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sabato 8 marzo 2025

Perché sia ogni giorno la festa della Donna emancipata e tutt'altro che remissiva. Nel nome di Anita Garibaldi, Evita Peron e molte altre


Una donna emancipata non è una donna esteriormente sexy o sensuale. 

La gran parte delle donne riesce ad essere sensuale nella sua semplicità, nella sua quotidianità, nel non voler sembrare a tutti i costi alla moda o come un maschio. 

C'è una falsa interpretazione di emancipazione, che ha portato ad un femminismo gridato, che nulla ha a che vedere con l'essenza intima delle donne. Per contro c'è una sottovalutazione atavica di molti maschi e di molte donne stesse nei confronti delle potenzialità femminili. 

Nella Storia abbiamo esempi di emancipazione femminile molto forti. Di donne tutt'altro che mascoline e al contempo tutt'altro che remissive: Anita Garibaldi, Jessie White, Evita Peron e molte altre in tutti i Paesi del mondo.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

venerdì 7 marzo 2025

L'Eone di Horus è destinato a trionfare


Viviamo in tempi strani, ma, e soprattutto per questo, l'Eone di Horus è destinato a trionfare.
L'era del padre padrone è finita e così quella che adorava morte e sofferenza, propagandata dalle Religioni Monoteiste Istituzionalizzate Mediorientali.
È l'avvento dell'Era del Bambino, che supera la figura paterna e la sofferenza, ovvero ogni forma di schiavitù e di dogmatismo, per aprire alla ricerca della Vera Volontà individuale, fatta di Luce, Vita, Amore e Libertà.
Così scrisse Aleister Crowley:

L'Eone classico e medievale di Osiride è considerato dominato dal principio paterno e dalla formula del Dio morente. Questo Eone era caratterizzato da quello del sacrificio di sé e della sottomissione al Dio Padre.

Il secondo (Eone) è di sofferenza e morte: lo spirituale si sforza di ignorare il materiale. Il cristianesimo e tutte le religioni affini adorano la morte, glorificano la sofferenza, divinizzano i cadaveri.

(...) 

L'Eone di Horus è qui: e il suo primo fiore potrebbe ben essere questo: che, liberati dall'ossessione della rovina dell'Ego nella Morte, e dalla limitazione della Mente dalla Ragione, i migliori uomini ripartono con occhi avidi sul Sentiero dei Saggi, il sentiero di montagna della capra, e poi la cresta non calpestata, che conduce alle vette scintillanti di ghiaccio della Maestria!

Non esiste peccato. Non esiste sofferenza. Non esiste sottomissione. Non esiste morte. Esiste solo Luce, Vita, Amore e Libertà.
 
Luca Bagatin
 

 

mercoledì 5 marzo 2025

L’intelligenza artificiale non è un’arma né una gara, ma un mezzo di progresso per tutta l’umanità. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

 

Da quando l’uomo prese un tronco robusto e lo trasformò in clava sino all’Intelligenza Artificiale, ogni progresso tecnologico è stato finalizzato all’uso di arma, compresi la polvere da sparo usata in principio solo per i fuochi artificiali, internet e la telefonia mobile. Però oggi la volontà di trasformare l’intelligenza artificiale quale patrimonio dell’intera umanità sta cozzando sempre con quelle velleità belliche che il genere umano esprime da millenni in una forsennata gara per eliminare il suo prossimo. Far emergere l’aspetto della necessaria cooperazione tra gli Stati al fine di assicurare beneficio per il mondo intero dovrebbe, invece, essere una priorità.

In un nostro precedente articolo, abbiamo parlato del progetto da 600 miliardi di dollari che gli Stati Uniti d’America stanno sviluppando in quanto ritengono una minaccia i differenti livelli di sviluppo della tecnologia tra Pechino e Washington che vede certamente primeggiare la Repubblica Popolare della Cina visti gli straordinari risultati raggiunti.

E sono proprio gli statunitensi a mettere in rilievo il primato cinese. Di recente, l’Information Technology and Innovation Foundation (Itif) – un think tank statunitense senza scopo di lucro con sede a Washington D.C., focalizzato sulle politiche pubbliche legate all’industria e alla tecnologia –, ha pubblicato un rapporto in cui si afferma che un sondaggio di 20 mesi condotto dall’organizzazione sulle capacità di innovazione della Repubblica Popolare della Cina in dieci campi della tecnologia avanzata ha dimostrato che Pechino è diventata un leader mondiale dell’innovazione nell’energia nucleare e nei veicoli elettrici; in quattro campi, tra cui l’intelligenza artificiale (IA) e la tecnologia quantistica, non si discosta molto dai leader mondiali. Grazie alla duplice forza trainante dei vantaggi in termini di costi e della crescente capacità di innovazione, sempre più aziende cinesi stanno acquisendo fama mondiale.

Il sito web statunitense Interesting Engineering ha confermato che questi risultati dimostrano in modo inequivocabile che la Repubblica Popolare della Cina attribuisce all’innovazione molta più importanza rispetto al passato e ha compiuto notevoli progressi nel migliorare le proprie capacità di innovazione. Il continuo rafforzamento della capacità di innovazione cinesi è dovuto alle politiche scientifiche e tecnologiche formulate dal governo.

Nel corso del 2024, l’Itif ha condotto un’analisi approfondita delle capacità di innovazione di 44 aziende cinesi. Queste aziende robotica, materiali chimici, energia nucleare, semiconduttori, tecnologia dei display, veicoli elettrici e batterie, intelligenza artificiale, computer quantistici, prodotti biofarmaceutici e macchine utensili.

Il rapporto ha evidenziato che la Cina è all’avanguardia nell’energia nucleare, allo stesso livello del mondo nei veicoli elettrici e nelle batterie e vicina al livello avanzato nei robot, nei display, nell’intelligenza artificiale e nell’informatica quantistica.

Il rapporto ritiene che la Repubblica Popolare della Cina sia diventata leader mondiale nella tecnologia dei reattori nucleari. Negli ultimi dieci anni la Repubblica Popolare della Cina ha sviluppato più reattori nucleari di quanti ne abbiano installati gli Stati Uniti d’America negli ultimi 30 anni. Pechino prevede di costruire più di 100 nuovi reattori nucleari entro il 2035. Attualmente la Repubblica Popolare della Cina è probabilmente dai 10 ai 15 anni più avanti degli Stati Uniti d’America nella sua capacità di installare reattori nucleari di quarta generazione su larga scala.

Nel settore dei veicoli elettrici, la produzione cinese di batterie per veicoli elettrici rappresenta il 77% della produzione totale mondiale. La Repubblica Popolare della Cina è anche il più grande produttore e venditore di veicoli elettrici al mondo. L’anno scorso, Byd – marca automobilistica cinese – ha venduto tre milioni di veicoli elettrici, quasi il doppio delle vendite globali di Tesla. I produttori cinesi di auto elettriche sono all’avanguardia in settori quali la tecnologia di guida autonoma.

Il rapporto afferma che la tecnologia quantistica non solo è di grande importanza per la sicurezza nazionale, ma ha anche il potenziale per avere un impatto trasformativo sull’economia e sulla società. In termini di comunicazione quantistica, la RP della Cina occupa una posizione dominante a livello mondiale. L’apertura della prima rete dorsale di comunicazione quantistica sicura al mondo, la Beijing-Shanghai Trunk Line, e il lancio del Quantum Science Experimental Satellite MoZi sono le migliori prove. In termini di rilevamento quantistico, la Repubblica Popolare della Cina è più o meno alla pari con gli Stati Uniti d’America. Nel campo dell’informatica quantistica, sebbene Pechino abbia un leggero divario, si sta impegnando per recuperare.

Il rapporto mostra inoltre che, in termini di risultati della ricerca sull’intelligenza artificiale generativa, Repubblica Popolare della Cina e Stati Uniti d’America sono alla pari, contribuendo con migliaia di articoli ed esplorando le infinite possibilità dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, la RP della Cina ha ancora margini di miglioramento per quanto riguarda il numero di citazioni degli articoli. Sebbene l’ecosistema dell’intelligenza artificiale cinese stia maturando rapidamente, deve ancora affrontare sfide significative. Per quanto riguarda gli investimenti privati ​​nell’intelligenza artificiale, le aziende statunitensi hanno attratto più capitale di rischio e lanciato modelli di intelligenza artificiale più innovativi. Tuttavia, si prevede che questo divario si ridurrà man mano che gli investitori stranieri (tra cui l’Arabia Saudita) inizieranno ad apprezzare l’enorme potenziale dello sviluppo dell’intelligenza artificiale cinese.

Il rapporto sottolinea inoltre che fino a poco tempo fa la Repubblica Popolare della Cina era solamente considerata all’avanguardia nel campo dell’innovazione, ma negli ultimi anni la situazione è cambiata notevolmente. Pechino è diventata la seconda economia mondiale e il governo e le imprese cinesi hanno aumentato gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie ad alto valore. Il continuo progresso della RP della Cina nell’innovazione è dovuto a politiche scientifiche e tecnologiche ben determinate.

Sempre Interesting Engineering ha riferito che, basandosi su queste politiche, l’esecutivo cinese ha dato priorità allo sviluppo dell’istruzione in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica; ha compiuto ogni sforzo per creare istituti di ricerca e parchi tecnologici industriali di livello mondiale, ha fornito finanziamenti, sussidi e incentivi fiscali per la ricerca scientifica e ha incoraggiato la cooperazione pubblico-privato per costruire congiuntamente un ecosistema di innovazione.

Il rapporto sottolinea in più che le politiche scientifiche e tecnologiche della Repubblica Popolare della Cina hanno notevolmente migliorato le capacità di innovazione scientifica e tecnologica del Paese, portandole a livelli di livello mondiale in un breve lasso di tempo e hanno promosso una crescita esponenziale della produzione complessiva di ricerca. Prendendo ad esempio la pubblicazione di articoli, nel 2012 la Repubblica Popolare della Cina ha pubblicato circa 330.000 articoli, mentre gli Stati Uniti d’America ne hanno prodotti 430.000. Ma nel 2016 il numero di articoli pubblicati dalla Repubblica Popolare della Cina è salito a più di 900.000, superando quello degli Stati Uniti d’America.

La quantità e la qualità della produzione scientifica cinese stanno migliorando, come dimostra l’acquisizione di un gran numero di brevetti di alta qualità. Nel 2020, la Repubblica Popolare della Cina si è classificata al terzo posto per numero di brevetti concessi dall’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti d’America (United States Patent and Trademark Office), alle spalle di Washington e Tokyo, a dimostrazione del fatto che l’innovazione e lo sviluppo nella Repubblica Popolare della Cina hanno un buon rapporto positivo e che gli input innovativi si sono trasformati in output innovativi più numerosi e di qualità superiore.

Pur confermando i risultati ottenuti dalla Repubblica Popolare della Cina in termini di innovazione, il rapporto dell’Itif mette in evidenza che pure nei settori della chimica, delle macchine utensili, dei semiconduttori e dei prodotti biofarmaceutici, la Repubblica Popolare della Cina presenta ancora un certo divario rispetto al livello avanzato mondiale. Tuttavia, la Repubblica Popolare della Cina sta recuperando rapidamente terreno in questi settori.

Tutto questo dimostra che, nonostante la Repubblica Popolare della Cina abbia assunto un ruolo guida nello sviluppo di chip utilizzati in dispositivi quali frigoriferi e cardiofrequenzimetri, esiste ancora una lacuna nella produzione di semiconduttori di alta qualità. Inoltre, l’industria biofarmaceutica cinese sta iniziando a mostrare la sua brillantezza, come testimoniato dall’aumento sia della quantità che della qualità delle pubblicazioni scientifiche legate alla biotecnologia, dalla continua comparsa di nuovi risultati di ricerca e sviluppo di farmaci e dal crescente numero di sperimentazioni cliniche condotte in Cina.

Il rapporto ritiene che, sebbene la Repubblica Popolare della Cina non sia ancora diventata leader mondiale dell’innovazione in alcuni settori, stia compiendo progressi estremamente rapidi. Nei prossimi 10-20 anni, è probabile che la Repubblica Popolare della Cina raggiunga o sia molto vicina alla frontiera dell’innovazione globale nella maggior parte dei settori industriali più avanzati. Nella nuova ondata di innovazione, la Cina è destinata a diventare il centro mondiale dell’innovazione.

Vi sono grandi passi in avanti nel rapido sviluppo e la diffusa applicazione della tecnologia dell’intelligenza artificiale generativa, che hanno innescato una vera e propria mania per l’IA che sta travolgendo il mondo e i media: e si sta inaugurando un’opportunità di trasformazione e sviluppo. La misteriosa singolarità tecnologica nei romanzi di fantascienza sta passando dall’immaginazione alla realtà, conducendo l’umanità verso un nuovo tempo e uno spazio pieni di incognite. L’era degli smart media sta arrivando.

L’intelligenza artificiale porta possibilità illimitate all’industria dei media, ma proprio come le precedenti rivoluzioni della tecnologia della comunicazione, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale non può sfuggire al “dilemma di Collingridge”: ossia ci siano due percorsi verso l’innovazione; uno di questi è analizzare ogni innovazione, cercando di anticiparne le possibili conseguenze negative; in questo modo si possono evitare grandi mali. I pro e i contro delle tecnologie emergenti rimangono in una “scatola nera” finché non vengono testati nella pratica.

I cinesi auspicano che la creazione di un meccanismo mondiale di governance efficace per promuovere l’intelligenza artificiale a beneficio dell’umanità diventi un obiettivo ampiamente condiviso nella comunità internazionale. Nell’ottobre 2023, il presidente cinese Xi Jinping ha proposto la Global Initiative for Artificial Intelligence Governance in occasione del terzo Belt and Road Forum per la cooperazione internazionale. Egli ha proposto la soluzione della Repubblica Popolare della Cina e ha contribuito con saggezza tipicamente cinese in questo profondo argomento dei nostri tempi. Durante la visita del presidente Xi Jinping in Francia nel maggio 2024, Pechino e Parigi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta su intelligenza artificiale e governance globale, in cui si affermava che la Repubblica Popolare della Cina era disposta a partecipare all’Artificial Intelligence Action Summit che poi si è tenuta a Parigi gli scorsi 10 e 11 febbraio. La partecipazione del vice premier Zhang Guoqing al Summit in qualità di rappresentante speciale del presidente Xi Jinping è stato un passo in avanti per implementare le intese comuni tra i due presidenti e per dimostrare l’atteggiamento responsabile della Repubblica Popolare della Cina quale Paese importante nel campo dell’IA e il suo impegno nel promuovere lo sviluppo e la sicurezza di questo settore. Attraverso tale Summit, la Repubblica Popolare della Cina ha migliorato la comunicazione e gli scambi con tutte le parti, unendo il consenso per la cooperazione e promuovendo attivamente l’implementazione del Global Digital Compact delle Nazioni Unite – iniziativa proposta dell’agenda pubblica del Segretario Generale dell’Onu, António Guterres. L’obiettivo di questo accordo è di assicurare che le tecnologie digitali siano utilizzate responsabilmente e per il beneficio di tutti, combattendo così il divario digitale e incentivando un ambiente digitale sano e inclusivo. Inoltre in quel consesso la Repubblica Popolare della Cina ha inoltre invitato i Paesi e gli esperti di tutto il mondo a partecipare alla Global Developer Conference che si è tenuta nel distretto Xuhui di Shanghai dal 21 al 23 febbraio 2025 presso il West Bund Grand Theatre, per definire un quadro di governance globale dell’intelligenza artificiale basato su un ampio consenso e per la promozione di essa per il bene di tutti.

Organizzata dalla Shanghai AI Industry Association (Saia), la conferenza ha ospitato circa cento comunità di sviluppatori da tutto il mondo, tra cui Hugging Face e Microsoft Developer Community. L’evento ha presentato una serie di attività, tra cui una cerimonia di apertura, sessioni di networking, forum aziendali e attività per sviluppatori, promuovendo la collaborazione e l’innovazione tra i migliori giovani sviluppatori. Hanno partecipato anche due importanti aziende cinesi di intelligenza artificiale  SenseTime e MiniMax.

Uno dei momenti salienti della conferenza di quest’anno è stata la partecipazione del team DeepSeek, rinomato per il suo innovativo modello di linguaggio di grandi dimensioni open source (Large Language Model-Llm: sono modelli di machine learning in grado di comprendere e generare testo in linguaggio umano; funzionano analizzando enormi set di dati di linguaggio). Esso ha ottenuto un riconoscimento globale. Saia ha confermato che il team sarà attivamente coinvolto nell’evento. In merito a DeepSeek va aggiunto che è necessario sensibilizzare il nostro Paese riguardo all’eliminazione dei limiti all’utilizzo introdotti dall’Italia. Riguardo l’utilizzo di DeepSeek qui da noi suggeriamo di superare il divieto di utilizzo – imposto da terzi alla nostra classe dirigente eterodiretta – poiché la violazione dei dati personali è inesistente visto che la App è appunto open source e trasparente.

In definitiva l’iniziativa generale cinese sottolinea che la governance dell’intelligenza artificiale è legata al destino dell’intera umanità ed è una questione comune a tutti i Paesi del mondo. Sullo sfondo delle diverse sfide che la pace e lo sviluppo mondiale devono affrontare, ogni Stato dovrebbe aderire al principio di attribuire pari importanza allo sviluppo e alla sicurezza, creare consenso attraverso il dialogo e la cooperazione, stabilire un meccanismo di governance aperto, equo ed efficace, promuovere la tecnologia dell’intelligenza artificiale a beneficio dell’umanità – e non di una parte che lo usi come arma – e promuovere la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità. Concentrandosi su questioni quali lo sviluppo, la sicurezza e la governance dell’intelligenza artificiale, la presa di posizione cinese propone principi fondamentali quali orientamento alle persone ed intelligenza per il bene, contribuendo alla risoluzione delle sfide che pone l’intelligenza artificiale quando, invece, è usata come arma.

Giancarlo Elia Valori

lunedì 3 marzo 2025

In questa UE sempre più bellicista, dove sono i socialisti? Articolo di Luca Bagatin

Lasciare che Trump assuma il ruolo di pacificatore, peraltro opportunistico, intristisce non poco chi ha sempre avuto una visione socialista, laica, democratica, mazziniana.

Il problema è che l'UE, che non è affatto l'Europa unita e affratellata sognata da socialisti e laici quali Ernesto Rossi, ha permesso tutto ciò.

Una UE a guida “maggioranza Ursula”, sostenuta da pseudo-socialisti, pseudo-verdi, veri conservatori, le cui parole d'ordine sembrano essere quelle di proseguire un conflitto (che ha origine nel crollo dell'URSS, peraltro incoraggiato dall'Occidente) che con la diplomazia poteva essere evitato molti anni fa e continuare a voler investire in armi, anziché in istruzione, ricerca, sanità.

In tutto ciò, appunto, non vediamo socialisti autentici, in questo cosiddetto Occidente, ma pseudo-socialisti bellicisti alla Starmer (alla guida di una Gran Bretagna peraltro fuori dall'UE) degno erede dello pseudo-socialista e finanche più guerrafondaio Tony Blair, iniziatore di quello svuotamento del Partito Laburista britannico, che lo ha portato a diventare liberal capitalista, tanto quanto il Partito Conservatore (salvo la parentesi Jeremy Corbyn, che fu ingiustamente espulso dal partito di cui fu guida, dal 2015 al 2020 e che oggi è comunque stato rieletto al Parlamento britannico, come indipendente).

Lo svuotamento del socialismo europeo, del resto, come ho spesso scritto, iniziò a partire dal 1993.

In Italia, peraltro, l'ultimo socialista fu Bettino Craxi, volutamente tolto di mezzo.

Bettino Craxi, come Gianni De Michelis, peraltro, ritenevano che la Russia dovesse essere integrata nel sistema europeo (visto peraltro che è a tutti gli effetti Paese europeo) e che occorresse dialogare con la Cina.

Molto interessante, in particolare per capire l'attuale momento storico – figlio di quanto accaduto nell'Est europeo negli Anni '90 - e la fine del socialismo in Europa e non solo, il romanzo-verità di Bettino Craxi, “Parigi – Hammamet”, edito da Mondadori nel 2020.

Ma i cosiddetti “socialisti” di casa nostra queste cose non le hanno approfondite, evidentemente.

Così come non si ricorda di quando Craxi scrisse, da Hammamet, su “L'Avanti” del 18 dicembre 1998, a proposito dell'attacco angloamericano all'Iraq, un editoriale dal titolo “No alle bombe!”. E in quell'editoriale (che ancora conservo) criticò tutti coloro i quali, in Italia, si schierarono con quelli che definì “bombaroli”. E ricordò come il 73% degli statunitensi fosse contrario a quell'attacco e come il governo russo fosse indignato.

Oggi, in cui i politici seri e formati politicamente non ci sono più, prevalgono le tifoserie. Tifoserie irresponsabili e bombarole. Oppure tifoserie che, all'opposto, sono acritiche nei confronti di Trump, che pur rimane un opportunista, come da sempre sono gli USA.

Nessuno ricorda nemmeno una frase che disse il Presidente emerito Francesco Cossiga, da sempre peraltro atlantista (in modo serio e responsabile, non come i fondamentalisti di oggi), a proposito dell'entrata nella NATO della Georgia: “Che cosa c'entra la Georgia con la NATO? Cosa direbbero gli americani se un giorno Bolivia, Venezuela ed Ecuador stringessero un patto militare con la Russia a due passi dal loro territorio?”.

Avessimo avuto, oggi, politici del calibro di Craxi, Andreotti e Cossiga... le cose sarebbero molto diverse. Ma fu un caso se, dal 1993 in poi, furono messi da parte (parliamo in particolare di Craxi e Andreotti) a vario titolo e in modo peraltro molto vergognoso e ingiusto?

Nel bene o nel male (personalmente direi più nel bene), il vero e unico Centro-Sinistra di questa povera Repubblica (dal 1946 al 1992), ha garantito serietà, stabilità, pace, equilibrio.

E i socialisti erano veri e seri. Giuseppe Saragat parlava di “Case, scuole, ospedali”. Non di armi! E il PSDI fu il primo partito a parlare di obiezione di coscienza al servizio militare.

Ma questo, quelli che si dicono “socialisti”, in Italia e UE, lo sanno? O fingono di non saperlo?

Sono pochi, pochissimi, a mio avviso i socialisti in UE (mentre in Brasile c'è Lula, in Cina c'è il riformista Xi Jinping, per citarne alcuni che molti “socialisti” di casa nostra dovrebbero studiare).

Il già citato Corbyn e il suo ex compagno di partito George Galloway; il francese Mélenchon, la tedesca Sahra Wagenknecht; gli slovacchi Robert Fico e Peter Pellegrini; l'irlandese Mick Wallace.

Non ne vedo altri.

Eppure il socialismo è nato in Europa (che è stata anche la culla della Prima Internazionale dei Lavoratori, nel 1864) ed ha sempre parlato di pace e fratellanza. Oltre che di emancipazione sociale.

Il già citato Ernesto Rossi, antifascista, esponente del Partito d'Azione e grande economista, in linea peraltro con il pragmatismo economico e sociale del Ministro socialdemocratico Roberto Tremelloni, parlò di “Abolire la miseria, abolire la guerra”.

E il saggio “Abolire la guerra” è stato recentemente ripubblicato dall'editore Nardini.

Cosa scrisse Ernesto Rossi alla moglie Ada, dalla Casa penale di Roma in cui fu incarcerato dal fascismo, il 10 aprile 1939?:  

“...lavorare per la pace significa, nel campo delle lettere, combattere lo sciovinismo, la tracotanza e l’esclusivismo nazionalista, propagandando i valori spirituali dell’umanesimo come fondamenti della nostra civiltà; nel campo più propriamente politico significa specialmente imporre il controllo sui bilanci militari e sulla politica estera (…), e federare gli Stati così diretti in unioni sempre più salde e più vaste”.

Ma cosa ne sanno di Ernesto Rossi quelli dell'UE e della “maggioranza Ursula”, che hanno voluto costruire l'Europa economica, ma affossare quella politica e sociale?

Qualche settimana fa scrivevo un lungo articolo di riflessione (leggibile anche a questo link: https://amoreeliberta.blogspot.com/2025/02/spiragli-di-pace-in-europa-e-ritorno.html) nel quale scrivevo:

Se l'UE volesse avere davvero un ruolo serio, dovrebbe porsi quale cerniera fra Ovest ed Est. Integrare la Russia nel suo sistema; entrare nei BRICS; investire in formazione, ricerca e sanità; promuovere la cooperazione internazionale e una NATO globale, proponendo l'entrata di quanti più Paesi possibili, compresa Russia e Cina, mirando a garantire stabilità, equità, cybersicurezza e lotta al terrorismo internazionale, che, lo abbiamo visto anche con il recente attentato di Monaco, è più vivo che mai.

Una UE senza un piano, che rimane serva dei desiderata del Presidente degli USA di turno è dannosa, in particolare per sé stessa. E lo è una UE senza una classe dirigente di alto profilo, che rimane ancorata a vecchie logiche da Guerra Fredda e che segue chi parla di “pace o condizionatori”, come se fossimo al mercato.

L'UE della Von Der Leyen, delle Kallas e dei Draghi, non è l'Europa unita e fraterna dei Giuseppe Saragat, degli Ernesto Rossi, dei Mario Bergamo e dei Bettino Craxi, che sono stati i nostri maestri politici, di ispirazione socialista democratica e repubblicana mazziniana”.

Personalmente sono e rimango molto pessimista. Perché l'UE sembra andare sempre più verso posizioni assurde e per nulla responsabili. Quando, invece, avrebbe potuto porsi quale “terza forza” oltre i blocchi contrapposti, sognata dai Saragat, dai Mario Bergamo e dai tanti socialisti e repubblicani negli Anni '50.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

L'Avanti del 18 dicembre 1998. Collezione privata di Luca Bagatin

lunedì 24 febbraio 2025

Cossiga e l'intelligence. Articolo di Luca Bagatin


Francesco Cossiga, come ricordato e descritto dall'ottima Clio Pedone nella biografia “L'uomo che guardò oltre il muro”, edita da Rubbettino (e da me recensita recentemente a questo link https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/11/luomo-che-guardo-oltre-il-muro-di-clio.html), fu politico democristiano di lunghissimo corso, il quale ricoprì innumerevoli incarichi istituzionali.

Nato a Sassari nel 1928, laureatosi a vent'anni nel 1948 e successivamente docente di diritto costituzionale all'Università di Sassari.

Uomo coltissimo e curioso, divenne deputato nel 1958, a trent'anni.

Stimatissimo dal Ministro della Difesa socialdemocratico, Roberto Tremelloni, persona nobile e dalla specchiatissima moralità, divenne suo Sottosegretario dal 1966 al 1970 e con lui collaborò alla riforma del SIFAR e alla sua trasformazione in SID. Fu proprio allora che, Cossiga, inizierà ad appassionarsi alla politica estera e all'intelligence.

E proprio di tale tema si occupa l'interessante saggio “Cossiga e l'intelligence”, edito sempre da Rubbettino, che è poi una raccolta di interventi di studiosi e analisti, a cura di Mario Caligiuri, Professore di Pedagogia generale all’Università della Calabria e Presidente della Società Italiana di Intelligence.

Un saggio nel quale è rimarcata la passione del Presidente Cossiga per l'intelligence, quale strumento di difesa della democrazia, invitando il mondo della politica, della cultura e dell'opinione pubblica a confrontarsi con tale tema, auspicando che il tema dell'intelligence possa e potesse divenire oggetto di studio nelle Università italiane.

“Cossiga e l'intelligence”, come dicevo, è una raccolta di interventi (di Giorgio Galli, Rosario Priore, Giulio Cazzella, Carlo Jean, Pino Arlacchi, Paolo Savona e Carlo Mosca), nei quali, ciascuno degli intervenuti descrive che cosa ha rappresentato per il Presidente Cossiga l'intelligence, sia durante il periodo della Guerra Fredda, che successivamente, durante le numerosi crisi internazionali, non ultima quella legata ai fatti terroristici dell'11 settembre 2001.

Come spiega Giorgio Galli, ogni democrazia ha il suo “governo visibile e invisibile”, con tutte le sue contraddizioni e Cossiga, che si adoperò per salvare, pur senza riuscirvi, il suo amico Aldo Moro (al punto da uscirne profondamente provato, anche sotto il profilo psicologico), ne era ben consapevole.

L'allora Prefetto Giorgio Cazzella illustra la visione di Cossiga durante i cosiddetti Anni di Piombo, che è una visione di rafforzamento degli apparati pubblici e di una legislazione antiterrorismo, nel pieno rispetto della Costituzione.

Il Generale Carlo Jean analizza il periodo del crollo del Muro di Berlino e quello del crollo del sistema dei partiti democratici in Italia, oltre che l'interesse e il rispetto di Cossiga per le forze armate e la sua visione in politica estera, fondata sull'equilibrio.

Il prof. Paolo Savona tratta il periodo della fine della Guerra Fredda e delinea il nuovo ruolo dell'intelligence, atto a fronteggiare i nuovi rischi legati alla sicurezza dello Stato e di come Cossiga sia stato, nel 2007, con la riforma dei servizi di sicurezza, profondamente lungimirante.

Pino Arlacchi racconta della sua amicizia con Cossiga, pur nella differenza di opinioni. Ne scaturisce un profilo di un politico colto, che dice ciò che pensa al limite della provocazione, profondo conoscitore del mondo dell'intelligence e della sua utilità per difendere la democrazia e la sicurezza dei cittadini.

L'ex Prefetto Carlo Mosca illustra, invece, l'intelligence, sotto il profilo giuridico e storico.

Nel saggio sono presenti anche interventi del prof. Caligiuri, che ricorda come il Presidente Cossiga, per la sua profonda conoscenza del mondo dell'intelligence, fosse ritenuto, all'estero, un membro dell'intelligence stesso, al punto che gli fu dato, simpaticamente, il nome in codice “Cesare”. E il Presidente Cossiga, per far conoscere al grande pubblico quel mondo scrisse anche il suo “Abecedario”, edito da Rubbettino, nel quale spiegò i rudimenti dei servizi di sicurezza a difesa degli interessi nazionali.

In “Cossiga e l'intelligence” non mancano, inoltre, interventi dello stesso Cossiga, molti dei quali sottoforma di interviste realizzate dal nipote e biografo Paolo Testoni.

Un saggio interessante e non scontato. Su un politico di altissimo profilo della Prima Repubblica che, comunque la si pensi, merita non solo rispetto, ma anche di essere studiato e ristudiato per il carattere profondamente lungimirante e democratico che seppe rappresentare.

Un politico come lui, come Tremelloni, Craxi e molti altri, manca profondamente al nostro sempre più triste e sempre meno lungimirante Paese.

Luca Bagatin

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domenica 23 febbraio 2025

La Repubblica Popolare Cinese sempre in prima linea per la costruzione di un mondo multipolare, equo e ordinato, oltre gli steccati ideologici. Articolo di Luca Bagatin

 

Molto interessante il discorso tenuto dal Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, alla 61esima Conferenza sulla sicurezza, tenutasi a Monaco il 14 febbraio scorso.

Un discorso, come sempre, profondamente equilibrato e nel quale il Ministro Wang ha ribadito i fondamenti della politica estera cinese, basata sulla costruzione di un mondo multipolare, equo e ordinato.

Fondamenti riassunti in quattro punti:

  1. Parità di trattamento dei Paesi. Ovvero ogni Paese, indipendentemente dalle dimensioni, deve essere considerato uguale agli altri, ovvero degno di indipendenza e autonomia;

  2. Rispetto dello stato di diritto internazionale. Ovvero ogni Paese deve avere ben presente che il diritto internazionale va anteposto al “diritto del più forte”;

  3. Rispetto del multilateralismo. Ovvero nessun Paese deve ritenersi superiore agli altri;

  4. Apertura e beneficio reciproco. Ovvero promuovere un mondo multipolare, nel quale tutti i Paesi possano svilupparsi assieme. Senza protezionismi e dazi di sorta.

Relativamente all'Europa, il Ministro Wang ha affermato: “La Cina ha sempre visto nell'Europa un polo importante nel mondo multipolare. Le due parti sono partner, non rivali. Quest'anno segna il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche Cina-UE. Cogliendo questa opportunità, la Cina è disposta a lavorare con la parte europea per approfondire la comunicazione strategica e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa, e guidare il mondo verso un futuro luminoso di pace, sicurezza, prosperità e progresso”.

A proposito di Europa, il Ministro del Dipartimento internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, Liu Jianchao, il 17 febbraio scorso, ha incontrato la delegazione del Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSCM), guidato da Kateřina Konečná, che ha eletto, alle scorse elezioni europee in Repubblica Ceca, un suo rappresentante al Parlamento Europeo (nell'ambito della coalizione di sinistra patriottica “Stačilo!”, la quale ha ottenuto il 9,56%).

Nell'occasione, il Ministro Liu ha sottolineato le buone relazioni storiche fra Cina e Repubblica Ceca, purtroppo recentemente deterioratesi a causa delle critiche del governo liberal conservatore al principio di “una sola Cina”.

Il Ministro Liu, apprezzando l'amicizia reciproca fra il PCC e il KSCM, ha sottolineato la necessità di rafforzare la cooperazione fra Repubblica Ceca e Cina, scegliendo di aderire entrambi alla cooperazione “win-win”, ovvero al mutuo vantaggio reciproco, superando le divisioni ideologiche.

Kateřina Konečná, da parte sua, ha affermato che l'amicizia fra il popolo ceco e quello cinese è immutata e che il KSCM apprezza molto il ruolo della Cina relativamente al mantenimento della pace e della stabilità nel mondo.

Luca Bagatin

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sabato 22 febbraio 2025

"Frammenti di Bruxelles" di Elena Basile presentato a Roma con Moni Ovadia. Articolo di Luca Bagatin


Venerdì 21 febbraio scorso, presso la libreria Borri Books della Stazione Termini di Roma, alla presenza dell'Ex Ambasciatrice in Svezia e Belgio Elena Basile e di Moni Ovadia, si è tenuto un interessante simposio di presentazione della raccolta di racconti dell'ex Ambasciatrice stessa, dal titolo “Frammenti di Bruxelles”, edita da Sandro Teti.

Moni Ovadia, celebre attore, scrittore e attivista per i diritti umani, ha esordito ricordando di aver conosciuto Elena Basile moltissimi anni fa, a Stoccolma e di essere da sempre un suo ammiratore, essendo una donna che dice sempre ciò che pensa, in particolare alla luce della sua lunga esperienza.

Esperienza che le ha permesso, negli anni, di diventare una fine analista anche geopolitica, oltre che narratrice che, nel suo ultimo libro, come sottolineato da Ovadia, illustra il clima di Bruxelles, città a lungo abitata da Basile.

Clima in cui, in una sola giornata, si possono vivere tutte e quattro le stagioni, che viene raccontata dall'ex Ambasciatrice attraverso il vissuto di vari personaggi e spaccati di vita.

Come la vita di un medico che decide di prendersi cura dei migranti; quella di un giovane stagista che conosce, a Bruxelles, una prostituta ungherese e se ne innamora platonicamente; quella di un politico socialista che inizia la sua carriera in modo idealistico, ma finisce per attaccarsi al potere e vive le sue tristezze e solitudini interiori, rendendosi conto di come la sua carriera sia diventata una prigione d'ipocrisia, perché ha finito per tradire i suoi ideali socialisti originari; racconta di donne non contente di un femminismo imperante, probabilmente molto diverso rispetto a quello originario; racconta dei quartieri nei quali vivono gli immigrati e i loro tentativi di integrazione. Racconta dell'“ordinaria tristezza borghese” di una coppia composta da un aristocratico decaduto e una insegnante, prigionieri di una routine priva di comunicazione con la realtà della vita quotidiana.

Racconta queste storie. E anche altre.

Un libro di dieci racconti che, come ha fatto presente Elena Basile, è uno spaccato di una Europa che sta morendo, preda di tristezze e di solitudini di fondo.

Di una Europa che non è mai giunta ad essere davvero unita, emancipata e libera, come negli alti ideali di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, che, nel Manifesto di Ventotene parlavano – peraltro - di rivoluzione europea che doveva porsi, fra i suoi principali obiettivi, quello dell'“emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita”.

Elena Basile ha fatto presente come questa Unione Europea sia fallita sin dai tempi del Trattato di Maastricht del 1992/1993, scegliendo di diventare una burocrazia economica – nella quale il Parlamento europeo non ha alcun potere legislativo (lo ha infatti la Commissione europea, che non risponde direttamente ai cittadini europei) - che ha in primis deciso di deregolamentare il mercato, in senso neoliberista, sul modello reaganiano e thatcheriano, attraverso la libera circolazione dei capitali. E ciò ha impedito la possibilità di tassare il capitale, favorendo così le élite economiche.

L'UE, secondo Elena Basile, in sostanze, è diventata una burocrazia di trasmissione fra il mondo degli affari e i cittadini.

L'ex Ambasciatrice, ad ogni modo, ha criticato ogni idea di ritorno agli Stati nazionali, così come ogni idea di uscita dall'UE o dalla NATO, ritenendo che ciò equivalga – nei fatti - alla distruzione dei macchinari da parte dei luddisti nell'800. E come tali idee antistoriche possano, anzi, fare il gioco delle élite economiche.

Secondo l'avviso dell'ex Ambasciatrice, infatti, occorre costruire un'Europa diversa, che veda protagonisti i cittadini e i loro bisogni. Che sia la base per un progetto inclusivo, che permetta di integrarci in un mondo multipolare, lavorando alla costruzione di un mondo più unito e giusto.

Dello stesso avviso anche Moni Ovadia, il quale ha fatto presente come sia totalmente assente, in UE, una “emozione europea”, ovvero i cittadini europei non si sentono affatto legati all'Europa, perché le sue istituzioni sono lontanissime dalla vita reale dei cittadini stessi.

Ha ricordato di come lui, a suo tempo, propose la creazione di una squadra di calcio europea e addirittura di un telegiornale europeo, realizzato in tutte le lingue europee.

E ha fatto presente come nella crisi ucraina l'UE avrebbe dovuto occuparsene in prima persona, attraverso un'operazione diplomatica, evitando ogni conflitto e evitando di seguire gli USA di Biden e le sue scelte belliciste.

Così come l'UE dovrebbe smetterla, secondo Moni Ovadia, di “scimmiottare gli USA”, arrivando a distruggere la cosa pubblica e ogni forma di stato sociale e di sanità pubblica.

Nello specifico, Moni Ovadia, ha fatto presente come i cosiddetti “socialisti” dell'UE hanno “pugnalato a morte il socialismo”, nato proprio in Europa. Trasformandosi, da socialisti, in una nuova forma di destra, che ha ridotto all'osso la cosa pubblica e il welfare. E ciò sin dai tempi di Tony Blair. Tutti esempi, come sottolineato da Ovadia, seguiti in Italia dal PD, che è di sinistra solo formalmente.

Un simposio decisamente interessante, stimolante, partecipato. Molti direbbero “fuori dal coro”, in realtà ragionevole e di buonsenso, oltre che dallo spirito europeista, nel senso originario e autentico del termine.

Luca Bagatin

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Elena Basile, Moni Ovadia, Sandro Teti

Luca Bagatin e Elena Basile

Debdeashakti, Moni Ovadia, Luca Bagatin

giovedì 20 febbraio 2025

Lo scrittore e dissidente russo Eduard Limonov, avrebbe compiuto 82 anni. Articolo di Luca Bagatin

 

Lo scrittore dissidente russo di fama internazionale, Eduard Limonov, il 22 febbraio di quest'anno, avrebbe compiuto 82 anni.

Limonov fu il primo, nella metà degli Anni ’90, a seguito dello smembramento dell’URSS, a prevedere l’ineluttabilità di un conflitto tra l’Ucraina e l’ampia popolazione russa della Crimea, del Donbass e della Novorossia, in generale. Ciò in quanto, come mi raccontò e scrisse il suo editore italiano, Sandro Teti, “prima o poi, i diritti dei russi, sarebbero stati violati”.

Limonov, come scrisse nel saggio “Anatomia dell’Eroe”, pubblicato nel 1997, temeva che in Ucraina (territorio ove peraltro è cresciuto) sarebbe accaduta una situazione simile al conflitto nell’ex Jugoslavia, ove i nazionalismi di estrema destra sarebbero scoppiati e i russi, in quei territori, sarebbero stati repressi.

Limonov, nel voler proteggere i russi nelle Repubbliche post-sovietiche (non solo in Ucraina, ma anche in Kazakistan, Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia ecc…), auspicava anche delle rivoluzioni popolari di matrice socialista, che avrebbero dovuto rovesciare il regime liberal-capitalista di Vladimir Putin, a Mosca.

L'ultimo e definitivo numero della rivista statunitense “Esquire”, in Russia, che uscì nell'aprile 2022 (prima di chiudere la versione russa, a causa delle assurde sanzioni), gli dedicò la copertina con il titolo: “La vita e il posto nella Storia del grande scrittore russo” e, proprio nei mesi scorsi, è uscito, nei cinema, il film ispirato alla sua vita - “Limonov””, scritto dal regista polacco Paweł Pawlikowski, diretto dal regista russo Kirill Serebrennikov e interpretato dall'attore britannico Ben Whishaw.

Il film, peraltro, è ispirato al romanzo-biografia “Limonov”, del francese Emmanuel Carrère, del 2011, edito in Italia da Adelphi. Romanzo che, in verità, Limonov non considerava per nulla, in quanto lo riteneva scritto dal punto di vista di un “ricco borghese”.

Da dire che, già nel 2018, il regista italiano Mimmo Calopresti gli dedicò un docu-film, ove accostò Limonov alla figura di Pier Paolo Pasolini.

Limonov, alla sua morte, avvenuta il 17 marzo 2020, aveva all’attivo oltre 60 libri. Prevalentemente romanzi a sfondo autobiografico.

Ma chi fu Eduard Limonov, al quale ho dedicato persino il mio penultimo saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov – I giovani proletari del nazionalbolscevismo” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/)?

Dissidente integrale, negli Anni ’70, si fece volutamente espellere dall’URSS per approdare negli USA, ove vivrà di scrittura e di umilissimi lavori, assieme al compagna dell’epoca, Elena Schapova, la quale diverrà presto una modella e oggi è moglie di un nobile italiano.

Fu autodidatta, sarto, attivista trotzkista, comunista indipendente, redattore di giornali, maggiordomo di un miliardario e, per un periodo, visse persino da senzatetto.

Visse a Parigi negli Anni ’80, con la seconda moglie (la prima fu Anna Rubinstein, che sposò negli Anni '60), la cantante e scrittrice Natalya Medvedeva, e successivamente, negli Anni ’90, partecipò alla guerra civile nell’ex Jugoslavia a sostegno della Repubblica Federale di Jugoslavia e alla guerra di Transnistria, a sostegno della Repubblica Socialista Sovietica Moldava di Pridnestrovie. Successivamente, tornato in Russia, prese parte alla resistenza popolare in difesa del Parlamento russo, fatto bombardare da Eltsin.

Nel 1992 collaborò con Vladimir Zirinovskij, leader del Partito LiberalDemocratico russo, ricevendo la nomina a “Ministro della Sicurezza” del governo ombra creato dallo stesso Zirinovskij. Presto ne prese le distanze, spiegandone le ragioni nel saggio “Limonov contro Zirinovskij”.

L’anno successivo, invece, organizzò un gruppo di poveri, sbandati, emarginati, punk ed ex punk delusi dal crollo dell’Unione Sovietica e vittime dell’avvento dei liberalismo oligarchico.

Un gruppo di giovani e giovanissimi, prevalentemente artisti autodidatti, musicisti, pittori, scrittori, che si ispiravano e ascoltavano la musica di David Bowie e Viktor Coj e leggevano le opere di Aleister Crowley, del Marchese De Sade, di Gabriele d'Annunzio, di Yukio Mishima, di William S. Burroughs, di Jack Kerouac e di Hunter S. Thompson. E che, dunque, trovarono in Limonov il loro profeta artistico, il loro padre, una guida che aveva attraversato tutte le generazioni che amavano e che li facevano sentire vivi: quella beatnik, hippie, punk e cyberpunk.

Quel nucleo di “desperados”, nel 1993, prenderà il nome di Fronte Nazionale Boscevico e, nel 1994, di Partito NazionalBolscevico (PNB), unendo i principi del nazionalbolscevismo di Ernst Niekisch (ex deputato socialidemocratico e primo oppositore, in Germania, del totalitarismo hitleriano), a quelli della controcultura punk e beatnik.

Limonov, il filosofo Aleksandr Dugin (prima di andarsene dal partito e prendere le distanze da Limonov), il cantante e chitarrista punk rock Egor Letov e il musicista e attore Sergey Kuryokhin (oltre che numerosi altri artisti, scrittori e musicisti, molti dei quali diventeranno celebri nella Russia post-sovietica), saranno, dunque, i maggiori animatori del PNB e del suo giornale controculturale “Limonka” (“Granata”) e riusciranno, via via, ad aggiudicarsi le simpatie di quei giovani delusi dall’avvento di Eltsin al potere e della conseguente distruzione economico-sociale della Russia, che si avviava – come tutte le altre Repubbliche post-sovietiche - a divenire – contro la volontà dei cittadini - un Paese liberal-capitalista e oligarchico.

Il Partito NazionalBoslcevico sarà bandito in Russia, nel 2007, con l’infondata accusa di “estremismo”. Ma, nel settembre 2021, la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), con sede a Strasburgo, ha dichiarato che lo scioglimento del Partito NazionalBolscevico (PNB) è da considerarsi una violazione dei diritti umani e ha condannato le autorità russe a pagare un risarcimento ai giovani figli adolescenti di Limonov e ai dirigenti del partito di allora.

La CEDU ha infatti stabilito che vietare il PNB fu un atto “sproporzionato e non necessario in una società democratica” e ha fatto cadere ogni accusa attribuita al partito dalla giustizia russa, ovvero le accuse infondate di “estremismo”, “incitamento all’odio” e “appelli a disordini di massa”.

Dopo una breve alleanza con i liberali di Kasparov e Kasyanov - oltre che con i comunisti di Viktor Anpilov – nella coalizione democratica “Altra Russia” (il nome è tratto da un saggio politico dello stesso Limonov, del 2003), Limonov e i suoi giovani militanti organizzeranno, nel 2010, il partito “L’Altra Russia” che, dopo la sua morte, ha assunto la denominazione “L’Altra Russia di Eduard Limonov”. Collocato a sinistra e spesso alleato, in varie manifestazioni, a diversi partiti comunisti russi, non rappresentati alla Duma, il parlamento russo.

Ancora oggi partito di opposizione fra i più perseguitati in Russia (ed ai quali è impedito presentare liste elettorali), il partito di Limonov propone – fra le altre cose – una forma di socialismo popolare e democratico, fondato sull'anticapitalismo e sulla nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia; il rispetto dell’articolo 31 della Costituzione che sancisce la libertà di riunione e manifestazione; la fine dell’autoritarismo imposto dal governo Putin e la riunificazione delle Repubbliche ex sovietiche, liberandole da ogni forma di russofobia e nazionalismo di estrema destra. Aspetti che, per primo, Limonov denunciò nel 1992, facendo presente come il crollo dell'URSS stava aprendo le porte al nazionalismo anti-sovietico e anti-comunista, a forme di separatismo sciovinista e russofobo e a possibili nuovi conflitti fra popolazioni che, grazie all'URSS, vivevano tutte – pacificamente – sotto lo stesso tetto.

La compianta giornalista Anna Politkovskaja sui nazionalbolscevichi di Limonov ebbe a scrivere:

Mi sono ritrovata a pensare di essere completamente d'accordo con ciò che dicono i Nazbol. L'unica differenza è che a causa della mia età, della mia istruzione e della mia salute, non posso invadere i ministeri e lanciare sedie.

(...) I Nazbol sono soprattutto giovani idealisti che vedono che gli oppositori storici non stanno facendo nulla di serio contro l'attuale regime. Questo è il motivo per cui si stanno radicalizzando.

(...) I Nazbol sono probabilmente il gruppo di sinistra più attivo, ma il loro nucleo si è ridotto da quando molti sono stati arrestati e imprigionati.

(...) I Nazbol sono giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettono di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”.

Eduard Limonov di Anna Politkovskaja scrisse:

"(...) Cosa ha fatto Anna Politkovskaja per noi ? Ci ha fatti conoscere nella società. Ci ha spiegati alla gente, perché ci ha riconosciuti prigionieri politici. Ha ricreato nei suoi articoli l'atmosfera di un terribile processo contro i giovani della Russia. Questo processo di massa non avveniva sulla nostra terra dalla fine del XIX secolo. E così rinasceva nel XXI secolo".

(...) Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaya fu uccisa all'ingresso della casa dove abitava. Sono andato al cimitero. C'erano già tutti i nazionalbolscevichi di Mosca. E quelli che sono riusciti a venire dalle zone limitrofe. I ragazzi mi hanno consegnato fiori di garofano bianco. Poi si è svolta la processione funebre. Il ritratto di Anna Politkovskaja è stato portato da una nostra compagna nazbol, che indossava occhiali in una cornice in metallo. Molto simili a quelli della Politkovskaja".

In Italia, in questi ultimi anni, opere di Limonov sono state editate da Sandro Teti, che continuerà, negli anni a venire, a pubblicare sue opere.

Fra queste ricordiamo il romanzo dai contorni noir e erotici “Il Boia” e “Zona Industriale”, nel quale l'autore racconta il periodo trascorso dopo l'uscita dal carcere di Lefortovo e il ritorno nel suo malmesso e fatiscente appartamento, sito nella periferica zona industriale moscovita di Syri.

Limonov, infatti, non si è mai arricchito e non gli è mai interessato vivere negli agi, nonostante la sua ultima moglie sia stata l'affascinante attrice, cantautrice e modella Ekaterina Volkova, amante del jet set, e dalla quale ha avuto due figli, Aleksandra e Bogdan.

Sandro Teti ha curato anche la prefazione al mio già citato saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, edito da IlMioLibro e uscito, come dicevo, due anni fa, che cerca di cogliere l'anima artistica e controculturale del Nostro.

L'ultima compagna di Limonov, alla quale è sempre stato sempre fedele, fu Fifì, alla quale dedicò una raccolta di poesie erotiche - “A Fifì” - appunto, con l'affascinante fanciulla in copertina, nuda, di spalle.

Limonov e Fifì saranno anche protagonisti del numero 100 della rivista “Rolling Stones”, l'uno accanto all'altra, con lei, completamente nuda, di spalle.

Nel suo soggiorno statunitense, negli Anni '70, Limonov conobbe il poeta e editore della Beat Generation Lawrence Ferlinghetti (il quale gli consigliò un finale diverso per il suo romanzo “Sono io, Edika”, tipo l’omicidio di una persona famosa, anziché la frase “Affanculo tutti!”) e Andy Wharol.

Recentemente, le edizioni Bietti, hanno ripubblicato, di Eduard Limonov, uno dei suoi saggi più attuali e emblematici: “Grande Ospizio Occidentale”.

Scritto alla fine degli Anni '80, il “Grande Ospizio Occidentale” denunciato da Limonov altro non è che il peggiore degli inferni possibili. Ovvero la nostra società Occidentale, liberal capitalista, che il Nostro osserva e ha osservato sin dagli Anni '70, quando si fece espellere dall'URSS e approdò negli Stati Uniti d'America.

L'Ospizio di Limonov, come ho ricordato anche in una mia recensione al saggio, altro non è che una società sorvegliata dall'Amministrazione, che garantisce ai Malati (i cittadini) ogni tipo di piacere e comfort, utilizzando così quella violenza soft – attraverso l'esaltazione di un Popolo senza opinioni, amante del progresso e del piacere illimitato - che lo stesso Hitler uzilizzò contro i tedeschi della sua epoca, mascherando così tutto l'orrore autentico del Regime.

Un Ospizio nel quale tutto è permesso, ovvero niente è davvero permesso, come affermava Pasolini. In cui i media e i giornali permettono “libertà di parola”, ma effettivo spazio lo trovano solo coloro i quali hanno i mezzi finanziari per poter raggiungere le masse. Oppure, venendo alla nostra epoca dei “social”, tutti possono scrivere contro l'Amministrazione dell'Ospizio, ma questo non smuoverà la situazione di una virgola.

Nell'Ospizio denunciato da Limonov l'uomo è svirilizzato, addomesticato dalla pubblicità commerciale, dalla televisione, dalla musica pop, dai reality show (denunciati già nel 1988-89 da Limonov!).

Egli è coccolato in modo che non si ribelli mai e poi mai, se non a parole. In questo senso, coloro i quali Limonov definisce Agitati (ovvero l'opposto dei Malati), quali ad esempio il leader socialista libico Gheddafi (che Limonov paragona al nostro Giuseppe Garibaldi e all'eroe latinoamericano Simon Bolivar, altri Agitati da sedare e combattere, secondo le regole dell'Ospizio), vanno vilipesi e bollati come criminali, terroristi, selvaggi, barbari e chi più ne ha più ne metta.

Persino il sistema del voto elettorale, secondo Limonov, è inutile. Ovvero non è altro che una legittimazione dell'Amministrazione dell'Ospizio, la quale propone candidati incolore, de-ideologizzati, nessuno dei quali vuole davvero cambiare alla radice il sistema.

La maggioranza dei cittadini non ha un'opinione, per mancanza di voglia e incapacità” - scrive Limonov - “Vota in funzione di opinioni prefabbricate, elaborate dall'Amministrazione e suggerite dai media”. E, spesso, ne consegue, che la gran parte dei Malati-elettori abbia persino rinunciato ad andare a votare (Limonov riporta, in merito, i dati elettorali di Francia e USA alla fine degli Anni '80, epoca in cui ha scritto il suo saggio, rilevando come in Francia votasse la metà degli aventi diritto al voto, mentre negli USA gli elettori effettivi fossero addirittura una minoranza).

“E' illogico” - prosegue Limonov - “far eleggere i dirigenti dell'Ospizio a un Popolo così influenzabile: non è lo stesso Popolo, d'altronde, che il 30 gennaio 1933 ha dato il potere, con elezioni “libere e democratiche”, a un certo leader tedesco?”. Sottolineando, dunque, come l'elettoralismo possa addirittura portare al potere – con il voto “democratico” (si fa per dire) – i peggiori dittatori.

E Limonov, eterno profeta, come lo fu Pasolini, punta il dito contro l'uomo bianco, borghese, ricco e “civlizzato”, il quale “è convinto di poter capire qualsiasi conflitto sul pianeta dopo aver dato una rapida occhiata alla televisione o leggiucchiato un paio di trafiletti su qualche giornale. Non è cosciente delle conseguenze negative del proprio intervento nella vita dell'Africa, del fatto che la civiltà europea non è estranea alla moltiplicazione delle Vittime”.

E, con ciò, Limonov sottolinea come l'Amministrazione dell'Ospizio, attraverso i media, si ponga sempre dalla parte delle Vittime...ma solo se non provengono da Africa, America Latina e Asia, ovvero quelle realtà che non fanno parte dell'Ospizio.

Le realtà estranee all'Ospizio, infatti, secondo Limonov, hanno mantenuto il loro senso comunitario, aracico, ribelle, agitato, estraneo all'ammorbamento prodotto dal benessere materiale, dalla tecnologia, da un lavoro alienante che costringe le persone (i Malati dell'Ospizio) – dalla culla alla casa di riposo – a produrre sempre di più, distruggendo così sempre più risorse naturali e l'ambiente.

L'Ospizio, secondo Limonov, in nome dell'ideologia del progresso e della prosperità, ha veicolato un piacere effimero, che ha annientato - negli esseri umani che ne fanno parte - ogni senso di sofferenza e dolore. Condizioni necessarie, all'essere umano, per crescere, emanciparsi ed essere realmente felice, in quanto realmente artefice del proprio destino, attraverso il superamento degli ostacoli e delle difficoltà che la vita e la Natura che lo circonda gli offre.

Limonov ci mette dunque in guardia – sin dai lontani Anni '80 - da una modernità e ci sta auto distruggendo.

Intervistai Eduard Limonov nel 2018 e con me non fu propriamente simpatico. Fu, infatti, un'intervista difficile. Non ci teneva affatto ad essere simpatico con il prossimo, soprattutto con chi lo ammirava. E, l'ho capito dopo, aveva ragione lui.

Lui che disse a Emmanuel Carrère che la sua era "una vita di merda" e che se volevano scriverci un libro o farci un film, facessero pure, ma a lui non interessava affatto. Così come non gli interessava che cosa pensassero gli altri di lui.

A lui interessavano i suoi "giovani ragazzi proletari", i nazionalbolscevichi. Di cui sognava di essere alla testa fin da quando, nel 1981, lo scrisse nel suo "Diario di un fallito".

Ovvero scrisse di voler essere alla testa dei looser e perdenti di tutto il mondo. Che cercano un riscatto (come lo cercano tutti i popoli diseredati). In nome della loro esistenza disperata, del loro amore per l'arte e per una vita vissuta appieno – per quanto difficile economicamente – senza le regole imposte dall'Ospizio.

Era una persona semplice, Limonov. Un eterno ribelle che, anche a 82 anni, avrebbe dimostrato sempre non più di 18 anni, nello spirito. E ha, ancora oggi, tutto da insegnare a un mondo, quello Occidentale, folle, alla deriva e totalmente privo di intelligenza, creatività e anima. Imbevuto di opulenza, ipocrisia, noia e ignoranza.

Luca Bagatin

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martedì 18 febbraio 2025

Riflessioni OLTRE lo specchio. Di Luca Bagatin

C'è la libertà di dire e scrivere tutto quello che vuoi solo nella solitudine e dentro te stesso.

Per il resto, in questo mondo, ti lasceranno dire e scrivere quello che vuoi, ovvero diffondere ciò che hai da dire o scrivere, solo se è funzionale a qualcosa o a qualcuno. E dipende moltissimo dal contesto politico nel quale in quel momento ti trovi.

La libertà, per il resto, non esiste nel mondo della materia. È una illusione soggetta all'ipocrisia di chi ha il potere in quel momento (e il potere non lo hanno solo i governanti).

Odio profondamente il mondo materiale e tutto ciò che ne consegue, almeno fin da quando avevo 4 anni e avevo capito come funzionavano le cose.

Sono per la libertà assoluta. Ma questa, nel mondo della materia, comporta isolamento e emarginazione.

Quando però scoprirai che, il vero potere, non è quello della materia, allora capirai che, tutto ciò che fa parte del mondo materiale è un immenso ammasso di escrementi.

(Luca Bagatin)

Il tifo da stadio, così come il tifo politico, serve agli stupidi che hanno bisogno di una appartenenza feticistica.

L'unica apparenza che ha senso avere è quella alla propria coscienza. Che si ottiene studiando e approfondendo sempre e senza i paraocchi.

(Luca Bagatin)

In generale non sono un estimatore del progresso tecnologico e della crescita economica e questo per le conseguenze che tali aspetti, apparentemente positivi, possono causare nella società.

Il cosiddetto "benessere" economico, generato dal progresso tecnologico e dalla crescita economica, genera inquinamento e squilibri nell'ecosistema.

Squilibri insanabili, al netto delle stronzate che vi raccontano i sostenitori dello "sviluppo sostenibile".

Lo sviluppo è, di per sé stesso, insostenibile. Come il progresso ad ogni costo.

In secondo luogo, il cosiddetto "benessere" economico genera ansia, depressione e noia.

Aspetti con le quali le realtà opulente, in particolare Occidentali, hanno a che fare, ma totalmente sconosciuti nelle società arcaiche e tribali, non toccate dal progresso.

Ciascuno è libero di scegliere di che morte morire. Sapendo, chiaramente, che si dovrà morire prima o poi (diamo questa notizia in particolare agli Occidentali opulenti, che pensano di essere immortali).

In generale penso che le aree più "progredite" moriranno lentamente e di una morte atroce e agonizzante, lastricata di un "benessere" che le sta già corrodendo dall'interno.

Sono socialista, ma il mio socialismo è arcaico, conservatore e pedagogico (ma non meno libertario, sia chiaro). Tutti dovrebbero avere il necessario, ma non più del necessario.

Se hai più del necessario, significa che stai creando squilibri che avranno ricadute nella tua e nell'altrui psicologia.

Se la tua ideologia quotidiana diventa l'accumulo e il lavoro per soddisfare i tuoi desideri materiali, ciò avrà una ricaduta nella tua e nell'altrui psicologia.

Accontentarsi, essere equanimi e austeri anche con sé stessi e lavorare il giusto e solo per il benessere collettivo, nella vita, significa ricercare una serenità che può essere solo interiore.

Tutto ciò che è esteriore non dà serenità. Ma genera depressione, ansia e noia.

Ovvero ti rende inconsapevolmente già morto.

(Luca Bagatin)

A mio avviso le posizioni preconcette non hanno senso. In particolare in politica.

A seconda della questione da affrontare, si può essere di centro, destra o sinistra.

Per questo penso che occorra sempre stare sopra. Volando più alto rispetto a ignoranza e banalità.

(Luca Bagatin)

Nulla di più ingenuo di credere che le elezioni siano una forma di democrazia.

Esse sono, nei fatti, una forma di stupidocrazia.

Inetti e incolti che eleggono loro pari, ovvero altrettanti inetti e incolti. Ai quali sottostare attraverso inette e incolte leggi!

L'apoteosi del sadomasochismo.

In assenza di formazione, elevazione morale, spirituale e culturale, ovvero in presenza di eccesso di informazione, pregiudizio, deformazione e altrettanta ignoranza di fondo, non ci potrà mai essere alcuna democrazia.

Ma vi sarà solo aberrazione e schiavitù.

(Luca Bagatin)

Il 2025 potrebbe portare USA e UE a dividersi inesorabilmente.

Trump potrebbe intelligentemente defilarsi da una guerra che non riguarda né ha mai riguardato gli USA, anzi li sta danneggiano, quella in Ucraina.

L'UE, guidata da diversamente intelligenti e irresponsabili, potrebbero continuare a sostenere il fallimentare regime del comico, inviso al suo stesso popolo, e, dunque, continuare a danneggiare gli interessi economici dell'UE.

Difronte a ciò la NATO avrebbe solamente due strade da prendere: o continuare a essere guidata da irresponsabili come Stoltenberg e Rutte, perdendo molto probabilmente anche il sostegno degli USA, o allargarsi, a altri Paesi, come la Russia e la Cina e diventare, finalmente, baluardo di sicurezza e stabilità internazionale.

(Luca Bagatin)

Questa è l'epoca dei falsissimi profeti, degli ignoranti, di coloro i quali oggi sostengono una cosa, domani il suo opposto.

E ciò non vale solo per il caravanserraglio liberale, ma anche per quello fasciocomunista e fondamentalista religioso.

Questi totalitarismi, figli dell'egoismo, della superstizione e della modernità (anche quando molti fra costoro fingeranno di parlare contro la modernità), sono gli amici della materia e i nemici della Libertà (che può essere solo Interiore) e sono portatori di nuove schiavitù del pensiero e dell'anima.

(Luca Bagatin)