giovedì 29 giugno 2017

Intervista di Luca Bagatin all'Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia Dott. Julián Isaías Rodríguez Díaz sull'attuale situazione politica in Venezuela/Entrevista realizada por Luca Bagatin a El Embajador de la República Bolivariana de Venezuela en Italia Dott. Isaías Rodríguez sobre la situación política actual en Venezuela


Julian Isaias Rodriguez Diaz, già Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela in Italia ed in passato Vice Presidente della Repubblica venezuelana con Hugo Chavez, è stato nominato Vice Presidente dell'Assemblea Costituente indetta dal governo del Presidente socialista eletto Nicolas Maduro.
Oggi, come già lo scorso anno, ho avuto la possibilità e l'onore di intervistarlo in merito all'attualità venezuelana e latinoamericana.

Luca Bagatin: Signor Ambasciatore, il Venezuela, da come appare nei media europei, sembra un Paese preda delle divisioni e dalle violenze che, i media nostrani, descrivono come fomentati dal governo presieduto da Nicolas Maduro. E' davvero così, oppure qui da noi l'informazione - come peraltro già segnalato in un Vostro comunicato ufficiale (http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/05/comunicato-ufficiale-dellambasciata-del.html) - arriva completamente distorta ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: Tutte le informazioni che raggiungono l'Europa sono distorte. Fanno parte di una campagna mediatica progettata dagli USA contro il Venezuela al fine di accaparrarsi il nostro petrolio, come hanno fatto con l'Iraq, la Libia, l'Afghanistan e ora la Siria. Le divisioni sono nell'opposizione. La loro violenza è stata in grado di riunificare il Chavismo.

Luca Bagatin: A luglio si voterà per l'Assemblea Costituente. Può spiegarci il perché il governo ha deciso di indire la Costituente e come mai questa è così osteggiata e contrastata dall'opposizione ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: Il Venezuela è ricorso al dialogo per rispondere all'inflazione, alla perdita di potere d'acquisto della moneta, ha portato avanti un'azione petrolifera al fine di recuperare i prezzi internazionali del petrolio, frenare l'insicurezza cittadina, controllare l'accaparramento di cibo e migliorare la distribuzione di questi. L'opposizione ha voluto che vi fossero tre testimoni oculari che controllassero ciò, ovvero tre ex Capi di Stato. Il governo ha offerto Rodriguez Zapatero di Spagna, Fernandez della Repubblica Dominocana e Torrijos di Panama. L'opposizione che con gli Stati Uniti d'America aveva scelto di non raggiungere i testimoni, ha poi chiesto la presenza di una istituzione internazionale ed il Venezuela si è unito a UNASUR (Unione delle Nazioni Sudamericane). Fallito ogni tentativo di dialogo, hanno richiesto la presenza del Papa e dopo che questi ha espresso il suo consenso, ha inviato come suo rappresentante il vescovo di Buenos Aires, il quale immediatamente si trasferì in Venezuela. Alla terza riunione, dopo due accordi, i rappresentanti dell'opposizione se ne andarono e sospesero il dialogo. Il presidente Maduro ha sostenuto poi che il tavolo a due si sarebbe convertito nello sviluppo di tutti i settori politico sociali ed economici del Paese. Il tavolo delle trattative sarebbe quello di discutere gli stessi problemi, ma anche la pace e le relazioni inter-istituzionali dello Stato venezuelano, ma attraverso un'Assemblea Nazionale Costituente. Ciò è stato rifiutato dall'opposizione venezuelana (MUD), la quale ha dichiarato 'scacco matto al re in Venezuela'.

Luca Bagatin: La Costituente sembra voler rafforzare in Costituzione i diritti sociali e civili dei cittadini, oltre che a sovranità dello Stato. Lo conferma ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: Senza dubbio, i diritti sociali e civili sono la grande conquista delle classi inferiori dell'America Latina ed escluse da una società di classe che riteneva inesistente un ampio settore sociale, il quale veniva tenuto nascosto nei registri e nelle statistiche ufficiali. Non dimentichiamo che il più grande dislivello del mondo tra coloro i quali posseggono la ricchezza e quelli che non la posseggono si trovano in America Latina. Per cinquecento anni i nostri Paesi sono state sfruttate prima da Spagna e Portogallo e poi dagli Stati Uniti d'America e un nuovo settore europeo. Essi acquisivano le nostre materie prime, le nostre risorse naturali a prezzi molto bassi e li trasformavano in merce che vendevano dieci o quindici volte il valore a cui acquistarono i nostri prodotti. Le relazioni inter commerciali ci hanno impoveriti in quanto ci hano fornito macchinari e tecnologie ormai obsoleti.

Luca Bagatin: Quali Paesi vi sostengono a livello geopolitico internazionale e quali vi ostacolano ? Quali sono, Suo avviso, le ragioni ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: Ci avversano gli Stati Uniti d'America e quattro paesi latino-americani nell'orbita degli Stati Uniti (Messico, Cile, Colombia e Perù e con i colpi di stato recenti si sono aggiunti anche Brasile e Paraguay, oltre a Argentina, dove la destra di Macri ha vinto per l'1,3% contro l'avversario peronista). A ciò si sommano i governi conservatori d'Europa che fanno parte della NATO. Abbiamo reazioni di sostegno, invece, da Cina e Russia e dagli altri otto Paesi dell'ALBA (Alleanza Bolivariana delle Americhe) più El Salvador e qualche altro paese del Medio Oriente. Le ragioni dell'una e dell'altra parte sono legate alla solidarietà, al mercato ed al petrolio.

Luca Bagatin: Papa Bergoglio sembra essere schierato dalla vostra parte, ovvero si è molto adoperato per una soluzione umanitaria e pacifica delle divisioni che percorrono il Venezuela. Cosa può dirci in marito ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: In America Latina ci sono essenzialmente due significative correnti internazionali: Papa Francesco e gli Stati Uniti d'America. La prima diede il suo appoggio: a Cuba per gli accordi con Obama che sono stati appena rotti da Trump; negli gli accordi di pace in Colombia che l'oligarchia colombiana pretende di annullare ed infine al dialogo in Venezuela fra governo ed opposizione. Papa Francesco ha fornito tutti i mezzi per far fronte alla politica aggressiva degli Stati Uniti d'America. In particolare egli ha cercato di evitare che il nostro Paese cadesse in una situazione umanitaria pericolosa, evitando lo stesso meccanismo con il quale gli USA giustificano i loro interventi ed evitando così di ripetere quanto accaduto in Iraq, Libia, Afghanistan e Siria.

Luca Bagatin: Qual è attualmente la situazione politica latinoamericana ed in particolare quella dei Paesi del Socialismo del XXI secolo ? Ci sarà una svolta ? Il Presidente Chavez - per il futuro - in una intervista a Gianni Minà, disse che auspicava per i popoli latinoamericani un bagno d'amore al posto di un bagno di sangue. Pensa che sarà ancora molto difficile contrastare i tentativi di golpe da parte delle oligarchie economiche, oppure si giungerà, finalmente, ad un bagno d'amore che garantisca, una volta per tutte, i deboli e gli oppressi ?
Julian Isaias Rodriguez Diaz: Il colpo di stato non passerà. Noi resisteremo fino alla vittoria. Tuttavia dovremo rivedere le modifiche che apporteremo durante il processo di pacificazione. Non è stato sufficiente introdurre regole adeguate alla democrazia borghese al fine di evitare la violenza. Non abbiamo potuto evitarle, non sono state da noi causate, ma dai privilegiati e da coloro i quali vogliono il nostro petrolio e sono disposti ad esercitare la forza e l'arbitrio, la guerra contro le nostre riforme. Possibilmente cerchiamo di mantenere un clima pacifico, però crediamo in un "cammino di pace" e non in un'armonia romantica che ritiene che le società cambino per grazia dello Spirito Santo.

Luca Bagatin

Entrevista Embajador de Venezuela Dott. Julian Isaias Rodriguez Diaz
realizada por Luca Bagatin

Luca Bagatin: Señor Embajador, Venezuela, según lo que describen los medios de comunicación europeos, parece sufrir divisiones y violencias internas que, siempre de acuerdo con nuestros medios de comunicación, están fomentadas por el gobierno dirigido por Nicolás Maduro. ¿Es esta la verdad, o en Europa la información - como ya señaló en otra declaración oficial - viene completamente distorsionada?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: Toda la información que llega a Europa está distorsionada. Forma parte de una campaña mediática diseñada por EE UU contra Venezuela con el fin de apoderarse de nuestro petróleo tal como lo hicieron con Irak, Libia, Afganistán y actualmente con Siria. La divisiones son de la oposición. Su violencia logró amalgamar el Chavismo.



Luca Bagatin: En julio se votará por la Asamblea Constituyente. ¿Puede explicar por qué el gobierno ha decidido convocar la Asamblea Constituyente, y por qué la oposición se open a esta decisión?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: Venezuela recurrió al diálogo para dar respuesta a la inflación, al desgaste de la moneda, una acción petrolera que recupere los precios internacionales del petróleo, frenar la inseguridad ciudadana, controlar el acaparamiento de los alimentos y mejorar la distribución de estos. La oposición pidió con el carácter de testigos presenciales a 3 ex Jefes de Estado. El Gobierno ofreció a Rodríguez Zapatero de España, Fernández de Dominicana y Torrijos de Panamá. La oposición que con EE UU habían apostado a no lograr los testigos, requirió entonces la presencia de una institución internacional y Venezuela incorporó a UNASUR. Pretendiendo torpedear el diálogo solicitaron la presencia del Papa y este manifestó su conformidad y envió como representante al obispo de Buenos Aires quien de inmediato se trasladó a Venezuela. A la tercera reunión luego de dos acuerdos se levantaron y suspendieron el diálogo. El Presidente Maduro adujo entonces que la mesa de dos se convertiría en la de todos los sectores y factores políticos sociales y económicos del país. La mesa sería para discutir los mismos temas pero además de la paz y las relaciones interinstitucionales del estado venezolano pero a través de una Asamblea Nacional Constituyente. A esto se negó la oposición venezolana (MUD) quien se sorprendió ante un hecho que respondió a un ‘supuesto jaque al rey en Venezuela’.



Luca Bagatin: La Asamblea Constituyente parece reforzar en la Constitución actual los derechos sociales y civiles de los ciudadanos, así como la soberanía del Estado. ¿Usted lo confirma?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: Sin lugar a dudas, los derechos sociales y civiles son la gran conquista de las clases bajas de América latina y de los excluidos por una sociedad de clases que tenía por inexistente un grueso sector social que no aparecía en los registros ni en la estadísticas. No olvidemos que los desniveles más grandes del mundo entre quienes poseen riqueza y quienes no la tienen están en Latinoamérica. Desde hace quinientos años nuestros países han sido explotados primero por España y Portugal y luego por los Estados Unidos y un nuevo sector europeo. Adquieren nuestras materias primas, nuestros recursos naturales a muy bajos precios, los transforman en mercancía y nos los venden a diez o quince veces por encima del valor con el cual han adquirido nuestros productos. La relación inter comercial nos empobrece en cuanto nos arrojan la maquinaria o tecnología que desechan por inservible.



Luca Bagatin: En el ámbito geopolítico internacional, ¿Cuáles son los países que apoyan a Venezuela y los que están en contra? Según su opinión ¿cuáles sus razones?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: Nos adversan Estados Unidos, los 4 países latino americanos que están en la órbita de EE UU (México, Chile, Colombia y Perú y con los golpes de estado recienten han agregado Brasil y Paraguay, más Argentina donde lograron por 1.3 la victoria contra los sectores progresistas. A ello se suman los gobiernos conservadores de Europa que forman parte de la OTAN. Relación solidaria tenemos con China, Rusia, con los 8 países del Alba más El Salvador y algunos otros más del Medio Oriente. Las razones de una y otra cosa son indistintamente la solidaridad, el mercado y el petróleo.



Luca Bagatin: El Santo Pontífice parece apoyar a Venezuela, puso muchos esfuerzos para encontrar una solución humanitaria y pacífica a las divisiones que hay en Venezuela. ¿Cuál es su opinión al respecto?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: En América latina hay dos corrientes internacionales esencialmente significativas: la del Papa Francisco y la de los EE UU. La primera prestó su apoyo a Cuba para los acuerdos con Obama que acaba de romper Trump, los acuerdos de paz en Colombia que la oligarquía colombiana pretender anular y el diálogo en Venezuela. Francesco ha facilitado todos los medios para enfrentar la política agresiva norteamericana. Sobre todo ha tratado de evitar que nuestro país caiga en una situación peligrosamente humanitaria para evitar que el mismo mecanismo con el cual justifican sus intervenciones sea utilizado por los EE UU para repetir lo de Irak, Libia, Afganistán y Siria.



Luca Bagatin: ¿Cuál es la situación política actual de América Latina y en particular la de los países del socialismo del siglo XXI? ¿Habrá algún avance? El presidente Chávez, en una entrevista con Gianni Minà, dijo que esperaba para el futuro de los pueblos de América Latina “un baño de amor en lugar de un baño de sangre”. ¿Cree que todavía será muy difícil contrarrestar los intentos de golpe organizados por las oligarquías económicas, o se llegará, finalmente, a un baño de amor que favorezca los más débiles y los oprimidos?

Julian Isaias Rodriguez Diaz: El golpe de estado no pasará. Resistiremos hasta la victoria. Sin embargo habrá que revisar los cambios que haremos en paz. No ha bastado que nos propongamos electoralmente y ajustados a las reglas de la democracia burguesa para evitar la violencia. No la hemos evitado, no ha venido de nuestra parte pero los privilegiados y quienes desean nuestro petróleo están dispuestos a ejercer la fuerza y la arbitrariedad, la guerra, contra nuestros cambios. Posiblemente nos mantengamos en paz pero en "pie de paz" y no en la armonía romántica de creer que las sociedades cambian por obra y gracia del espíritu santo.


Luca Bagatin

martedì 27 giugno 2017

"l'oRDINE DEL cHAOS". Riflessioni di Luca Bagatin

L'unico Ordine al quale potrei mai appartenere è un disordine.
Ovvero il Caos della mia mente.


Fare i complimenti a una donna è facile.
Amarla in silenzio è più difficile.
Il rumore non mi piace.


Finchè la pensi come loro sono tutti "liberi pensatori". Quando dissenti...i gufi non sono quello che sembrano. 
C'è a chi piacciono le ragazze dei tempi di oggi, mentre a me non interessano.
Preferisco quelle di un'altra epoca.
La mia.

sabato 24 giugno 2017

La Quarta Teoria Politica di Aleksandr Dugin. Articolo di Luca Bagatin

La postmodernità, la globalizzazione, il glamour, lo showbusiness, hanno inghiottito e divorato ogni identità, ogni individualità e, dunque, ogni comunità. L'essere umano non è già più solo o tanto alienato, quanto piuttosto inglobato nell'effimera esistenza di cartapesta costruita da ad uso e consumo delle multinazionali, della grande impresa, della finanza, del sistema economico-politico-culturale occidentale americanocentrico.
Ecco dunque riaffiorare sulla scena movimenti che al mito totalitario liberaldemocratico si contrappongono e superano ogni ideologia passata. Fra questi il comunitarismo, movimento che vuole - oltre le vecchie contrapposizioni destra/sinistra - liberare l'essere umano dalla modernità della società commerciale, ipertecnologica, globalista e materialista.
In questo senso ecco una piccola ed interessante casa editrice che fonda il suo progetto editoriale proprio su questo, ovvero NovaEuropa (http://www.novaeuropa.it), che si è posta come obiettivo quello di pubblicare testi di approfondimento comunistarista.
Fra questi quello che a parer mio è il più importante, oltre che il più recente in termini di pubblicazione, ovvero "La Quarta Teoria Politica" del filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin.
Dugin è personaggio polieditrico e difficilmente inquadrabile ideologicamente. Nato nel 1962 in una famiglia della classe medio-alta, è filosofo che si pone in termini di critica radicale proprio dell'alta borghesia. Già ex collaboratore ed ispiratore, subito dopo il crollo sovietico, del leader del Partito Comunista della Federazione Russa, ovvero Gennadij Zjuganov, Dugin è fondatore - assieme allo scrittore Eduard Limonov ed ad altri militanti della galassia punk-rock, trasgressiva e underground di quegli anni - del Partito NazionalBolscevico negli Anni '90, che raccoglie i giovani sbandati e poveri, delusi dall'avvento del liberismo sfrenato in Russia.
Dugin si ispira sia allo spiritualismo gnostico di René Guénon e di Evola (nella sia interpretazione "di sinistra") che al Nazionalbolscevismo di Ernst Niekish ed alla Rivoluzione Conservatrice tedesca degli Anni '20, critica ed oppositrice del nascente nazismo di quegli anni e portatrice, con Niekish, di istanze di fusione fra il socialismo originario ed il nazionalismo non sciovinista.
Alla fine degli Anni '90 Dugin rompe con Limonov - diventato un fiero oppositore di Putin - per diventare uno dei filosofi più ascoltati in Russia, specie fra i settori più critici nei confronti del liberalismo, sino ad affascinare talvolta lo stesso Putin.
Aleksandr Dugin - attraverso quella che definisce appunto la "Quarta Teoria Politica" - si propone dunque di analizzare, per quindi superare, le tre teorie politiche dei secoli passati, ovvero il liberalismo, il comunismo ed il nazifascismo, che identifica come totalitarismi ideologici della modernità in antitesi rispetto a valori quali la giustizia sociale, la comunità popolare, la libertà della persona nell'ottica di un nuovo progetto culturale che guardi all'essere umano.
In questo senso, nel suo saggio per la prima volta tradotto in Italia, Dugin recupera il concetto del filosofo Alain De Benoist - con il quale ha spesso collaborato - ovvero la contrapposizione fra centro (le élite) e la periferia (i popoli), che è aspetto che fa decadere l'antico steccato destra/sinistra e di fatto lo supera. Il liberalismo, ovvero la prima teoria politica, è diventata l'ideologia dominante del centro, ovvero delle élite politiche occidentali, sconfiggendo la seconda teoria (il comunismo) e la terza (il fascismo). Il liberalismo, che di fatto ha ormai inglobato tanto la Destra che la Sinistra, sorto nell'800, si è sì dimostrata la teoria più stabile, ma ha di fatto negato cittadinanza a tutte le altre in nome di una falsa idea di libertà, ovvero in nome della libertà economica (di chi possiede le risorse) e dunque dello sdoganamento dell'egoismo umano. In questo senso Dugin precisa e rileva che i liberali sono "liberi da" (governi, chiese, dogmi, responsabilità comune dell'economia, redistribuzione della ricchezza, legami etnici, identità collettive), ma non sono affatto "liberi di", come invece lo erano i socialisti originari e gli anarchici alla Proudhon, ovvero coloro i quali puntano all'autonomia ed all'autodeterminazione e considerano ad esempio alternativo al governo il lavoro libero e autogestito in comune. Per Dugin dunque, la libertà positiva (essere "liberi di") rappresenta l'autentica libertà dell'essere umano.
Dugin inoltre sostiene che il liberalismo non è estraneo a crimini storici tanto quanto il nazifascismo ed il comunismo, in quanto, egli scrive, "...è responsabile della schiavitù e della distruzione dei nativi americani negli USA, per Hiroshima e Nagasaki, per le aggressioni in Serbia, Iraq e Afganistan, per la devastazione e lo sfruttamento di milioni di persone sul pianeta, e per le menzogne ignobili e ciniche che imbellettano queste verità storiche".

In questo senso la visione di Dugin e della sua Quarta Teoria è multipolare, ovvero contro ogni scontro di civiltà teorizzato dai Neocon statunitensi ed è per il dialogo fra civiltà, popoli e persone diverse.
A differenza del filosofo di formazione marxista e orwelliana Jean-Claude Michéa, Dugin identifica la seconda teoria politica, ovvero il comunismo ed il socialismo, con la sinistra, la quale fu la prima teoria a criticare radicalmente il liberalismo. All'interno di questa teoria Dugin identifica diverse sottocategorie ovvero: la Vecchia Sinistra (i marxisti ortodossi, i socialdemocratici ed i seguaci della Terza Via blairiana); i nazionalisti di sinistra (i nazionalboscevichi) e la Nuova Sinistra (neo-gauchisti postmoderni).
Alla Vecchia Sinistra marxista Dugin, oltre al materialismo, rimprovera di ammorbidire eccessivamente il pensiero rivoluzionario di Marx e di adattarsi alla società post-industriale; ai socialdemocratici e seguaci della Terza Via, Dugin rimprovera invece di essere dei liberali mancati, seguaci del progresso e della crescita economica illimitata o, meglio, di pretendere di fondersi con i liberali mantenendo, di fatto, lo stesus quo.
Dugin sembra dunque identificarsi, senza farne alcun mistero, con i nazionalbolscevichi, ovvero i nazionalisti di sinistra, che egli individua nei movimenti politici dell'America Latina del Socialismo del XXI secolo del Venezuela, Bolivia, Cuba, Ecuador ecc... ove peraltro i leaders sono spesso persone di origine indigena (vedi Evo Morales, Presidente della Bolivia), oltre che nel bolscevismo originario dell'URSS. Il significato nel nazionalismo di sinistra o nazionalbolscevismo, secondo Dugin, sta dunque nella "liberazione di forze arcaiche che emergono in superficie e si manifestano in una certa creatività sociopolitica". Qui, dunque, il socialismo viene interpretato in chiave nazionale ed assume forme molteplici a seconda della cultura e persino della religione o delle correnti spirituali (pensiamo all'influenza del cristianesimo e della teosofia nel socialismo latinoamericano) con la quale il socialismo viene in contatto (e così abbiamo la via cubana al socialismo, la via boliviana al socialismo e così via).
Dugin ad ogni modo ritiene che il nazionalbolscevismo sia ostacolato da tre fattori: lo shock persistente della dissoluzione del comunismo nazionale sovietico; la mancanza di concettualizzazione dell'elemento nazionale nel complesso ideologico (la maggioranza dei nazionalisti di sinistra si definisce semplicemente socialista o marxista, senza riconoscere le proprie peculiarità nazionali); la scarsa comunicazione, su scala globale, dei vari movimenti nazionalbolscevichi.
Alexandr Dugin critica invece in toto la terza teoria politica, ovvero il nazifascismo in quanto - benchè critico nei confronti del capitalismo e del liberalismo - esso si fonda sul razzismo e sulla presunzione di superiorità di una razza, di un'etnia, sulle altre e lo giudica repellente. Ad ogni modo, oltre alla Germania hitleriana, Dugin ritiene che un certo razzismo sia presente anche nelle società europee e stetunitensi, che hanno prima messo a ferro e fuoco il Terzo Mondo con colonialismo e neo-colonialismo ed oggi mantengono un certo razzismo intellettuale attraverso il politicamente corretto, il glamour, il fashon, la tecnologia alla moda che invita tutti a possedere l'ultimo modello di cellulare (sic !) !
Dugin ritiene dunque che l'ideologia del progresso sia in sé razzista in quanto presume che il presente sia migliore rispetto al passato, insultando così la dignità dei nostri avi, nonché quella delle società e civiltà arcaiche (molte delle quali ancora oggi presenti, si pensi ad alcune società matriarcali presenti in Cina). E ritiene altresì razzista la globalizzazione unipolare, fondata sull'idea che la storia ed i valori occidentali e statunitensi siano leggi universali da imporre a tutti i popoli, che, diversamente, hanno invece una loro propria e rispettabile identità, storia e cultura.
In questo senso Dugin afferma che la Quarta Teoria Politica, rigettando tutte le altre, è profondamente antirazzista, combattendo il razzismo biologico fascista, il razzismo di classe comunista e quello liberista, fondato sul razzismo economico, tecnologico e culturale (ti accetto solo se ricco, con l'ultimo modello di smartphone e bianco...sic !).
Crollato il fascismo prima nel 1945 ed il comunismo poi nel 1992, l'ultima teoria da sconfiggere, per Dugin, rimane nel concreto il liberalismo, che identifica, assieme al già citato De Benoist, come "il nemico principale" in quanto fondato sull'egosimo individualista ed è lungi dal tollerare le differenze fra le persone, le culture ed i modi di pensare (a meno che non siano di matrice liberale...sic !).
All'ideologia liberale progressista, Dugin contrappone dunque una visione socialista originaria, citando fra gli altri il sociologo francese Marcel Mauss, autore di un celebre saggio sul dono, il quale ha spiegato come le società arcaiche considerassero - a differenza di quelle moderne e fondate sulla crescita economica illimitata - i raccolti in eccesso delle assolute catastrofi. Una volta soddisfatti i bisogni di ciascuno, dunque, dal raccolto in eccesso non si doveva trarre assolutamente alcun profitto (identificato anche nella società moderna come l'interesse sul capitale o usura), bensì andava ritualmente ed attraverso una cerimonia sacra o donato ad altri o distrutto.
Ecco dunque l'essenza della Quarta Teoria Politica che, forse, non ha nulla di nuovo, ma piuttosto di antico e genuino.
Nella sua critica al liberalismo Dugin non può che identificarlo, come peraltro già detto, con il modello unipolare statunitense e con il suo tentativo reiterato di imporre al mondo il suo modello politico attraverso guerre sia economiche (vedasi nell'attuale America Latina socialista) che sul piano militare (vedasi i casi di ex Jugoslavia, Iraq, Libia, Siria ecc...). E la risposta della sua Quarta Teoria Politica rimane sempre il multipolarismo ed il rispetto/dialogo fra le culture e gli Stati sovrani.
Il nemico della Quarta Teoria Politica duginiana è dunque l'individualismo, la liberaldemocrazia, il consumismo, la xenofobia, lo sciovinismo, il razzismo, il capitalismo, la società dello spettacolo già denunciata dal filosofo francese situazionista Guy Debord.
La Quarta Teoria, nelle parole stesse di Dugin, è un recupero del nazionalbolscevismo che rappresenta "il socialismo senza materialismo, ateismo, modernismo e progressivismo". E' altresì un recupero della Tradizione spirituale gnostica ed esoterica originaria e un invito al dialogo costruttivo fra la sinistra radicale e la Nuova Destra debenostiana, oltre che con i vari movimenti Verdi ed ecologisti, superando vecchi steccati ideologici ed approdando a nuove sintesi ideali.
Una visione - quella di Aleksandr Dugin - antica, ma, forse, proprio per questo, profondamente attuale e destinata a diventare una interessante alternativa democratica allo status quo.

Luca Bagatin

sabato 17 giugno 2017

"Sui Doveri prima dei diritti; sul rispetto e amore per la Natura; sul multipolarismo ed il rispetto delle differenze". Riflessioni di Luca Bagatin

Nessuno ha amore più grande di colui il quale sa rispettare la libertà dell'altro.
(Simone Weil)

È criminale tutto ciò che ha come effetto di sradicare un essere umano o d’impedirgli di mettere radici.
(Simone Weil)

Il liberalismo è responsabile di crimini storici tanto quanto il fascismo (Auschwitz) e il comunismo (i gulag); è responsabile della schiavitù e della distruzione dei nativi americani negli USA, per Hiroshima e Nagasaki, per le aggressioni in Serbia, Iraq e Afganistan, per la devastazione e lo sfruttamento di milioni di persone sul pianeta, e per le menzogne ignobili e ciniche che imbellettano queste verità storiche.
(Aleksandr Dugin, da La Quarta Teoria Politica, Edizioni Nova Europa)
 
Tutti a chiedere diritti, ma nessuno che considera i doveri (verso il prossimo, la comunità, l'umanità...), come ci insegnò Giuseppe Mazzini.
L'edonismo modernista ci seppellirà.



Non si tratta nemmeno di essere antiamerikani, ma di prendere coscienza del fatto che, l'unipolarismo a guida Statunitense, è l'antitesi della democrazia e della libertà dei popoli.



Sono un critico dell'universalismo liberale, preferendogli il pluriversalismo comunitario.



L'uomo, nel suo essere limitato, pensa di poter domare la Natura, ma essa, presto o tardi, trionfa sempre.



Anzichè favorire politiche di "accoglienza" (leggi: deportazione), bisognerebbe sradicare le cause che obbligano le persone a fuggire dalla propria terra d'origine.



Non riesco proprio ad essere antropocentrico.
Per me al primo posto viene la Natura e poi tutto il resto.
Quanto alla tecnologia, penso sia uno dei fenomeni di decadenza del Kali Yuga.
Passerà tutto quanto. L'essere umano deve prendere consapevolezza di non essere, per la fortuna del Pianeta, unico, ma uno dei tanti esseri che lo abitano.

Il Comandante e Presidente Eterno Hugo Chavez ha ricevuto il testimone da Simon Bolivar, la sua spada.
La sua missione non è finita: continua nella Rivoluzione dell'Amore.

lunedì 12 giugno 2017

In Francia e alle amministrative italiane vince il non voto. Che necessita, evidentemente, di auto-rappresentanza. Articolo di Luca Bagatin

A vincere, diciamolo chiaro, è stata l'astensione.
Lo è stata, clamorosa, in Francia, con un astensionismo di oltre il 50% e lo è stata anche in questa tornata di amministrative in Italia.
Macron, dunque, vince e si prenderà la maggioranza assoluta dei seggi nell'Assemblea Nazionale francese con il 16% netto, ovvero è stato votato da solo il 16% degli aventi diritto al voto. E' questa democrazia ?
Un anno esatto fa scrissi un articolo (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/06/hanno-vinto-i-non-votanti-quando-una_6.html) nel quale analizzavo i risultati delle amministrative da Roma a Napoli passando per Torino, ed evidenziavo ancora una volta come, a prevalere, fosse il partito del non voto. E come questo necessiti, se di democrazia vogliamo parlare, di una rappresentanza, ovvero di una auto-rappresentanza.
In massa, i cittadini, sempre meno interessati alle alchimie dei partiti alla ricerca di leggi elettorali a loro più convenienti, sembrano infatti disgustati dall'attuale offerta politica e ciò, evidentemente, non solo in Italia, ma anche in una Europa ove a muovere i fili sono sempre più organismi sovranazionali - dall'Unione Europea al Fondo Monetario Internazionale - sia distanti dalle necessità dei popoli, ma anche sempre più richiedenti misure di austerità dannose per i cittadini medesimi, i quali invece necessitano di politiche sociali, di rinnovata sovranità nazionale e di democrazia partecipativa.
In questo senso siamo infatti di fronte ad un deficit di democrazia in quanto siamo di fronte ad un deficit di rappresentanza che, come indicavo in quel mio articolo ed in altri precedenti, potrebbe essere colmato non già più attraverso deleghe elettoralistiche a politici ed ai loro partiti, bensì attraverso assemblee popolari aperte a tutti e decentrate al massimo, in modo tale che la periferia abbia voce e rappresentanza in capitolo e prevalga su un centro sempre più elitario.
In questo senso proponevo, dunque, la necessità di fornire un'adeguata rappresentanza civica, civile e politica anche ai non votanti, in quanto largamente maggioritari rispetto a tutti gli altri partiti e movimenti.
Come già scrissi, riporto testualmente: Un sistema potrebbe essere ad esempio l'attribuzione dei seggi che potrebbero spettare ai non votanti a tutti i cittadini aventi diritto al voto, estraendoli a sorte. Oppure l'attribuzione dei seggi spettanti nei Consigli ai non votanti, attribuendoli ai non votanti medesimi, estratti sempre a sorte, come nell'Agorà dell'Antica Grecia, culla della democrazia.
E così a Roma, ad esempio, quel 43% di non voti potrebbe essere occupato nel Consiglio comunale da altrettanti cittadini comuni estratti a sorte. E così il 46% di non voti nel Consiglio comunale di Milano e così via. Diversamente si toglierebbe la possibilità alla stragrande maggioranza dei cittadini che hanno liberamente scelto di non dare deleghe in bianco ai politici, di essere rappresentata democraticamente.

Bisognerebbe, in sostanza, far sì che le singole intelligenze delle persone, dei cittadini, possano parlarsi, confrontarsi, approfondire, autogestirsi, attraverso il buonsenso tipico delle Agorà greca.
Sarebbe peraltro interessante che, progressivamente, si arrivasse ad abolire le elezioni stesse (come peraltro suggerito anche dall'intellettuale belga David Van Reybrouck, che ha scritto un saggio in merito edito in Italia da Feltrinelli, “Contro le elezioni”) e si favorisse la nascita di assemblee popolari estratte a sorte, fra tutti i cittadini compresi fra i 18 ed i 65 anni e di comitati popolari composti da chiunque voglia dire la sua ed incidere nella gestione del Paese sul modello, peraltro, del “Bilancio Partecipativo”, già attuato in numerosi Comuni italiani ed a Porto Alegre in Brasile.
Per la prima volta si permetterebbe così, dunque, alle singole intelligenze, di avere un posto all'interno del Parlamento, dei Consigli Regionali e Comunali. E dunque di costituire, via via, una base per una prima assunzione di responsabilità politica e civile da parte della cittadinanza attiva.
Questa, in sostanza, l'attuazione della vera democrazia.
E' chiaro che, per elevare le coscienze, ovvero per formare i cittadini alla vita civica e politica, sarebbe prioritaria ed utile la costituzione di scuole di formazione politica, culturale, spirituale ecc... totalmente gratuite ed accessibili a tutti. I partiti elettoralistici stessi – che perderebbero ogni loro funzione - e le loro Fondazioni potrebbero in questo senso essere riconvertiti in scuole di formazione politica sin da ora, peraltro.
Far cadere i vecchi steccati ideologici e formare le coscienze ad una auto-rappresentanza autogestita, appare dunque come la cosa più utile al fine di ripensare in senso sempre più democratico ed aperto il confronto pubblico che, in assenza di una rappresentanza diretta, civica e civile, rischia di deteriorarsi e nello sfociare in pericolose derive autoritarie o di piazza.
Ciò sembra ad ogni modo al momento non preoccupare mimimamente i politici tanto italiani quanto francesi che, con nemmeno il 50% di votanti, ritengono ad esempio che Marcon sia legittimato ad avere la maggioranza assoluta del Parlamento (sic !).
Ciò ci appare quantomeno azzardato e degno di profonda riflessione.

Luca Bagatin

sabato 10 giugno 2017

La necessità di superare i vecchi steccati ideologici in nome del popolo e dei popoli. Articolo di Luca Bagatin

Jeremy Corbyn, ovvero un socialista tutto d'un pezzo che sta facendo dimenticare il guerrafondaio Tony Blair, vergogna assoluta della politica e del laburismo britannico. Con il suo 40%, Corbyn, dimostra come l'amore (per l'ambiente, per i diritti dei lavoratori, per gli emarginati, per gli animali, per i popoli del mondo oppressi) vince sull'odio. E come il populismo - nel senso originario e più positivo del termine - sia quanto chiedono gli oppressi, i diseredati e gli sfruttati anche nel Regno Unito.
Populismo che è poi socialismo autentico ed originario, in opposizione alle politiche oligarchiche e d'austerità imposte dall'economia totalitaria della crescita e dal Fondo Monetario Internazionale, che hanno e stanno affamando i popoli del Pianeta.
Corbyn, peraltro, come il francese Jean-Luc Mélenchon, leader socialista de "La France Insoumise", è un amico dell'America Latina del Socialismo del XXI Secolo, ovvero sovrana, bolivariana, libertaria e democratica, degno esempio di sviluppo oltre l'egoismo capitalista ed il liberalismo totalitario rappresentato tanto dalla destra conservatrice che dalla sinistra progressista anti-sociale in salsa Macron, Renzi, Julio Borges, Henrique Capriles e compagnia.
In Francia, qualunque sia o sarà il risultato delle elezioni legislative, le forze di popolo - ovvero la già citata France Insoumise ed il Front National di Marine Le Pen - rappresentano, assieme, almeno il 30% dell'elettorato, senza contare i partiti minori euroscettici e anti-globalizzazione e la gran parte degli astenuti che non si riconoscono nella politica attuale e tradizionale.
Ecco dunque, forse, la necessità di rompere i vecchi steccati ideologici destra/sinistra per iniziare un dialogo fra forze solo apparentemente contrapposte.
Marine Le Pen, come segnalato anche dal sito francese Contrepoints.org e da Formiche.net (http://formiche.net/2017/04/25/idee-socialista-marine-le-pen/), ha già da tempo abbandonato - non senza critiche e strappi interni - il vecchio liberismo del padre Jean-Marie ed anche certo conservatorismo, promuovendo diritti degli omosessuali e laicità e proponendo un programma autenticamente socialista. Programma socialista abbandonato da tempo dal Parti Socialiste, il quale, ormai in caduta libera, è diventato - con Hollande e Valls - un partito liberal-capitalista molto simile alla visione blairiana, macroniana e renziana, ovvero un partito in sintonia con le classi sociali progressiste medio-alte.
Jean-Luc Mélenchon, socialista mai pentito il cui merito fu proprio quello di aver abbandonato un PS liberal-capitalista, non ha poi un programma ed una visione così diversa dal Front National in ambito sociale, se non su alcuni punti.
Ecco che, forse, in nome del popolo sovrano, questi due partiti potrebbero tentare di trovare una sinergia, in quanto l'attuale Presidente Macron e l'attuale Unione Europea rappresentano, con le loro politiche globaliste, un serio pericolo per i popoli e per i poveri.
Come già segnalato in un altro articolo (http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/05/il-popolo-contro-le-elite-di-destra-e.html), la destra economica e la sinistra progressista, sono unite da tempo, in Europa e non solo, nella conservazione dello status quo oligarchico di austerità ed ecco come sia necessario cambiare completamente il paradigma, rompere gli steccati ideologici e comprendere che ciò che chiedono i cittadini è sovranità, rappresentanza diretta e politiche sociali. Tutti aspetti che il liberalismo economico ha via via, attraverso la negazione della politica e della democrazia diretta in favore dell'economia di mercato senza regole e della delega elettoralistica, sempre più impedito.
Nonostante il sistema mediatico mainstream non favorisca la possibilità di ragionare in questi termini e la possibilità di diffondere gli ideali popolari, democratici, socialisti, autogestionari, populisti e sovranisti, oltre la destra e la sinistra, sembra che le generazioni più giovani e quelle più anziane - abbandonate ad un presente e ad un futuro economicamente e socialmente precario - abbiano iniziato da tempo a far sentire la propria voce.

Luca Bagatin

L'anarchia, per Pierre-Joseph Proudhon, è l'ordine senza il potere. Conferenza del saggista Thibault Isabel con interventi di Michel Onfray


giovedì 8 giugno 2017

"Rispetto e amore per le differenze; lotta alla globalizzazione selvaggia; libertà dalla schiavitù del lavoro e del salario; autogestione ed autodeterminazione. Ovvero Amore e Libertà" Riflessioni di Luca Bagatin

Più che una cosiddetta (o sedicente) Società Aperta che si traduce nell'imposizione del modello americanocentrico al resto del mondo, preferisco una Civiltà dell'Amore, nella quale le singole identità e comunità si rispettino, con le rispettive peculiarità e differenze.

Continuo a pensare che, se in Francia si alleassero Front National e France Insoumise, lasciando alle spalle feticismi ideologici del passato e unendosi su un programma sovranista e anti-globalizzazione, potrebbero dare filo da torcere allo Squalo della finanza oggi al governo.

Il socialista autogestionario è molto più liberale del liberale economicistico.
Egli ambisce alla liberazione dalla schiavitù del lavoro e del salario, mentre il liberale è un propugnatore/sostenitore di tale schiavitù.

Non sono diventato antiamerikano per ideologia politica marxista o di sinistra o cose simili. Perché non lo sono.
Sono diventato antiamerikano perché sono democratico e credo nelle differenze e nell'autodeterminazione dei popoli.

Il lavoro è via via sempre più fonte di stress. Mentre la disoccupazione è sempre più endemica. Occorre pensare un nuovo sistema, comunitario, che ci liberi dalla schiavitù del lavoro e del salario.

Amare è tendere la mano o il cuore a qualcuno, non certo prendere e pretendere.
Sarà per questo che ritengo troppo complicati (ed evitabili) i rapporti sentimentali nel mondo della materia. 

(Luca Bagatin)

lunedì 5 giugno 2017

"Sensualità": poesia di Luca Bagatin

Il mio cuore racchiuso nel tuo.

Il tuo cuore racchiuso nel mio.

Labbra socchiuse. Che si baciano.

Occhi che si guardano e si compenetrano.

Mani che si toccano e si stringono.

I tuoi capelli fra le mie mani.

Le tue mani sulla mia pelle.

Le mie labbra sul tuo seno,

sulle tue gambe,

sulle tue cosce,

sui tuoi piedi.

Le tue labbra sul mio petto.

I nostri cuori si aprono,

palpitano

ed esultano.

(Luca Bagatin)

Socialismi asiatici: l'Oriente può dirsi ancora oggi rosso ? Un saggio dell'intellettuale indipendente David L'Epée in proposito. Articolo di Luca Bagatin

La rivista francese "Rébellion" (www.rebellion-sre.fr), espressione dell'Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea (OSRE), ha pubblicato da pochissimo, un interessante saggio in brochure - per la collana "Editions des livres noir" - del giovane intellettuale indipendente svizzero David L'Epée (www.davidlepee.com), già collaboratore della rivista "Rébellion" e di "Eléments", dal titolo "Socialismes asiatiques. L'Orient est-il toujours rouge ?", ovvero "Socialismi asiatici. L'Oriente è sempre rosso ?".
E' importante ricordare che l'OSRE e la sua rivista, hanno sempre avuto il merito di precisare che esistono vari socialismi, tutti diversi e meritevoli di essere approfonditi, a seconda della zona geografica nella quale ci si trova. E così abbiamo il "socialismo rivoluzionario" europeo (che si rifà per moltissimi versi - fra gli altri - a Proudhon, Pierre Leroux, Garibaldi, Sorel e altri); il "titismo jugoslavo"; il "bolivarismo latinoamericano" e così via. E ciò è precisato dall'autore del saggio nella sua introduzione volta a presentare i vari socialismi asiatici, nella fattispecie quello cinese e nord coreano.
La particolarità del saggio, scritto ed edito in francese, ma ci auguriamo presto anche in italiano e in altre lingue, è, come afferma l'autore stesso nella sua introduzione, un saggio critico e per nulla apologetico. L'autore racconta unicamente la storia e l'evoluzione del socialismo in questi Paesi, avendo peraltro egli vissuto in Cina e Corea del Nord ed avendovi studiato.
Egli ci tiene immediatamente a precisare che non si tratta affatto di "paradisi in terra", tutt'altro, bensì sono e sono stati attraversati da autoritarismo e violenze estreme e sono entrambi lontanissimi dal pensiero originario di Mao Zedong e dal marxismo originario, al punto che la Cina è oggi un Paese a guida formalmente comunista, ma, nei fatti, ha una economia turbocapitalista e liberale che è diventata profondamente foriera di diseguaglianze sociali.
Di qui, non a caso, il titolo del saggio-brochure: "L'Oriente è sempre rosso ?", ovvero, può dirsi davvero socialista ? Ed è in ciò racchiusa la speranza dell'autore, profondamente anticapitalista e socialista autentico, in un futuro rivoluzionario e liberatore dei popoli sovrani oppressi in ogni parte del mondo.
Par fare ciò, ad ogni modo, la conoscenza, per quanto critica, dei vari modelli socialisti esistenti (con le loro peculiarità e radici storiche, culturali e nazionali) e molto poco approfonditi nell'Occidente liberal-capitalista piegato al pensiero unico mediatico-globalista, è necessaria.
Per tutti gli interessati, gli studiosi, i militanti e gli appassionati, il saggio di David L'Epée è acquistabile al simbolico prezzo di 6 euro al seguente link: http://rebellion-sre.fr/boutique/socialismes-asiatiques-lorient-toujours-rouge-de-david-lepee/.

Luca Bagatin