Lo scrittore e leader politico
Eduard Limonov, il 22 febbraio 2022, avrebbe compiuto 79 anni.
Limonov fu il primo, alla metà degli Anni ’90, a
seguito dello smembramento dell’URSS, a prevedere l’ineluttabilità
di un conflitto tra l’Ucraina e l’ampia popolazione russa della
Crimea, del Donbass e della Novorossia, in generale. Ciò in quanto,
come mi raccontò e scrisse il suo editore italiano, Sandro Teti,
“prima o poi, i diritti dei russi, sarebbero stati violati”.
Limonov, nel suo saggio “Anatomia dell’Eroe”,
pubblicato nel 1997, temeva che in Ucraina (territorio ove peraltro è
cresciuto) sarebbe accaduta una situazione simile al conflitto
nell’ex Jugoslavia, ove gli sciovinismi etnici sarebbero scoppiati
e i russi, in quei territori, sarebbero stati repressi.
Limonov, nel voler proteggere i russi nelle
Repubbliche post-sovietiche (non solo in Ucraina, ma anche in
Kazakistan, Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia ecc…),
auspicava anche delle rivoluzioni popolari che avrebbero dovuto
rovesciare il regime liberal-capitalista di Vladimir Putin, a Mosca.
Rivoluzioni di matrice socialista popolare, sul
modello leninista e machnovista.
Nel saggio sopra citato, Limonov, scrisse infatti,
fra le altre cose: “Resta inteso che il
conflitto tra la popolazione russa e le forze di occupazione ucraine
non è fine a se stesso, ma solo il primo passo nell’inevitabile
necessità di un rivolta armata per il cambio di potere a Mosca.
Devono andare in Crimea tutti coloro che hanno combattuto in
Transnistria, Serbia, Cecenia. Queste persone sono ormai decine di
migliaia. La Crimea sia la nostra Sierra Maestra e noi arriveremo
alla nostra Avana, Mosca”.
Limonov, dunque, secondo anche quanto
spiegò il sociologo liberale Igor Eidman in un articolo del novembre
2014, prefigurò già nel 1997 quanto sarebbe accaduto nel 2014, alla
nascita delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, indipendenti
sia dall’Ucraina che dalla Russia.
Nel maggio 2014, alla costituzione
delle Repubbliche Popolari del Donbass, Eduard Limonov, alla guida
del partito dissidente e di sinistra patriottica “Altra Russia”,
lanciò un appello sullo stile dell’appello antifascista alle
Brigate Internazionali antifranchiste durante la Guerra Civile
Spagnola del 1936, non a caso intitolato “No Pasaran!” (Non
passeranno!).
Il testo dell’appello fu il seguente:
NO
PASARAN!
Cerchiamo
di aiutare tutti coloro che vengono da noi, con il desiderio di
partecipare come volontari.
I
membri del nostro gruppo sono già qui. Sono all’epicentro degli
eventi a Donetsk, Slaviansk, Kramatorsk e nelle altre città del
Donbass, per aiutare a difendere le conquiste della Primavera russa.
I
recenti eventi dimostrano che le truppe punitive inviate da Kiev non
si fermeranno mai, qualunque cosa accada.
Uccidono
massicciamente i civili: donne, anziani e bambini.
Le
case vengono distrutte dal fuoco della loro artiglieria. Sono pronti
a spazzare via le città e i villaggi della Novorossia e non sono
pronti a concedere loro l’autodeterminazione o la libertà.
In
queste condizioni, l’idea di fare volontariato e sostenere
l’Ucraina sudorientale diventa una questione di vita o di morte per
milioni di nostri fratelli.
Senza
di noi, saranno schiacciati e ridotti in schiavitù da questa
macchina punitiva della giunta, contando sul sostegno delle autorità
di Kiev, degli oligarchi ucraini e degli aiuti esteri.
Ora
è sempre più urgente che il nostro slogan diventi, come in Spagna,
nel 1936: NO PASARAN!
“Non
passeranno!”
Eduard
Limonov
Non a caso, Limonov, fu il primo uomo politico a
visitare le Repubbliche Popolari del Donbass, nel dicembre 2014 e a
far visita ai combattenti e, con il suo partito, ad organizzare una
rete di aiuti umanitari alla popolazione di quei territori. Cosa che,
successivamente, farà anche il Partito Comunista della Federazione
Russa di Gennady Zjuganov.
Paradossale che, proprio il giorno del suo 79
compleanno, il suo più acerrimo nemico, ovvero Vladimir Putin,
ratificando di fatto una risoluzione del maggior partito di
opposizione russo – il Partito Comunista della Federazione Russa –
votata a maggioranza il 15 febbraio 2022, abbia deciso di riconoscere
le Repubbliche Popolari del Donbass.
Ciò segna, infatti, una vittoria
postuma di Limonov e del suo partito (dal 2020, dopo la morte di
Limonov, denominato “L’Altra Russia di Eduard Limonov”) che, ad
ogni modo, ancora oggi viene perseguitato dalle autorità russe per
la sua dissidenza anti-governativa e per la tutela dei diritti civili
dei russi anche nel nord del Kazakistan. Aspetto che, le autorità
russe, non gradiscono affatto, in quanto alleate al regime kazako.
Quella del riconoscimento delle
Repubbliche del Donbass, da parte della Russia è stata, dal 2014 ad
oggi, principalmente una battaglia della sinistra russa, da sempre
all’opposizione.
Non a caso a promuoverla alla Duma, il
Parlamento russo, è stato il Partito Comunista della Federazione
Russa (da non dimenticare che il Partito Comunista è stato messo al
bando in Ucraina nel 2015, salvo nelle due Repubbliche Popolari, una
volta staccatesi dall’Ucraina) e ha sempre avuto il sostegno di
tutti i partiti della sinistra russa. Ma, per contro, l’opposizione
dello stesso Putin e del suo partito liberal-conservatore che sceglie
di riconoscerle solo oggi.
Lo scopo di tale riconoscimento, quello
di proteggere 600.000 cittadini russi in quei territori e evitare
possibili ritorsioni e ogni conflitto che possa colpire la
popolazione.
Numerosi i festeggiamenti da parte dei
residenti delle Repubbliche del Donbass e, i primi a riconoscerne la
legittimità, i governi socialisti di Cuba, Venezuela e Nicaragua.
Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it