ricevette visite
prestigiose come quella di Herman Melville, nel 1841 e di Giuseppe
Garibaldi nel 1851.
Luca
Bagatin: Manuela
Saenz de Thorne ha influenzato dunque molto i movimenti di
liberazione femminile latinoamericani, che sono, fra l'altro, molto
attivi anche ai giorni nostri ed oggetto dei tuoi studi. Cosa puoi
dirci in merito ?
Maddalena
Celano: Dopo
aver impedito un tentativo di assassinio contro Bolívar e aver
facilitato la sua fuga, tutti cominciarono a chiamare Manuelita
"Libertadora del Libertador”, ovvero liberatrice del
liberatore e fu una delle poche donne celebrate con molti onori. Per
molti anni dopo la sua morte i contributi di Manuela Saenz de Thorne
alle rivoluzioni del Sud America furono soppressi e anche quelli di
Bolívar rivissero solo un decennio più tardi. Ma, mentre lui fu
restituito alla memoria al rango di eroe, il ruolo di Manuelita, in
generale, fu trascurato sino alla fine del Ventesimo Secolo, se non
proprio calunniato e oggetto di invidia e di numerose dicerie.
Nonostante
sia stata proprio lei la custode di importanti segreti militari sulla
rivoluzione in corso, e, nel 1819, quando Simon Bolivar partecipò
alla liberazione della Nuova Granada, fu proprio Manuela Sáenz a
diventare membro attivo nella cospirazione contro il Vicerè del
Perù. Manuelita scambiò numerose lettere d'amore con Bolívar, lo
visitò mentre si trasferiva da un paese all'altro, sostenne la causa
rivoluzionaria con la raccolta di informazioni, distribuzione di
volantini, e protestò affinché alle donne venissero concessi più
diritti. Come una delle prime donne coinvolte nella causa
rivoluzionaria, Manuela ricevette l' ammissione all' Ordine del
Sole, onorando i suoi servizi alla rivoluzione. Nonostante ciò, per
lunghi anni, almeno fino agli inizi del terzo millennio, Manuelita fu
“demonizzata” e rappresentata esclusivamente come donna
indecorosa, promiscua, indegna. Insomma, un esempio da non imitare
per ogni donna desiderosa di rispettabilità.
Solo
dal 2002 l’immagine di questa donna ed il suo grande valore
civico-militare venne rivalutato ed elevato a modello di valore
patriottico, sociale e civile.
Il
13 novembre 2006, l'ecuadoregno Teatro Teatro Nacional Sucre realizzò
in anteprima l'opera “Manuela y Bolivar” del compositore
ecuatoriano Diego Luzuriaga, acclamato dalla critica internazionale.
Solo il 5 luglio del 2010 le spoglie simboliche di Manuela Sáenz
troveranno degna sepoltura in Venezuela, poiché le sue spoglie reali
finirono in una fossa comune. Attualmente si trovano nel Pantheon
Nazionale del Venezuela, accanto a quelle del suo amante, Bolívar.
Luca
Bagatin: Parliamo
di Cuba e della Rivoluzione di Fidel e di Che Guevara. I movimenti di
liberazione femminile hanno influenzato questo processo? E se sì,
in che modo ?
Maddalena
Celano: Alcune
donne cubane, come Haydee Santamaria e Celia Sanchez, hanno
combattuto con Castro sin dal suo primo tentativo di Rivoluzione nel
1953 e sono tornate a lottare con lui sino al successo del 1959. Nel
Museo della Rivoluzione all'Avana si possono trovare foto a grandezza
naturale di queste donne. Tali rivoluzionarie dissero: "Preferiamo
lottare al fianco degli uomini piuttosto che fare il bucato".
Nel 1960 nacque la Federazione delle Donne Cubane (FMC),
un’organizzazione nata con il compito di occuparsi dell’istruzione
di tutte le donne, di formarle professionalmente e assisterle nella
vita sociale e civile. Oggi il Congresso Cubano è costituito da un
22% donne e il 50% dei medici cubani sono donne. Le donne cubane
partecipano in massa al lavoro politico e spesso ricoprono incarichi
di prestigio negli ambiti della ricerca scientifica, in quelli
artistici e culturali. Tuttavia gli uomini continuano a detenere un
numero sproporzionato d’incarichi di potere politico ed economico.
L'80% delle donne cubane appartiene alla FMC. L’ attuale Codice
di Famiglia Cubano prescrive che uomini e donne condividano, in modo
uguale, i lavori domestici e la cura dei figli.
Luca
Bagatin:
A Cuba e in America Latina in generale ha sempre pesato molto una
certa (in)cultura “machista”, che ha reso difficile sia la vita
delle donne che degli omosessuali. La Rivoluzione ha cambiato la vita
delle donne a Cuba ?
Maddalena
Celano: Direi
di sì, considerando che le donne cubane, soprattutto le donne rurali
ed afrodiscendenti, non avevano il benché minimo accesso ad un’
istruzione di base ed alle cure igienico sanitarie. Le Nazioni Unite
registrarono, nel periodo pre-rivoluzionario, un’impennata di
mortalità infantile e un’impennata di donne morte per parto a
causa di condizioni igieniche precarie e instabili. Numerosi studiosi
statunitensi contestano questa tesi rilevando che, sin dal periodo
pre-rivoluzionario e “liberale”, le donne cubane avevano accesso
al voto, all’attività politica, alla ricerca e all’insegnamento.
Ritengo le tesi portate avanti da alcuni intellettuali “pro-USA”
superficiale e faziosa. I “gringos” dimenticano che si trattava,
in qualunque modo, di “privilegi” indirizzati alle donne bianche
della media ed alta borghesia cubana che viveva nell’area urbana.
Formalmente, le donne cubane avevano accesso al voto, all’attività
politica, alla sanità e all’istruzione - che nell’epoca
pre-rivoluzionaria, era prevalentemente privata - ma “di-fatto”
le donne rurali - direi la netta maggioranza delle donne cubane - e
le afrodiscendenti - circa il 15% del totale delle donne cubane - non
ne aveva accesso poiché eccessivamente povere, eccessivamente
isolate e scollegate dalla vita attiva e lussuosa delle grandi città.
All’epoca, a Cuba, vi era il grande problema causato dalla scarsità
di contatti e trasporti tra le aree rurali e le aree urbane
dell’isola. Problema che tutt'ora non è stato ancora superato. Il
Regime Castrista ha avuto l’astuzia di “ovviare” alla scarsità
dei trasporti e dei contatti tra le due aree inviando “brigate”
di volontari e militari nelle aree rurali al fine di fornire
istruzione, medicine, cibo e servizi assistenziali per i lavoratori
rurali. Perciò la vita delle donne rurali migliorò notevolmente
proprio con la Rivoluzione Castrista. Durante il periodo
pre-rivoluzionario, ma anche durante il periodo post-rivoluzionario -
direi sino al 1992 - la vessazione contro i gay a Cuba era
estremamente diffusa. L’omosessualità, considerata alla stregua di
una malattia contagiosa, veniva perseguita con l’ emarginazione o
la “messa alla berlina” delle persone omosessuali. Nei primi anni
’60, a Cuba, gli omosessuali venivano internati in unità speciali
per non “contagiare” militari o attivisti-rivoluzionari. Dal 1992
la situazione è cambata ed è stato istituito il CENESEX, ovvero un
istituto di Studi di Sessuologia che si occupa anche della formazione
e della promozione dei diritti-civili: si batte per un’ulteriore
promozione del ruolo femminile nella società e per l’ eliminazione
di ogni genere e forma di omofobia ed trans-fobia.
In
questo momento, a Cuba, le persone omosessuali e transessuali hanno
libero accesso a consulenza legale gratuita in caso di violenze
subite, assistenza sanitaria e psicologica e operazioni di
“cambio-sesso”. Tutto a spese dello Stato. Oggi, a Cuba,
discriminare o emarginare una persona a causa dell’orientamento
sessuale è considerato un reato ed è perseguito con pene piuttosto
severe.
Luca
Bagatin:
Oggi le donne cubane possono dirsi emancipate? Parrebbe che la
prostituzione sia ancora molto diffusa...
Maddalena
Celano: Anche
se la rivoluzione del 1959 ha tentato di eliminare la prostituzione
integrando le ex prostitute nei lavori agricoli o artigianali e nella
vita civile, nel 1989, con il “periodo-especial”, ovvero dopo la
caduta del Muro di Berlino, si è registrata un’inversione di
tendenza. L’aumento del turismo, che fu abbracciato come una
soluzione ai problemi economici di Cuba, ha portato ad un riemergere
di tale forma di oppressione. Una grave perdita per le donne cubane è
la recente dissoluzione del gruppo femminista radicale Magìn che,
nel 1996, nei suoi due anni di esistenza, focalizzò nei media e
nella pubblicità lo sfruttamento delle donne e tentò di lottare
contro il turismo sessuale. La Federazione delle Donne Cubane (FMC)
si muove invece più lentamente ed in maniera più conservatrice nel
contesto rivoluzionario, cercando di istituire norme e prassi che
migliorino la condizione femminile all’interno dello Stato.
La
maggior parte delle battaglie condotte dalla FMC come i diritti delle
donne all'istruzione superiore, il congedo di maternità retribuito,
le leggi a favore dell'infanzia, l’aborto libero e di controllo
delle nascite, hanno avuto un enorme successo. Ha migliorato la
qualità della vita delle donne cubane in modo considerevole.
Luca
Bagatin: Cuba
per molti è ritenuta una dittatura che, solo oggi, sta iniziando ad
aprirsi – per così dire – alla democrazia. Quantomeno così i
mezzi di comunicazione di massa dicono. Sei d'accordo ?
Maddalena
Celano: Per
quanto possa sembrare “eretica” e addirittura “incomprensibile”
in un contesto egemonizzato dalle ideologie liberal-capitaliste e dal
dogma della “democrazia-rappresentativa” di stampo ottocentesco e
borghese, ovvero una forma di governo che ritengo essere in crisi in
tutto il mondo e, ormai, antiquata nonché inefficace, farei enorme
fatica a considerare il Regime Castrista una “dittatura”.
Inoltre, su quali basi ? In base a quali criteri ? Se il criterio
sono le “libere-elezioni”, ebbene, anche a Cuba ogni anno si
svolgono libere elezioni, esattamente come da noi. Elezioni libere,
controllate e presiedute dagli Osservatori Internazionali dell’ONU.
In tutti questi anni gli Osservatori ONU non hanno mai registrato
casi di brogli come invece accade spesso nelle nostre “democrazie”.
Se il criterio è l’ esistenza di un pluri-partitismo e la
presenza di un’attiva società civile, anche su questo Cuba risulta
un’ anomalia internazionale, più che una “dittatura” intesa in
senso classico. Non oserei definirla una “dittatura” benché il
sistema sia radicalmente diverso da quello dominante nel nostro Primo
Mondo. A Cuba l’unico partito ammesso è il Partito Comunista
Cubano (PCC) ma, badate bene, i suoi membri non possono assolutamente
candidarsi alle elezioni. E, allora, che partito elettoralistico è ?
Nessuno dice ed in pochi sanno che l’unico partito ammesso a Cuba
in realtà non agisce affatto come un partito unico dovrebbe agire.
In quanto, di fatto, non gli è permesso. Al contrario di ciò che si
potrebbe pensare, a Cuba, esiste una forte e attiva società civile:
dai numerosi Comitati di Quartiere, alle numerose Associazioni che
rappresentano gli afrodiscendenti, le minoranze indie e altri gruppi
sociali sino ai Movimenti Anarchici. Ebbene si: a Cuba esistono
diverse organizzazione anarchiche, persino molto attive nei
quartieri. La società civile, nonostante alcuni contrasti e
incomprensioni con il Governo Centrale, soprattutto quando si tratta
di Organizzazioni Anarchiche, può candidare i propri rappresentanti,
mentre il PCC non può farlo. La Società Civile può vincere le
elezioni e gestire interi quartieri e città. In quanti casi una
“dittatura” registra la presenza di una società vivile così
attiva, diversificata e dinamica ? Credo in nessun caso ! Allora
smettiamola di chiamarla dittatura! Un filosofo politico di matrice
democratico-liberale come Hannah Arendt, se fosse ancora viva,
inorridirebbe nel veder affibbiare una simile etichetta all’attuale
sistema cubano. Penso che gli scribacchini e i politicanti nostrani
dovrebbero mostrarsi meno pigri intellettualmente e sforzarsi di
trovare aggettivi e definizioni più adeguate nel descrivere e
definire l’“anomalia” cubana. Per quanto mi riguarda il
“sistema-cubano” sembra molto più vicino ad una forma di
“democrazia radicale e popolare”. Sconveniente ed ostile alla
ricca borghesia occidentale, ma parecchio conveniente per le masse
popolari e rurali. Un sistema simile, per molti versi, al
“confederalismo-democratico” di tipo curdo.
Luca
Bagatin: Che
ne pensi della fine dell'embargo e del recentissimo incontro storico
fra il Presidente USA Barack Obama e il Presidente cubano Raul
Castro? Tale evento offrirà̀ nuove opportunità̀ oppure è
l'inizio della fine del “sogno cubano” ?
Maddalena
Celano: Innanzitutto,
nonostante i nuovi accordi USA-Cuba ed i vari proclami, l’embargo
non è stato ancora ufficialmente eliminato.
Inoltre, come fa Obama a parlare di democrazia se nel suo paese si
pratica ancora, in molti Stati, la pena di morte ? A Cuba la pena di
morte non è più applicata almeno da quarant'anni, neanche per reati
gravissimi come la pedofilia, il terrorismo o la cospirazione.
Tuttavia Cuba continua a subire da anni la “morale” di Obama.
Tutto questo mentre la “democratica” polizia statunitense
massacra come animali da macello i cittadini statunitensi
afrodiscendenti e gli immigrati latinoamericani clandestini. Come fa
Obama a parlare di democrazia se nel suo paese chi ha un reddito al
di sotto della media non ha accesso, non solo agli studi
medi-superiori, ma neanche alle cure mediche di base ? Crede di dare
al mondo un buon esempio di democrazia ? Che fa Obama quando, mentre
ristabilisce i rapporti con Cuba, sigla - per il secondo anno
consecutivo - un Ordine Esecutivo che dichiara il Venezuela un
pericolo per il suo Paese ? Proprio per rivendicare il diritto
internazione all’ Auto-Determinazione dei Popoli Cuba si è
battuta, contro tutto e tutti, per reclamare il proprio diritto ad
esistere autonomamente ed autogestirsi al di fuori delle logiche
egemoniche delle “democrazie-liberal-capitaliste” e del
“libero-mercato”, ovvero i “valori” cari ad USA ed UE.
Quando Obama deciderà di cancellare il Plan Cóndor dal continente
latinoamericano ?
Luca
Bagatin: Il
fratello di Raul Castro, Fidel, ha preferito incontrare il Presidente
del Venezuela Nicolas Maduro, ma non Obama. Come mai, a tuo parere?
Maddalena
Celano: Ritengo
piuttosto evidente la continua violazione di Obama del principio di
autodeterminazione dei popoli, poiché, in questi ultimi mesi, non ha
fatto altro che praticare “ingerenze” nelle politiche locali e
nazionali latinoamericane. Come ha scritto
lo scorso 24 marzo su “il manifesto” il sociologo Claudio
Tognonato:
«il
premio Nobel per la Pace Barack Obama arriva (in Argentina) insieme a
un esercito di 500 imprenditori» e
calca il Parco
della Memoria di Buenos Aires dedicato
ai desaparecidos sebbene las
madres e las abuela de Plaza de Mayo
e
centinaia di intellettuali argentini avessero richiesto al presidente
USA
di
evitare la visita il giorno in cui 40 anni fa iniziava, sotto
copertura della CIA, il golpe più sanguinario della storia
argentina. Penso che l’intera politica estera di Obama, in tutti
questi anni e in tutti questi mesi, continui ad essere improntata
sulla sistematica violazione del principio
di autodeterminazione dei popoli. Ciò è dimostrabile dalle continue
ingerenze statunitensi nella politica venezuelana, nelle politiche di
ingerenza condotte in Ecuador, Brasile e Argentina, Mi sembra ovvio
che un campione del principio di autodeterminazione dei popoli come
Fidel Castro si sia sentito offeso e irritato dagli atteggiamenti
autoritari e paternalistici adottati da Obama verso i suoi fratelli
latinoamericani. Tutt'ora i “democratici” USA trattano i leader
dei Paesi in via di Sviluppo come dei “selvaggi” da rieducare e
da ridurre al ruolo di umili servitori verso le Potenze
Internazionali.
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