venerdì 12 dicembre 2025

Anche con Trump la musica non cambia. L'obiettivo è sempre quello di distruggere il socialismo, a iniziare da quello latinoamericano. Articolo di Luca Bagatin

 

Gli USA di Trump, per quanto riguarda l'America Latina, sembrano non aver rinunciato all'idea di distruggere e/o destabilizzare i governi socialisti, come nel desiderata di tutti i precedenti Presidenti USA, che del resto hanno da sempre storicamente operato per fare in modo di distruggere il socialismo, ovvero la giustizia sociale, la sovranità nazionale e l'indipendenza economica, tanto in America Latina quanto in Europa, Libia, Siria e via discorrendo.

E continuano a farlo, con il pretesto, questa volta, della cosiddetta “lotta al narcotraffico”, puntando il dito contro i governi socialisti di Colombia e Venezuela.

In merito, nei giorni scorsi, oltre al Ministro degli Esteri di Cuba, Bruno Rodríguez Parrilla, al deputato peronista argentino Jorge Taiana e alla portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, era già intervenuto il Presidente socialista della Colombia Gustavo Petro, il quale è tornato sull'argomento.

Il Presidente Petro, sui social, ha affermato che: “Trump è molto disinformato sulla Colombia. È un peccato, perché sta liquidando il Paese che più di tutti sa del traffico di cocaina.
Durante la mia amministrazione, la Colombia ha condotto 1.446 scontri armati e 13 attentati contro i cartelli della droga, sequestrando 2.700 tonnellate di cocaina, la quantità più alta mai registrata al mondo, equivalente a 32 miliardi di dosi che non hanno mai raggiunto i Paesi consumatori.
18.000 laboratori rudimentali sono stati distrutti senza un solo morto e 30.000 ettari di coca sono già stati registrati dagli agricoltori per la sostituzione delle colture, con il supporto di aziende private statunitensi.
Questa terribile disinformazione da parte del Presidente degli Stati Uniti lo porta a rilasciare dichiarazioni e ad adottare misure che non possono essere dirette contro un presidente democraticamente eletto dalla maggioranza della società colombiana. È così che la Colombia viene mancata di rispetto.
Invito gli Stati Uniti a sostenere il controllo delle grandi spedizioni di cocaina attraverso le acque territoriali colombiane. Insieme accelereremo la costruzione di navi della nostra marina: motoscafi ad alta velocità, fregate porta-elicotteri e altro ancora.
La Colombia non ha bisogno che la sua sovranità venga violata: siamo i più interessati a fermare le mafie che hanno causato 300.000 vittime in mezzo secolo, e questo Stato ha affrontato questa violenza con decisione.
Non sono mai stato ostile agli Stati Uniti, ma non accetto imposizioni basate sulla disinformazione alimentata da politici colombiani alleati con le mafie o da ex ufficiali militari accusati di gravi violazioni dei diritti umani e di loschi affari”.

Egli ha anche denunciato il sequestro della petroliera venezuelana da parte degli USA, al largo delle coste del Venezuela. Il Presidente Petro ha parlato di atto di pirateria volto a sequestrare il petrolio venezuelano.

E anche il Presidente di Cuba, Miguel Diaz-Canel, aveva espresso la sua solidarietà e appoggio al governo socialista venezuelano sulla vicenda.

Cuba esprime il suo pieno appoggio alla dichiarazione di denuncia del governo venezuelano e condanna fermamente l'assalto a una petroliera nel Mar dei Caraibi, perpetrato dalle Forze Armate degli Stati Uniti” aveva affermato Diaz-Canel su X.

Anch'egli ha parlato di “atto di pirateria”, di “violazione del diritto internazionale” e di “escalation di aggressione contro un Paese fratello”.

Il Presidente socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, in merito, ha affermato che “è stato smascherato il vero obiettivo dell'offensiva imperiale: il desiderio ossessivo di impossessarsi delle sue risorse naturali”.

Egli ha spiegato come la petroliera trasportasse petrolio greggio venezuelano verso i mercati internazionali nei Caraibi e che l'atto delle forze militari USA va considerato come atto di pirateria navale.

Egli ha anche fatto presente che “Se il Venezuela non avesse le maggiori riserve petrolifere del mondo, il Venezuela non esisterebbe per i miliardari e i suprematisti degli Stati Uniti. Vogliono rubare il petrolio del Venezuela e non pagarlo”, e ha concluso affermando che “fin dai tempi di Bolívar, per decreto presidenziale, tutto ciò che si trova sottoterra – oro, minerali, petrolio e gas – appartiene al popolo sovrano del Venezuela per mandato costituzionale, e nessuno e niente può rubare le risorse naturali e la ricchezza del popolo”.

Anche la Repubblica Popolare Cinese, attraverso il portavoce del Ministero degli Esteri, Guo Jakun, ha ribadito di opporsi fermamente alle sanzioni unilaterali illegali, prive di fondamento nel diritto internazionale e non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Luca Bagatin

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sabato 6 dicembre 2025

In Laos si celebra la nascita della Repubblica e l'emancipazione socialista. Altrove, invece, si vorrebbe bandire chi si batte per la giustizia sociale. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 2 dicembre scorso si sono tenute le celebrazioni per il 50esimo anniversario di fondazione della Repubblica Democratica Popolare del Laos (LPDR).

Una fondazione avvenuta a seguito di decenni di lotte civili, sociali e politiche contro il colonialismo francese, il militarismo giapponese, l'imperialismo statunitense e i reazionari all'interno del Paese.

Il tutto sotto la guida del Partito Comunista d'Indocina prima e, successivamente, del Partito Rivoluzionario Popolare del Laos (LPRP).

Congratulazioni per l'anniversario sono giunte al Segretario Generale del Comitato Centrale del LPRP e Presidente del Laos, Thongloun Sisoulith, da parte del Segretario Generale del Partito Comunista Cinese (PCC) e Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping.

Il Presidente Xi ha osservato che il LPRP ha ottenuto risultati encomiabili, grazie al percorso socialista di riforma e apertura, adattato alle condizioni nazionali, il quale ha permesso di migliorare le condizioni di vita del popolo laotiano e rafforzare l'influenza internazionale e regionale del Paese.

Il Presidente laotiano Thongloun si è, a sua volta, congratulato con la Cina per la riuscita del XX Comitato Centrale del PCC ed ha espresso apprezzamento per le preziose e durature relazioni bilaterali fra i due Paesi socialisti, i quali, entrambi, hanno condiviso un percorso antimperialista e di costruzione di un socialismo adatto alle condizioni nazionali e volto alla modernizzazione.

Nel suo discorso, il Presidente laotiano Thongloun Sisoulith, ha sottolineato che la politica del Laos continuerà ad essere improntata a un'economia autosufficiente, volta ad uno sviluppo equilibrato sotto ogni profilo, sia esso economico, culturale e verde e su una politica estera fondata su pace, indipendenza, amicizia e cooperazione con tutti i Paesi.

Mentre il socialismo asiatico fa passi avanti, collocandosi dalla parte giusta della Storia – ovvero dalla parte della giustizia sociale, dell'armonia e di un'economia volta al benessere della comunità - imparando dai propri errori ed evolvendosi, in Polonia, guidata dalla destra di Karol Nawrocki, si chiede di mettere al bando il Partito Comunista Polacco (KPP).

Un po' come da tempo sta accadendo in vari Paesi dell'est UE guidati dall'estrema destra, fra i quali la Repubblica Ceca, che vorrebbe mettere al bando il Partito Comunista di Boemia e Moravia.

La giustizia sociale, del resto, non è da tempo di casa in UE. Avanzano le destre, anche quando si dicono sinistre. Avanzano gli antisemitismi, i pretestuosi anticomunismi, avanzano gli pseudo-socialismi (in realtà ultra liberal capitalismi), i fondamentalismi, gli ideologismi camuffati da “riformismi” o “europeismi” (ma che nulla hanno a che spartire con i promotori dell'europeismo di matrice sociale e socialista, da Mazzini a Garibaldi, da Colorni a Spinelli, a Ernesto Rossi e Mario Bergamo).

E siamo sempre lì. Senza renderci conto che il liberal capitalismo – che è il totalitarismo moderno - tutto ha messo in vendita. Tutto ha distrutto. Dai rapporti sociali alla scuola, fino alla sanità pubblica. Facendo avanzare ignoranza, violenza gratuita (vedi il fenomeno baby gang e quello maranza, ma anche i vari femminicidi, infanticidi e così via) e contrapposizione.

Avremmo, invece, molto da apprendere, dalla Storia. Sia europea che asiatica (visto che il socialismo in Asia ha avuto origine in Europa).

E invece prevale la censura. E invece prevale l'odio. E invece prevale una logica sempre più aberrante, che i fatti (economici e sociali in primis), presto o tardi, smaschereranno.

Luca Bagatin

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venerdì 5 dicembre 2025

Esce, ufficialmente, il numero 1 della rivista di geopolitica, attualità e cultura, “BRICS & Friends”

E' uscito il numero 1 della nuova rivista di geopolitica, attualità e cultura, “BRICS & Friends”.

In questo numero, fra le altre cose, vi sono approfondimenti su Ecuador, Corea del Sud, Transnistria, Russia e Egitto e sulla figura di Padre Romero, Sun Tzu e un lungo articolo di Luca Bagatin su Eduard Limonov, il naziionalbolscevismo e l'Altra Russia.

Chiunque volesse abbonarsi alla rivista, può farlo attraverso un semplice bonifico bancario intestato a Mario Pascale, inserendo come causale “Abb. BRICS & Friends 2026 – Spedire a (inserire indirizzo di spadizione”, sull IBAN: IT78F0760103200001070435589. 

Il sito web della rivista, ove potete leggere altri articoli di attualità è: https://bricsandfriends.com 

mercoledì 3 dicembre 2025

Cos'è il socialismo? Articolo di Luca Bagatin

 

Il socialismo è sinonimo di giustizia sociale, sovranità nazionale e indipendenza economica.

E' sinonimo di autogoverno, autogestione e razionalità.

E' qualcosa che, pur nato in Europa, sviluppatosi in particolare grazie alla Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864 (e grazie a Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Pierre Joseph-Proudhon, Michail Bakunin, Karl Marx e Friedrich Engels), in Europa abbiamo perduto da tempo, ma che altrove, dall'America Latina socialista, a molte realtà africane e panafricane e dell'estremo oriente, è ben presente e non ha mai smesso di svilupparsi, modernizzarsi ed evolversi, di pari passo con le esigenze della comunità.

Perché socialismo è sviluppo delle forze produttive della comunità a beneficio della comunità.

Non è ideologia stantia, dogmatica, settaria.

E finanche le varie divisioni storiche fra mazziniani, garibaldini, anarchici e marxisti (e aggiungerei anche bonapartisti, rimandando ad altri articoli che in merito ho scritto, anche su riviste storiche francesi, proprio sul socialismo bonapartista), hanno ben poco senso e sono state sanate proprio in gran parte delle realtà extraeuropee di cui sopra.

Sulla base del trinomio, tanto caro all'indimenticato Presidente argentino Juan Domingo Peron: giustizia sociale, sovranità nazionale e indipendenza economica.

E, fra i socialismi più seri e pragmatici, diffusi nel mondo, vi è quello con caratteristiche cinesi, la cui teoria fu elaborata dal comunista riformista Deng Xiaoping, il quale sviluppò il Pensiero di Mao Tse-Tung, adattandolo alla modernità, introducendo riforme e apertura e si è rafforzato grazie alle generazioni di socialisti successivi: Jiang Zemin, Hu Jintao, Xi Jinping.

Sostegno al socialismo con caratteristiche cinesi, quale baluardo di concretezza e lungimiranza, è giunto recentemente dal Presidente nazionale del Partito Comunista d'Australia (CPA), Vinnie Molina, il quale, in una intervista a Global Times, ha affermato cose molto interessanti, che meritano di essere riportate.

Molina afferma, fra le altre cose: “Il socialismo può essere raggiunto solo attraverso azioni concrete e di base per affrontare i problemi della gente e ottenendo il sostegno della popolazione” e che “I leader devono mantenere uno stretto contatto con la base. Chi ricopre posizioni di responsabilità deve impegnarsi a fondo per guadagnarsi la fiducia del popolo e non separarsi mai da esso”.

In particolare egli ha sostenuto che “Il Partito Comunista Cinese utilizza il metodo della critica e dell'autocritica nella costruzione del partito a tutti i livelli, dalla leadership alla base, per rafforzare l'unità dell'organizzazione e il suo posto nella società cinese. (…). Il Partito realizza ciò che è irraggiungibile in sistemi capitalistici disorganizzati, con istituzioni in rovina e partiti distaccati dal popolo. Infrange il mito secondo cui dimensioni maggiori significhino inevitabilmente maggiore disorganizzazione, dimostrando invece che la sua crescita ha alimentato maggiore coesione ed efficacia”.

Vinnie Molina ha altresì sottolineato come “Possiamo imparare dal PCC, un partito comunista al potere, che ha adattato la concezione ortodossa e classica del marxismo in modo flessibile alle complesse circostanze della società cinese. Comprendere la società cinese e il modo in cui la teoria è stata adattata a queste condizioni specifiche offre lezioni preziose. (…). Dobbiamo lavorare con le comunità, non contro di esse, guadagnandoci la fiducia della gente, anche di coloro che non sono politicamente impegnati, e affrontando sempre le questioni di base che contano davvero, come strade più sicure, infrastrutture più accessibili e trasporti migliori. Queste sono le preoccupazioni che contano per i comunisti. Non possiamo pensare in grande senza pensare anche alla base. Questo è stato l'approccio adottato dal PCC in passato e rimarrà il nostro obiettivo centrale negli anni a venire. In definitiva, noi comunisti dobbiamo cambiare in meglio la vita delle persone”.

Personalmente non sono comunista (non ho nemmeno simpatia per la storia del PCI e delle sue involuzioni successive, perché lo considero all'origine degli equivoci a sinistra e all'origine della fine del socialismo in Italia), ma ho una tradizione differente, ma affine. Una tradizione socialista mazziniana, risorgimentale, ma anche bonapartista e peronista. Non marxista, ma non per questo cieca nei confronti delle analisi marxiste e non per questo cieca nei confronti dell'evoluzione in senso lungimirante, pragmatico e riformista del socialismo cinese.

Da sempre e in particolare di questi tempi, vanno di moda le etichette e gli slogan.

Le etichette, gli slogan e le vuote ideologie lasciano il tempo che trovano e sono sempre dannose. Perché ottenebrano la mente, che invece dovrebbe abbeverarsi di conoscenza, virtù e approfondimento.

Ed è proprio attraverso questi aspetti che si possono sanare le vecchie divisioni e ricomporre ciò che è stato drammaticamente sparso.

Perché gli ideali di emancipazione civile e sociale della Prima Internazionale rimangono validi e lo possono essere se adattati, con concretezza, alla situazione odierna e declinati, ciascuno nel proprio contesto nazionale. Come fa il socialismo con caratteristiche cinesi, ad esempio.

Fra i promotori di questi ideali, nel nostro Paese, personalità spesso volutamente dimenticate e accantonate.

Mario Bergamo, antifascista, Segretario del Partito Repubblicano Italiano, promotore dell'unità fra repubblicani e socialisti. Roberto Tremelloni, già mazziniano e successivamente degno ministro dell'Economia e della Difesa, nelle fila del socialismo democratico.

Ma potremmo citare anche Gabriele d'Annunzio, Alceste De Ambris, Alfredo Bottai, Giulio Andrea Belloni e prima di loro i Padri Nobili, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Arcangelo Ghisleri.

Figure da recuperare, da onorare, ma soprattutto da studiare e le cui volontà si intrecciano con la spiritualità laica e teosofica, con gli ideali cagliostriani e massonici di Fratellanza, Uguaglianza e Libertà, che hanno un significato spirituale, prima ancora che politico. E che non sono parole vuote e prive di significato. 

Esse non significano né livellamento verso il basso, né edonismo liberale, che ha fatto degenerare le società liberal capitaliste, in una spirale di consumismo sfrenato, violenza gratuita e indifferenza verso il prossimo.

Il socialismo, dunque, non è dogma, ma spirito. 

E' il sole dell'avvenire che illumina le menti. E' la falce che rappresenta l'Opera e il martello, che rappresenta la Volontà.

Il socialismo non è chiesa, ma tempio interiore.

Un tempio da edificare, incessantemente, nel corso delle ere, nel corso dei secoli, nel corso delle vite, seguendo e costruendo la Storia, che è poi la storia di ciascun componente della comunità umana, alla ricerca dell'emancipazione e della giustizia.

Luca Bagatin

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lunedì 1 dicembre 2025

Sostegno del mondo socialista internazionale al Venezuela, contro le dichiarazioni di Trump. Articolo di Luca Bagatin

 

Se Trump, in Europa, sembra ricercare la pace, altrove, in America Latina, sembra proseguire una politica imperialista e bellicista di ingerenza negli affari di Stati sovrani.

E' il caso della dichiarazione, da parte del Presidente USA, di chiusura dello spazio aereo del Venezuela, usato come pretesto per combattere il traffico di droga, che ha sollevato le proteste di numerosi leader ed esponenti socialisti, latinoamericani e non.

Fra questi il Presidente socialista della Colombia, Gustavo Petro, il quale, fra le altre cose, sui social, ha dichiarato che “La chiusura dello spazio aereo del Venezuela è completamente illegale. L'ICAO (ovvero l'Organizzazione Internazionale per l'Aviazione Civile) deve riunirsi immediatamente. (…). L'ordine internazionale deve essere preservato e l'America Latina e i Caraibi devono dirlo senza timore (…). Chiedo al Presidente Trump di ritornare al rispetto dell'ordine giuridico internazionale che è la summa della saggezza della civiltà umana

Chiedo all'Unione Europea, nell'interesse dell'accordo raggiunto tra l'Unione Europea e l'America Latina e i Caraibi, di ordinare la normalizzazione dei voli per il Venezuela o di multare le imprese che non lo fanno.

Chiedo a tutti i Paesi dell'America Latina e dei Caraibi di riavviare i loro voli normali.

In Colombia devono essere sanzionate le imprese che si rifiutano di assumere i servizi per i quali si sono impegnate; devono seguire le indicazioni dell'ICAO o del governo colombiano.

L'umanità deve essere libera di volare e i cieli devono essere aperti in ogni parte del mondo”.

Dello stesso avviso anche Cuba che, attraverso il Ministro degli Esteri Bruno Rodríguez Parrilla, ha parlato di “atto aggressivo per il quale nessuno Stato ha autorità al di fuori dei propri confini nazionali”, invitando la comunità internazionale a “denunciare il preludio a un attacco illegittimo”.

Egli ha altresì sottolineato che “si tratta di una minaccia molto seria al diritto internazionale e di un aumento dell’escalation dell’aggressione militare e della guerra psicologica contro il popolo e il governo venezuelano, con conseguenze incalcolabili e imprevedibili per la pace, la sicurezza e la stabilità in America Latina e nei Caraibi”.

Numerose le proteste provenienti da varie organizzazioni e esponenti latinoamericani e del resto del mondo di ispirazione socialista, fra le quali quelle del deputato peronista argentino Jorge Taiana, il quale ha appoggiato pienamente il discorso del Presidente colombiano Gustavo Petro.

La Repubblica Popolare Cinese, attraverso la portavoce del Ministero degli Esteri, Mao Ning, alcuni giorni fa, aveva peraltro invitato gli USA a revocare le sanzioni “illegali e unilaterali” imposte al Venezuela e ad adoperarsi per “favorire la pace, la stabilità e lo sviluppo in America Latina e nella regione dei Caraibi”.

Mao Ning aveva altresì affermato che “La Cina si è sempre opposta alle sanzioni unilaterali che non hanno alcun fondamento nel diritto internazionale e non sono autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e si oppone alle forze esterne che interferiscono negli affari interni del Venezuela con qualsiasi pretesto”.

Luca Bagatin

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sabato 29 novembre 2025

L'11 dicembre, presentazione, presso la Camera dei Deputati, del saggio di Paola Bergamo "Ritrovare i sentieri dell'Europa - Sulla via tracciata da Mario Bergamo"

 

L'11 dicembre prossimo, dalle ore 16.00 alle ore 18.00, alla Camera dei Deputati, presso la Sala del Refettorio del Palazzo di San Macuto, in Via del Seminario 76 a Roma, sarà presentato il saggio, edito da Futura Libri, "Ritrovare i sentieri dell'Europa - Sulla via tracciata da Mario Bergamo", di Paola Bergamo.

Moderato dal blogger e scrittore Luca Bagatin, l'evento avrà i saluti dell'On. Giandiego Gatta e, come relatori, oltre naturalmente all'autrice del saggio, ci saranno il prof. Giancarlo Elia Valori, importante manager pubblico e fine analista geopolitico, oltre che Presidente della Fondazione di Studi Internazionali e Geopolitica; il Gen. di Corpo d'Armata Antonio Bettelli e il Presidente del Nuovo Giornale Nazionale, Augusto Vasselli.

Paola Bergamo è un'imprenditrice, Presidente del Centro Studi MB2 Monte Bianco - Mario Bergamo per dare un tatto all'Europa. E' nipote dell'antifascista repubblicano mazziniano Mario Bergamo. 

L'evento sarà un'occasione per parlare di un'Europa che ci potrebbe essere, ma che non c'è.

Un'Europa mazziniana, libertaria, democratica, affratellata, sociale e sovrana.

Un'Europa che non ha nulla a che spartire con l'attuale UE autoreferenziale, oligarchica, servile e militarista.

Per poter partecipare all'evento occorre segnalare la propria presenza alla mail presidente@centrostudimb2.eu.

venerdì 28 novembre 2025

Gianni De Michelis, il socialismo, la democrazia costituzionale e il mondo multipolare. Articolo di Luca Bagatin

Gianni De Michelis e Luca Bagatin, dicembre 2003
 

Il 26 novembre scorso, Gianni De Michelis, avrebbe compiuto 85 anni.

Lo conobbi nel 2003, quando era Segretario del Nuovo PSI, al quale mi iscrissi anch'io - pur per un breve periodo – essendo socialista (e mazziniano) fin da quando ero ragazzino e leggevo Marx, Proudhon, Garibaldi, Mazzini, Gaetano Salvemini e Ernesto Rossi, oltre ai discorsi di Craxi e dello stesso De Michelis.

Fu per me, quindi, un onore diventarne amico e avere anche l'occasione di essere relatore, accanto a lui, ad un convegno pubblico socialista (vedi foto).

De Michelis aderì al Partito Socialista Italiano negli Anni '60, collocandosi a quei tempi nella corrente di sinistra, guidata da Riccardo Lombardi, denominata “Alternativa Socialista”, nella quale erano presenti anche i socialisti rivoluzionari.

Nel 1976 appoggiò - e a mio avviso giustamente - la Segreteria guidata da Bettino Craxi e divenne componente della Direzione Nazionale del PSI.

Nel corso degli Anni '80 ricoprirà anche il ruolo di Ministro delle Partecipazioni Statali (quando in Italia e Europa ancora lo Stato contava qualcosa e la politica comandava sull'economia e non viceversa!), Ministro del Lavoro, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Esteri.

Coinvolto nella falsa rivoluzione di Tangentopoli, sarà sottoposto a diversi procedimenti giudiziari, ma spesso fu assolto.

Denuncerà sempre, assieme a Craxi, il clima avvelenato di quegli anni, teso a colpire unicamente i partiti di governo e in particolare quel PSI che, se da una parte voleva modernizzare l'Italia, smarcandosi dalle “chiese” democristiana e comunista (ma già da tempo non più comunista e via via sempre più liberal-capitalista e visceralmente anti-socialista), dall'altra mirava a una politica estera multipolare, smarcata dagli USA e parimenti denunciava l'avanzare della globalizzazione neoliberale e le sue pericolose derive, che avrebbero portato – con il successivo avvento del capitalismo assoluto - a una diffusa povertà, alla sudditanza dell'Italia a poteri stranieri ed economici e all'immigrazione di massa.

Gianni De Michelis sosterrà sempre una politica estera multipolare, a partire dal ruolo centrale del Mediterraneo e dei Balcani in Europa (fece peraltro di tutto per evitare la disgregazione della Jugoslavia); propose l'integrazione della Federazione Russa nel sistema comunitario europeo; promosse un rapporto privilegiato e sinergico con una Repubblica Popolare Cinese, che già negli Anni '80 e '90 si stava modernizzando e aprendo al mondo.

A confronto dei politicanti di oggi, tutti chiacchiere, voltafaccia, rosari e tatuaggi da esibire, Gianni De Michelis, con realismo e pragmatismo, aveva tutto da insegnare. E lo avrebbe ancora.

Fu peraltro degnissimo consigliere di Silvio Berlusconi, negli ultimi decenni della sua vita e si può dire che proprio Berlusconi (non certo i suoi sodali, che presto lo tradiranno), fu l'ultimo politico di razza di questo triste scorcio di Seconda Repubblica.

A Gianni De Michelis, Paolo Franchi ha dedicato un'interessante biografia, “L'irregolare”, edita da Marsilio.

Appena uscita, nel 2024, l'ho volentieri recensita e può essere letta a questo link: https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/07/lirregolare-gianni-de-michelis-nella.html.

Ci sono alcuni passaggi molto interessanti.

Fra questi una risposta di Gianni De Michelis all'intervista di Stefano Lorenzetto – che Paolo Franchi riporta - che recita così: “Dalla fine del precedente ordine mondiale sono passati invano vent'anni. O l'ordine nuovo lo costruiamo adesso, trovando i compromessi necessari per quella che io chiamo la governance multilaterale del mondo multipolare, oppure scoppierà un altro conflitto planetario. E' inevitabile (…). Un mondo così è troppo pesante anche per le spalle degli Stati Uniti, non può essere governato da un Paese solo, da un sistema unipolare”.

Ancora lontani erano i tempi delle irresponsabili Von Der Leyen e Kaja Kallas e delle e dei loro emulatori – bipartisan - in Italia.

Ancora lontani erano i tempi in cui persino i comici avrebbero fondato partiti e sarebbero persino stati eletti a capo di Paesi, con tutte le nefaste conseguenze del caso!

Indietro, ad ogni modo, non si torna più.

Ma il realismo e il pragmatismo di certi politici e statisti con la P e la S maiuscola rimangono, così come rimane l'insegnamento pratico di certi partiti politici storici che hanno guidato, nella democrazia costituzionale, l'Italia, dal 1946 al 1993.

Luca Bagatin

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giovedì 27 novembre 2025

Positivi colloqui fra Xi Jinping e Donald Trump. Proteste della Cina contro la Premier giapponese sulla questione Taiwan. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 24 novembre scorso, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha avuto un colloquio telefonico con il Presidente degli USA Donald Trump, sottolineando il successo del recente Accordo di Busan, in Corea del Sud, fra Cina e Stati Uniti d'America.

Egli ha sottolineato il riavvicinamento delle relazioni sino-statunitensi, inviando, così, un messaggio positivo al mondo.

Un accordo, ad avviso di Xi, volto ad avvantaggiare le parti e a farle prosperare assieme, sulla base del buon senso e della concretezza.

Egli ha sottolineato la necessità di proseguire su questa strada, fondata su uguaglianza, rispetto e reciproco vantaggio.

Egli ha anche fatto presente a Trump il principio della Cina sulla questione Taiwan, il cui ritorno alla Repubblica Popolare Cinese è “parte integrante dell'ordine internazionale del dopoguerra”.

Egli ha ricordato come Cina e USA siano state entrambe impegnate, fianco a fianco, nella lotta contro il nazifascismo e il militarismo, durante la Seconda Guerra Mondiale, che le ha viste vittoriose.

I due Presidenti hanno anche discusso relativamente alla crisi ucraina e il Presidente Xi ha sottolineato, ancora una volta, il sostegno della Cina a tutti gli sforzi volti a favorire la pace, auspicando che le parti coinvolte nel conflitto possano appianare le divergenze e raggiungere presto “un accordo di pace equo, duraturo e vincolante e risolvere la crisi alla radice”.

Recentemente, la Cina, attraverso il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Guo Jiakun, ha peraltro esortato gli USA ad ascoltare l'appello di gran parte della comunità internazionale e di revocare l'embargo e le sanzioni contro Cuba, le quali, anche secondo le relazioni ONU, hanno avuto ripercussioni gravi sull'economia e la situazione umanitaria dell'Isola Caraibica.

Il portavoce Guo, ha peraltro ricordato come una recente risoluzione adottata dall'Assemblea Generale dell'ONU, votata a larghissima maggioranza, abbia invitato gli USA a porre fine all'ingiustificato e antistorico embargo contro Cuba, richiedendo altresì di rimuovere Cuba dall'elenco dei Paesi ritenuti dagli USA “sponsor del terrorismo”.

Sulla questione Taiwan, lo scorso 21 novembre si era invece espresso l'Ambasciatore cinese Fu Cong, rappresentante della Cina presso le Nazioni Unite, il quale aveva inviato, in merito, una lettera al Segretario Generale dell'Onu Antonio Guterres.

In tale documento, l'Ambasciatore Fu Cong, aveva criticato le posizioni provocatorie della Premier giapponese Sanae Takaichi, la quale aveva dichiarato che “una situazione di emergenza per Taiwan è una situazione di emergenza per il Giappone” ed aveva parlato di diritto all'autodifesa del Giappone, minacciando di usare la forza contro la Cina.

L'Ambasciatore Fu ha espresso forte insoddisfazione, in quanto la Premier Takaichi si è rifiutata di scusarsi e ritrattare le sue dichiarazioni dal sapore militarista e l'ha accusata di violare il diritto internazionale. Oltre a far presente che le sue dichiarazioni rappresentano una chiara provocazione nei confronti del popolo cinese e dei popoli asiatici, i quali hanno storicamente subito l'aggressione militarista e imperialista giapponese.

Egli ha altresì ricordato che la questione Taiwan riguarda unicamente e storicamente il popolo cinese e su questo la Cina non tollera alcuna interferenza straniera, facendo presente che, qualora il Giappone osasse intervenire militarmente nello Stretto di Taiwan, “La Cina eserciterà con risolutezza il suo diritto all'autodifesa ai sensi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale e difenderà con fermezza la sua sovranità e integrità territoriale”.

Luca Bagatin

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martedì 25 novembre 2025

Ancora una volta (stra)vince l'astensione. E, forse, oggi, non potrebbe essere diversamente. Articolo di Luca Bagatin

 

Ancora una volta, ma forse mai in maniera così massiccia, gli elettori, hanno disertato le urne.

Parliamo di quasi il 60% di elettori che, in Veneto, Campania e Puglia, non sono andati a votare a queste elezioni regionali.

Del resto, come si può votare, quando le regole sono truccate, ovvero le leggi elettorali in vigore, dal 1993 ad oggi, sono incostituzionali e prevedono maggioritari e sbarramenti di vario tipo, come ha spiegato anche al sottoscritto l'ex Sen. Socialista Giorgio Pizzol, in una recente intervista?

Come si può votare, quando i grandi schieramenti, quelli più pubblicizzati e sbandierati dai media, sono pressoché tutti uguali e tutti uniti nel sostenere più armi e meno stato sociale; più UE oligarchica e meno UE sovrana; più interessi personali e meno interessi per la comunità?

Stavo rileggendo un passo dell'ultimo saggio dell'amica Paola Bergamo, “Ritrovare i sentieri dell'Europa. Sulla via tracciata da Mario Bergamo”, che presenteremo l'11 dicembre prossimo, presso la Camera dei Deputati, alla presenza, fra gli altri, dei nostri comuni amici prof. Giancarlo Elia Valori, Augusto Vasselli e del Gen. Antonio Bettelli.

Paola così scrive, in un passaggio: “Il tema del rapporto tra cittadino e politica è centrale. Quest'ultima non viene più percepita come capace di occuparsi dei problemi concreti della polis per cercare di risolverli in tutto o in parte. (…) con l'avvento della Seconda Repubblica si è spazzata via un'intera classe dirigente, si è aperta la via del fenomeno bi-populista accelerato dal sistema elettorale maggioritario. Un sistema che, se tutto vorrebbe semplificare, di fatto tutto polarizza estremizzando il dibattito politico nell'ottica di una massimizzazione del consenso. In epoca proporzionale le spinte verso il consenso venivano contenute in molteplici sfumature che caratterizzavano la dialettica nello spazio politico con istanze provenienti senza mediazioni dalla base stessa. Esse venivano poi indirizzate dal sistema dei partiti, i quali, ben diversamente da oggi, non erano padronali e virtuali ma popolari e territoriali”.

Oggi, diversamente da ieri, assistiamo a personalismi estremistici, sempre più spesso provenienti da soggetti che si dicono – a sproposito - “riformisti” o di “centro” (posto che il centro, come la sinistra, nel nostro Paese e sempre più nel resto dell'UE, non esistono, nei fatti, pressoché più e ciò a partire dall'anno di disgrazia 1993). E che, al libero dibattito, vorrebbero sostituire la censura.

Oggi assistiamo a una pressoché totale mancanza di cultura politica e di conoscenza della Storia. Nazionale e internazionale. Assistiamo a slogan ripetuti ad oltranza, anche da un sistema mediatico sempre meno all'altezza e sempre meno di qualità, che preferisce anteporre la propaganda al confronto e all'approfondimento.

Che è riflessione, che è sfumatura.

E, dunque, come scrive Paola Bergamo, nipote dell'antifascista repubblicano mazziniano Mario Bergamo, era il sistema dei partiti, quelli veri, autentici, democratici, che hanno retto il Paese dal 1946 al 1993, che mediavano le istanze della comunità. Che la comunità ascoltavano. Che avevano dei valori, una Storia, una cultura e, soprattutto, che erano fatti di persone.

Di quelle che venivano chiamati “militanti”, che si riunivano nelle “sezioni di partito” e che spesso frequentavano anche apposite “scuole di partito”. Ove si imparava a vivere, prima ancora che a governare.

Oggi, diversamente, siamo nelle mani degli influencer politici di turno. Di soggetti che ieri dicevano una cosa, oggi ne dicono un'altra (spesso a seconda dei desiderata o del Presidente USA di turno o dei dirigenti UE del momento) e domani....? Chissà.

Soggetti senza radici storiche, culturali, sociali profonde. Che, della comunità, nel suo complesso, sembrano conoscere poco. Preferendo affibbiare etichette facili e fare della semplificazione la loro regola, in modo da evitare di entrare nel merito delle questioni.

Perché, se si entra nel merito, forse si rischia di perdere consenso politico.

Gli elettori, i cittadini, ad ogni modo, hanno compreso che, da tempo, il Re è Nudo. E, la stragrande maggioranza, non vota più e non segue più quelli che oggi ricoprono ruoli politici.

Ma, senza la base, senza la comunità, non si va certamente lontano.

Luca Bagatin

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sabato 22 novembre 2025

E' il momento della pace (che è sempre giusta e può essere duratura se si segue la logica). Articolo di Luca Bagatin

 

Finalmente, Trump, si decide a fare ciò che si era proposto molti mesi fa e a fare il pragmatico, promuovendo un piano di pace per la risoluzione della crisi ucraina.

E lo fa secondo logica conseguenza, al netto degli ideologismi dei fondamentalisti e dei fondamentalismi di ogni colore.

Un peccato che ciò non piaccia ai vertici dell'UE che, per primi, avrebbero invece dovuto lavorare per la pace, evitando di sostenere un'autocrazia né NATO, né UE.

E la pace è sempre giusta e logica, soprattutto se segue la Storia e la logica dei fatti.

E i fatti indicavano quanto scritto da Silvio Berlusconi nel 2015: “con la Russia ci sono delle serie questioni aperte. Per esempio la crisi ucraina. Ma sono problemi che è ridicolo pensare di risolvere senza o contro Mosca. Anche perché in Ucraina coesistono due ragioni altrettanto legittime, quelle del governo di Kiev e quelle della popolazione di lingua, cultura e sentimenti russi. Si tratta di trovare un compromesso sostenibile fra queste ragioni, con Mosca e non contro Mosca”. E, nel 2023, dichiarò: “Io a parlare con Zelensky se fossi stato il Presidente del Consiglio non ci sarei mai andato perché come sapete stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili: bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe avvenuto, quindi giudico, molto, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore”.

Un conflitto, peraltro, già annunciato dallo scrittore dissidente russo Eduard Limonov, che per primo denunciò il nazionalismo ucraino russofobo, ma anche il regime di Putin.

Limonov, infatti, già nel 1992 mise in guardia dal nazionalismo di estrema destra russofobo, che stava montando nelle Repubbliche post-sovietiche, Ucraina in primis, alimentato dal sostegno Occidentale, esattamente come accaduto in ex Jugoslavia, per distruggere ogni forma di socialismo e sovranità ad Est.

Ma, parimenti, denunciò sempre il regime di Putin, al punto che il suo partito, il Partito NazionalBolscevico (raccontato e sostenuto anche dalla scrittrice Anna Politkovskaja), fu messo al bando e il successivo partito, “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, non può presentarsi alle elezioni.

Oggi Trump propone il ritorno delle zone russofone alla Russia e la neutralità dell'Ucraina, oltre che elezioni in quest'ultima, visto che erano state sospese da tempo.

Soddisfazione, in UE, per gli unici veri volenterosi, il Premier socialista democratico slovacco Robert Fico e il Premier conservatore ungherese Viktor Orban, che – pur su posizioni ideologiche differenti - hanno sempre sostenuto la necessità di un logico e pragmatico compromesso.

Adesso sarebbe tempo per ricostruire e ricucire i rapporti fra tutti, ma, chissà...

Gli unici Paesi a mantenere razionalità, logica e equilibrio in tale conflitto, sono stati la Repubblica Popolare Cinese e il Brasile di Lula.

Tali Paesi non solo non hanno mai introdotto sciocche e controproducenti sanzioni, ma hanno continuato a dialogare e commerciare tanto con la Russia che con l'Ucraina, tentando, fin dal 2022, una mediazione.

Nel febbraio 2022 il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, dichiarava, infatti: “L’Ucraina deve essere un ponte che unisce Est e Ovest e non una linea di fronte per una competizione tra diverse potenze”; proseguendo, affermò che occorre: “una soluzione pacifica che garantisca sicurezza e stabilità in Europa”, ricordando anche che “nessuno è al di sopra del diritto internazionale” e che “anche le preoccupazioni della Russia devono essere rispettate” e, all’UE aveva fatto presente che, “Se ci sarà un allargamento dell’Alleanza Atlantica ci sarà davvero garanzia della pace?” E’ una domanda che i nostri amici in Europa si devono porre seriamente. Perché le parti non possono sedersi ad un tavolo, condurre colloqui dettagliati ed elaborare un piano per mettere in atto le intese di Minsk?”.

Il mondo di oggi, globalizzato e interconnesso (e sempre di più, con l'Intelligenza Artificiale) dovrebbe anteporre il dialogo e la cooperazione. Sempre.

E fare sempre tacere la non-logica delle armi e quella della competizione.

Occorrerebbe, come sosteneva l'ex Ministro socialista degli Esteri Gianni De Michelis, integrare la Russia nel sistema comunitario europeo e allo stesso tempo cooperare con la Cina.

Rompere ogni forma di steccato e di sciocco pregiudizio ideologico, fuori dal tempo e dallo spazio.

Le sfide del futuro sono ben altre e Trump, Putin e Xi Jinping lo hanno compreso molto bene.

Per quanto, dei tre, solo il Presidente cinese voglia puntare a costruire una comunità dal futuro condiviso per l'umanità, capace di creare valore e benessere per tutti i popoli dei pianeta, attraverso proprio la cooperazione e la costruzione di un mondo più giusto e equo.

Trump e Putin, invece, sono assai discutibili per varie questioni, a iniziare dalla bramosia di potere e dall'essere seguaci del concetto “dividi et impera”, ma anche con costoro occorre dialogare, quali leader di potenze mondiali.

Quanto all'UE, nel febbraio scorso scrivevo questo e lo ribadisco, una volta di più: “Se l'UE volesse avere davvero un ruolo serio, dovrebbe porsi quale cerniera fra Ovest ed Est. Integrare la Russia nel suo sistema; entrare nei BRICS; investire in formazione, ricerca e sanità; promuovere la cooperazione internazionale e una NATO globale, proponendo l'entrata di quanti più Paesi possibili, compresa Russia e Cina, mirando a garantire stabilità, equità, cybersicurezza e lotta al terrorismo internazionale, che, lo abbiamo visto anche con il recente attentato di Monaco, è più vivo che mai (senza contare, aggiungerei, la sempre maggiore penetrazione del radicalismo islamista nella società europea, con tutte le gravi conseguenze del caso, oltre che il drammatico fenomeno delle baby gang, ancora estremamente sottovalutato).

Una UE senza un piano, che rimane serva dei desiderata del Presidente degli USA di turno è dannosa, in particolare per sé stessa. E lo è una UE senza una classe dirigente di alto profilo, che rimane ancorata a vecchie logiche da Guerra Fredda e che segue chi parla di “pace o condizionatori”, come se fossimo al mercato.

L'UE della Von Der Leyen, delle Kallas e dei Draghi, non è l'Europa unita e fraterna dei Giuseppe Saragat, degli Ernesto Rossi, dei Mario Bergamo e dei Bettino Craxi, che sono stati i nostri maestri politici, di ispirazione socialista democratica e repubblicana mazziniana”.

Chi vivrà vedrà. Ad ogni modo, a parlare, sono e saranno sempre i fatti.

Luca Bagatin

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venerdì 21 novembre 2025

Risoluzione ONU su Gaza. L'Ambasciatore cinese Fu Cong: “La comunità internazionale deve promuovere con fermezza la soluzione dei due Stati e perseguire la soluzione politica della questione palestinese”. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 17 novembre scorso, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, ha adottato la risoluzione 2803, relativamente agli accordi per il territorio palestinese di Gaza.

In merito, la Repubblica Popolare Cinese, oltre alla Russia, si sono astenute.

In merito si è espresso l'Ambasciatore cinese all'ONU, Fu Cong, affermando: “Gaza, devastata da due anni di guerra, è una terra di rovine che necessita urgentemente di essere ricostruita. Oltre due milioni di persone continuano a vivere in condizioni di privazione e di sfollati. La Cina sostiene il Consiglio di Sicurezza nell'adozione di tutte le misure necessarie per raggiungere un cessate il fuoco duraturo, alleviare il disastro umanitario e avviare la ricostruzione postbellica per riaccendere la speranza di pace e sviluppo per la popolazione di Gaza”.

Egli così ha motivato l'astensione cinese: La bozza di risoluzione è vaga e poco chiara su molti elementi critici. Il penholder chiede al Consiglio di autorizzare l'istituzione di un Consiglio per la Pace e la Forza di Stabilizzazione Internazionale, che svolgerà un ruolo chiave nella governance postbellica di Gaza. Avrebbe dovuto spiegarne dettagliatamente la struttura, la composizione, i termini di riferimento e i criteri di partecipazione, tra gli altri. Questa avrebbe dovuto costituire una base essenziale per le serie discussioni del Consiglio. Tuttavia, la bozza di risoluzione contiene scarsi dettagli su questi elementi critici. Nonostante le ripetute richieste di maggiori informazioni da parte dei membri del Consiglio, il penholder non ha ancora fornito alcuna risposta”.

Egli ha sottolineato che la risoluzione non precisa, inoltre, il principio secondo il quale Gaza appartenga al popolo palestinese e a nessun altro.

Ha altresì aggiunto che tale risoluzione non garantisce effettivamente la partecipazione dell'ONU e del Consiglio di Sicurezza, per quanto riguarda la ricostruzione economica e la governance postbellica di Gaza.

Infine, ha dichiarato che tale risoluzione “non è il frutto di consultazioni approfondite tra i membri del Consiglio”.

Pur non avendo voluto porre il veto, la Cina, ha spiegato Fu Cong, ha preferito astenersi. In merito ha dichiarato: “Nonostante le numerose questioni sopra menzionate nella bozza di risoluzione e le principali preoccupazioni della Cina al riguardo, considerando la fragile e grave situazione a Gaza, l'imperativo di mantenere il cessate il fuoco e le posizioni dei Paesi della regione e della Palestina, la Cina si è astenuta dal voto”.

Ad ogni modo, ha spiegato le preoccupazioni della Cina, in quanto “la questione palestinese è al centro delle questioni mediorientali. È una questione di equità e giustizia internazionale. La comunità internazionale deve promuovere con fermezza la soluzione dei due Stati e perseguire la soluzione politica della questione palestinese. Ciò significa istituire uno Stato palestinese indipendente con piena sovranità sulla base dei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, realizzando così il diritto del popolo palestinese alla sovranità, alla sopravvivenza e al ritorno. La Cina ha sempre sostenuto fermamente la giusta causa del popolo palestinese nel ripristino dei suoi legittimi diritti nazionali. Siamo pronti a collaborare con la comunità internazionale per compiere sforzi incessanti per una soluzione globale, giusta e duratura alla questione palestinese”.

Luca Bagatin

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giovedì 20 novembre 2025

Robert Fico, unico socialista al governo in UE e riflessioni sulla necessità di ricostruire un autentico Centro-Sinistra (quello vero, della Prima Repubblica). Articolo di Luca Bagatin

 

Ancora una volta, Robert Fico, Presidente della Slovacchia e leader del partito socialista democratico SMER (Direzione Socialdemocrazia), si conferma l'unico leader autenticamente socialista in UE.

Egli, ancora una volta, critica le decisioni dei vertici dell'UE di isolarsi dall'approvvigionamento energetico russo a partire dal 2028, dichiarando di valutare la possibilità di citare in giudizio l'UE per tale irresponsabile decisione, che colpirà in particolare Slovacchia e Ungheria i cui governi, non a caso, a tale decisione si sono fermamente opposti.

Questa decisione è estremamente dannosa per noi. Sapete che non l'abbiamo votata”, ha sottolineato il Presidente Fico.

Il suo governo valuterà gli impegni presi dalla Commissione Europea nell'ambito del sostegno energetico alla Slovacchia ed in proposito ha aggiunto: “Tutto dipenderà molto da come la Commissione europea rispetterà i suoi impegni nei confronti della Slovacchia, assunti e firmati direttamente dal Presidente della Commissione Europea”.

Il Premier slovacco ha fatto presente che la decisione di isolarsi dall'approvvigionamento energetico russo, presa a maggioranza qualificata degli Stati membri, rappresenta una violazione della legislazione dell'UE.

Egli ha peraltro dichiarato che “Stiamo parlando di 140 miliardi di euro che la Commissione vuole letteralmente donare all'Ucraina, il che solleva un numero enorme di questioni legali e molta incertezza in Europa” ed ha manifestato preoccupazione relativamente alla confisca dei beni russi congelati, che potrebbe portare alla confisca di proprietà di Stati membri UE nel territorio della Federazione Russa.

Il socialdemocratico Fico, in più occasioni, ha manifestato dissensi nei confronti della politica dell'UE in merito.

Egli non ha sostenuto i pacchetti di sanzioni contro la Federazione Russa; ha preso le distanze nei confronti delle assurde dichiarazioni della rappresentante degli affari esteri dell'UE, nonché esponente della destra estone, Kaja Kallas, la quale avrebbe voluto impedirgli di partecipare alle celebrazioni a Mosca, del 9 maggio scorso, per ricordare le vittime della resistenza antifascista nella Seconda Guerra Mondiale; ha partecipato – unico leader dell'UE - all'80esimo anniversario della Vittoria nella Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e nella Guerra Mondiale Antifascista ed ha sempre dichiarato di voler lavorare, assieme alla Repubblica Popolare Cinese e al Brasile del socialista Lula, per un piano di pace che risolva la crisi russo-ucraina.

Per tutta risposta, il suo partito è stato estromesso dal Partito Socialista Europeo, che di socialista non ha più nulla da molti decenni.

A differenza di SMER (Direzione Socialdemocrazia), unico partito al governo in UE che, guarda un po', ha valori socialisti, patriottici e senza equivoci liberal-capitalisti e guerrafondai.

Tutto ciò dovrebbe farci riflettere, ma probabilmente in pochi ci rifletteranno.

Come in pochi rifletteranno sulla seria politica estera di Silvio Berlusconi e, ancor più e ancor prima, di Bettino Craxi.

Una politica estera responsabile, multilaterale, volta a far dialogare Ovest e Est; a unire anziché dividere e ad andare a colpire chi davvero vuole destabilizzare il mondo. In primis gli estremisti, gli irresponsabili, i fondamentalisti di ogni colore e fede religiosa.

Aggiungerei una riflessione, da socialista e repubblicano mazziniano, orgogliosamente senza tessera da anni, che ho scritto anche ieri sui social, con un positivo riscontro di pubblico.

Se si volesse ricostruire un autentico Centro-Sinistra, come nella Prima Repubblica, riformatore, responsabile e democratico (nulla a che vedere con l'ulivismo, il PD, il renzismo e il calendismo, anzi!), occorrerebbe:

1) lavorare per dichiarare le leggi elettorali dal 1993 ad oggi incostituzionali, come giustamente dichiarato anche dall'amico ex Senatore socialista Giorgio Pizzol, in una recente intervista che gli ho fatto (facendo pertanto decadere anche l'attuale maggioranza e pseudo opposizione);

2) reintrodurre il sistema proporzionale puro (come previsto dalla Costituzione);

3) lavorare per la ricostituzione di un forte stato sociale e per una società ordinata e moralizzata (la sanità, la scuola, lo stato sociale e l'ordine pubblico sono allo sbando. Il fenomeno baby gang, invece, è sempre più diffuso e purtroppo non solo quello);

4) isolare fondamentalisti, estremisti e censori che oggi si dicono "riformisti" senza esserlo;

5) dialogare con tutti i Paesi del mondo, nel quadro di un nuovo ordine mondiale multilaterale, fondato su giustizia sociale e sovranità nazionale. Ovvero iniziando a fare ragionare gli attuali estremistici e irresponsabili (tutt'altro che “volenterosi”) vertici UE.

Ovviamente sono, come spesso mi accade, molto pessimista, ma già sarebbe molto iniziare a discuterne.

Luca Bagatin

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mercoledì 19 novembre 2025

Intervista di Luca Bagatin all'ex Senatore del PSI e del PSDI Giorgio Pizzol

 

Giorgio Pizzol, classe 1942, già insegnante di lettere, avvocato e giudice di pace, fu Sindaco di Vittorio Veneto dal 1975 al 1982, reggendo forse una delle poche giunte di sinistra a quei tempi, composta da PCI, PSI, PSDI e PRI.

Nel 1987 fu eletto Senatore, nelle fila del PSI e, nel 1990, in contrasto con i vertici del partito, passò prima al gruppo misto e, successivamente, al PSDI, come indipendente, concludendo la legislatura nel 1992.

Giornalista pubblicista, dal 1995, ha collaborato con “La Tribuna di Treviso” e “La Nuova Ferrara”.

Oltre a due raccolte di liriche (“Le stagioni del presente” e “Versi sciolti”), ha pubblicato tre saggi sull'importanza della comunicazione: “Uno e molteplice” (1990); “Pensiero del limite e limite del pensiero” (1998” e “Il Pensiero Riflessivo” (2023).

Sempre a proposito dell'importanza della comunicazione, nel 1992, ha fondato la rivista “Dia Logo” ed è molto attivo nelle battaglie per la difesa della Costituzione Italiana.

Ho qui avuto l'amichevole possibilità di intervistarlo.

Cosa puoi dirci, innanzitutto, dell'ultimo scorcio della Prima Repubblica, avendo tu ricoperto la carica di Senatore nella X legislatura (1987- 1992) nel PSI e poi nel PSDI ?

Parto dal Messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica Cossiga del 26 giugno 1991. Un atto eversivo.

Perché eversivo?

Mi spiego. L’Art. 87 attribuisce al Presidente il potere di inviare messaggi alle Camere al fine di garantire il rispetto della Costituzione.

In questo messaggio Cossiga, esorbitando clamorosamente dai suoi poteri, formulava una proposta di stravolgimento del dettato costituzionale. In sintesi, proponeva di annullare le funzioni del Parlamento, di trasferire il potere decisionale al Governo, di abolire i partiti come previsti dall’Art. 49 della Costituzione. Un colpo di stato bianco.

Sei stato fra i pochissimi, peraltro, a denunciare l'incostituzionalità del referendum per l'elezione del Senato, del 1993, che introdusse il sistema maggioritario nel nostro ordinamento. Cosa puoi dirci, in merito?

Il Referendum Segni-Pannella del 1993. Fu l’attuazione concreta del colpo di stato. La Corte costituzionale non avrebbe dovuto ammetterlo. Ad opporsi furono pochissimi davvero.

Il popolo fu ubriacato da una massiccia campagna di propaganda a favore del “sistema maggioritario all’inglese”. Segni e Pannella vinsero trionfalmente con l’82,74%.

Paradosso di un popolo che vota contro la sua sovranità.

L'incostituzionalità delle leggi elettorali maggioritarie, introdotte dopo il 1993, hanno fortemente ridotto la democrazia nel nostro Paese, impedendo a milioni di elettori di eleggere i propri rappresentanti (perché, introducendo maggioritario e sbarramenti vari, è quanto nei fatti è accaduto). Ciò ha prodotto l’astensionismo di massa e la sfiducia nel sistema politico. Che ne pensi?

Hai detto bene. Tutti i sistemi maggioritari sono in contrasto insanabile con gli Articoli 3, 48, 49, e 51 della Costituzione. Questi prescrivono un sistema elettorale proporzionale puro: senza premi di maggioranza e senza sbarramenti. Ogni lista deve poter ottenere un numero di seggi in proporzione esatta ai voti ricevuti. Le leggi maggioritarie, sono palesemente incostituzionali, leggi truffa.

A che cosa potrebbe portare il riconoscimento ufficiale dell'incostituzionalità di tali leggi elettorali? Pensi che sia una battaglia giusta e percorribile?

Temo che questo riconoscimento non ci sarà. Le leggi maggioritarie sono passate con l’avallo della Corte costituzionale e col consenso della stragrande maggioranza del popolo.

Nel 2020 il Movimento Cinque Stelle promosse un altro referendum sul taglio dei seggi del Parlamento da 945 a 600. Ottenne il SI' dal 69% dei votanti. Sempre con l’avallo della Corte. Trai tu stesso le conclusioni.

Che cosa pensi della scomparsa dei partiti socialisti in Italia, a partire dal 1993?

Ho vissuto, in prima persona, questa scomparsa.

Torniamo alla fine del 1989. Da molto tempo avevo osservato che nel Psi non vi era democrazia interna. I capi corrente prendevano decisioni a nome del partito senza alcun rispetto delle norme statutarie.

Il 2 gennaio 1990 comunicai al Segretario Bettino Craxi le mie dimissioni dal PSI e dal Gruppo socialista. Esposi la mia dissociazione dai comportamenti sopra descritti. Assicurai tuttavia il mio appoggio agli obiettivi di fondo del partito, come riportato anche da “La Repubblica” del 5 gennaio 1990.

Mi iscrissi, quindi, al Gruppo misto del Senato.

Dopo una decina di giorni mi contattò Antonio Cariglia, segretario del PSDI. E mi fece questo discorso.

Caro Pizzol conosco il tuo impegno per l’unità dei partiti di sinistra. Bettino Craxi ha in testa un’idea sciagurata. Vuole assorbire il PSDI nel PSI. Ha convinto due Senatori PSDI a entrare nel Gruppo socialista. Il Gruppo PSDI è rimasto con quattro membri, sotto il minimo di cinque richiesto dal regolamento del Senato. Dammi una mano a salvare il Gruppo”.

Accettai. Il PSDI conservò il suo gruppo per il resto della legislatura.

Ma poi i partiti della sinistra italiana non solo non si unirono, ma scomparvero...

Ciò avvenne in conseguenza del colpo di stato Cossiga-Segni-Pannella che fondò, appunto, la Seconda Repubblica. Per mezzo delle leggi maggioritarie, mise fuori combattimento tutti i partiti fondatori della Costituzione.

Cosa mi dici dei partiti socialisti del resto dell'UE, i quali ebbero una mutazione in senso liberal capitalista e spesso guerrafondaio?

Il colpo di stato in Italia fu a sua volta conseguenza dello sconvolgimento geopolitico prodotto dalla caduta del Muro di Berlino.

L’intera politica europea fu condizionata dalla politica degli Stati Uniti vincitori della Guerra Fredda.

I partiti socialisti dell’UE, per rendersi “presentabili” a Washington si convertirono al neoliberismo e si allinearono alle politiche militari dell’Occidente.

Descrivimi, in poche parole, la differenza fra Prima e Seconda Repubblica

La Prima era, con tutti i suoi difetti e le sue tragedie, “Una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; la Seconda è “Una Repubblica oligarchica fondata sul capitale”.

Luca Bagatin

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martedì 18 novembre 2025

Il diritto alla vita è anche diritto di poter scegliere come e quando morire. Articolo di Luca Bagatin

 

Il recente caso delle gemelle Alice e Ellen Kessler, le quali hanno deciso, a 89 anni, consapevolmente di morire assieme, praticandosi il suicidio assistito, ma anche il caso della ventiseienne fiamminga Siska De Ruysscher, che ha deciso di ricorrere all'eutanasia per depressione, riapre la questione del diritto alla morte.

O, meglio, del diritto di decidere quando e se morire con dignità.

Se esiste il diritto alla vita, perché è così tabù parlare di diritto alla morte?

Perché il peso delle religioni monoteiste istituzionalizzate e di tanto moralismo politico, è più forte di una scelta consapevole e personale?

Molti sono, nella Storia, recente o meno, coloro i quali hanno deciso consapevolmente di morire.

Fra i più celebri, il caso della scrittrice, giornalista e attivista per i diritti civili, Roberta Tatafiore, di cui ho molto scritto anni fa, anche in un mio saggio.

Decise di togliersi la vita nel 2009. E parlò di tale decisione nel suo diario, pubblicato postumo, da Rizzoli, con il titolo “La parola fine. Diario di un suicidio”.

Un diario tanto toccante e commovente, quanto consapevole.

Roberta Tatafiore così scriveva: “A chi appartiene la vita? La vita appartiene a ogni individuo libero di affidarla a chi vuole, in base a ciò che gli suggerisce la coscienza”.

E mi ritorna alla mente la coscienza di Paul Lafargue (1842 – 1911), genero di Marx, di cui ho molto scritto, in un altro saggio.

Paul Lafargue amava la vita, era un gaudente sotto ogni punto di vista. E anche per questo era socialista e criticava lo sfruttamento del sistema capitalista fondato sullo sfruttamento del lavoro e del salario.

Egli scrisse “Il diritto all'ozio”. Un saggio di critica serrata del capitalismo, che generava lo sfruttamento del lavoro salariato, impedendo la piena emancipazione e autogestione dell'essere umano.

Un saggio pieno di umorismo, come ricordò il suo amico Karl Kautsky.

Paul Lafargue, fondatore del Partito Operaio Francese, nel 1882, massone e seguace delle idee socialiste libertarie di Proudhon (e spesso in contrasto con il suocero Marx) e in contatto con Karl Liebknecht e successivamente con Vladimir Lenin, decise, assieme alla moglie, Laura Marx, il 25 novembre 1911, di suicidarsi, per evitare le sofferenze della vecchiaia.

Egli così scrisse, nel suo testamento: “Sano di corpo e di spirito, mi uccido prima che l'impietosa vecchiaia mi tolga a uno a uno i piaceri e le gioie dell'esistenza e mi spogli delle forze fisiche e intellettuali. Affinché la vecchiaia non paralizzi la mia energia, non spezzi la mia volontà e non mi renda un peso per me e per gli altri.

Da molto tempo mi sono ripromesso di non superare i settant'anni; ho fissato la stagione dell'anno per il mio distacco dalla vita e ho preparato il sistema per mettere in pratica la mia decisione: un'iniezione ipodermica di acido cianidrico. Muoio con la suprema gioia della certezza che, in un prossimo futuro, la causa alla quale mi sono votato da quarantacinque anni trionferà. Viva il Comunismo. Viva il Socialismo Internazionale!”.

Chi molto ama la vita, chi molto ama, in generale, probabilmente, meglio di altri può comprendere quanto la possibilità di decidere perché, quando e come morire sia importante.

E ciò va osservato, senza pregiudizio.

Ed è per questo che, per molti di noi, è incomprensibile come solo alcuni Paesi permettano eutanasia e suicidio assistito, mentre in altri, che comunque si dicono “democratici” e “civili”, ciò sia negato del tutto.

Ho molto scritto, di questo, fin da quando ero molto giovane. Perché io stesso ho sempre detto che, se mi trovassi nelle condizioni di non poter o voler andare avanti, in questa esistenza terrena, vorrei poter decidere di morire e di poterlo fare dignitosamente.

Ed è per questo che ritengo, come da sempre ritengono tutti gli autentici socialisti (e ne esistono ancora, ma spesso, in Italia e UE, sono senza tessera e senza partito), che sia importante prima di tutto investire nella salute pubblica.

Per fare prima di tutto stare bene le persone. Per evitare a quante più persone la sofferenza, sia fisica che mentale. Che è la prima cosa sulla quale occorre lavorare, sotto il profilo umano, civile e politico.

Anziché investire, in maniera sciocca, irresponsabile e sconsiderata, in strumenti di morte (non consapevolmente voluta, ma subita a causa della sconsideratezza di troppi politicanti), ovvero in armamenti e in sciocche contrapposizioni fuori dal tempo e da ogni logica.

Non c'è niente di buono o di mistico nella sofferenza, come magari ritengono alcuni credi religiosi.

Non c'è niente di buono nel negare al prossimo la possibilità di curarsi, perché magari non ha i soldi per farlo, come sempre più spesso accade nelle nostre società capitaliste, che si dicono però “democratiche”, ma la democrazia è tale se le leggi sono a beneficio della comunità, non di pochi.

Non c'è niente di buono nell'investire in strumenti di morte e offesa, anziché in educazione, elevazione morale e intellettuale.

Non c'è niente di buono nemmeno nel negare il diritto di scegliere come gestire la propria vita e, dunque, la propria morte.

Luca Bagatin

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lunedì 17 novembre 2025

In Ecuador confermata, dai referendum, la Costituzione introdotta dal socialista Correa. In Cile, alle presidenziali, vince al primo turno la comunista Jara. Articolo di Luca Bagatin

L'Ecuador, che, con le elezioni dell'aprile scorso, sembrava aver virato verso la destra liberal capitalista filo statunitense, eleggendo al secondo turno Daniel Noboa, domenica 16 novembre scorso, votando 4 NO ai referendum, ha dato una spallata tanto a Noboa, quanto alle mire degli USA sul Paese e confermato la Costituzione vigente.

Una Costituzione fortemente voluta dal governo socialista di Rafael Correa (costretto da anni all'esilio in Belgio, per persecuzione politica nel suo Paese) nel 2008 e già allora votata a maggioranza dai cittadini.

Con un'affluenza di oltre l'80%, i cittadini ecuadoriani si sono espressi: contro l'istituzione di basi militari e strutture straniere nel Paese con il 60,58% dei NO; contro il finanziamento pubblico ai partiti con il 58,7% dei NO; contro la riduzione del numero dei componenti dell'Assemblea legislativa e la loro elezione secondo nuovi criteri con il 53,46% dei NO; contro la convocazione e l'insediamento di un'Assemblea Costituente per redigere una nuova Costituzione con il 61,58% dei NO.

Fra i primi a complimentarsi con il risultato, il Presidente socialista della Colombia, Gustavo Petro, il quale, in un post su X, ha affermato: “Un voto contrario del 60% alla proposta del governo dimostra qualcosa che ho detto personalmente a Noboa: in Ecuador può esserci un dialogo nazionale che ci permetta di difendere il Paese dalle mafie che lo stanno travolgendo”.

Ed ha aggiunto: “Il popolo ha votato No alle basi militari straniere sul territorio ecuadoriano, dovremmo cercare modi istituzionali migliori per coordinare le nostre forze militari e di polizia contro le mafie che oggi sono il nostro principale nemico”.

Concludendo: “Ora credo molto più fermamente che il potere costituente conferito ai popoli che facevano parte della Gran Colombia consentirebbe la formazione di una confederazione, la quael potrebbe risolvere problemi comuni e farci acquisire molta più forza come nazioni confederate”.

A complimentarsi per il risultato, anche il Ministro degli Esteri venezuelano Yván Gil, che ha parlato di “Grande vittoria per la dignità dell'Ecuador”. E, ricordando i rivoluzionari latinoamericani anti-imperialisti più celebri, ha aggiunto: “inviamo le nostre più sentite congratulazioni e i nostri migliori auguri al popolo ecuadoriano, erede della grande patriota e rivoluzionaria Manuela Sáenz e del generale Eloy Alfaro”, sottolineando come l'Ecuador si sia ribellato alle “politiche servili promosse da un governo corrotto legato al narcotraffico, ottenendo una vittoria politica storica”.

Risultato storico anche alle elezioni presidenziali in Cile, tenutesi lo stesso 16 novembre scorso, alle quali, al primo turno, ha vinto la candidata comunista della coalizione socialista, socialdemocratica, radicale, comunista e democratico cristiana “Unidad por Chile”, Jeannette Jara, ottenendo il 26,85% dei voti, contro il 23,92% del candidato dell'estrema destra pinochetista José Antonio Kast.

Luca Bagatin

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sabato 15 novembre 2025

Le interferenze della destra giapponese su Taiwan che fanno infuriare la Repubblica Popolare Cinese. Articolo di Luca Bagatin

 

Tutto risale al 25 ottobre 1971, ovvero a quando la risoluzione nr. 2758 dell'Assemblea Generale dell'ONU, votata a ampia maggioranza, stabilì l'espulsione da tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite dei rappresentanti del Kuomintang (nazionalisti conservatori, guidati da Chiang Kai-shek) a Taiwan, riconoscendo la Repubblica Popolare Cinese quale unico rappresentante legittimo della Cina. Un mese dopo, peraltro, la RPC, entrò a far parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

E' per questo che oggi, la Repubblica Popolare Cinese, secondo il principio dell'esistenza legale di “una sola Cina”, si sente comprensibilmente offesa relativamente alle dichiarazioni della Premier giapponese, Sanae Takaichi, la quale ritiene che un eventuale uso della forza cinese contro il separatismo di Taiwan, potrebbe costituire una “situazione di minaccia alla sopravvivenza” per il Giappone. E ciò potrebbe addirittura implicare la possibilità di un intervento armato giapponese nello Stretto di Taiwan.

Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, anche sui social, ha dichiarato in merito che: “La Cina è seriamente preoccupata per le recenti mosse militari e di sicurezza del Giappone.
Sebbene il Giappone affermi di essere una "nazione amante della pace" e di sostenere un mondo libero dalle armi nucleari, l'amministrazione di Sanae Takaichi ha rilasciato dichiarazioni ambigue sui Tre Principi Non Nucleari, insinuando che potrebbe abbandonarli e persino affermando che il Giappone non ha escluso la possibilità di possedere sottomarini nucleari.
Queste dichiarazioni rivelano chiaramente che il Giappone sta attuando un importante cambiamento di politica negativa, che invia un segnale pericoloso alla comunità internazionale”.

Egli, ricordando anche l'anniversario della vittoria cinese contro l'aggressione giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale, ha sottolineato che “Quest'anno ricorre l'80° anniversario della vittoria della Guerra di Resistenza Popolare Cinese contro l'aggressione giapponese e della Guerra Mondiale Antifascista. Ricorre anche l'80° anniversario della riconquista di Taiwan.
Esortiamo il Giappone a pentirsi della sua storia di aggressione, a proseguire sulla strada dello sviluppo pacifico, a smettere di trovare scuse per il suo rafforzamento militare e ad adottare misure concrete per guadagnarsi la fiducia dei suoi vicini asiatici e della comunità internazionale”.

La stampa cinese, ha fatto inoltre presente che la premier della destra giapponese, Sanae Takaichi, “è ora il primo leader giapponese dal 1945 ad affermare pubblicamente che "un'eventualità taiwanese è un'eventualità giapponese". Ignorando l'innegabile realtà storica e attuale, Takaichi tenta di collegare la questione taiwanese ai cosiddetti interessi di sicurezza del Giappone, smascherando la sua indifferenza sia per la Storia che per la realtà, che mette a nudo anche il tentativo della destra giapponese di intervenire militarmente nello Stretto di Taiwan e equivale a una minaccia di forza contro la Cina”.

La questione della riunificazione pacifica di Taiwan alla madrepatria è in cima alle priorità cinesi e la Repubblica Popolare Cinese si oppone con forza a ogni interferenza esterna.

In merito e per spiegare meglio la questione ai meno informati o a chi preferisce seguire l'ideologia, spesso di estrema destra, piuttosto che la Storia, scrisse un interessante articolo, nel maggio 2024, il prof. Giancarlo Elia Valori, importante analista geopolitico e conoscitore della Storia cinese.

Egli scrisse, in particolare, ricostruendo la Storia di Taiwan: “Taiwan non è mai stata un Paese indipendente, ma parte integrante della Cina. Innumerevoli prove storiche e fatti giuridici dimostrano che Taiwan è sempre stata parte integrante del territorio cinese. Taiwan appartiene alla Cina fin dai tempi antichi. I cinesi furono i primi a sviluppare Taiwan. La maggior parte degli antenati degli attuali residenti di Taiwan sono immigrati dalla Cina continentale. Il Linhai Tuizhi scritto nel 230 d.C. durante il periodo dei Tre Regni contiene la prima descrizione di Taiwan. Dopo le dinastie Song e Yuan, i governi centrali della Cina iniziarono a istituire agenzie amministrative a Penghu e Taiwan per esercitare la giurisdizione. Sebbene Taiwan abbia vissuto un breve dominio coloniale imperialista nella storia, è stata effettivamente governata dal governo cinese per la stragrande maggior parte del tempo”.

Relativamente alla querelle dell'indipendenza di Tawan egli scrisse: “La questione di Taiwan è un’eredità della guerra civile cinese. Poco dopo la vittoria della guerra antigiapponese, in Cina scoppiò la guerra civile tra il Guomindang e il Partito Comunista. Il 1° ottobre 1949 fu proclamata la Repubblica popolare cinese. Alcuni membri del personale militare e politico del Guomindang sconfitti, erano scappati nell’isola di Taiwan. Dopo lo scoppio della Guerra di Corea, il governo degli Stati Uniti d’America è intervenuto negli affari interni della RP della Cina con la forza armata e ha firmato il cosiddetto Trattato di mutua difesa con i transfughi di Taiwan, determinando una grave situazione di confronto politico a lungo termine nello Stretto di Taiwan. Ciò ha portato a far nascere l’affaire Taiwan”.

E concluse il suo articolo ricordando che “In conclusione: i fatti storici e giuridici secondo cui Taiwan fa parte della Cina non possono essere messi in dubbio. Lo status di Taiwan non è mai cambiato poiché non è mai stato un Paese indipendente ma una parte della Cina. La cosiddetta affermazione secondo cui la Cina avrebbe “invaso” Taiwan non ha fondamento e non vale la pena confutarla. La questione di Taiwan è un’eredità della guerra civile cinese. È un affare interno della Cina e non tollera alcuna interferenza esterna.

La Risoluzione 2758 ha risolto la questione su chi rappresenterà l’intera Cina, ovvero il governo della RP della Cina è l’unico governo legale a rappresentare l’intera Cina, compresa Taiwan, presso le Nazioni Unite ed il mondo intero. (…) Chi è contrario fa girare indietro la ruota della Storia e pone sfide non solo alla sovranità e all’integrità territoriale della RP della Cina, ma anche alla giustizia e alla coscienza della comunità mondiale e all’ordine internazionale del secondo dopoguerra. Ciò è estremamente assurdo e pericoloso”.

Luca Bagatin

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