"L'anarchia è il governo dell'ordine"
“Tutti i partiti senza eccezione, nella misura in cui si propongono la conquista del potere, sono varietà dell’assolutismo.”
“La più alta perfezione della società si trova nell'unione dell'ordine e dell'anarchia.”
“La distinzione tra banchiere e usuraio è puramente nominale.”
“L'anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l'ordine ed a garantire tutte le libertà.”
(Pierre-Joseph Proudhon)
giovedì 27 aprile 2017
Pierre-Joseph Proudhon (1809 - 1865), ovvero l'anarchia è il governo dell'ordine.
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Giudicare senza approfondire.
Giudicare senza approfondire. Lo sport nazionale della gran parte
delle persone che, così facendo, si illudono di aver ragione senza
far fatica.
(Luca Bagatin)
Agli intellettuali conformisti ho sempre preferito le soubrette e le pornodive.
Le trovo più interessanti.
(Luca Bagatin)
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martedì 25 aprile 2017
Ricordiamo, come ogni 25 aprile, il partigiano Randolfo Pacciardi, repubblicano mazziniano e Padre della Repubblica. Quella autentica, civile, onesta e democratica. Ancora tutta da costruire
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lunedì 24 aprile 2017
Risultati elezioni Presidenziali francesi 2017: la Francia di popolo contro la Francia delle élite. Articolo di Luca Bagatin
Al momento sembra essere in vantaggio,
con il 23,8% dei consensi, il candidato delle élite borghesi e
finanziare, ovvero l'ex banchiere Emmanuel Macron, quello che sin
dall'inizio indicammo come il vero rappresentante della destra (e
della sinistra) finanziaria ed oligarchica da sconfiggere
(http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/04/elezioni-presidenziali-francesi-2017.html).
Sostenitore della prima ora e Ministro
dell'Economia del peggior governo di Francia, ovvero quello
capitanato da Hollande e da Valls, ovvero da coloro i quali hanno
trasformato il Partito Socialista in partito liberal-capitalista
(tanto da ridurre il partito ad un misero 6,3% dei consensi presi da
Hamon), Macron presenta un programma confuso quanto in linea con le
prospettive di un'Europa austera e senz'anima, a vantaggio solo delle
imprese e delle classi ricche. Superficiale quando si tratta di
parlare di lotta al terrorismo, Macron ritiene che il problema sia
semplicemente frutto delle discriminazioni e dell'assenza di mobilità
sociale in Francia.
Diametralmente opposto il programma di
Marine Le Pen che, a dispetto di quanto scrivono e dicono i media
mainstream, non è affatto di destra e men che meno di estrema
destra.
Come già scrivemmo recentemente, la Le
Pen - che ha mutato radicalmente il volto del Front National - sembra
incarnare valori gollisti in politica estera, (indipendenza della
Francia dall'Europa e della NATO) e socialisti in ambito
economico-sociale, attraverso l'abolizione della precarizzante Loi
Travail; l'abbassamento dell'età pensionabile; l'abbassamento delle
imposte sul reddito per primi tre scaglioni e delle piccole e medie
imprese. Inoltre Marine Le Pen pone l'accento sulla laicità dello
Stato ed è l'unica a rilevare e a voler contrastare il fenomeno
dell'immigrazione di massa, che è fenomeno di sradicamento forzato
dei popoli - imposto dalla globalizzazione liberal-capitalista - che
danneggia tutti. In particolare le classi povere e gli immigrati
stessi, che si stanno ritrovando e sempre più si ritroveranno senza
prospettive ed in balìa della criminalità organizzata.
Marine Le Pen, nel suo discorso
post-elettorale, ha criticato pesantemente la globalizzazione
selvaggia e la deregulation economica, che porta a non avere
frontiere nè protezioni (anche sociali, visto il progressivo
smantellamento dello Stato Sociale in tutta Europa con l'avvento
della globalizzazione e delle politiche imposte dall'UE e dal Fondo
Monetario Internazionale).
La Le Pen, dunque, appare l'unica
alternativa all'"erede" del catastrofico Hollande nonché
rappresentante della finanza e ciò potrebbe veder confluire su di
lei i voti dell'unico candidato autenticamente socialista in lizza
alle Presidenziali, ovvero Jean-Luc Mélenchon, che ha comunque
conquistato un ottimo 19,6%. Mélenchon, non a caso, a differenza
degli altri candidati "del sistema" (Fillon ed Hamon), si è
guardato bene dallo schierarsi con uno dei due candidati al
ballottaggio, che si terrà domenica 7 maggio, ma ha lasciato libertà
di coscienza al suo elettorato.
Come dicevamo, invece, i candidati
"mainstraem" della destra - ovvero François Fillon - e
della sinistra - ovvero Benoit Hamon -, hanno deciso di schierarsi
apertamente con Macron al ballottaggio.
I media danno già Macron come
vincente, ma, ad ogni modo, si tenga conto che i candidati
"anti-sistema" e di matrice popolare e populista nel senso
più positivo del termine, ovvero Le Pen, Mélenchon, Dupont-Aignan,
Lassalle, Poutou, Asselineau ed Arthaud, hanno raccolto tutti assieme
quasi il 50% dei voti, oltre al fatto che ben il 21,3% degli
elettori si è astenuto.
I giochi, dunque, sono ancora tutti
aperti, oltre al fatto che il neo-partito di Macron "En Marche",
non avendo alcuna struttura politica alle spalle nè un programma
organico, potrebbe raccogliere pochi consensi alle elezioni
parlamentari del giugno prossimo, a differenza del Front National
della Le Pen e della "France Insoumise" di Mélenchon, che
hanno già iniziato a raccogliere da tempo le simpatie ed i consensi
dei ceti popolari e meno abbienti, oltre che di buona parte
dell'elettorato ex comunista, socialista e gollista, stanco di subire
i diktat di Bruxelles e di Washington.
E' l'ora, dunque, della Francia
ribelle, popolare e sovrana !
Luca Bagatin
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venerdì 21 aprile 2017
Vive la République et vive la France belle (laïque) et rebelle !
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martedì 18 aprile 2017
Ciao Gianni !
E' così che vorrei ricordare Gianni Boncompagni.
Con la sigla dolce e scanzonata di "Non è la Rai", programma presentato dalla sempre elegante ed arguta Enrica Bonaccorti, troppo scioccamente sottovalutato, come molti dei suoi (si pensi a "Bombay" del 2007 - 2008). I programmi surreali e colorati di Boncompagni, pieni di vitalità, freschezza, nonsense e senza alcuna morbosità, hanno profondamente influenzato il mio modo di scrivere e di pensare: FUORI DAL CORO E CONTROCORRENTE !
Ciao Gianni e grazie di tutto !
Luca Bagatin
Con la sigla dolce e scanzonata di "Non è la Rai", programma presentato dalla sempre elegante ed arguta Enrica Bonaccorti, troppo scioccamente sottovalutato, come molti dei suoi (si pensi a "Bombay" del 2007 - 2008). I programmi surreali e colorati di Boncompagni, pieni di vitalità, freschezza, nonsense e senza alcuna morbosità, hanno profondamente influenzato il mio modo di scrivere e di pensare: FUORI DAL CORO E CONTROCORRENTE !
Ciao Gianni e grazie di tutto !
Luca Bagatin
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Elezioni Presidenziali francesi 2017: possibile trionfo della Francia autenticamente socialista e sovrana ? Articolo di Luca Bagatin
Aumentano nei consensi sino a far
pensare quasi ad un possibile ballottaggio fra loro alle imminenti
elezioni Presidenziali francesi, che si terranno il 23 aprile
prossimo.
Stiamo parlando di Marine Le Pen,
leader del Front National e di Jean-Luc Mélenchon, leader del
raggruppamento La France Insoumise (ovvero La Francia Indomita) ed ex
socialista di lungo corso in polemica dal 2008 con il Partito
Socialista di Hollande (ormai partito liberal-capitalista), oltre che
estimatore delle politiche sociali attuate da Hugo Chavez in America
Latina. La prima è attestata fra il 23 ed il 24% dei consensi; il
secondo fra il 19 ed il 20% e sta investendo moltissimo in
comunicazione, in particolare multimediale fra i giovani, al punto
che è stato realizzato un simpatico videogame gratuito da giocare
online con protagonista proprio Mélenchon in lotta contro i Poteri
Forti finanziari ed economici (www.fiscalkombat.fr).
Entrambi candidati anti-sistema, ovvero
saldamente ancorati a politiche sovraniste e sociali, sembrano
rispondere a quell'ampia fetta di elettorato delusa dalle politiche
di austerità di una Europa capitalista, burocratica e senz'anima.
Entrambi criticano le politiche del
Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea,
preferendo che siano i cittadini stessi a decidere se rimanere o meno
nell'Unione Europea. Entrambi guardano all'uscita della Francia dalla
NATO, che in tutti questi anni ha servito gli interessi statunitensi,
finendo per defenestrare leaders quali Mu'Ammar Gheddafi, ovvero gli
unici argini al terrorismo fondamentalista. Entrambi presentano
programmi simili per quanto concerne gli aspetti sociali: vogliono
l'abolizione della precarizzante legge sul lavoro Loi Travail
(l'equivalente del nostro Jobs Act) ed entrambi sono per
l'abbassamento dell'età pensionabile, oltre ad una possibile
riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e l'introduzione
di misure protezionistiche sul commercio.
A differenziarli le politiche
sull'immigrazione: più stringenti quelle della Le Pen, più aperte
quelle di Mélenchon. Inoltre, mentre Mélenchon pone maggiore
attenzione alle questioni ambientaliste (ad ogni modo non del tutto
tralasciate dalla Le Pen), la Le Pen pone maggiore attenzione alla
laicità dello Stato, da estendere anche ai luoghi di lavoro, con un
apposito codice.
Le Pen e Mélenchon, ad ogni modo,
sembrano rappresentare meglio di altri quella necessità di sano
populismo - ovvero di politiche di popolo ed in favore del popolo -
disattese in tutti questi anni dai rappresentanti di quel Partito
Socialista trasformatosi in partito capitalista e padronale e del
Partito Repubblicano, che ha perduto ogni riferimento autentico al
sovranismo di Charles De Gaulle, per vendersi all'alleato
statunitense.
Oggi queste politiche di matrice
capitalista e padronale sono rappresentate dall'ex banchiere Emmanuel
Macron e da François Fillon. Il secondo sembra ormai fuori dai
giochi (tanto quanto il candidato del Partito Socialista, Hamon,
attestato ad un misero 9%), mentre il primo è il vero candidato
delle élite economico-finanziarie da battere ed attualmente
attestato al 24%.
I giochi, dunque, sono aperti.
Quel che è certo è che anche le
Presidenziali francesi hanno dimostrato ciò che il filosofo Alain De
Benoist ha spiegato più volte. Assistiamo in questi anni non più ad
una contrapposizione destra-sinistra (che ormai rappresentano
entrambe da tempo - come peraltro accaduto per molti anni anche in
America Latina, prima dell'avvento al governo di leaders socialisti e
sovranisti - le élite economico-oligarchiche), bensì ad una
contrapposizione fra istanze sociali, sovraniste e popolari da una
parte ed élite padronali ed oligarchiche dall'altra.
E' questa, evidentemente, in Europa,
l'ora dei popoli sovrani per troppo tempo rimasti inascoltati.
Luca Bagatin
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venerdì 14 aprile 2017
Eutanasia legale ! Il Parlamento risponda ! Articolo di Luca Bagatin
A chi appartiene la vita ? Ad ogni
individuo libero di affidarla a chi vuole, in base a ciò che gli
suggerisce la coscienza. Questa la frase che non mi scorderò mai di
ripetere e che scrisse Roberta Tatafiore, la militante per i diritti
civili che ad un certo punto della sua vita decise di suicidarsi.
Mina Welby |
La vita appartiene a ciascuno di noi.
Può essere bella o meno bella, ma nessuno - nemmeno le leggi dello
Stato - possono disporne al posto nostro.
Siamo un Paese libero e democratico. Si
dice.
Se così fosse esisterebbe la
possibilità per ciascuno - come nella civile e democratica Svizzera
(ove esiste la democrazia diretta !) - di decidere come e quando
morire.
E non scoppierebbero assurdi "scandali"
come i casi Englaro e Piero Welby. E nessuno si scandalizzerebbe e la
Chiesa cattolica comprenderebbe, forse, che l'amore per le persone,
per gli esseri viventi, passa anche attraverso la liberazione dalle
sofferenze.
Perché la morte non è che la
prosecuzione della vita in un'altra dimensione, in un'altra forma,
non la sua negazione. Mentre la sofferenza è una forma di violenza.
La sofferenza è la negazione vera della vita e dell'amore.
E così ecco gli angeli di Dignitas -
associazione svizzera per il suicidio assistito - ed ecco gli angeli
dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato e Mina Welby.
Il primo accompagnò dj Fabo il
febbraio scorso in una clinica Svizzera che autorizza il suicidio
assistito. Dj Fabo, cieco e tetraplegico a seguito di un incidente,
non ne poteva più di vivere in quelle condizioni inumane. E aveva
chiesto, con dignità, di farla finita. Non prima di aver trasmesso
al Presidente della Repubblica Mattarella un messaggio chiedendo che
il Parlamento approvasse al più presto una legge sul testamento
biologico e sul fine vita.
Luca Bagatin e Mina Welby |
Nei giorni scorsi Mina Welby ha
accompagnato in Svizzera Davide Trentini, l'uomo che da anni soffriva
di sclerisi multipla ed i cui dolori erano diventati insopportabili.
Davide, come dj Fabo, chiedevano solo di essere liberi dalle
sofferenze. Ed una legge che permettesse loro di poter porre fine
alla loro agonia in Italia, senza dover ricorrere - con i costi
ingenti del caso - ad una clinica Svizzera. E' quello che chiedono
molti malati, molte persone sofferenti.
Quella di Mina e di Marco,
autodenunciatisi per aver accompagnato queste persone in Svizzera, è
ed è stata solo umanità ed amore per il prossimo. Accoglimento di
una estrema richiesta di aiuto.
Il Parlamento e le istituzioni
italiane, invece, rimangono silenti sull'argomento. La legge sul fine
vita è "in stallo".
E' questo un Paese civile, libero e
democratico ?
E' questo un Paese ove l'amore per il
prossimo e per l'umanità afflitta è destinato a prevalere ?
Attendiamo risposte, al momento, con le
lacrime agli occhi, perché non c'è nulla di peggio
dell'indifferenza e della mancanza di libertà di coscienza dei
cittadini.
Luca Bagatin
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giovedì 13 aprile 2017
E' uscito l'ultimo numero della rivista francese "Rébellion" !
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martedì 11 aprile 2017
Amore e Libertà ! Amor y Libertad !
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Riflessioni di primavera di Luca Bagatin
Nella vita ho assistito a tante
divisioni. Politiche, culturali, spirituali, sentimentali...
Questo mi ha segnato molto (anche nel fisico direi) e anche molto avvilito.
Da molto tempo queste divisioni non mi stupiscono più. Ho smesso di entrare nel merito, anche perché da tutti questi aspetti (politici, culturali, spirituali, sentimentali) me ne sono allontanato da tempo, preferendo seguire il mio personalissimo percorso, in volontaria solitudine.
(Luca Bagatin)
In America Latina i partiti e movimenti di ispirazione socialista e bolivariana sono tutti movimenti orgogliosamente e dichiaratamente sovranisti.
In America Latina, a differenza che in Europa, hanno capito che solo i ricchi non hanno una patria e quindi per questo costoro possono fare affari sulle teste dei poveri.
Poveri che sono infatti obbligati a migrare (o a flessibilizzarsi) ed a lasciare forzatamente la loro patria (oppure a cambiare continuamente lavoro in una spirale precarizzante senza fine).
(Luca Bagatin)
Questo mi ha segnato molto (anche nel fisico direi) e anche molto avvilito.
Da molto tempo queste divisioni non mi stupiscono più. Ho smesso di entrare nel merito, anche perché da tutti questi aspetti (politici, culturali, spirituali, sentimentali) me ne sono allontanato da tempo, preferendo seguire il mio personalissimo percorso, in volontaria solitudine.
(Luca Bagatin)
In America Latina i partiti e movimenti di ispirazione socialista e bolivariana sono tutti movimenti orgogliosamente e dichiaratamente sovranisti.
In America Latina, a differenza che in Europa, hanno capito che solo i ricchi non hanno una patria e quindi per questo costoro possono fare affari sulle teste dei poveri.
Poveri che sono infatti obbligati a migrare (o a flessibilizzarsi) ed a lasciare forzatamente la loro patria (oppure a cambiare continuamente lavoro in una spirale precarizzante senza fine).
(Luca Bagatin)
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venerdì 7 aprile 2017
L'illuminato Marco Pannella nel saggio biografico di Giovanni Negri. Articolo di Luca Bagatin
Marco Pannella,
l'abruzzese ammaliatore, il bastian contrario, il goliarda, l'attento
agli ultimi, lo statista da marciapiedie, il patriarca di un partito
che fu anche la sua famiglia. Con queste ed altre parole lo descrive
Giovanni Negri, il compagno di battaglie radicali a cavallo fra la
fine degli Anni '70 ed i primi Anni '90, che oggi, con “L'illuminato
– vita e morte di Marco Pannella e dei radicali” edito da
Feltrinelli, ne è anche biografo.
Biografo atipico,
Giovanni Negri, che utilizza un linguaggio a tratti da letterato e
traccia di Pannella quegli aspetti meno conosciuti al grande
pubblico, quelli più privati, persino più teneri e toccanti.
Giovanni Negri, proprio
nell'introduzione al suo saggio, ovvero alla biografia postuma del
leader radicale, ricorda che “Marco era nato due volte”.
La prima il 2 maggio 1930, la seconda molti anni dopo, quando lo
stesso Negri scorse sulle vene dei polsi di Pannella delle cicatrici.
E fu così che Pannella gli raccontò che: “Un giorno mi dissi
che alla vita non potevo più dare nulla, che non ero più
necessario”. Fu allora che rinacque, evitando il suo suicidio e
da allora si ripeterà sempre: “Amo troppo la vita per avere
paura della morte”.
E sarà così che
Pannella, riprendendo in mano il Partito Radicale dei Liberali e dei
Democratici di Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi, ridarà vita ad un
partito nuovo, che sarà un vero e proprio inno alla vita, alla
felicità, a rischio talvolta della morte – certo – a causa dei
prolungati digiuni atti a rappresentare quella nonviolenza di matrice
gandhiana incarnata dai nuovi radicali.
Nuovi radicali apprezzati
dallo scrittore Elio Vittorini – che ne diverrà Presidente –
amati da Pier Paolo Pasolini, decantati da Leonardo Sciascia, che
nelle loro file sarà eletto deputato al Parlamento.
Ma andiamo con ordine e
torniamo al saggio di Giovanni Negri che, come egli stesso scrive,
non si sente un biografo in sé, ma si sente di raccontare ciò che
ha vissuto in prima persona, da giovanissimo militante e dirigente
radicale, poi allontanatosi da quel partito per diverse ragioni.
Negri ci racconta del
Pannella giovane giornalista de “Il Giorno”, corrispondente
dall'Algeria, il quale aveva di già abbracciato la causa algerina.
Un giornalista militante, certo, che abbandonerà presto il
giornalismo per la politica incontrata già sui banchi di scuola
nell'Unione Goliardica Italiana e nella gioventù liberale e,
successivamente, nel primo Partito Radicale del 1955, fondato appunto
da Pannunzio e Rossi. Partito anticlericale e che per primo denunciò
i potentati economici ed il malaffare politico dilagante.
Pannella il laico e
anticlericale, dunque, ma anticlericale credente “in altro che nel
potere”, ovvero dai saldi principi spirituali che lo porterà,
negli anni, a diventare amico personale del Dalai Lama, di Papa
Wojtila e di Papa Francesco, pur su posizioni di forte critica
dell'apparato clericale.
Il giovane Pannella amico
di Benedetto Croce ed Ugo La Malfa che sembra una “bestia rara”
fra gli ex del Partito d'Azione, liberali, repubblicani del Partito
Radicale pannunziano e che parla un linguaggio strano, diverso.
Lancia infatti temi quali il divorzio, l'aborto, l'abolizione del
Concordato con la Chesa cattolica, il disarmo, il controllo delle
nascite. Temi destinati a diventare il fulcro del dibattito politico
degli anni a venire.
Pannella, ci racconta
Negri, diventò pannelliano, per così dire, già da ragazzo.
Allorquando visse in Alta Savoia ed allora era ospite di una famiglia
ove vive Emile, che non vuole fare il militare in quanto dice che è
una stupidaggine, ed assiste anche alle continue litigate dei suoi
genitori. In un colpo solo - il giovane Pannella - scopre dunque
l'obiezione di coscienza ed il divorzio e scopre che questi aspetti
fanno parte della realtà quotidiana, tanto quanto i sentimenti e
sarà allora che diventerà quel “protestante in terra di
Controriforma” che sarebbe sempre stato.
E' così che, mentre il
primo Partito Radicale muore per mancanza di voti, Pannella rilancia
un partito nuovo, che diventerà poi il partito dei diritti civili,
delle libertà sessuali, dei giovani, delle donne, degli omosessuali,
dei verdi, dei libertari, degli yippie, delle prostitute, delle
pornodive, degli emarginati. Ma anche il “partito delle nonne”,
come amava ricordare lo stesso Pannella. Nonne che gli davano il voto
perché, meglio di altri, capivano il suo linguaggio e comprendevano
la necessità di un'Italia diversa, meno ipocrita, più libera, più
civile ed umana.
E' così che il Partito
Radicale di Pannella presenta per la prima volta le sue liste alle
elezioni del 20 giugno 1976, anni dopo la vittoria della battaglia
sul divorzio, che i radicali avevano promosso e contribuito a far
vincere assieme ai socialisti, ai repubblicani ed ai liberali.
In quell'occasione ecco
eletti quattro deputati radicali: Pannella, Adele Faccio, Mauro
Mellini ed Emma Bonino destinati a scolvolgere il Parlamento negli
anni a venire ed ecco avanzare le battaglie sull'obiezione di
coscienza al servizio militare, il voto ai diciottenni, le marce
antimilitariste, le prime denunce sulle deviazioni dell'Eni, le
denunce contro l'Omni e gli orfanotrofi lager...
L'Italia scopre dunque un
leader ed un partito diverso: un partito non di massa, non di classe,
nonviolento, libertario, che spaventa il monolitismo conservatore sia
della Democrazia Cristiana che del bacchettone Partito Comunista
Italiano, che vede via via perdere consensi in particolare fra i
giovani e le donne.
Quello di Pannella è
anche il partito che denuncia gli aborti clandestini “di massa e di
classe”, il partito delle autodenunce attraverso la trasformazione
delle sedi radicali in centri di aiuto per le donne che vogliono
abortire e, finalmente, della legge che porterà a legalizzare
l'aborto nel 1978, grazie sempre al contributo del socialista Loris
Fortuna – già autore della legge sul divorzio - e dei partiti
laici.
Pannella è, come
ricorda, Negri, anche il leader che dialoga con tutti e fa infuriare
in comunisti anche perché dialoga amabilmente con il movimento
presidenzialista e repubblicano Nuova Repubblica, fondato dal
partigiano mazziniano Randolfo Pacciardi.
Ma Marco Pannella è
anche il leader che guarda lontano e guarda a quei popoli martoriati
dal colonialismo e dal neocolonialismo, ovvero al Terzo Mondo. E qui
Giovanni Negri ricorda la battaglia degli Anni'80 condotta dal
Partito Radicale contro lo sterminio per fame nel Terzo Mondo ed a
tal proposito, come feci personalmente anche sul sito della rivista
socialista rivoluzionaria francese “Rébellion”
(http://rebellion-sre.fr/15-octobre-1987-15-octobre-2016-29e-anniversaire-de-disparition-de-thomas-sankara),
ricordai la battaglia comune di Pannella e del Presidente del Burkina
Faso Thomas Sankara (poi iscrittosi al Partito Radicale) il quale
sarà il primo a criticare aspramente le politiche del Fondo
Monetario Internazionale. Ricordo ancora le foto dell'incontro degli
stessi Pannella e Negri con il Presidente Sankara, che ho anche
riportato sul mio blog
(http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/05/thomas-sankara-e-la-rivoluzione.html).
Purtroppo quella
battaglia, che avrebbe voluto elevare all'1,4% la quota di aiuti allo
sviluppo dell'Italia e per la quale saranno coinvolte numerose
personalità di livello internazionale, sarà perduta a causa
dell'assoluta mancanza di volontà del Parlamento.
Eppure l'idea di
Pannella, raccontata nel saggio di Negri, è suggestiva: dichiarare
una vera e propria guerra alla fame, attraverso la convocazione dei
Ministri preposti: Difesa, Esteri, Sanità e Lavori pubblici i quali,
con i capi di stato maggiore, dovrebbero concordare un programma
operativo ed una data di scadenza con l'obiettivo di salvare per
dodici mesi la vita di quattro milioni di persone nel Terzo Mondo.
Pannella è dunque un
lucido utopista che si scontra contro l'ottusità e l'egoismo umano e
politico.
E' il Pannella che si
ispira al radicalismo ed alla religiosità di Don Romolo Murri,
fondatore della Fuci e del primo movimento che in Italia prenderà il
nome di Democrazia Cristiana. Un prete anticlericale sospeso poi a
divinis e scomunicato nel 1909, dopo essersi candidato nelle file
della Lega Democratica, allora rappresentante dei radicali e dei
laici.
E' anche il Pannella che
si disinteressa del denaro e dei beni materiali e che aborrisce il
consumismo al punto che il suo Partito Radicale, checchè ne scrivano
i media, è un partito assai morigerato, sempre alla ricerca di
finanziamenti subito spesi in battaglie e campagne civili e
referendarie.
E' il Pannella dei
digiuni, come Gandhi, che sceglie questo strumento di lotta
nonviolenta per affermare la libertà di tutti, il rispetto delle
regole, la verità della parola e non sarà compreso, spesso,
nell'epoca del terrorismo e della violenza di piazza o di Stato, come
quella compiuta contro la giovanissima Giorgiana Masi, il 12 maggio
1977, uccisa nell'ambito di una manifestazione pacifica del Partito
Radicale per celebrare la vittoria del referendum sul divorzio e
sulla cui vicenda il Partito Radicale redigerà unlibro bianco,
ricordato dallo stesso Negri, nel quale si dimostrerà che la giovane
è stata uccisa da forze dell'ordine infiltratesi fra i manifestanti.
E' il Pannella che alla
violenza, dunque, risponde sempre con la nonviolenza, con il sorriso,
con la ricerca del dialogo e della verità.
E' il Pannella della
legalizzazione della cannabis e del Partito Radicale Trasnazionale.
E' il Pannella che, ad
ogni modo, come scrive lo stesso Giovanni Negri, nel corso degli Anni
'90, finirà forse per diventare un po' autoreferenziale, attraverso
la sua Lista Pannella ed i continui dialoghi (fra sordi) con
Berlusconi e poi con Prodi.
Oggi che Pannella non c'è
più ed il mondo radicale è letteralmente diviso in due, non rimane
molto se non quelle battaglie che meritano di essere ricordate e
fatte conoscere ai giovani.
Giovanni Negri, in
conclusione del suo saggio, elogia la modernità. Personalmente,
invece, mi sento di criticarla e di evidenziarne i limiti. La
modernità, oggi, si è trasformata in precarietà da una parte ed in
superficialità dall'altra. Non è positivo che oggi il tempo medio
di attenzione di un ventenne di fronte ai contenuti di una schermata
video su internet venga calcolato in un secondo (per citare una frase
dello stesso Negri nel saggio). Non è positivo che i ventenni di
oggi, per non parlare di noi quarantenni, siano (e siamo) condannati
alla precarietà ed all'insicurezza sociale.
La modernità, oggi,
appare essere questa qui.
E' forse il caso di porsi
qualche domanda e di ricercare, anche in quelle battaglie radicali
delle origini (che parlavano anche di autogestione socialista), oltre
che nella nostra Storia, chiavi di lettura diverse e non
necessariamente proiettate verso un presente ed un futuro
edonistico/tecnologico. Bensì in un presente ed in un futuro che
ricerchino, piuttosto, qualche cosa che si è preduto, forse da
secoli, ovvero un rinnovato contatto fra essere umano e Natura, fra
essere umano ed i suoi simili, attraverso il sentimento e l'amore.
Una delle ultime frasi di
Marco Pannella prima di morire e con la quale lo vorrei ricordare, è
stata infatti: “Grazie, grazie dell'amore, quello conta; l'odio
è per i poveri stronzi”.
Luca Bagatin
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giovedì 6 aprile 2017
Elezioni presidenziali in Francia 2017: una contrapposizione fra chi ha una visione sociale e sovrana del Paese e chi non ce l'ha. Articolo di Luca Bagatin
La campagna elettorale per le
presidenziali francesi che si terranno il 23 aprile prossimo sembra
davvero sottotono.
I candidati dei partiti tradizionali,
ovvero il socialista Benoit Hamon ed il repubblicano François
Fillon, sembrano ormai fuori dai giochi. Il primo risente
dell'impopolare governo Hollande che ha snaturato completamente la
natura sociale del Partito Socialista tramutandolo in un partito
liberal-capitalista; Fillon, invece, risente delle inchieste che lo
vedono indagato per appropriazione indebita di fondi pubblici. Il
primo tenta di recuperare consensi attraverso un programma che pone
maggiormente l'accento sul sociale, iniziando con l'abolizione della
Loi Travail (equivalente del Jobs Act italiano); il secondo propone
la riduzione dell'imposta sulle aziende e una riduzione degli oneri
sociali, oltre che l'aumento dell'Iva di due punti percentuali.
A raccogliere discreti consensi,
invece, il candidato di sinistra Jean-Luc Mélenchon, che si
attesterebbe attorno al 15%, con un programma decisamente sociale ed
improntato alla riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore settimanali,
ad un aumento del salario minimo ed all'obbligo per lo Stato di
assumere i disoccupati per lavori di carattere generale. Mélenchon –
come riportato dal quotidiano “Le Monde” e segnalato dal
settimanale “Internazionale” - critica anche l'Unione Europea e
ritiene che essa andrebbe o cambiata o abbandonata, iniziando
innanzitutto a rinegoziare i patti di stabilità e richiedendo una
maggiore indipendenza della Francia dalla BCE, in modo da poter
adottare misure più protezionistiche sul commercio.
In pole position, ad ogni modo, la
nuova Marianna di Francia, ovvero Marine Le Pen che i media
mainstream ancora dipingono come di “estrema destra”, quando
invece il suo Front National – molto lontano dal liberista Front
National del padre Jean-Marie - è tutto tranne che di destra e
sicuramente non ha nulla di estremistico.
Marine Le Pen infatti sembra essere
l'unica a voler riaffermare la sovranità nazionale della Francia, a
proporre di abbandonare il comando integrato della Nato ed a porre
l'accento sul problema immigrazione – destinato a diventare sempre
più un serio problema sociale – ponendo un tetto all'accoglienza
di immigrati e vietando le regolarizzazioni degli immigrati
irregolari. Oltre a ciò la Le Pen pone l'accento sulla lotta al
terrorismo, sulla sicurezza e sulla laicità dello Stato (cosa che
nessun partito di destra nel mondo fa o ha mai fatto, si badi bene),
inserendo la laicità nel codice del lavoro e vietando l'esposizione
di simboli religiosi nei luoghi pubblici, opponendosi anche ad ogni
finanziamento ai luoghi di culto ed alle attività religiose.
Nell'ambito sociale e sul fronte del lavoro e delle tasse la Le Pen
intende abrogare la precarizzante Loi Travail, riportare l'età
pensionabile a 60 anni e garantire la sicurezza sociale a tutti i
francesi ed abbassare le imposte sul reddito di piccole e medie
imprese, oltre che ridurre l'imposta sul reddito per i primi tre
scaglioni.
La Le Pen sembra, in sostanza,
riunificare l'antico programma gollista per quanto riguarda la
sovranità dello Stato e l'antico programma socialista per quanto
concerne gli aspetti lavorativi e sociali. Richiamandosi poi ad
entrambi per quanto concerne la laicità dello Stato.
In questo senso sembra dare molto filo
da torcere al candidato radical-chic di centrosinistra, ovvero il
banchiere Emmanuel Macron, già ministro dell'Economia
dell'impopolare governo Valls.
Macron, che sembra dato favorito al
secondo turno delle presidenziali, presenta un programma di matrice
liberal-capitalista e forse è proprio lui il candidato più “a
destra”. Egli intende infatti favorire gli investimenti delle
imprese, limitando l'imposta sul patrimonio immobiliare e ridurre
l'imposta sulle imprese e sul costo del lavoro, riducendo altresì i
contributi salariali. Come riportato da “Le Monde”, Macron parla
poco di lotta al terrorismo e ritiene che questo fenomeno sia in
parte frutto delle discriminazioni e dell'assenza di mobilità
sociale in Francia ed intende agire su questi aspetti.
I giochi, dunque, sono aperti. Per
quanto per quel che ci riguarda il candidato che meno ci convince e
ci piace è sicuramente Macron, ovvero il rappresentante dell'alta
borghesia “liberal” per eccellenza, destinato a promuovere una
idea di Francia ed Europa meno sociale e che garantisca solo chi ha
l'argent...ovvero i soldi !
Da segnalare l'appello dell'OSRE - ovvero dell'Organizzazione
Socialista Rivoluzionaria Europea- la quale edita il bimestrale
“Rébellion” e molto vicino alle idee dei filosofi Alain De
Benoist e Jean-Claude Michéa, nel quale si invita al non voto in
quanto – si legge nell'appello - “Mentre
i lavoratori stanno lottando per conservare il posto di lavoro in
tutta la Francia, mentre la miseria si deposita nel nostro paese, i
politici liberali di Destra e Sinistra hanno occultato i problemi
reali attraverso una campagna presidenziale scarsamente politicizzata
(…) Che cosa propongono i candidati del sistema (Hamon, Fillon e
Macron) ? Delle leggi per i più forti e lo sfruttamento per tutti
gli altri. Il loro programma comune ? Precarietà del lavoro,
privatizzazione dei servizi pubblici, smantellamento del sistema
scolastico, tagli alle pensioni ed alle indennità di malattia ! (…)
Ci appelliamo a coloro i quali non sostengono i partiti del sistema
affinché partecipino alla costruzione – attraverso l’azione
comune – di una alternativa popolare, patriottica e rivoluzionaria
al sistema. Per questo noi indirizziamo tale appello a tutte le forze
vive al fine di marginalizzare la campagna presidenziale e lavorare
tutti assieme per il futuro che si prepara !
Luca
Bagatin
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mercoledì 5 aprile 2017
Intervista di Luca Bagatin alla militante del partito di governo Alianza Pais Gabriela Pereira sulle elezioni presidenziali in Ecuador vinte da Lenin Moreno
Le elezioni presidenziali
in Ecuador, conclusesi il 2 aprile scorso, sono state vinte dal
candidato del partito di governo Alianza Pais (Patria Altiva y
Soberana, ovvero Patria Orgogliosa e Sovrana), il socialista Lenin
Moreno e ciò assicura una piena conferma della Revolucion Ciudadana,
ovvero della Rivoluzine Civica portata avanti dall'economista Rafael
Correa, che ha governato il Paese dal 2007 ad oggi.
Lenin Moreno, sostenitore
del proseguimento delle politiche sociali del suo predecessore, oltre
che di un “piano per tutta la vita” che assicuri benessere
sociale a tutti gli ecuadoriani, ha infatti raccolto il 51% dei voti,
che purtuttavia è pesantemente contestato dal suo oppositore, il
banchiere Guillermo Lasso - già in passato compromesso con i
corrotti governi democristiani - che ha raccolto il 49% dei voti e
ritiene ci siano stati dei brogli.
Ne parliamo in merito con
la militante di Alianza Pais Gabriela Pereira, la quale risiede da
diversi anni in Italia.
Gabriela Pereira e l'ex Presidente Rafael Correa |
Luca Bagatin: Che ne
pensi dell'attuale vittoria di Lenin Moreno in Ecuador e delle accuse
di brogli lanciate da Lasso ?
Gabriela Pereira:
Dopo questa campagna elettorale, che è stata una delle più sporche
degli ultimi anni, il popolo ha deciso il suo destino politico, che è
quello di continuare con le conquiste fatte con la Rivoluzione
Cittadina, cioè inclusione sociale, riduzione della povertà,
diritti per le donne, per i disabili, o meglio, diversamente abili.
E' vero che ci sono cose che devono evolversi o cambiare, però il
cambiamento che offriva il candidato delle destre, il banchiere
Guillermo Lasso, era ritornare al passato neoliberista, che ci ha
ridotto nella disugualianzza in un Paese con tante risorse.
E'
accaduto che già prima di conoscere i resultati il 17 febbraio
scorso, il violento Andrès Paez, candidato a Vicepresidente di
Guillermo Lasso, in complicità con il Sindaco di Quito, Mauricio
Rodas, anche lui rappresentante della destra oligarchica in Ecuador,
abbiano invitato la popolazione a ribellarsi in maniera violenta
contro i primi risultati, che avrebbero dato Lenin Moreno in
vantaggio, credendo che non ci sarebbe stato il ballotaggio. Quindi
il loro piano contempla pure le rivolte violente se i liberisti non
ottengono il potere: è lo stesso stratagemma delle destre ovunque:
in Venezuela, in Bolivia, in Paraguay, in Argentina, sempre la stessa
violenza e proveniente dalle stesse formazioni politiche.
Luca Bagatin: Pensi
che Lasso sarà disposto a tutto pur di ribaltare il risultato delle
elezioni ? In questo senso quanto pesa, secondo te, l'affare “Julian
Assange”, l'attivista libertario fondatore di Wikileaks attualmente
protetto dall'ambasciata ecuadoriana a Londra ?
Gabriela Pereira:
Guillermo Lasso è un
uomo che non lo si può definire come un uomo politico, in quanto
egli è il rappresentante dei ceti sociali più alti, oligarchici.
Pensa che lui è direttamente coinvolto nella peggiore rapina fatta
agli ecuadoregni nel marzo de 1999 col “Feriado Bancario”. Ai
tempi lui ricopriva l'incarico di Superministro dell'Economía ed a
sua volta era anche Presidente del Banco de Guayaquil e fu proprio in
quel periodo che andarono in fallimento più di dieci banche, che
trattennero i risparmi di milioni di persone. Fu così che tutta
questa gente impoverita da un giorno all'altro fu costretta a
lasciare il Paese per migrare al fine di cercare un futuro migliore
per i propri figli. Le conseguenze di quella catastrofe finanziaria
furono terribili: suicidi di bambini e adolescenti che rimasero senza
i loro genitori; malati che non potevano pagare le cure e sono morti;
gente che perse i suoi negozi e si uccise. Tre milioni di persone
divenute mano d'opera precaria per i Paesi industrializzati...una
situazione davvero terribile. Ed oggi questo tizio ha avuto la faccia
tosta di ricandidarsi pur con tutto il male che ha causato !
Sul
fatto di Julian Assange, è lui stesso che ha consigliato a Lasso -
in caso di sconfitta alle elezioni presidenziali – che è meglio
che se ne vada dal Paese.
Luca Bagatin: Pensi
che le proteste di Lasso si inseriscano nell'ambito dei tentativi di
destabilizzazione dei governi socialisti latinoamericani attuata
dalle opposizioni oligarchiche e dalle multinazionali (pensiamo ai
casi Brasile, Venezuela ed anche nel recente passato i tentativi di
golpe contro l'Ecuador di Correa) ?
Gabriela Pereira:
Da quando nel 1998 Hugo Chavez è diventato Presidente del Venezuela
ed ha motivato ed invitato anche gli altri Paesi latinoamericani a
ritrovare una piena sovranità politica ed economica, subito le
oligarchie latinoamericane, con l'aiuto delle multinazionali e della
CIA, hanno iniziato a riprendere l'operazione Condor. Quel Piano
Condor che negli anni '70 e '80 in Argentina, Cile, Paraguay, Uruguay
e Brasile, ha portato morte e desaparecidos. Ed è la stessa macchina
oligarchica che ha combattuto, dal 1959 in poi, contro la Cuba di
Fidel Castro. Coloro i quali hanno orchestrato il golpe contro il
Presidente Correa nel 2010 sono sempre coloro i quali oggi cercano di
diffondere l'idea che ci sia stata una frode elettorale al fine di
destabilizzare la democrazia in Ecuador. Però la grande maggioranza
del popolo ormai non si fa più trascinare dalle bugie dei media
mainstream disinformatori, i quali sono stati anche loro i
protagonisti diretti nelle destabilizzazioni dei Paesi con governi a
guida socialista.
Luca Bagatin: Tu e tuo
marito, Roberto Pazmino, da anni vi occupate di diffondere gli ideali
della Revolucion Ciudadana e del Socialismo del XXI secolo in Italia,
attraverso una vostra web radio. Puoi raccontarci meglio la vostra
attività e come è nata ?
Gabriela Pereira:
Sia mio marito che io
apparteniamo alla classe proletaria. Non abbiamo studiato
giornalismo, siamo diventati migranti per la grave crisi ecuadoregna
del '99, quindi non abbiamo avuto l'opportunità che oggi hanno tanti
giovani nel mio Paese di poter andare all'Università in modo
gratuito, come un diritto. Noi siamo autodidatti ed abbiamo colto
l'occasione che ci ha presentato un compagno cubano che vive in
Canada, sulla base dell'idea del Professore Universitario e scrittore
cubano Raul Capote, autore del libro “Il Nemico”. E' così che
abbiamo deciso di fare contrainformazione attraverso una radio web -
Revolucionarios al Poder - con un programma che noi abbiamo prodotto,
ovvero Artilleria de la Palabra. Sappiamo che i grandi media sono
guidati da multinazionali che devono difendere il capitalismo e
quindi diffondono informazione distorte. Attualmente in America
Latina essiste Telesur ed altri media che combattono contro la
disinformazione. E così noi abbiamo pensato di contrastare
l'informazione distorta e diffondere la verità usando un linguaggio
semplice. E un programma fatto da gente del popolo come noi e per il
popolo. Ed è cosí che ogni sabato si transmitte il nostro
programma. Pensiamo che in questi tempi l'informazione sia un'arma
molto potente in quanto la gente bene informata può essere così
meno manipolabile.
Luca Bagatin: Come
immagini il futuro dell'Ecuador e dell'America Latina ?
Gabriela Pereira:
Il mio Paese è piccolo, ma è uno dei più variegati al mondo:
ricco di resorse naturali, con paesaggi magici, ma purtroppo si trova
anche nel continente nel quale le disuguagianze sono anche maggiori.
La Storia ci racconta che i più emarginati e vulnerabili sono sempre
stati gli indigeni, gli uomini di colore, contadini, operai, gente
umile, mentre la classe dei borghesi ha sempre mantenuto il potere in
ogni modo. Oggi finalmente il vento è cambiato e nel mio Paese tutti
hanno gli stessi diritti, il diritto ad una educazione avanzata
gratuita ed alla salute ed io voglio per il mio Paese la continuità
di questa nuova era. La Rivoluzione Cittadina portata avanti da
Correa ed oggi da Lenin Moreno è una realtà di giustizia sociale e
pace per tutti, ma non quella pace che ci voleva imporre la Chiesa
cattolica, quella quella che ci imponeva di obbedire ai padroni e ad
abbassare la testa. La pace che ci ha insegnato Rafael Correa è
quella racchiusa in questa frase: “La pace non è soltanto la
mancanza di guerre. La pace è sopratutto presenza di giustizia, di
salute, educazione, sicurezza sociale, reddito dignitoso, bisogni
fondamentali soddisfatti. L'offensiva opulenza accanto a
intollerabili livelli di povertà, anche questi diventano proiettili
di tutti i giorni, contro la dignità umana”.
Luca Bagatin
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lunedì 3 aprile 2017
E' l'amore che crea una famiglia !
Mi spaventano assai i difensori della
famiglia, perché la difendono astrattamente ed ideologiamente e non
parlano mai di amore.
Una famiglia non fondata sull'amore è dannosa all'evoluzione dei suoi componenti, va detto !
Una famiglia composta da persone che si amano, indipendentemente dal sesso delle persone che la compongono, è invece lodevole.
Personalmente considero famiglia anche me e il mio gatto, che considero come un fratello.
Colgo l'occasione per ricordare ai destrosinistri, che D'Annunzio fu il primo a fondare una Repubblica sull'Amore. Né di destra né di sinistra.
Erotica, eretica e libertaria !
Una famiglia non fondata sull'amore è dannosa all'evoluzione dei suoi componenti, va detto !
Una famiglia composta da persone che si amano, indipendentemente dal sesso delle persone che la compongono, è invece lodevole.
Personalmente considero famiglia anche me e il mio gatto, che considero come un fratello.
Colgo l'occasione per ricordare ai destrosinistri, che D'Annunzio fu il primo a fondare una Repubblica sull'Amore. Né di destra né di sinistra.
Erotica, eretica e libertaria !
Luca Bagatin
D’Annunzio: manuale
del “rivoluzionario”
di Luca Bagatin
tratto dal quotidiano nazionale "L'Opinione"
Ce ne ha parlato a lungo lo storico Giordano Bruno Guerri, ma ce ne parla diffusamente – proprio attraverso gli scritti e i discorsi di D’Annunzio stesso – il “suo” “Manuale del Rivoluzionario”, a cura di Emiliano Cannone ed edito dalla Tre Editori. Un bellissimo saggio che abbiamo scoperto e che desideriamo far conoscere e diffondere. Un manuale che, non a caso, reca in copertina un D’Annunzio nei panni di Lenin, contornato da bandiere rosse nell’atto di prendere d’assalto il palazzo d’Inverno.
Il palazzo d’Inverno di D’Annunzio fu il potere, la casta politica, il governo di Nitti, di Vittorio Emanuele Orlando e di Giolitti, ovvero dei parrucconi della sua epoca. Ma il palazzo d’Inverno di D’Annunzio fu anche l’avanzante fascismo e quel Mussolini che cercò, in tutti i modi ma senza riuscirvi, di zittire il Vate.
Nel testo è rappresentata tutta l’anima anarchica, socialisteggiante, libertaria, antiparlamentare e internazionalista di D’Annunzio che, non a caso, dichiara che egli aspira a un “comunismo senza dittatura” e che – ben prima e meglio di altri – lancerà invettive contro la “casta politica”, dichiarando, fra le altre cose: “La casta politica che insudicia l’Italia da cinquant’anni, non è capace se non di amministrare la sua propria immondizia, pronta a tutte le turpitudini, pur che sia lasciata fingere di godersi il suo potere impotente”.
D’Annunzio, in questo senso, fu un eroe (anti)politico e, dunque, un eroe della vera democrazia, contro i soprusi e le ruberie del potere e in questo senso non mancherà mai in D’Annunzio il suo appello all’antica Grecia, al mito greco, all’arte e dalla bellezza in tutte le sue forme, quale valori fondanti per l’emancipazione umana. In questo senso egli scorgerà la natura della crisi dei suoi tempi, che poi è anche la natura della crisi economica e sociale dei nostri, ravvisando l’origine del problema nell’espansionismo capitalistico e nell’imperialismo anglosassone e statunitense, ovvero di coloro i quali egli definisce i “divoratori di carne cruda”. A tal proposito D’Annunzio scrive: “La lotta mercantile, la lotta per la ricchezza, porta il pericolo delle più terribili conflagrazioni marziali”.
Ora sappiamo che fu profetico e nelle sue parole non possiamo non scorgere quanto avvenne nella Seconda guerra Mondiale, durante la Guerra fredda e, oggi, nel Medioriente martoriato e dove non vi sono eroi, bensì criminali che uccidono, in ogni dove, vittime innocenti.
Ricchezza e potere all’origine della morte dell'umanità stessa, dunque. Con l'impresa di Fiume possiamo dire che il D’Annunzio concretizzerà i suoi ideali e i suoi principi. Nel 1919, infatti, in opposizione al trattato di Versailles che negava la città di Fiume all’Italia, D’Annunzio – alla testa di un drappello di legionari – la occupò e ne fece una città libera in tutti i sensi, al punto che a Fiume erano tollerate e praticate le libertà sessuali, nonché era tollerata l’omosessualità e, grazie al contributo dell’aviatore Guido Keller e dello scrittore Giovanni Comisso, fu fondato il gruppo Yoga – avente per simbolo la svastica di origine vedica (che nulla aveva a che spartire con il nazismo, anzi) e una rosa a cinque petali, che proponeva una visione esoterica e spirituale della realtà.
Tra l’altro, in collaborazione con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, D’Annunzio redasse la famosa Costituzione di Fiume o Carta del Carnaro, la quale fu un documento avanzatissimo per l’epoca, prevedendo: libertà di associazione, libertà di divorziare, libertà religiosa e di coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori crocifissi nei luoghi pubblici, assistenza ai disoccupati e ai non abbienti, promozione di referendum, promozione della scuola pubblica, risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario, inviolabilità del domicilio e altro ancora che, peraltro, non fu mai garantito nemmeno dalla Costituzione della Repubblica italiana partitocratica, fondata nel 1948. Una Costituzione tanto decantata, ma assai poco approfondita e che poco aveva a che spartire con la vera democrazia della Repubblica romana del 1849 e con la Carta del Carnaro, fondata da spiriti rivoluzionari e non già da canuti uomini politici, servi dei partiti e delle ideologie e che il potere ha reso schiavi.
Un’impresa unica nella storia quella di Fiume, soffocata dall’imperialismo internazionale e dal Governo italiano di Giovanni Giolitti (tutt’altro che un liberale, bensì un famoso ministro della malavita come lo soprannominò Gaetano Salvemini) che, nel 1920, inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate i legionari.
Da non dimenticare frasi come queste, contenute nel “Manuale del Rivoluzionario”, che D’Annunzio lancia quali invettive ai governanti dell'Europa e del mondo di ieri, non dissimili da quelli di oggi. Frasi oggi attualissime, se osserviamo la geopolitica mondiale, europea, oltre che i flussi di migranti che approdano sulle nostre coste, costretti a emigrare a causa di una crisi voluta dai Governi e dal sistema economico-monetario: “In tutta Europa, in tutto il mondo, il potere politico è al servizio dell'alta banca meticcia, è sottomesso alle impostazioni ignobili dei rubatori e dei frodatori costituiti in consorzi legali. Neppure nel peggior tempo dei barbareschi e dei negrieri le genti furono mercanteggiate con così fredda crudeltà. Le nazioni sono cose da mercato. La vita pubblica non è se non un baratto immondo esercitato nel cerchio delle istituzioni e delle leggi esauste. Fino a quando ?”.
Il “Manuale del Rivoluzionario”, che raccoglie gli scritti anarco-libertari, socialisti, internazionalisti e umanitari di D’Annunzio, è certamente una fortunata opera editoriale e il merito va certamente all’ottimo Emiliano Cannone, giovane dottore di ricerca in Italianistica, per averlo curato con un’ottima nota introduttiva e precise note a piè di pagina.
La veste editoriale del saggio, poi, curata dalla Tre Editori, è elegantissima, anche a dispetto dell'economico prezzo di copertina. Da notare che, la fine di ogni capitolo del “Manuale”, reca il simbolo della bandiera della reggenza del Carnaro: un uroboro – ovvero un serpente che si morde la coda – antico simbolo esoterico e gnostico a rappresentare la natura ciclica delle cose, ovvero simbolo di immortalità (Gabriele D’Annunzio fu iniziato alla massoneria della Serenissima gran loggia d'Italia, oggi Gran loggia d’Italia e non ne fece mai mistero), con al centro le sette stelle dell’Orsa maggiore.
Ulteriori spunti su cui riflettere e approfondire attorno a un personaggio poliedrico quale fu Gabriele D’Annunzio, troppo frettolosamente relegato fra i “poeti del nostro Paese”, senza rammentarne (o preferendo piuttosto oscurarne) la portata rivoluzionaria, libertaria, (anti)politica e (contro)culturale.
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sabato 1 aprile 2017
Siamo con Lenin Moreno Presidente dell'Ecuador ! La Rivoluzione Civica dell'Amore avanza !
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