giovedì 29 dicembre 2022

Centenario dell'URSS e prospettive per il socialismo. Articolo di Luca Bagatin

Il 30 dicembre di quest'anno ricorre il Centenario della fondazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, guidate da Vladimir Lenin (30 dicembre 1922).

Edificata a seguito della Rivoluzione russa del 1917 e sorta dalle ceneri dell'Impero zarista, l'URSS comprendeva 15 repubbliche socialiste, sorelle fra loro.

L'URSS cessò di esistere il 26 dicembre 1991, con il concorso di Gorbaciov e Eltsin, i quali contribuirono a smantellare il socialismo nelle ormai ex Repubbliche e a svenderle alle oligarchie locali e al liberal capitalismo occidentale, nonostante il 17 marzo 1991 la stragrande maggioranza dei cittadini della Repubbliche sovietiche (77,8%) avesse espresso, con un referendum, la volontà di conservare l'URSS.

Da allora le cose andarono sempre peggio.

Nell'ottobre 1993 Eltsin fece bombardare il parlamento russo e le forze di sinistra, socialiste e comuniste, da allora – nelle ex Repubbliche sovietiche - saranno sempre o perseguitate o proibite, o – laddove non perseguitate - comunque rese minoritarie.

Non sarà infatti un caso che, nelle ex Repubbliche sovietiche, a prevalere, saranno forze di destra o estrema destra, che si imporranno anche grazie all'appoggio delle oligarchie di cui sopra e del liberal capitalismo occidentale.

Ad oggi, la ferita insanabile degli anni 1991 – 1993, è ancora aperta e possiamo vederlo nel conflitto russo-ucraino, così come, a suo tempo, lo vedemmo in Jugoslavia, a seguito dello smantellamento del socialismo. Un socialismo, quello del Maresciallo Tito, che aveva peraltro portato a unire “Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani”, come ricordò anche il recentemente scomparso calciatore e allenatore jugoslavo Sinisa Mihajlovic.

Il socialismo, ad Est, ha sempre permesso di unire – nella giustizia e nell'emancipazione sociale – popoli spesso differenti. I nazionalismi di destra e i capitalismi, diversamente, hanno sempre soffiato sulle discordie fra i popoli, con tutte le tragedie che i conflitti fra i popoli possono portare.

Vi è da dire che certamente in URSS l'eccesso di statalismo e burocraticismo e la corsa agli armamenti, hanno fortemente indebolito – negli anni - le Repubbliche sovietiche, causando spesso malcontenti.

Lontani erano i tempi dell'originaria idea sovietica di Lenin dei consigli operai e contadini, che pur si sarebbe potuta meglio organizzare e delineare se Lenin avesse ascoltato l'anarco-comunista Nestor Machno, anziché muovergli guerra.

Il socialismo, infatti, la Storia ci insegna che trionfa solo se è unito alla libertà e dunque all'autogestione dei lavoratori e dei cittadini.

Del resto ce lo spiegarono tanto Marx e Engels quanto Proudhon, Bakunin, Mazzini e Garibaldi che, grazie ai loro insegnamenti, elaborati nell'Associazione Internazionale dei Lavoratori del 1864, contribuiranno – nel 1871 – ad ispirare la Comune di Parigi, primo governo social-comunista della Storia.

E sarà quello spirito socialista originario a ispirare tanto Lenin nel 1917 quanto la Repubblica Bavarese dei Consigli del 1918 e la Reggenza del Carnaro di Gabriele d'Anninzio e Alceste de Ambris del 1920.

Esperienze spesso brevi, ma che permettono di ricordare come il socialismo rettamente inteso punta tanto all'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione (non certo della piccola proprietà privata, come taluni vorrebbero credere), quanto all'estinzione dello Stato, ovvero punta all'associazione fra tutti i lavoratori, i produttori, i cittadini.

Idee peraltro sviluppate successivamente - nel corso degli Anni '90 e con buon successo - nell'America Latina del Socialismo del XXI Secolo, delineata da Hugo Chavez, Fidel Castro, Lula, Evo Morales, Rafael Correa, José Mujica e i peronisti coniugi Cristina e Nestor Kirchner.

Prospettive, se vogliamo, diverse rispetto alla Cina socialista che, per sviluppare la propria economia ha, alla fine degli Anni '70, aperto al mercato, ma mantenendo saldo il controllo della comunità sull'economia, attraverso il Partito Comunista.

Ogni Paese, ad ogni modo, la Storia ci insegna, sviluppa la sua propria via al socialismo, a seconda delle condizioni storiche, sociali e culturali dei rispettivi popoli.

In conclusione, ciò che è certo, è che il socialismo – nella Storia – non è fallito, ma è fallita la sua revisione, ovvero l'abbandono della via socialista per svendere i propri popoli al liberal capitalismo assoluto (ovvero alla distruzione del controllo dell'economia da parte dei cittadini/produttori/lavoratori/fruitori), al punto che – in UE – non esistono più socialisti se non a parole. Con tutto ciò che ne consegue, ovvero con la perdita da parte dei lavoratori di molti dei loro diritti e la sottomissione dei cittadini alle regole dei mercati e del commercio.

E sono fallite quelle prospettive che a parole si sono dette socialiste, ma nei fatti hanno imposto burocraticismo e statalismo.

A fallire, più che il socialismo, è sicuramente stato il liberalismo. Come disse il grande giornalista e scrittore statunitense Hunter S. Thompson, in tal senso: “Il liberalismo ha fallito e per una buona ragione. Troppo spesso è stato compromesso dalle persone che lo rappresentavano”.

E, lo stesso Thompson, che si candidò – con il partito “Freak Power” - alle elezioni per diventare sceriffo della città di Aspen nel 1970 (perdendo per pochissimi voti contro il candidato del Partito Democratico USA) lanciò un monito: “Se il capitalismo significa che pochi ricchi si nutrono di molti poveri, allora penso che debba essere riformato o peggio”.

Forse è dunque il caso di abbandonare un po' le frivolezze e di farsi un bel ripasso dei Classici del Socialismo.

Luca Bagatin

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venerdì 23 dicembre 2022

mercoledì 21 dicembre 2022

REGALO SOLSTIZIALE. Poesia di Luca Bagatin

 REGALO SOLSTIZIALE 

Poesia di Luca Bagatin

Musa nella foto: Vasilisa Semiletova


Il regalo più bello

Del mio Natale

E' l'averti incontrata.

Sono i tuoi luminosi occhi

I tuoi rossi capelli

La tua morbida pelle

Il tuo spirito selvaggio,

Sensuale,

Ma anche tenero.

E' il poter pensare

Di poter un giorno

Vivere con te

E un gatto nero

Sorseggiando assieme

The caldo o cioccolato

Davanti a un caminetto

Mentre fuori nevica.

E' il poter pensare

Di addentrarci assieme

Nella foresta

Per scattare fotografie

O semplicemente

Per goderci il panorama.

E' il poter pensare

Di poterci fondere

In un'unica cosa

E il poter, un giorno,

Ripensare

Assieme

A questi giorni felici.

Luca Bagatin

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domenica 18 dicembre 2022

Socialismo è democrazia diretta e autogestione. Riflessioni di Luca Bagatin


L'unico modo per fronteggiare ogni crisi economica è quello di nazionalizzare - ovvero portare sotto il controllo della comunità - i settori: bancario, energetico e delle telecomunicazioni.
Ovvero portando la comunità - non solo a fruire direttamente - ma anche ad autogestire tali settori, senza ingerenze private/individualistiche o esterne.
 
In generale non potrei mai essere di destra, perché essa è, storicamente, bigotta.
Purtroppo lo è anche la sinistra, anche se sotto altre forme, più settarie e subdole.
In generale amo tutto ciò che va ben oltre la morale e tutto ciò che vuole sovvertire la morale.
 
Da sempre sostengo che solo chi va a votare dovrebbe essere soggetto alle leggi votate, appunto, da chi ha "eletto" (o crede di avere eletto).
Chi non vota non dovrebbe essere soggetto ad alcuna legge votata da chi non ha scelto di eleggere.
Se siamo in democrazia, QUESTA è democrazia.

Quelle liberali non sono democrazie, ma dittature elettoralistiche.
Ovvero ti obbligano a fare ciò che vogliono loro, ma facendoti credere (trattandoti così da imbecille) che li hai eletti tu e che li hai legittimati, quindi, a fotterti.
 
La proprietà dei media e delle telecomunicazioni dovrebbe essere della comunità, ovvero di tutti. Perché, quando qualcosa è di tutti, non è di nessuno e quindi è COMPLETAMENTE libera e non soggetta a manipolazioni o censure.
 
Luca Bagatin

sabato 17 dicembre 2022

Ciao Compagno Sinisa!

"Ho vissuto con Tito, sono più comunista di tanti".
"Slavi, cattolici, ortodossi, musulmani: solo il generale è riuscito a tenere tutti insieme.
Ero piccolo quando c’era lui, ma una cosa ricordo: del blocco dei paesi dell’Est la Jugoslavia era il migliore. I miei erano gente umile, operai, ma non ci mancava niente. Andavano a fare spese a Trieste delle volte. Con Tito esistevano valori, famiglia, un’idea di patria e popolo. Quando è morto la gente è andata per mesi sulla sua tomba. Con lui la Jugoslavia era il paese più bello del mondo".
"Non sopporto gli americani. In Jugoslavia hanno lasciato solo morte e distruzione. Hanno bombardato il mio Paese, ci hanno ridotti a nulla. Dopo la Seconda Guerra Mondiale avevano aiutato a ricostruire l’Europa, a noi invece non è arrivato niente: prima hanno devastato e poi ci hanno abbandonati. Bambini e animali per anni sono nati con malformazioni genetiche, tutto per le bombe e l’uranio che ci hanno buttato addosso".
"Oggi educare un bambino è un’impresa impossibile. Sotto Tito t’insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare un medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto. Oggi lo sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello".
 
(Sinisa Mihajlovic)
 

domenica 11 dicembre 2022

L'ascesa della Cina socialista da Deng Xiaoping a Xi Jinping. Articolo di Luca Bagatin

Il successo economico, politico e sociale della Cina contemporanea si deve, innegabilmente, a Deng Xiaoping (1904 - 1997), il quale, nel luglio 1977, assunse contemporaneamente la carica di Vicepresidente del Partito Comunista Cinese, Vice Primo Ministro e Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate.

Delle origini dell'ascesa cinese sino ai nostri giorni ci parla, diffusamente, in modo tanto approfondito quanto semplice, il saggio “Quarant'anni di Cina”, della prof.ssa Daniela Caruso, edito recentemente da Eurilink University Press.

Il saggio parte proprio dalla descrizione delle politiche riformiste di Deng Xiaoping, il quale ricoprì la carica di Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1978 al 1992, riformando profondamente la Cina maoista e aprendola a quello che egli stesso definì “socialismo con caratteristiche cinesi”.

Un socialismo che permise al Paese di uscire dalla povertà, sviluppando scienza, tecnologia e aprendo il Paese a nuove idee, incoraggiando la classe dirigente ad espandere i propri orizzonti e orientando il sistema all'economia di mercato, ma mantenendola saldamente sotto il controllo della comunità, attraverso il Partito Comunista Cinese.

Uno dei cardini della politica estera di Deng fu il buon vicinato, ovvero lo sviluppo di una politica di dialogo e cooperazione con tutti i Paesi che volessero cooperare e dialogare con la Cina.

Incoraggiò, peraltro, i giovani cinesi a studiare all'estero, affinché riportassero, in Cina, il know-how imparato all'estero.

Il primo Paese con il quale la Cina socialista di Deng iniziò ad avere ottimi rapporti fu la Francia, la quale, peraltro, con il Presidente Charles De Gaulle, nel 1964, fu la prima in Europa occidentale a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese.

Come spiegato nel saggio della prof.ssa Caruso, Deng sviluppò la teoria della Quattro Modernizzazioni, già enunciato in Cina alla metà degli Anni '60, ovvero il raggiungimento – entro la fine del XX Secolo - della modernizzazione nel settore agricolo, industriale, militare e tecnologico.

Tutti gli sforzi dell'amministrazione di Deng, infatti, saranno volti in questo senso e, per fare ciò, Deng aprirà la Cina agli investimenti stranieri, oltre che distribuirà le terre ai nuclei famigliari, che ne divennero responsabili e proprietari. Egli riformò, inoltre, il sistema finanziario e quello delle imprese di proprietà statale.

In questo senso, introdusse le cosiddette Zone Economiche Speciali, le quali favorirono gli investimenti stranieri, i quali furono destinati al sistema del miglioramento delle infrastrutture e delle tecnologie.

Tale utilizzo del capitalismo per costruire un sistema di socialismo avanzato, sarà dunque il fondamento di quel “socialismo con caratteristiche cinesi”, che ha adattato il marxismo (fondendolo con il confucianesimo) alle condizioni storiche, economiche e sociali della Cina e che sarà successivamente seguito e implementato dai successori di Deng Xiaoping.

Il primo fra questi sarà il recentemente scomparso, all'età di 96 anni, Jiang Zemin (1926 - 1922).

Jiang Zemin, come riportato dalla prof.ssa Caruso, elaborò la teoria delle Tre Rappresentatività, che delineò il nuovo ruolo del Partito Comunista Cinese, rendendolo, sostanzialmente, un partito interclassista e aperto a tutte le categorie della società, comprese le forze produttive, culturali e artistiche.

Jiang, nel corso degli Anni '90, riformò il fisco e rafforzò la legislazione delle imprese, rafforzandone così lo spirito imprenditoriale.

Egli, inoltre, permise il riconoscimento del diritto alla proprietà privata, pur mantenendo l'assetto socialista della società e dell'economia cinese, frenandone le spinte all'individualismo selvaggio e correggendo gli aspetti più deleteri dell'economia capitalista occidentale, in primis la disoccupazione.

In questo senso, fu anche uno strenuo combattente contro l'immoralità e la corruzione, generate da quell'individualismo causato dall'eccessivo benessere economico che stava pervadendo la Cina di quel periodo.

In politica estera continuò la tradizione di Deng e parlò, per primo, di multipolarismo, ovvero la prospettiva di un mondo pacifico, che cooperasse al fine di mantenere equilibrio e prosperità nel mondo.

Jiang Zemin terminò il suo mandato nel 2002 e, alla guida del Partito e della Presidenza della Repubblica, sarà eletto Hu Jintao.

Molto più giovane rispetto ad altri leader cinesi, Hu Jintao – spiega la prof. Caruso - sostenne la politica delle Tre Rappresentanze del suo predecessore e elaborò la Teoria delle tre Vicinanze, ovvero “vicino alla realtà, vicino alla gente e vicino alla vita quotidiana”.

Ovvero cercare di rendere il Partito al servizio diretto della comunità, servendone gli interessi e i bisogni.

L'amministrazione di Hu fu quella che, per la prima volta, dovrà vedersela con l'epidemia della SARS e, a seguito di tale esperienza, il governo cinese rafforzò il comparto sanitario e investì 6,8 miliardi di yuan, ovvero circa 900 milioni di dollari, che servirono a creare una rete di controllo e prevenzione delle epidemie.

Hu Jintao introdusse, inoltre, il concetto di “società armoniosa” e di “civilità ecologica” che, secondo le sue parole, doveva essere: “Democratica e governata dalla legge, giusta, degna di fiducia, piena di vitalità, stabile e ordinata e in grado di mantenere l'armonia tra uomo e natura”.

Da allora si iniziò a parlare, in Cina, di sensibilità ambientale e di interventi a difesa dell'ambiente e del clima, oltre che si iniziò ad intervenire massicciamente per ridurre le diseguaglianze, che l'eccessivo benessere economico stava iniziando a fomentare.

Anche con Hu Jintao, la Cina, in politica estera, riaffermava il suo impegno per la pace e la cooperazione fra tutti i popoli e Paesi.

Infine, a succedere a Hu, fu, nel 2012, l'attuale Segretario del Partito Comunista Cinese e Presidente della Repubblica, Xi Jinping, il quale, come spiega la prof.ssa Daniela Caruso nel suo saggiò, lanciò il cosiddetto “Sogno cinese”.

Obiettivo di tale sogno, quello di rendere la Cina - entro il 2050 - una naziona prospera in ogni suo aspetto, continuando a costruire il socialismo con caratteristiche cinesi.

L'amministrazione di Xi si è immediatamente caratterizzata per la sua lotta senza quartiere alla corruzione, anche ai più alti vertici del Partito, in particolare contro tutti coloro i quali ostentavano il loro potere e la loro ricchezza, campando – per così dire - alle spalle della comunità cinese.

Altro aspetto dell'amministrazione Xi è il recupero dello studio del maoismo e del marxismo nelle scuole, oltre che il recupero dei valori nazionali e patriottici, contrapponendo tutto ciò ai valori decadenti, mercantili e materialisti dell'Occidente liberal capitalista.

Xi ha elaborato la Teoria dei Quattro Onnicomprensivi, ovvero: costruite una società moderatamente prospera; approfondire e completare le riforme; governare il Paese secondo la legge; abbracciare completamente la disciplina di partito.

Xi ha inoltre espresso più volte la necessità di coltivare lo stato di diritto, oltre che di migliorare il sistema scolastico e di accesso alla conoscenza, oltre che investire massicciamente in tecnologia, puntanto al cosiddetto “Made in Cina 2025”, ovvero portando le imprese ad alta tecnologia a livelli d'avanguardia nel mondo.

Fra gli aspetti approfonditi dal saggio della prof.ssa Caruso, oltre ai rapporti commerciali fra Cina e Europa, attraverso la Nuova Via della Seta, anche i rapporti fra Cina e Africa, che risalgono al Basso Medioevo e si sono intensificati con il sostegno di Mao Tse-Tung ai movimenti di liberazione nazionale panafricani anti-colonialisti e con le successive partnership fra Cina e continente africano.

La Cina, in tal senso, ha concesso a numerosi Paesi africani, sia l'alleggerimento del debito che interventi di natura umanitaria, oltre che investimenti in ambito infrastrutturale, industriale ed agricolo, promuovendo peraltro la pace e la sicurezza nel continente africano, anche attraverso il FOCAC, ovvero il Forum di Cooperazione fra Cina e Africa.

Il saggio della prof.ssa Caruso, si conclude accennando alle paure dell'Occidente liberal capitalista nei confronti dell'ascesa cinese.

In tal senso, la prof.ssa Caruso fa presente come l'approccio Occidentale di matrice liberale, fondato spesso sulla ricerca dell'egemonia e supremazia, sia diametralmente opposto rispetto a quello cinese, fondato su “politiche di cooperazione e di condivisione dei vantaggi, verso una comunità globale multipolare e verso la pace”.

Come sottolineato dalla prof.ssa Caruso nel suo saggio, la Cina socialista ha, in questo senso, un'immagine più riformista e equilibrata piuttosto che volta a voler rivoluzionare l'ordine internazionale.

Probabilmente, specialmente in questo particolare periodo storico, nel quale l'Occidente liberal capitalista sembra aver completamente perduto la bussola e ogni forma di ragionevolezza in ambito politico, sociale, economico e geopolitico, la Cina e la sua storia hanno molto, se non tutto da insegnare.

Luca Bagatin

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sabato 10 dicembre 2022

Democrazia è socialismo. Socialismo è proprietà comune dei mezzi di produzione. Riflessioni di Luca Bagatin

 

La proprietà dei mezzi di produzione (comprese le opere dell'ingegno, le tecnologie e i servizi informatici, compreso internet) dovrebbe essere messa in comune.
Questa è democrazia autentica, diffusione e sviluppo della conoscenza.
La proprietà individuale di tali mezzi genera invece dittatura, sottosviluppo e ignoranza.
Per questo, mentre il socialismo è una società superiore, il capitalismo è una società inferiore e per esseri abietti e votati all'ignoranza.
 
(Luca Bagatin) 

Il liberalismo è l'ideologia degli arricchiti.
E gli arricchiti sono quei parvenu che non cancelleranno mai dalla loro personalità gli istinti più abietti della loro precedente condizione sociale.
Mai fidarsi di un arricchito. Mai fidarsi di un liberale.
Il loro spirito egoistico è infatti sempre lì, pronto a guidarli.
 
(Luca Bagatin) 
 
Il socialismo è una delle vie per la liberazione dall'ego. Il socialismo è dunque l'antitesi del liberalismo. L'ego è la parte peggiore della personalità umana, ovvero è una patologia che andrebbe sanata il prima possibile, perché portatrice di discordia, violenza, apatia.
 
(Luca Bagatin)

venerdì 2 dicembre 2022

Dieci anni fa usciva "Universo Massonico" di Luca Bagatin

Dieci anni fa, nel dicembre 2012, usciva il primo saggio di Luca Bagatin - "Universo Massonico" - edito da Bastogi, con prefazione dell'allora Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia degli ALAM, prof. Luigi Pruneti (successivamente fondatore e guida dell'Ordine Massonico Tradizionale Italiano).

Quello che segue è un estratto della prefazione del prof. Pruneti.

Universo massonico di Luca Bagatin è un’opera interessante e avvincente che esplora il variegato della galassia liberomuratoria considerandone aspetti, personaggi, tradizione e storia.

“Nella parte iniziale del volume sono vagliati aspetti caratterizzanti della libera muratoria, fra i quali l’anelito di conoscenza, il “vento gnostico”, che pervade tutta la sua complessa articolazione; segue l’esame del processo iniziatico, analizzato come se si trattasse di un percorso all’interno di un evolversi rigenerante, di morte e rinascita […].
Dopo aver navigato nel vasto pelago del rito di passaggio il discorso si sposta su alcuni soggetti celebri del vissuto iniziatico ed ecco uscire dalla “gerla” Cagliostro, il Conte di San Germain, Helena Petrovna Blavatsky e alcuni personaggi chiave della massoneria: Albert Pike, Ernesto Nathan, Saverio Fera, Giordano Gamberini, Lino Salvini, Giovanni Ghinazzi, uomini che, pur fra vittorie e sconfitte, segnarono la storia di questa istituzione che sta per compiere tre secoli di vita.
La massoneria è stata ed è il pernio intorno al quale ruota una cultura d’ispirazione esoterica e simbolica che si è articolata anche in pagine notevoli di letteratura. Luca Bagatin ricorda vari narratori fra i quali Sir Edwuard Bulwer-Lytton, barone di Knebworth, pari d’Inghilterra e esponente di spicco dei circoli iniziati inglesi, fra i quali la Societas Rosacruciana in Anglia e la Fratres Lucis di cui fu fondatore […].
L’esame di Bagatin non s’interrompe con il XIX secolo ma prosegue fino ad oggi, approdando a Dan Brown e al suo best-seller d’ispirazione massonica, Il simbolo perduto, opera che sicuramente ha il pregio di offrire una visione positiva della massoneria: “tutta la filosofia massonica – egli scrive – si fonda sull’onestà e sull’integrità. I massoni sono tra gli uomini più degni di fiducia che uno possa sperare d’incontrare [… pur tuttavia] la massoneria [è] sempre stata una delle organizzazioni più ingiustamente diffamate e incomprese del mondo. Accusati di ogni nefandezza, dall’adorare il diavolo al cospirare per un unico governo mondiale, i massoni seguivano la politica di non reagire mai alle critiche, e questo faceva di loro un facile bersaglio”.
I giudizi dell’autore americano suonano in modo strano in Italia ove “l’ostilità nei confronti della massoneria è un macro-fenomeno, evidente e ricorrente, che l’autore affronta esaminando il caso della loggia “Propaganda massonica” del Grande Oriente d’Italia; per siffatta analisi egli si avvale dell’opera di uno dei più importanti storici contemporanei Aldo Alessandro Mola che sull’argomento ha scritto un importante saggio.

Dalle pagine di Universo massonico fuoriesce, di conseguenza, un’effigie della massoneria diversa da quella recepita dall’immaginario collettivo”, giacché vulnerata da “una campagna stampa tanto violenta quanto miope […].
Dopo il partecipato esame della persecuzione ricorrente nella Penisola, l’opera di Luca Bagatin si chiude con una serie d’interviste che l’autore, nel corso degli ultimi anni, ha ottenuto da studiosi della massoneria o da esponenti di spicco della stessa. Insomma “la gerla” riesce a garantire, fino in fondo, sorprese; svelando con un linguaggio semplice e piacevole d’impronta giornalistica, tanti aspetti poco conosciuti o del tutto ignorati del vasto e articolato universo massonico”.

Cuba e Cina: un esempio di cooperazione e solidarietà fra Paesi socialisti. Articolo di Luca Bagatin

Il 25 novembre scorso, il Presidente della Repubblica di Cuba, Miguel Díaz-Canel, si è recato presso la Repubblica Popolare Cinese per una visita di Stato.

La sua è stata la prima visita di Stato proveniente da un Paese dell'America Latina e dei Caraibi dopo il XXesimo Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese, tenutosi il 16 ottobre scorso.

Il quotidiano cinese Global Times ha rilevato come “Le relazioni Cina-Cuba sono diventate un modello di Paesi socialisti che si uniscono e cooperano e di Paesi in via di sviluppo che si aiutano sinceramente a vicenda. Questo va oltre la comprensione delle élite statunitensi e occidentali arroganti e di mentalità ristretta”.

Anche il Presidente cinese Xi Jinping ha rilevato come le relazioni fra Cuba e Cina siano un esempio di cooperazione e solidarietà fra Paesi socialisti, sottolineando la volontà della Cina di “lavorare con Cuba per salvaguardare l'equità e la giustizia internazionale”.

Il Presidente cubano Díaz-Canel si è congratulato con la leadership cinese, dichiarando di apprezzare “i contributi teorici e pratici della leadership di Xi Jinping nella costruzione del socialismo con caratteristiche cinesi nella nuova era, che noi cubani consideriamo un vero stimolo per tutte le forze progressiste”.

Cuba è stato peraltro il primo Paese dell'emisfero occidentale che stabilì relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese sin dalla vittoria della Rivoluzione cubana.

Nel 1960, infatti, una delegazione cubana, guidata da Ernesto Che Guevara, visitò il Paese asiatico, iniziando a sancire i primi accordi bilaterali in ambito economico, scientifico e tecnologico.

Tanto la delegazione cubana guidata dal Presidente Díaz-Canel, che quella cinese guidata da Xi Jinping, hanno ribadito la loro ferma opposizione ad ogni forma di embargo statunitense e ingerenza straniera che leda le rispettive sovranità nazionali, nonché l'opposizione ad ogni forma di sanzione unilaterale.

Le delegazioni hanno altresì ribadito di concordare sui valori di “pace, sviluppo, equità, giustizia, democrazia e libertà per tutta l'umanità”, e di lavorare per “salvaguardare il sistema internazionale con le Nazioni Unite come nucleo, l'ordine internazionale sulla base del diritto internazionale e degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite, (…) contro ogni egemonia e politica di potere, contro ogni forma di unilateralismo”.

Luca Bagatin

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mercoledì 30 novembre 2022

Muore a 96 anni Jiang Zemin, il leader comunista che modernizzò la Cina. Articolo di Luca Bagatin

E' morto a Shanghai l'ex Segretario Generale del Partito Comunista Cinese (PCC) dal 1989 al 2002 e Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1993 al 2003, Jiang Zemin, all'età di 96 anni.

Jiang fu successore del leader riformista Deng Xiaoping e ne proseguì, ampiliandole, le riforme in campo sociale ed economico.

Nato nel 1926 a Yangzhou, nel 2000 elaborò la sua teoria delle “Tre Rappresentatività”, che delineò il nuovo ruolo del PCC, rendendolo, sostanzialmente, un partito interclassista e aperto a tutte le categorie della società, comprese le forze produttive, culturali e artistiche.

Nel corso degli Anni '90 introdusse riforme fiscali, che stabilirono una distinzione fra imposte locali e nazionali, oltre che rafforzò la legislazione in ambito societario, rafforzando lo spirito imprenditoriale delle imprese, adeguandolo al management moderno.

Durante i suoi mandati fu garantito il diritto alla proprietà privata, che venne costituzionalmente riconosciuta come parte fondante dell'economia cinese, pur mantenendo l'assetto socialista della società e dell'economia, frenando le spinte all'individualismo selvaggio e correggendo gli aspetti più deleteri dell'economia capitalista occidentale, in primis la disoccupazione.

Nel 1998 lanciò la campagna delle “Tre Attenzioni”, ovvero: “prestare attenzione allo studio”; “prestare attenzione alla politica”; “prestare attenzione alla rettitudine”, campagna che avrebbe dovuto ulteriormente modernizzare il “socialismo con caratteristiche cinesi” lanciato da Deng Xiaoping nel corso degli Anni '80, oltre che frenare le spinte all'immoralità e alla corruzione, generate dall'individualismo, causato dall'eccessivo benessere economico che stava pervedendo la Cina di quegli anni.

La lotta alla corruzione fu, infatti, uno degli aspetti fondanti della politica portata avanti dall'amministrazione guidata da Jiang Zemin.

In politica estera, Jiang Zemin fu il primo a parlare di multipolarismo o multilateralismo, ovvero lanciò la prospettiva di un mondo che, nel rispetto delle reciproche differenze, cooperasse al fine di mantenere equilibrio all'interno della comunità internazionale. Un sistema atto, in sostanza, a mantenere pace e prosperità nel mondo. Tale posizione è peraltro ancora oggi alla base della politica estera della Cina guidata da Xi Jinping.

Della politica di Jiang Zemin, oltre che del suo predecessore e del suo successore, Hu Jintao, parla peraltro diffusamente il saggio “Quarant'anni di Cina” della prof.ssa Daniela Caruso, docente di Studi sulla Cina presso l'Università Internazionale per la Pace delle Nazioni Unite con sede a Roma.

Il ruolo di Jiang Zemin – come riportato dall'ANSA - è stato ricordato anche dal Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, che, dicendosi "profondamente rattristato" per la sua scomparsa, ha ricordato come "Sotto la guida di Jiang Zemin, nel 1995 la Cina ha ospitato la storica Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne e nel settembre 2000 ha partecipato al Vertice del Millennio delle Nazioni Unite a New York", aggiungendo "Non dimenticherò mai il suo calore e apertura personali, così come l'eccellente collaborazione di cui ho goduto in qualità di premier del Portogallo per garantire la transizione senza intoppi del passaggio di consegne alla Cina dell'amministrazione di Macao".

Luca Bagatin

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venerdì 18 novembre 2022

Si apre a Caracas un incontro del Forum di San Paolo, che riunisce socialisti e comunisti latinoamericani. Articolo di Luca Bagatin

Il Forum di San Paolo (FSP), conferenza che riunisce i partiti socialisti e comunisti dell'America Latina e dei Caraibi, fondato nel 1990 dal Partito dei Lavoratori brasiliano (PT) - guidato da Lula - e dal leader cubano Fidel Castro, terrà la sua assise il 18 e 19 novembre a Caracas, in Venezuela, alla presenza di circa 90 delegati.

Insediatosi presso l'Università Internazionale delle Comunicazioni, il gruppo di lavoro intende “lavorare su un piano strategico e promuovere l'unità dei popoli dell'America Latina”, ha sottolineato il Vicepresidente degli Affari Internazionali del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Adán Chávez, durante il suo discorso inaugurale.

L'incontro vuole rinnovare il cammino di libertà, solidarietà e sovranità rivoluzionaria e socialista – contro ogni tentativo esterno di destabilizzazione - intrapreso a partire dagli Anni '90 dai Paesi latinoamericani del Socialismo del XXI secolo, che hanno peraltro recentemente riconquistato sia il Brasile, con la recente vittoria di Lula, che la Colombia, con l'elezione di Gustavo Petro.

Luca Bagatin

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sabato 12 novembre 2022

Il socialismo di Napoleone III. Articolo di Luca Bagatin

Personaggio certamente contraddittorio, ma spesso calunniato e diffamato, persino nella sua Francia, Luigi Napoleone Bonaparte (1808 – 1873), nipote di Napoleone Bonaparte, fu personaggio chiave della modernizzazione e dell'emancipazione della Francia nel XIX secolo, passando alla Storia come Secondo Imperatore dei Francesi, con il nome di Napoleone III.

Ma chi era, in realtà, Luigi Napoleone Bonaparte che, dopo i suoi falliti tentativi di colpo di Stato per spodestare la monarchia orleanista, si presentò alle prime elezioni presidenziali francesi del 1848 e riuscì a stravincere con il 74% dei voti, sconfiggendo i vari candidati moderati, socialisti, socialdemocratici, liberali e monarchici e - nel 1852 - riuscì a farsi nominare Imperatore dei Francesi, dando così vita al Secondo Impero?

Figlio di Ortensia de Beauharnais (1783 - 1837) e del Re d'Olanda Luigi Bonaparte (1778 - 1846), fratello di Napoleone Bonaparte (1769 - 1821), Luigi Napoleone, esiliato dalla Francia dal 1816 e educato da Filippo La Bas a ideali rivoluzionari e democratici, aderì giovanissimo, con il fratello, alla Carboneria italiana.

Non sappiamo dire se fu affiliato alla Massoneria, come l'illustre zio, ma non è improbabile, visto che la gran parte dei carbonari erano anche iniziati alla Massoneria.

Quel che è certo è che, nei primi anni della sua vita, fu fervente rivoluzionario, in particolare in Italia, ove partecipò ai primi moti insurrezionalisti - contro il regime pontificio e asburgico - e strinse amicizia con il repubblicano mazziniano Francesco Arese, membro della “Giovine Italia” e che gli rimase amico per tutta la vita, anche quando divenne Imperatore.

Luigi Napoleone sviluppò, negli anni, grazie alla sua formazione, alle sue amicizie e alle sue letture, una coscienza socialista sansimoniana. Nella sua biblioteca, infatti, era possibile trovare – fra le altre - opere di Thomas More (1478 – 1535), Saint-Simon (1760 – 1825) e del socialista britannico Robert Owen (1771 - 1858).

Certo, si trattava di un socialismo pre-marxista, non ancora intriso di lotta di classe e di contrapposizioni fra borghesi e proletari.

Un socialismo sviluppato da pensatori della fine del XVIII secolo e dell'inizio del XIX, i quali si interrogavano sulla questione operaia e, dunque, sullo sfruttamento degli operai all'inizio della prima Rivoluzione industriale.

Il socialismo di Saint-Simon e di Owen, che farà proprio anche Luigi Napoleone, partiva da concezioni filantropiche, umanitarie, associazionistiche e comunitarie.

Il movimento delle forze produttive, l'intervento della comunità rappresentata dallo Stato, l'associazionismo-cooperativismo dei lavoratori-produttori, avrebbero potuto – secondo tali pensatori - alleviare la povertà e generare lo sviluppo della comunità stessa.

E' tale movimento che il filosofo, editore e scrittore francese Pierre Leroux (1797 – 1871) chiama, per la prima volta nella Storia, “socialismo”, coniando un termine all'epoca ancora sconosciuto. E lo fa in un articolo del 1833, che diverrà molto popolare all'epoca, dal titolo “De l'individualisme et du socialisme”.

Luigi Napoleone Bonaparte, imprigionato nella fortezza di Ham, a seguito del secondo colpo di Stato bonapartista contro Re Luigi Filippo d'Orleans il 6 agosto 1840 (il primo è del 30 ottobre 1836), decide dunque di dare corpo alle sue aspirazioni e di spiegare al popolo francese dell'epoca come già suo zio, Napoleone il Grande, fu un socialista ante-litteram.

Nel 1839, in prigione, scrive dunque un'opera molto importante, ovvero “Le idee napoleoniche”, nella quale egli intende presentarsi quale erede diretto dell'autorevole zio e, quindi, aspirante al trono francese.

La sua sembra dunque essere una concezione imperiale-socialista-rivoluzionaria e giustifica tale conceazione parlando, nel testo, delle riforme attuate da Napoleone Bonaparte. Un Imperatore che – come spiega Luigi Napoleone - ha difeso gli ideali democratici della Rivoluzione Francese, ma riconciliando le classi popolari con quelle aristocratiche, spogliando queste ultime di quell'assolutismo che tanto le aveva rese invise al popolo.

La concezione bonapartista, dunque, si pone quale trait-d'union fra classi popolari e aristocrazia, contrapponendosi al liberalismo, che rappresenta la borghesia e il nascente capitalismo industriale.

Napoleone III, non a caso, se da una parte ha inviso la reazionaria monarchia orleanlista-borbonica, ha parimenti inviso la visione degli Stati Uniti d'America, che considera una società priva di un centro politico e in balìa dei potentati economici.

Nel 1844, Luigi Napoleone Bonaparte, pubblica “L'estinzione del pauperismo”, un testo che viene considerato da autorevoli storici francesi, in particolare da Jean Sagnes, che molto si è occupato dell'argomento, una piccola Bibbia del socialismo luigi-napoleonico o bonapartista.

Jean Sagnes, storico francese in particolare di movimenti socialisti e operai, ha scritto in merito due saggi, purtroppo reperibili solo in francese e non tradotti né pubblicati in Italia, ovvero: “Les racines du socialisme de Louis-Napoleon Bonaparte” e “Napoleon III – Le parcours d'un sainst-simonien”.

Nei saggi vengono descritte le influenze di Luigi Napoleone, i suoi viaggi in Italia e in Inghilterra, nella quale conoscerà per la prima volta le tristi condizioni alle quali era sottoposta la classe operaia.

Pur non essendo un filosofo, come lo saranno invece Marx ed Engels, egli sviluppa una prima coscienza sociale e autogestionaria, vedendo nell'associazione dei lavoratori e nell'organizzazione del lavoro, le prime basi per l'emancipazione socale delle classi più povere e sfruttate.

Tali esperienze, assieme alle sua amicizie con massoni, carbonari, sansimoniani, repubblicani e montagnardi, rafforzeranno tale visione, che egli tenterà poi di portare allorquando giungerà al vertice governo del della Francia, prima come Presidente della Repubblica e, successivamente, come Imperatore.

Luigi Napoleone, come spiega Sagnes, è molto popolare fra le classi operaie e popolari, tanto che i voti al partito bonapartista sono raccolti in particolare fra quei ceti, in quanto i bonapartisti sono veri e propri sostenitori della trasformazione sociale del Paese. E, in tal senso, riescono facilmente a raccogliere la maggioranza assoluta dei seggi dell'Assemblea legislativa, lasciando le briciole ai monarchici orleanisti e ai repubblicani.

Il programma bonapartista è, infatti, in gran parte ispirato alle teorie socialise dell'epoca. In particolare l'attuazione di grandi opere grazie all'azione diretta dello Stato.

Sotto i governi di Napoleone III viene, infatti, introdotto il suffragio universale; abolito il lavoro la domenica e i giorni festivi; vengono creati crediti per aiutare gli agricoltori; create società di mutuo soccorso; introdotti gli ispettori del lavoro; viene creato il pensionamento per i dipendenti pubblici; vengono concesse onoreficenze a operai e donne; vengono istituiti ospedali e asili per disabili; vengono rimboschite le brughiere della Guascogna; viene attuata l'idea di associazione capitale/lavoro nel feudo di Solferino di proprietà di Napoleone III; i sindacati vengono autorizzati e viene introdotta una legge sulle società cooperative; vengono introdotte le scuole primarie gratuite anche per le ragazze.

Queste solo alcune delle riforme attuate dall'Impero di Napoleone III dal 1852 al 1870, anno della sua caduta, a causa della sconfitta nella guerra franco-prussiana della Francia.

E tutto ciò, come spiegato anche nei saggi di Jean Sagnes, contribuì ad innalzare il tenore di vita della popolazione francese.

Sagnes non tace gli aspetti più repressivi dell'Impero di Napoleone III, ma sottolinea come tale repressione non sia mai stata diretta contro la classe operaia, in quanto non è considerata affatto pericolosa.

Napoleone III, dunque, cerca di unire nel suo governo: giustizia sociale, autorità, armonia e sovranità nazionale, attraverso una saggia amministrazione.

Marx sarà un acceso critico di Napoleone III e della sua ascesa al potere, così come lo sarà anche del socialismo sansimoniano e di Robert Owen, che classificherà come “utopista”.

Ad ogni modo, sarebbe ingeneroso non considerare Luigi Napoleone Bonaparte, il Principe-Presidente-Imperatore, pur con tutti i suoi limiti e contraddizioni (non ultima l'invasione e deposizione della democratica Repubblica Romana, di ispirazione mazzinana e garibaldina del 1849) come parte integrante della Storia del socialismo e dell'emancipazione delle classi oppresse nella Francia del XIX secolo.

Luca Bagatin

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venerdì 11 novembre 2022

Il liberalismo ha fallito


"Il liberalismo ha fallito, e per una buona ragione.
Troppo spesso è stato compromesso dalle persone che lo rappresentavano"

(Hunter S. Thompson)

lunedì 7 novembre 2022

Il 7 novembre 1917 nasce l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Articolo di Luca Bagatin

Il 7 novembre 1917 (25 ottobre secondo il calendario giuliano allora vigente in Russia), i bolscevichi, guidati da Vladimir Lenin e animati da ideali socialisti e marxisti, fecero irruzone nel Palazzo d'Inverno, ponendo fine al dominio dell'oligarchia zarista.

Gettando così le basi per un governo guidato da proletari che, in pochi anni, lottò contro l'analfabetismo, promosse sanità e scuola pubblica e gratuita, promosse divorzio, aborto, emancipazione sessuale e pari diritti fra donne e uomini. Oltre che sviluppo economico e sociale.

Nacque così l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sorelle fra loro, senza quelle discordie e divisioni che, purtroppo, le hanno percorse a partire dalla caduta del socialismo ad Est, ovvero 1992 ad oggi.

Repubbliche sorelle unite nel socialismo e nei consigli dei contadini e degli operai.

Un governo certamente non perfetto, ma perfettibile.

Questo scrisse, in proposito, il Maestro dell'Himalaya, Mahatma Morya, in una lettera consegnata all'artista e diplomatico russo Nikolaj Konstantinovič Rerich per Lenin ai ministri Lunacharsky e Tchitcherin della neonata Repubblica Sovietica:

"Nell’Himalaya, sappiamo ciò che tu stai compiendo. Hai abolito la chiesa, che è diventata una fucina di menzogne e di superstizione. Hai distrutto la borghesia che è diventata agente di pregiudizi. Hai distrutto le scuole che erano diventate delle carceri. Hai condannato l’ipocrisia della famiglia. Hai eliminato l’esercito, che guida degli schiavi. Hai schiacciato i guadagni degli avidi speculatori. Hai chiuso le case di tolleranza. Tu hai liberato il Paese dal potere del denaro. Hai riconosciuto che la religione è l’insegnamento della materia universale. Hai riconosciuto l’irrilevanza della proprietà privata. Hai previsto l’evoluzione della comunità. Hai posto l’accento sull’importanza della conoscenza. Ti sei prostrato davanti alla bellezza. Hai riservato tutto il potere del Cosmo per i bambini. Hai aperto le finestre dei palazzi. Hai visto l’urgenza di costruire case per il Bene Comune. Hai fermato la rivolta in India, perché era prematura, ma abbiamo riconosciuto la tempestività del tuo intervento, e vi mandiamo tutto il nostro aiuto, affermando l’Unità dell’Asia".

Luca Bagatin

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venerdì 4 novembre 2022

L'America Latina punta all'integrazione dal basso con un incontro in Argentina. Articolo di Luca Bagatin

Il 5 e 6 novembre si terrà a Buenos Aires, l'Assemblea per un'America Latina Plurinazionale, ovvero per la costituzione dell'”Unasur de Los Pueblos” (l'Unione delle Nazioni Sudamericane dei Popoli, che sarà chiamato Runasur), iniziativa fortemente voluta dall'ex Presidente socialista della Bolivia Evo Morales.

Nel 2019, infatti, Morales formulò la proposta di emancipazione dei popoli latinoamericani, fondata sulla difesa della democrazia, della pace, dell'identità culturale, della sovranità, dell'anticolonialismo, dell'anticapitalismo e dell'antimperialismo di tutti i popoli indigeni, afro-discendenti, delle organizzazioni sociali, sindacali, territoriali e di tutti i movimenti sociali nel continente.

Morales ha avuto tale intuizione al fine di “risolvere il debito storico che i popoli devono affrontare in un contesto di crisi economica, sociale, culturale e, soprattutto, di vita”.

Tale Assemblea si terrà presso la sede del Club Atletico Banco Nación, nel dipartimento Vicente López, provincia di Buenos Aires ed è prevista la presenza di oltre cento rappresentanti di movimenti sociali, sindacali, indigeni e afrodiscendenti di Venezuela, Argentina, Bolivia , Ecuador, Cile, Perù, Uruguay, Paraguay, Brasile, oltre a Guatemala, Panama, Nicaragua e Messico.

L'ex Presidente Morales incontrerà, inoltre, il Presidente peronista argentino Alberto Fernández e la Vicepresidente Cristina Kirchner e per questo si è detto “Molto grato e onorato per questa possibilità di rafforzare ulteriormente i legami di amicizia, lavoro e solidarietà con le autorità di un Paese fratello”.

Luca Bagatin

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mercoledì 2 novembre 2022

La Cina tra identità nazionale e globalizzazione nel saggio della prof.ssa Daniela Caruso. Articolo di Luca Bagatin

In un'epoca di drammatiche quanto insensate divisioni, di nuove povertà e di diritti dei lavoratori sempre più minacciati, al XXesimo Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, tenutosi il 16 ottobre scorso, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, nonché rieletto Segretario Generale, ha sottolineato come “La Cina è un Paese socialista di democrazia popolare sotto la guida della classe operaia basata su un'alleanza di lavoratori e agricoltori; tutto il potere dello Stato in Cina appartiene al popolo. La democrazia popolare è la linfa vitale del socialismo ed è parte integrante dei nostri sforzi per costruire un Paese socialista moderno sotto tutti gli aspetti. La democrazia popolare a tutto processo è la caratteristica distintiva della democrazia socialista; è la democrazia nella sua forma più ampia, genuina ed efficace”. Aggiungendo che “Faremo affidamento con tutto il cuore sulla classe operaia e miglioreremo il sistema di gestione democratica nelle imprese e nelle istituzioni pubbliche, che prende forma fondamentale nella forma di congressi dei lavoratori, in modo da proteggere i diritti e gli interessi legittimi dei lavoratori”.

Proprio di modernizzazione, impresa e di rapporti economici e di dialogo fra popoli differenti parla l'ultimo saggio della prof.ssa Daniela Caruso, docente di Studi sulla Cina presso l'Università Internazionale per la Pace delle Nazioni Unite con sede a Roma.

Nel suo “La Cina tra identità nazionale e globalizzazione”, edito da Eurilink University Press (casa editrice dell'Università non statale legalmente riconosciuta a vocazione internazionale, Link Campus University), la prof.ssa Caruso riannoda i fili dei rapporti economici e culturali fra Cina e Occidente, nonostante i tentativi anticinesi dell'amministazione Biden, che attualmente guida gli USA..

Proprio a partire dai rapporti bilaterali di amicizia fra Italia e Cina, il 2022 - pandemia permettendo – è l'anno della cultura e del turismo dei due Paesi.

Nel saggio della prof.ssa Caruso si sottolineano gli sforzi della Cina, a partire in particolare dal 2001, di investire massicciamente in cultura e ciò sia a rafforzamento della propria identità culturale e nazionale, che al fine di farsi meglio conoscere al resto del mondo, instaurando rapporti di mutuo scambio di relazioni fondate sulla cultura e l'arricchimento reciproco.

La Cina, dal 1912 in poi, è diventata una repubblica ed è riuscita a liberarsi dal governo autocratico della dinastia Quing, che durava dal 1644.

Come spiega la prof.ssa Caruso, la Cina ha sempre avuto una vocazione pacifica e rispettosa della legge e si è sempre e solo difesa, nel corso della sua Storia, fatta anche di dominazione coloniale europea, dalla quale riuscì faticosamente a liberarsi ed affrancarsi.

Sin dalla sua fondazione, la neonata repubblica cinese, non ancora comunista, si fondò sull'eguaglianza dei cinque gruppi etnici che la componevano e, dal 1919, sull'onda della leninista Rivoluzione d'Ottobre in Russia, iniziarono a svilupparsi correnti di liberazione e emancipazione nazionale, che miravano a liberare il Paese da tutte le forze imperialiste, al fine di raggiungere la piena indipendenza e unità nazionale del popolo cinese.

La prof.ssa Caruso sottolinea, infatti, come il primo a usare il termine “nazione cinese” sia stato Mao Tse-Tung proprio nel 1919 e questo fu il compito principale del Partito Comunista Cinese, da lui guidato e fondato nel 1921.

Il saggio della prof.ssa Daniela Caruso, prosegue nello spiegare come la Cina, profondamente influenzata dal pensiero del filosofo Confucio, abbia raggiunto la modernità molto prima rispetto all'Occidente.

La secolarizzazione, l'eguaglianza educativa, una burocrazia fondata sul merito, una società civile autonoma, una lingua unificata e il multiculturalismo, infatti, furono raggiunti dalla Cina molto prima rispetto ai Paesi occidentali. Al punto che, come spiega la prof.ssa Caruso, i primi ad ammirare le cultura cinese furono filosofi Illuministi europei quali Voltaire, Leibniz e molti altri.

Il socialismo cinese (o “socialismo con caratteristiche cinesi, come viene definito in Cina), dunque, oltre alle influenze marxiste-leniniste, deve moltissimo al pensiero confuciano e la Cina moderna è esattamente una fusione fra marxismo-leninismo e confucianesimo, orientati entrambi alla modernità e al dialogo verso tutte le altre culture, nella valorizzazione della propria identità e nel reciproco riconoscimento.

Non a caso, come spiega il saggio della prof.ssa Caruso, i moderni leader socialisti cinesi, da Jiang Zeming a Xi Jinping, hanno voluto coltivare e diffondere il socialismo prendendo come base la cultura tradizionale cinese.

Xi Jinping, da ultimo, ha voluto sottolineare nel 2014, presso il Quartier Generale dell'UNESCO, l'eguaglianza di tutte le civiltà, rifiutando fermamente il concetto di “scontro di civiltà”, che fu spesso un leitmotiv dei neocon statunitensi: “Tutte le civiltà umane hanno lo stesso valore, e tutte hanno i loro rispettivi punti di forza e di debolezza. Nessuna singola civiltà può essere giudicata superiore alle altre”.

La prof.ssa Caruso riporta inoltre un passo del discorso del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi del 2017 in cui egli scrive: “Fin dalla sua fondazione il nostro partito ha strettamente combinato sia il benessere del popolo cinese che il bene dei popoli del mondo, ed è stato consapevole dell'importanza dello spirito dell'internazionalismo. Questa è l'importante distinzione tra il nostro partito e i partiti politici di altre nazioni. Ha origine dal profondo patrimonio della cultura tradizionale cinese (...)”.

Il saggio approfondisce, inoltre, gli aspetti relativi agli investimenti attuati dalla Cina in questi ultimi anni in ambito culturale, dai musei al comparto radiotelevisivo, sino alle partnership economico-culturali e turistiche con altri Paesi del mondo, fra i quali, in particolare, l'Italia.

Sottolineando, in questo ultimo caso, come il turismo cinese in Italia sia fortemente trainante, in particolare nelle città d'arte quali Roma, Venezia e Firenze.

Si fa inoltre riferimento a come la cooperazione fra Italia e Cina sia stata lodata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Matteralla, in un'intervista del 2019, riportata dal saggio stesso, nel quale, il Presidente, sottolinea come “L'Italia è sinceramente votata ai valori della pace, del multilateralismo fondato su regole e i nostri due Paesi sono tra i maggiori contributori al sistema delle Nazioni Unite, sia in termini di risorse finanziarie sia nell'ampiezza della partecipazione e dell'impegno nelle operazioni di mantenimento della pace (…)”.

E, mai come oggi, è necessario rinnovare dialogo e multilateralismo, magari partendo proprio dallo studio delle culture del mondo e dagli investimenti in ambito culturale, come sottolineato dalla prof.ssa Daniela Caruso nel suo saggio.

Luca Bagatin

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lunedì 31 ottobre 2022

Bentornato Lula! Bentornati socialismo e democrazia in Brasile!



Samhain/Halloween: quando il regno dei morti e dei vivi si incontrano. Articolo di Luca Bagatin del 30 ottobre 2021

Le origini dell’Europa affondano le loro radici negli antichi culti misterici.

Si trattava infatti di rituali misterici, spesso di origine contadina, aventi come fondamento la Natura, i suoi spiriti invisibili, le sue regole millenarie.

Culti peraltro esistenti in ogni cultura del mondo, dall’Europa all’Asia sino all’Africa ed alle Americhe, solo declinati in modo diverso.

Culti politeistici, che in Europa saranno prevalentemente di origine celtica.

Fra questi, ancora oggi, nella notte fra il 31 ottobre e il 1 novembre, molti celebrano il cosiddetto Capodanno celtico, ovvero Samhain (il cui significato potrebbe intendersi, secondo l’antico idioma irlandese, “fine dell’estate” o, dal gaelico, “Novembre”), conosciuto anche come Halloween (“Notte di tutti gli Spiriti Sacri”), festività diffusa negli Stati Uniti d’America dai migranti provenienti dalle isole britanniche, in particolare irlandesi, gallesi e scozzesi, anticamente popolate dai Celti.

Tale festività segna il passaggio dalla stagione luminosa a quella più oscura e buia, inaugurando così un nuovo anno. Diversamente, secondo il Calendario celtico, il passaggio dalla stagione oscura a quella luminosa si celebra nelle notti fra il 30 aprile ed il 1 maggio ed è detta festa di Beltane (nella tradizione irlandese e scozzese), o “Notte di Valpurga” o Ostara nella tradizione germanica.

Samahin celebra dunque la morte simbolica della natura, ma nella tradizione pagana la morte è semplicemente una nuova rinascita, un passaggio a un nuovo stato della Natura. Per questo si dice che in quella notte il mondo dei morti interferisce con quello dei vivi, ma, a differenza delle religioni monoteiste – cristianesimo in primis – il mondo dei morti non è affatto contrapposto a quello dei vivi e non è affatto, per così dire, “malvagio”. Bensì è il momento nel quale i morti entrano in comunicazione con i vivi.

Ad ogni modo, il cristianesimo, ha fatto sua questa tradizione – cercando di camuffarla – ideando la festività di Ognissanti, che, pur celebrandosi – secondo il calendario cristiano – il 2 novembre, nei fatti viene festeggiata il 1 novembre, proprio perché rimane radicata, nel patrimonio ancestrale europeo, la tradizione originaria della festività di Samhain.

Spiritualmente, la festa di Samhain, è una festa di contemplazione. Per i Celti era il momento più magico dell’anno, nel quale il tempo era sospeso, ovvero cessava di esistere.

Sotto il profilo materiale era il momento nel quale le tribù celtiche raccoglievano e immagazzinavano il cibo per i lunghi e freddi mesi invernali.

Il simbolo più popolare di Samhain/Halloween è una zucca intagliata con all’interno una candela e questa sembra derivare sempre da una antica leggenda irlandese, probabilmente medievale, avente per protagonista Jack ‘O Lantern.

Jack era un astuto fabbro che incontrò – in un pub – il Diavolo, il quale voleva a tutti i costi la sua anima. Purtuttavia, il furbo Jack, in cambio della sua anima, invitò il Diavolo a tramutarsi in una moneta. Una volta che il Diavolo divenne una moneta, Jack la fece lestamente finire nel suo borsellino, accanto ad una croce d’argento, in modo che potesse essere “esorcizzata” e dunque non nuocere più. Il Diavolo convinse Jack a farsi liberare e gli assicurò che, per i successivi dieci anni, non gli avrebbe dato più noie, né chiesto in cambio la sua anima. Dieci anni dopo, ad ogni modo, il Diavolo si ripresentò, reclamando l’anima del fabbro. Questa volta Jack gli chiese prima di raccogliere una mela dall’albero e il Diavolo acconsentì. Ma, quando il Diavolo salì sull’albero per raccoglierla, Jack incise una croce sul tronco e, in questo modo, lo esorcizzò e imprigionò di nuovo. Il Diavolo allora, in cambio della sua liberazione, promise che non gli avrebbe mai dato più noie né fastidi per l’eternità.

Jack, negli anni seguenti, commise così tanti peccati che non fu accettato in Paradiso, ma, a causa del patto con il Diavolo, questi non lo volle accettare nemmeno all’Inferno e gli tirò un tizzone ardente, che Jack utilizzò per posizionarlo all’interno della zucca che portava con sé, al fine di scaldarsi e farsi luce nel lungo cammino che lo avrebbe atteso, costretto a vagare per l’eternità, in un eterno limbo.

Questa la ragione per la quale il simbolo popolare di Halloween è proprio “Jack O’Lantern” (Jack Il Lanternino), intagliato in una zucca con all’interno una candela accesa.

Festività peraltro diffusa, anticamente, persino nel mondo agreste in alcune zone della Sardegna, ove la notte del 30 novembre (non ottobre !), durante la notte di Sant’Andrea, i ragazzini girano per le strade con zucche vuote intagliate a forma di teschio e illuminate, all’interno, con una candela.

Tradizioni simili erano e in parte rimangono peraltro presenti in Calabria, a Serra San Bruno; in Puglia, a Ostara di Puglia, a San Nicandro Garganico e a Massafra; in Veneto e in Friuli; Abruzzo ed Emilia Romagna.

Purtroppo tutto ciò, con l’avvento del dogma cristiano che ha dichiarato “eretico” e assurdamente “satanico” (Satana, in realtà, non è altro che una figura simbolica) tutto ciò che non era una invenzione cristiana (la quale ha attinto a piene mani dagli antichi culti misterici, stravolgendoli e/utilizzandone i simboli, a suo esclusivo uso e consumo) o è scomparso o è praticato, comunque, molto meno, oppure ci si rifà alla festività commerciale e holliwoodyana dell’Halloween statunitense, quando, invece, tale festività è parte integrante delle radici spirituali e culturali dell’Europa antica e della Penisola italiana, dal Nord al Sud sino alle Isole.

Fa sorridere che, ancora oggi, vi siano preti, imam o rabbini, che affibbiano etichette negative alla festività di Samhain/Halloween. Evidentemente non conoscono per nulla la Storia o, meglio, preferiscono stravolgerla a uso e consumo delle loro superstizioni religiose.

Una Storia che le nuove generazioni dovrebbero invece imparare, conoscere e amare.

Perché senza passato, senza radici spirituali, senza antiche tradizioni autentiche, misteriche e ancestrali, non vi è alcun presente e, men che meno, alcun futuro.

Luca Bagatin

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