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giovedì 27 aprile 2017

Pierre-Joseph Proudhon (1809 - 1865), ovvero l'anarchia è il governo dell'ordine.

"L'anarchia è il governo dell'ordine"

“Tutti i partiti senza eccezione, nella misura in cui si propongono la conquista del potere, sono varietà dell’assolutismo.”

“La più alta perfezione della società si trova nell'unione dell'ordine e dell'anarchia.”

“La distinzione tra banchiere e usuraio è puramente nominale.”



“L'anarchia è una forma di governo o di costituzione nella quale la coscienza pubblica e privata, formata dallo sviluppo della scienza e del diritto, basta da sola a mantenere l'ordine ed a garantire tutte le libertà.”

 
(Pierre-Joseph Proudhon)



Giudicare senza approfondire.

Giudicare senza approfondire. Lo sport nazionale della gran parte delle persone che, così facendo, si illudono di aver ragione senza far fatica.
(Luca Bagatin)
 
Agli intellettuali conformisti ho sempre preferito le soubrette e le pornodive.
Le trovo più interessanti.
(Luca Bagatin)

lunedì 24 aprile 2017

Risultati elezioni Presidenziali francesi 2017: la Francia di popolo contro la Francia delle élite. Articolo di Luca Bagatin

Al momento sembra essere in vantaggio, con il 23,8% dei consensi, il candidato delle élite borghesi e finanziare, ovvero l'ex banchiere Emmanuel Macron, quello che sin dall'inizio indicammo come il vero rappresentante della destra (e della sinistra) finanziaria ed oligarchica da sconfiggere (http://amoreeliberta.blogspot.it/2017/04/elezioni-presidenziali-francesi-2017.html).
Sostenitore della prima ora e Ministro dell'Economia del peggior governo di Francia, ovvero quello capitanato da Hollande e da Valls, ovvero da coloro i quali hanno trasformato il Partito Socialista in partito liberal-capitalista (tanto da ridurre il partito ad un misero 6,3% dei consensi presi da Hamon), Macron presenta un programma confuso quanto in linea con le prospettive di un'Europa austera e senz'anima, a vantaggio solo delle imprese e delle classi ricche. Superficiale quando si tratta di parlare di lotta al terrorismo, Macron ritiene che il problema sia semplicemente frutto delle discriminazioni e dell'assenza di mobilità sociale in Francia.
Diametralmente opposto il programma di Marine Le Pen che, a dispetto di quanto scrivono e dicono i media mainstream, non è affatto di destra e men che meno di estrema destra.
Come già scrivemmo recentemente, la Le Pen - che ha mutato radicalmente il volto del Front National - sembra incarnare valori gollisti in politica estera, (indipendenza della Francia dall'Europa e della NATO) e socialisti in ambito economico-sociale, attraverso l'abolizione della precarizzante Loi Travail; l'abbassamento dell'età pensionabile; l'abbassamento delle imposte sul reddito per primi tre scaglioni e delle piccole e medie imprese. Inoltre Marine Le Pen pone l'accento sulla laicità dello Stato ed è l'unica a rilevare e a voler contrastare il fenomeno dell'immigrazione di massa, che è fenomeno di sradicamento forzato dei popoli - imposto dalla globalizzazione liberal-capitalista - che danneggia tutti. In particolare le classi povere e gli immigrati stessi, che si stanno ritrovando e sempre più si ritroveranno senza prospettive ed in balìa della criminalità organizzata.
Marine Le Pen, nel suo discorso post-elettorale, ha criticato pesantemente la globalizzazione selvaggia e la deregulation economica, che porta a non avere frontiere nè protezioni (anche sociali, visto il progressivo smantellamento dello Stato Sociale in tutta Europa con l'avvento della globalizzazione e delle politiche imposte dall'UE e dal Fondo Monetario Internazionale).
La Le Pen, dunque, appare l'unica alternativa all'"erede" del catastrofico Hollande nonché rappresentante della finanza e ciò potrebbe veder confluire su di lei i voti dell'unico candidato autenticamente socialista in lizza alle Presidenziali, ovvero Jean-Luc Mélenchon, che ha comunque conquistato un ottimo 19,6%. Mélenchon, non a caso, a differenza degli altri candidati "del sistema" (Fillon ed Hamon), si è guardato bene dallo schierarsi con uno dei due candidati al ballottaggio, che si terrà domenica 7 maggio, ma ha lasciato libertà di coscienza al suo elettorato.
Come dicevamo, invece, i candidati "mainstraem" della destra - ovvero François Fillon - e della sinistra - ovvero Benoit Hamon -, hanno deciso di schierarsi apertamente con Macron al ballottaggio.
I media danno già Macron come vincente, ma, ad ogni modo, si tenga conto che i candidati "anti-sistema" e di matrice popolare e populista nel senso più positivo del termine, ovvero Le Pen, Mélenchon, Dupont-Aignan, Lassalle, Poutou, Asselineau ed Arthaud, hanno raccolto tutti assieme quasi il 50% dei voti, oltre al fatto che ben il 21,3% degli elettori si è astenuto.
I giochi, dunque, sono ancora tutti aperti, oltre al fatto che il neo-partito di Macron "En Marche", non avendo alcuna struttura politica alle spalle nè un programma organico, potrebbe raccogliere pochi consensi alle elezioni parlamentari del giugno prossimo, a differenza del Front National della Le Pen e della "France Insoumise" di Mélenchon, che hanno già iniziato a raccogliere da tempo le simpatie ed i consensi dei ceti popolari e meno abbienti, oltre che di buona parte dell'elettorato ex comunista, socialista e gollista, stanco di subire i diktat di Bruxelles e di Washington.
E' l'ora, dunque, della Francia ribelle, popolare e sovrana !

Luca Bagatin

martedì 18 aprile 2017

Ciao Gianni !

E' così che vorrei ricordare Gianni Boncompagni.

Con la sigla dolce e scanzonata di "Non è la Rai", programma presentato dalla sempre elegante ed arguta Enrica Bonaccorti, troppo scioccamente sottovalutato, come molti dei suoi (si pensi a "Bombay" del 2007 - 2008). I programmi surreali e colorati di Boncompagni, pieni di vitalità, freschezza, nonsense e senza alcuna morbosità, hanno profondamente influenzato il mio modo di scrivere e di pensare: FUORI DAL CORO E CONTROCORRENTE !
Ciao Gianni e grazie di tutto !

 

Luca Bagatin

Elezioni Presidenziali francesi 2017: possibile trionfo della Francia autenticamente socialista e sovrana ? Articolo di Luca Bagatin

Aumentano nei consensi sino a far pensare quasi ad un possibile ballottaggio fra loro alle imminenti elezioni Presidenziali francesi, che si terranno il 23 aprile prossimo.
Stiamo parlando di Marine Le Pen, leader del Front National e di Jean-Luc Mélenchon, leader del raggruppamento La France Insoumise (ovvero La Francia Indomita) ed ex socialista di lungo corso in polemica dal 2008 con il Partito Socialista di Hollande (ormai partito liberal-capitalista), oltre che estimatore delle politiche sociali attuate da Hugo Chavez in America Latina. La prima è attestata fra il 23 ed il 24% dei consensi; il secondo fra il 19 ed il 20% e sta investendo moltissimo in comunicazione, in particolare multimediale fra i giovani, al punto che è stato realizzato un simpatico videogame gratuito da giocare online con protagonista proprio Mélenchon in lotta contro i Poteri Forti finanziari ed economici (www.fiscalkombat.fr).
Entrambi candidati anti-sistema, ovvero saldamente ancorati a politiche sovraniste e sociali, sembrano rispondere a quell'ampia fetta di elettorato delusa dalle politiche di austerità di una Europa capitalista, burocratica e senz'anima.
Entrambi criticano le politiche del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, preferendo che siano i cittadini stessi a decidere se rimanere o meno nell'Unione Europea. Entrambi guardano all'uscita della Francia dalla NATO, che in tutti questi anni ha servito gli interessi statunitensi, finendo per defenestrare leaders quali Mu'Ammar Gheddafi, ovvero gli unici argini al terrorismo fondamentalista. Entrambi presentano programmi simili per quanto concerne gli aspetti sociali: vogliono l'abolizione della precarizzante legge sul lavoro Loi Travail (l'equivalente del nostro Jobs Act) ed entrambi sono per l'abbassamento dell'età pensionabile, oltre ad una possibile riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e l'introduzione di misure protezionistiche sul commercio.
A differenziarli le politiche sull'immigrazione: più stringenti quelle della Le Pen, più aperte quelle di Mélenchon. Inoltre, mentre Mélenchon pone maggiore attenzione alle questioni ambientaliste (ad ogni modo non del tutto tralasciate dalla Le Pen), la Le Pen pone maggiore attenzione alla laicità dello Stato, da estendere anche ai luoghi di lavoro, con un apposito codice.
Le Pen e Mélenchon, ad ogni modo, sembrano rappresentare meglio di altri quella necessità di sano populismo - ovvero di politiche di popolo ed in favore del popolo - disattese in tutti questi anni dai rappresentanti di quel Partito Socialista trasformatosi in partito capitalista e padronale e del Partito Repubblicano, che ha perduto ogni riferimento autentico al sovranismo di Charles De Gaulle, per vendersi all'alleato statunitense.
Oggi queste politiche di matrice capitalista e padronale sono rappresentate dall'ex banchiere Emmanuel Macron e da François Fillon. Il secondo sembra ormai fuori dai giochi (tanto quanto il candidato del Partito Socialista, Hamon, attestato ad un misero 9%), mentre il primo è il vero candidato delle élite economico-finanziarie da battere ed attualmente attestato al 24%.
I giochi, dunque, sono aperti.
Quel che è certo è che anche le Presidenziali francesi hanno dimostrato ciò che il filosofo Alain De Benoist ha spiegato più volte. Assistiamo in questi anni non più ad una contrapposizione destra-sinistra (che ormai rappresentano entrambe da tempo - come peraltro accaduto per molti anni anche in America Latina, prima dell'avvento al governo di leaders socialisti e sovranisti - le élite economico-oligarchiche), bensì ad una contrapposizione fra istanze sociali, sovraniste e popolari da una parte ed élite padronali ed oligarchiche dall'altra.
E' questa, evidentemente, in Europa, l'ora dei popoli sovrani per troppo tempo rimasti inascoltati.

Luca Bagatin

venerdì 14 aprile 2017

Eutanasia legale ! Il Parlamento risponda ! Articolo di Luca Bagatin

A chi appartiene la vita ? Ad ogni individuo libero di affidarla a chi vuole, in base a ciò che gli suggerisce la coscienza. Questa la frase che non mi scorderò mai di ripetere e che scrisse Roberta Tatafiore, la militante per i diritti civili che ad un certo punto della sua vita decise di suicidarsi.
Mina Welby
La vita appartiene a ciascuno di noi. Può essere bella o meno bella, ma nessuno - nemmeno le leggi dello Stato - possono disporne al posto nostro.
Siamo un Paese libero e democratico. Si dice.
Se così fosse esisterebbe la possibilità per ciascuno - come nella civile e democratica Svizzera (ove esiste la democrazia diretta !) - di decidere come e quando morire.
E non scoppierebbero assurdi "scandali" come i casi Englaro e Piero Welby. E nessuno si scandalizzerebbe e la Chiesa cattolica comprenderebbe, forse, che l'amore per le persone, per gli esseri viventi, passa anche attraverso la liberazione dalle sofferenze.
Perché la morte non è che la prosecuzione della vita in un'altra dimensione, in un'altra forma, non la sua negazione. Mentre la sofferenza è una forma di violenza. La sofferenza è la negazione vera della vita e dell'amore.
E così ecco gli angeli di Dignitas - associazione svizzera per il suicidio assistito - ed ecco gli angeli dell'Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato e Mina Welby.
Il primo accompagnò dj Fabo il febbraio scorso in una clinica Svizzera che autorizza il suicidio assistito. Dj Fabo, cieco e tetraplegico a seguito di un incidente, non ne poteva più di vivere in quelle condizioni inumane. E aveva chiesto, con dignità, di farla finita. Non prima di aver trasmesso al Presidente della Repubblica Mattarella un messaggio chiedendo che il Parlamento approvasse al più presto una legge sul testamento biologico e sul fine vita.
Luca Bagatin e Mina Welby
Nei giorni scorsi Mina Welby ha accompagnato in Svizzera Davide Trentini, l'uomo che da anni soffriva di sclerisi multipla ed i cui dolori erano diventati insopportabili. Davide, come dj Fabo, chiedevano solo di essere liberi dalle sofferenze. Ed una legge che permettesse loro di poter porre fine alla loro agonia in Italia, senza dover ricorrere - con i costi ingenti del caso - ad una clinica Svizzera. E' quello che chiedono molti malati, molte persone sofferenti.
Quella di Mina e di Marco, autodenunciatisi per aver accompagnato queste persone in Svizzera, è ed è stata solo umanità ed amore per il prossimo. Accoglimento di una estrema richiesta di aiuto.
Il Parlamento e le istituzioni italiane, invece, rimangono silenti sull'argomento. La legge sul fine vita è "in stallo".
E' questo un Paese civile, libero e democratico ?
E' questo un Paese ove l'amore per il prossimo e per l'umanità afflitta è destinato a prevalere ?
Attendiamo risposte, al momento, con le lacrime agli occhi, perché non c'è nulla di peggio dell'indifferenza e della mancanza di libertà di coscienza dei cittadini.

Luca Bagatin

giovedì 13 aprile 2017

E' uscito l'ultimo numero della rivista francese "Rébellion" !

E' uscito l'ultimo numero della rivista bimestrale francese "Rébellion" degli amici dell'Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea (OSRE) (www.rebellion-sre.fr).

 Per acquistarlo cliccate al seguente link e seguite le istruzioni: http://rebellion-sre.fr/sortie-numero-79-de-revue-rebellion/
 Per abbonarsi a "Rébellion" (solo 20 euro annui per un abbonamento semplice composto di sei numeri, in tutta Europa e senza spese di spedizione): http://rebellion-sre.fr/boutique/abonnement-a-rebellion-6-numeros-2/ 

Riflessioni di primavera di Luca Bagatin

Nella vita ho assistito a tante divisioni. Politiche, culturali, spirituali, sentimentali...
Questo mi ha segnato molto (anche nel fisico direi) e anche molto avvilito.
Da molto tempo queste divisioni non mi stupiscono più. Ho smesso di entrare nel merito, anche perché da tutti questi aspetti (politici, culturali, spirituali, sentimentali) me ne sono allontanato da tempo, preferendo seguire il mio personalissimo percorso, in volontaria solitudine. 

(Luca Bagatin) 


In America Latina i partiti e movimenti di ispirazione socialista e bolivariana sono tutti movimenti orgogliosamente e dichiaratamente sovranisti.
In America Latina, a differenza che in Europa, hanno capito che solo i ricchi non hanno una patria e quindi per questo costoro possono fare affari sulle teste dei poveri.
Poveri che sono infatti obbligati a migrare (o a flessibilizzarsi) ed a lasciare forzatamente la loro patria (oppure a cambiare continuamente lavoro in una spirale precarizzante senza fine). 

(Luca Bagatin) 

venerdì 7 aprile 2017

L'illuminato Marco Pannella nel saggio biografico di Giovanni Negri. Articolo di Luca Bagatin

Marco Pannella, l'abruzzese ammaliatore, il bastian contrario, il goliarda, l'attento agli ultimi, lo statista da marciapiedie, il patriarca di un partito che fu anche la sua famiglia. Con queste ed altre parole lo descrive Giovanni Negri, il compagno di battaglie radicali a cavallo fra la fine degli Anni '70 ed i primi Anni '90, che oggi, con “L'illuminato – vita e morte di Marco Pannella e dei radicali” edito da Feltrinelli, ne è anche biografo.
Biografo atipico, Giovanni Negri, che utilizza un linguaggio a tratti da letterato e traccia di Pannella quegli aspetti meno conosciuti al grande pubblico, quelli più privati, persino più teneri e toccanti.
Giovanni Negri, proprio nell'introduzione al suo saggio, ovvero alla biografia postuma del leader radicale, ricorda che “Marco era nato due volte”. La prima il 2 maggio 1930, la seconda molti anni dopo, quando lo stesso Negri scorse sulle vene dei polsi di Pannella delle cicatrici. E fu così che Pannella gli raccontò che: “Un giorno mi dissi che alla vita non potevo più dare nulla, che non ero più necessario”. Fu allora che rinacque, evitando il suo suicidio e da allora si ripeterà sempre: “Amo troppo la vita per avere paura della morte”.
E sarà così che Pannella, riprendendo in mano il Partito Radicale dei Liberali e dei Democratici di Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi, ridarà vita ad un partito nuovo, che sarà un vero e proprio inno alla vita, alla felicità, a rischio talvolta della morte – certo – a causa dei prolungati digiuni atti a rappresentare quella nonviolenza di matrice gandhiana incarnata dai nuovi radicali.
Nuovi radicali apprezzati dallo scrittore Elio Vittorini – che ne diverrà Presidente – amati da Pier Paolo Pasolini, decantati da Leonardo Sciascia, che nelle loro file sarà eletto deputato al Parlamento.
Ma andiamo con ordine e torniamo al saggio di Giovanni Negri che, come egli stesso scrive, non si sente un biografo in sé, ma si sente di raccontare ciò che ha vissuto in prima persona, da giovanissimo militante e dirigente radicale, poi allontanatosi da quel partito per diverse ragioni.
Negri ci racconta del Pannella giovane giornalista de “Il Giorno”, corrispondente dall'Algeria, il quale aveva di già abbracciato la causa algerina. Un giornalista militante, certo, che abbandonerà presto il giornalismo per la politica incontrata già sui banchi di scuola nell'Unione Goliardica Italiana e nella gioventù liberale e, successivamente, nel primo Partito Radicale del 1955, fondato appunto da Pannunzio e Rossi. Partito anticlericale e che per primo denunciò i potentati economici ed il malaffare politico dilagante.
Pannella il laico e anticlericale, dunque, ma anticlericale credente “in altro che nel potere”, ovvero dai saldi principi spirituali che lo porterà, negli anni, a diventare amico personale del Dalai Lama, di Papa Wojtila e di Papa Francesco, pur su posizioni di forte critica dell'apparato clericale.
Il giovane Pannella amico di Benedetto Croce ed Ugo La Malfa che sembra una “bestia rara” fra gli ex del Partito d'Azione, liberali, repubblicani del Partito Radicale pannunziano e che parla un linguaggio strano, diverso. Lancia infatti temi quali il divorzio, l'aborto, l'abolizione del Concordato con la Chesa cattolica, il disarmo, il controllo delle nascite. Temi destinati a diventare il fulcro del dibattito politico degli anni a venire.
Pannella, ci racconta Negri, diventò pannelliano, per così dire, già da ragazzo. Allorquando visse in Alta Savoia ed allora era ospite di una famiglia ove vive Emile, che non vuole fare il militare in quanto dice che è una stupidaggine, ed assiste anche alle continue litigate dei suoi genitori. In un colpo solo - il giovane Pannella - scopre dunque l'obiezione di coscienza ed il divorzio e scopre che questi aspetti fanno parte della realtà quotidiana, tanto quanto i sentimenti e sarà allora che diventerà quel “protestante in terra di Controriforma” che sarebbe sempre stato.
E' così che, mentre il primo Partito Radicale muore per mancanza di voti, Pannella rilancia un partito nuovo, che diventerà poi il partito dei diritti civili, delle libertà sessuali, dei giovani, delle donne, degli omosessuali, dei verdi, dei libertari, degli yippie, delle prostitute, delle pornodive, degli emarginati. Ma anche il “partito delle nonne”, come amava ricordare lo stesso Pannella. Nonne che gli davano il voto perché, meglio di altri, capivano il suo linguaggio e comprendevano la necessità di un'Italia diversa, meno ipocrita, più libera, più civile ed umana.
E' così che il Partito Radicale di Pannella presenta per la prima volta le sue liste alle elezioni del 20 giugno 1976, anni dopo la vittoria della battaglia sul divorzio, che i radicali avevano promosso e contribuito a far vincere assieme ai socialisti, ai repubblicani ed ai liberali.
In quell'occasione ecco eletti quattro deputati radicali: Pannella, Adele Faccio, Mauro Mellini ed Emma Bonino destinati a scolvolgere il Parlamento negli anni a venire ed ecco avanzare le battaglie sull'obiezione di coscienza al servizio militare, il voto ai diciottenni, le marce antimilitariste, le prime denunce sulle deviazioni dell'Eni, le denunce contro l'Omni e gli orfanotrofi lager...
L'Italia scopre dunque un leader ed un partito diverso: un partito non di massa, non di classe, nonviolento, libertario, che spaventa il monolitismo conservatore sia della Democrazia Cristiana che del bacchettone Partito Comunista Italiano, che vede via via perdere consensi in particolare fra i giovani e le donne.
Quello di Pannella è anche il partito che denuncia gli aborti clandestini “di massa e di classe”, il partito delle autodenunce attraverso la trasformazione delle sedi radicali in centri di aiuto per le donne che vogliono abortire e, finalmente, della legge che porterà a legalizzare l'aborto nel 1978, grazie sempre al contributo del socialista Loris Fortuna – già autore della legge sul divorzio - e dei partiti laici.
Pannella è, come ricorda, Negri, anche il leader che dialoga con tutti e fa infuriare in comunisti anche perché dialoga amabilmente con il movimento presidenzialista e repubblicano Nuova Repubblica, fondato dal partigiano mazziniano Randolfo Pacciardi.
Ma Marco Pannella è anche il leader che guarda lontano e guarda a quei popoli martoriati dal colonialismo e dal neocolonialismo, ovvero al Terzo Mondo. E qui Giovanni Negri ricorda la battaglia degli Anni'80 condotta dal Partito Radicale contro lo sterminio per fame nel Terzo Mondo ed a tal proposito, come feci personalmente anche sul sito della rivista socialista rivoluzionaria francese “Rébellion” (http://rebellion-sre.fr/15-octobre-1987-15-octobre-2016-29e-anniversaire-de-disparition-de-thomas-sankara), ricordai la battaglia comune di Pannella e del Presidente del Burkina Faso Thomas Sankara (poi iscrittosi al Partito Radicale) il quale sarà il primo a criticare aspramente le politiche del Fondo Monetario Internazionale. Ricordo ancora le foto dell'incontro degli stessi Pannella e Negri con il Presidente Sankara, che ho anche riportato sul mio blog (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/05/thomas-sankara-e-la-rivoluzione.html).
Purtroppo quella battaglia, che avrebbe voluto elevare all'1,4% la quota di aiuti allo sviluppo dell'Italia e per la quale saranno coinvolte numerose personalità di livello internazionale, sarà perduta a causa dell'assoluta mancanza di volontà del Parlamento.
Eppure l'idea di Pannella, raccontata nel saggio di Negri, è suggestiva: dichiarare una vera e propria guerra alla fame, attraverso la convocazione dei Ministri preposti: Difesa, Esteri, Sanità e Lavori pubblici i quali, con i capi di stato maggiore, dovrebbero concordare un programma operativo ed una data di scadenza con l'obiettivo di salvare per dodici mesi la vita di quattro milioni di persone nel Terzo Mondo.
Pannella è dunque un lucido utopista che si scontra contro l'ottusità e l'egoismo umano e politico.
E' il Pannella che si ispira al radicalismo ed alla religiosità di Don Romolo Murri, fondatore della Fuci e del primo movimento che in Italia prenderà il nome di Democrazia Cristiana. Un prete anticlericale sospeso poi a divinis e scomunicato nel 1909, dopo essersi candidato nelle file della Lega Democratica, allora rappresentante dei radicali e dei laici.
E' anche il Pannella che si disinteressa del denaro e dei beni materiali e che aborrisce il consumismo al punto che il suo Partito Radicale, checchè ne scrivano i media, è un partito assai morigerato, sempre alla ricerca di finanziamenti subito spesi in battaglie e campagne civili e referendarie.
E' il Pannella dei digiuni, come Gandhi, che sceglie questo strumento di lotta nonviolenta per affermare la libertà di tutti, il rispetto delle regole, la verità della parola e non sarà compreso, spesso, nell'epoca del terrorismo e della violenza di piazza o di Stato, come quella compiuta contro la giovanissima Giorgiana Masi, il 12 maggio 1977, uccisa nell'ambito di una manifestazione pacifica del Partito Radicale per celebrare la vittoria del referendum sul divorzio e sulla cui vicenda il Partito Radicale redigerà unlibro bianco, ricordato dallo stesso Negri, nel quale si dimostrerà che la giovane è stata uccisa da forze dell'ordine infiltratesi fra i manifestanti.
E' il Pannella che alla violenza, dunque, risponde sempre con la nonviolenza, con il sorriso, con la ricerca del dialogo e della verità.
E' il Pannella della legalizzazione della cannabis e del Partito Radicale Trasnazionale.
E' il Pannella che, ad ogni modo, come scrive lo stesso Giovanni Negri, nel corso degli Anni '90, finirà forse per diventare un po' autoreferenziale, attraverso la sua Lista Pannella ed i continui dialoghi (fra sordi) con Berlusconi e poi con Prodi.
Oggi che Pannella non c'è più ed il mondo radicale è letteralmente diviso in due, non rimane molto se non quelle battaglie che meritano di essere ricordate e fatte conoscere ai giovani.
Giovanni Negri, in conclusione del suo saggio, elogia la modernità. Personalmente, invece, mi sento di criticarla e di evidenziarne i limiti. La modernità, oggi, si è trasformata in precarietà da una parte ed in superficialità dall'altra. Non è positivo che oggi il tempo medio di attenzione di un ventenne di fronte ai contenuti di una schermata video su internet venga calcolato in un secondo (per citare una frase dello stesso Negri nel saggio). Non è positivo che i ventenni di oggi, per non parlare di noi quarantenni, siano (e siamo) condannati alla precarietà ed all'insicurezza sociale.
La modernità, oggi, appare essere questa qui.
E' forse il caso di porsi qualche domanda e di ricercare, anche in quelle battaglie radicali delle origini (che parlavano anche di autogestione socialista), oltre che nella nostra Storia, chiavi di lettura diverse e non necessariamente proiettate verso un presente ed un futuro edonistico/tecnologico. Bensì in un presente ed in un futuro che ricerchino, piuttosto, qualche cosa che si è preduto, forse da secoli, ovvero un rinnovato contatto fra essere umano e Natura, fra essere umano ed i suoi simili, attraverso il sentimento e l'amore.
Una delle ultime frasi di Marco Pannella prima di morire e con la quale lo vorrei ricordare, è stata infatti: “Grazie, grazie dell'amore, quello conta; l'odio è per i poveri stronzi”.

Luca Bagatin

giovedì 6 aprile 2017

Elezioni presidenziali in Francia 2017: una contrapposizione fra chi ha una visione sociale e sovrana del Paese e chi non ce l'ha. Articolo di Luca Bagatin

La campagna elettorale per le presidenziali francesi che si terranno il 23 aprile prossimo sembra davvero sottotono.
I candidati dei partiti tradizionali, ovvero il socialista Benoit Hamon ed il repubblicano François Fillon, sembrano ormai fuori dai giochi. Il primo risente dell'impopolare governo Hollande che ha snaturato completamente la natura sociale del Partito Socialista tramutandolo in un partito liberal-capitalista; Fillon, invece, risente delle inchieste che lo vedono indagato per appropriazione indebita di fondi pubblici. Il primo tenta di recuperare consensi attraverso un programma che pone maggiormente l'accento sul sociale, iniziando con l'abolizione della Loi Travail (equivalente del Jobs Act italiano); il secondo propone la riduzione dell'imposta sulle aziende e una riduzione degli oneri sociali, oltre che l'aumento dell'Iva di due punti percentuali.
A raccogliere discreti consensi, invece, il candidato di sinistra Jean-Luc Mélenchon, che si attesterebbe attorno al 15%, con un programma decisamente sociale ed improntato alla riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore settimanali, ad un aumento del salario minimo ed all'obbligo per lo Stato di assumere i disoccupati per lavori di carattere generale. Mélenchon – come riportato dal quotidiano “Le Monde” e segnalato dal settimanale “Internazionale” - critica anche l'Unione Europea e ritiene che essa andrebbe o cambiata o abbandonata, iniziando innanzitutto a rinegoziare i patti di stabilità e richiedendo una maggiore indipendenza della Francia dalla BCE, in modo da poter adottare misure più protezionistiche sul commercio.
In pole position, ad ogni modo, la nuova Marianna di Francia, ovvero Marine Le Pen che i media mainstream ancora dipingono come di “estrema destra”, quando invece il suo Front National – molto lontano dal liberista Front National del padre Jean-Marie - è tutto tranne che di destra e sicuramente non ha nulla di estremistico.
Marine Le Pen infatti sembra essere l'unica a voler riaffermare la sovranità nazionale della Francia, a proporre di abbandonare il comando integrato della Nato ed a porre l'accento sul problema immigrazione – destinato a diventare sempre più un serio problema sociale – ponendo un tetto all'accoglienza di immigrati e vietando le regolarizzazioni degli immigrati irregolari. Oltre a ciò la Le Pen pone l'accento sulla lotta al terrorismo, sulla sicurezza e sulla laicità dello Stato (cosa che nessun partito di destra nel mondo fa o ha mai fatto, si badi bene), inserendo la laicità nel codice del lavoro e vietando l'esposizione di simboli religiosi nei luoghi pubblici, opponendosi anche ad ogni finanziamento ai luoghi di culto ed alle attività religiose. Nell'ambito sociale e sul fronte del lavoro e delle tasse la Le Pen intende abrogare la precarizzante Loi Travail, riportare l'età pensionabile a 60 anni e garantire la sicurezza sociale a tutti i francesi ed abbassare le imposte sul reddito di piccole e medie imprese, oltre che ridurre l'imposta sul reddito per i primi tre scaglioni.
La Le Pen sembra, in sostanza, riunificare l'antico programma gollista per quanto riguarda la sovranità dello Stato e l'antico programma socialista per quanto concerne gli aspetti lavorativi e sociali. Richiamandosi poi ad entrambi per quanto concerne la laicità dello Stato.
In questo senso sembra dare molto filo da torcere al candidato radical-chic di centrosinistra, ovvero il banchiere Emmanuel Macron, già ministro dell'Economia dell'impopolare governo Valls.
Macron, che sembra dato favorito al secondo turno delle presidenziali, presenta un programma di matrice liberal-capitalista e forse è proprio lui il candidato più “a destra”. Egli intende infatti favorire gli investimenti delle imprese, limitando l'imposta sul patrimonio immobiliare e ridurre l'imposta sulle imprese e sul costo del lavoro, riducendo altresì i contributi salariali. Come riportato da “Le Monde”, Macron parla poco di lotta al terrorismo e ritiene che questo fenomeno sia in parte frutto delle discriminazioni e dell'assenza di mobilità sociale in Francia ed intende agire su questi aspetti.
I giochi, dunque, sono aperti. Per quanto per quel che ci riguarda il candidato che meno ci convince e ci piace è sicuramente Macron, ovvero il rappresentante dell'alta borghesia “liberal” per eccellenza, destinato a promuovere una idea di Francia ed Europa meno sociale e che garantisca solo chi ha l'argent...ovvero i soldi !
Da segnalare l'appello dell'OSRE - ovvero dell'Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea- la quale edita il bimestrale “Rébellion” e molto vicino alle idee dei filosofi Alain De Benoist e Jean-Claude Michéa, nel quale si invita al non voto in quanto – si legge nell'appello - “Mentre i lavoratori stanno lottando per conservare il posto di lavoro in tutta la Francia, mentre la miseria si deposita nel nostro paese, i politici liberali di Destra e Sinistra hanno occultato i problemi reali attraverso una campagna presidenziale scarsamente politicizzata (…) Che cosa propongono i candidati del sistema (Hamon, Fillon e Macron) ? Delle leggi per i più forti e lo sfruttamento per tutti gli altri. Il loro programma comune ? Precarietà del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici, smantellamento del sistema scolastico, tagli alle pensioni ed alle indennità di malattia ! (…) Ci appelliamo a coloro i quali non sostengono i partiti del sistema affinché partecipino alla costruzione – attraverso l’azione comune – di una alternativa popolare, patriottica e rivoluzionaria al sistema. Per questo noi indirizziamo tale appello a tutte le forze vive al fine di marginalizzare la campagna presidenziale e lavorare tutti assieme per il futuro che si prepara !

Luca Bagatin

mercoledì 5 aprile 2017

Intervista di Luca Bagatin alla militante del partito di governo Alianza Pais Gabriela Pereira sulle elezioni presidenziali in Ecuador vinte da Lenin Moreno

Le elezioni presidenziali in Ecuador, conclusesi il 2 aprile scorso, sono state vinte dal candidato del partito di governo Alianza Pais (Patria Altiva y Soberana, ovvero Patria Orgogliosa e Sovrana), il socialista Lenin Moreno e ciò assicura una piena conferma della Revolucion Ciudadana, ovvero della Rivoluzine Civica portata avanti dall'economista Rafael Correa, che ha governato il Paese dal 2007 ad oggi.
Lenin Moreno, sostenitore del proseguimento delle politiche sociali del suo predecessore, oltre che di un “piano per tutta la vita” che assicuri benessere sociale a tutti gli ecuadoriani, ha infatti raccolto il 51% dei voti, che purtuttavia è pesantemente contestato dal suo oppositore, il banchiere Guillermo Lasso - già in passato compromesso con i corrotti governi democristiani - che ha raccolto il 49% dei voti e ritiene ci siano stati dei brogli.
Ne parliamo in merito con la militante di Alianza Pais Gabriela Pereira, la quale risiede da diversi anni in Italia.
Gabriela Pereira e l'ex Presidente Rafael Correa


Luca Bagatin: Che ne pensi dell'attuale vittoria di Lenin Moreno in Ecuador e delle accuse di brogli lanciate da Lasso ?
Gabriela Pereira: Dopo questa campagna elettorale, che è stata una delle più sporche degli ultimi anni, il popolo ha deciso il suo destino politico, che è quello di continuare con le conquiste fatte con la Rivoluzione Cittadina, cioè inclusione sociale, riduzione della povertà, diritti per le donne, per i disabili, o meglio, diversamente abili. E' vero che ci sono cose che devono evolversi o cambiare, però il cambiamento che offriva il candidato delle destre, il banchiere Guillermo Lasso, era ritornare al passato neoliberista, che ci ha ridotto nella disugualianzza in un Paese con tante risorse.
E' accaduto che già prima di conoscere i resultati il 17 febbraio scorso, il violento Andrès Paez, candidato a Vicepresidente di Guillermo Lasso, in complicità con il Sindaco di Quito, Mauricio Rodas, anche lui rappresentante della destra oligarchica in Ecuador, abbiano invitato la popolazione a ribellarsi in maniera violenta contro i primi risultati, che avrebbero dato Lenin Moreno in vantaggio, credendo che non ci sarebbe stato il ballotaggio. Quindi il loro piano contempla pure le rivolte violente se i liberisti non ottengono il potere: è lo stesso stratagemma delle destre ovunque: in Venezuela, in Bolivia, in Paraguay, in Argentina, sempre la stessa violenza e proveniente dalle stesse formazioni politiche.

Luca Bagatin: Pensi che Lasso sarà disposto a tutto pur di ribaltare il risultato delle elezioni ? In questo senso quanto pesa, secondo te, l'affare “Julian Assange”, l'attivista libertario fondatore di Wikileaks attualmente protetto dall'ambasciata ecuadoriana a Londra ?
Gabriela Pereira: Guillermo Lasso è un uomo che non lo si può definire come un uomo politico, in quanto egli è il rappresentante dei ceti sociali più alti, oligarchici. Pensa che lui è direttamente coinvolto nella peggiore rapina fatta agli ecuadoregni nel marzo de 1999 col “Feriado Bancario”. Ai tempi lui ricopriva l'incarico di Superministro dell'Economía ed a sua volta era anche Presidente del Banco de Guayaquil e fu proprio in quel periodo che andarono in fallimento più di dieci banche, che trattennero i risparmi di milioni di persone. Fu così che tutta questa gente impoverita da un giorno all'altro fu costretta a lasciare il Paese per migrare al fine di cercare un futuro migliore per i propri figli. Le conseguenze di quella catastrofe finanziaria furono terribili: suicidi di bambini e adolescenti che rimasero senza i loro genitori; malati che non potevano pagare le cure e sono morti; gente che perse i suoi negozi e si uccise. Tre milioni di persone divenute mano d'opera precaria per i Paesi industrializzati...una situazione davvero terribile. Ed oggi questo tizio ha avuto la faccia tosta di ricandidarsi pur con tutto il male che ha causato !
Sul fatto di Julian Assange, è lui stesso che ha consigliato a Lasso - in caso di sconfitta alle elezioni presidenziali – che è meglio che se ne vada dal Paese.

Luca Bagatin: Pensi che le proteste di Lasso si inseriscano nell'ambito dei tentativi di destabilizzazione dei governi socialisti latinoamericani attuata dalle opposizioni oligarchiche e dalle multinazionali (pensiamo ai casi Brasile, Venezuela ed anche nel recente passato i tentativi di golpe contro l'Ecuador di Correa) ?
Gabriela Pereira: Da quando nel 1998 Hugo Chavez è diventato Presidente del Venezuela ed ha motivato ed invitato anche gli altri Paesi latinoamericani a ritrovare una piena sovranità politica ed economica, subito le oligarchie latinoamericane, con l'aiuto delle multinazionali e della CIA, hanno iniziato a riprendere l'operazione Condor. Quel Piano Condor che negli anni '70 e '80 in Argentina, Cile, Paraguay, Uruguay e Brasile, ha portato morte e desaparecidos. Ed è la stessa macchina oligarchica che ha combattuto, dal 1959 in poi, contro la Cuba di Fidel Castro. Coloro i quali hanno orchestrato il golpe contro il Presidente Correa nel 2010 sono sempre coloro i quali oggi cercano di diffondere l'idea che ci sia stata una frode elettorale al fine di destabilizzare la democrazia in Ecuador. Però la grande maggioranza del popolo ormai non si fa più trascinare dalle bugie dei media mainstream disinformatori, i quali sono stati anche loro i protagonisti diretti nelle destabilizzazioni dei Paesi con governi a guida socialista.

Luca Bagatin: Tu e tuo marito, Roberto Pazmino, da anni vi occupate di diffondere gli ideali della Revolucion Ciudadana e del Socialismo del XXI secolo in Italia, attraverso una vostra web radio. Puoi raccontarci meglio la vostra attività e come è nata ?
Gabriela Pereira: Sia mio marito che io apparteniamo alla classe proletaria. Non abbiamo studiato giornalismo, siamo diventati migranti per la grave crisi ecuadoregna del '99, quindi non abbiamo avuto l'opportunità che oggi hanno tanti giovani nel mio Paese di poter andare all'Università in modo gratuito, come un diritto. Noi siamo autodidatti ed abbiamo colto l'occasione che ci ha presentato un compagno cubano che vive in Canada, sulla base dell'idea del Professore Universitario e scrittore cubano Raul Capote, autore del libro “Il Nemico”. E' così che abbiamo deciso di fare contrainformazione attraverso una radio web - Revolucionarios al Poder - con un programma che noi abbiamo prodotto, ovvero Artilleria de la Palabra. Sappiamo che i grandi media sono guidati da multinazionali che devono difendere il capitalismo e quindi diffondono informazione distorte. Attualmente in America Latina essiste Telesur ed altri media che combattono contro la disinformazione. E così noi abbiamo pensato di contrastare l'informazione distorta e diffondere la verità usando un linguaggio semplice. E un programma fatto da gente del popolo come noi e per il popolo. Ed è cosí che ogni sabato si transmitte il nostro programma. Pensiamo che in questi tempi l'informazione sia un'arma molto potente in quanto la gente bene informata può essere così meno manipolabile.

Luca Bagatin: Come immagini il futuro dell'Ecuador e dell'America Latina ?
Gabriela Pereira: Il mio Paese è piccolo, ma è uno dei più variegati al mondo: ricco di resorse naturali, con paesaggi magici, ma purtroppo si trova anche nel continente nel quale le disuguagianze sono anche maggiori. La Storia ci racconta che i più emarginati e vulnerabili sono sempre stati gli indigeni, gli uomini di colore, contadini, operai, gente umile, mentre la classe dei borghesi ha sempre mantenuto il potere in ogni modo. Oggi finalmente il vento è cambiato e nel mio Paese tutti hanno gli stessi diritti, il diritto ad una educazione avanzata gratuita ed alla salute ed io voglio per il mio Paese la continuità di questa nuova era. La Rivoluzione Cittadina portata avanti da Correa ed oggi da Lenin Moreno è una realtà di giustizia sociale e pace per tutti, ma non quella pace che ci voleva imporre la Chiesa cattolica, quella quella che ci imponeva di obbedire ai padroni e ad abbassare la testa. La pace che ci ha insegnato Rafael Correa è quella racchiusa in questa frase: “La pace non è soltanto la mancanza di guerre. La pace è sopratutto presenza di giustizia, di salute, educazione, sicurezza sociale, reddito dignitoso, bisogni fondamentali soddisfatti. L'offensiva opulenza accanto a intollerabili livelli di povertà, anche questi diventano proiettili di tutti i giorni, contro la dignità umana”.

Luca Bagatin

lunedì 3 aprile 2017

E' l'amore che crea una famiglia !

Mi spaventano assai i difensori della famiglia, perché la difendono astrattamente ed ideologiamente e non parlano mai di amore.
Una famiglia non fondata sull'amore è dannosa all'evoluzione dei suoi componenti, va detto !
Una famiglia composta da persone che si amano, indipendentemente dal sesso delle persone che la compongono, è invece lodevole.
Personalmente considero famiglia anche me e il mio gatto, che considero come un fratello.
Colgo l'occasione per ricordare ai destrosinistri, che D'Annunzio fu il primo a fondare una Repubblica sull'Amore. Né di destra né di sinistra.
Erotica, eretica e libertaria ! 

Luca Bagatin 

D’Annunzio: manuale
del “rivoluzionario”

di Luca Bagatin
tratto dal quotidiano nazionale "L'Opinione"

La fantasia al potere, attraverso una critica del potere stesso, la porterà certamente Gabriele D'Annunzio (e non certo i figli di papà del ‘68 italiano), il Vate della letteratura italiana per eccellenza, il poeta armato, l’eroe dell'impresa di Fiume e che fece della città di Fiume – occupata con soli 1500 uomini e senza sparare un colpo – una città libera e liberata. Gabriele D'Annunzio fu, secondo le parole di Lenin, l’unico rivoluzionario dell’Italia dei suoi tempi e da molti fu considerato un novello Giuseppe Garibaldi, per il suo ardimento e per la sua portata socialisteggiante, dagli echi mazziniani e garibaldini.
Ce ne ha parlato a lungo lo storico Giordano Bruno Guerri, ma ce ne parla diffusamente – proprio attraverso gli scritti e i discorsi di D’Annunzio stesso – il “suo” “Manuale del Rivoluzionario”, a cura di Emiliano Cannone ed edito dalla Tre Editori. Un bellissimo saggio che abbiamo scoperto e che desideriamo far conoscere e diffondere. Un manuale che, non a caso, reca in copertina un D’Annunzio nei panni di Lenin, contornato da bandiere rosse nell’atto di prendere d’assalto il palazzo d’Inverno.
Il palazzo d’Inverno di D’Annunzio fu il potere, la casta politica, il governo di Nitti, di Vittorio Emanuele Orlando e di Giolitti, ovvero dei parrucconi della sua epoca. Ma il palazzo d’Inverno di D’Annunzio fu anche l’avanzante fascismo e quel Mussolini che cercò, in tutti i modi ma senza riuscirvi, di zittire il Vate.
Nel testo è rappresentata tutta l’anima anarchica, socialisteggiante, libertaria, antiparlamentare e internazionalista di D’Annunzio che, non a caso, dichiara che egli aspira a un “comunismo senza dittatura” e che – ben prima e meglio di altri – lancerà invettive contro la “casta politica”, dichiarando, fra le altre cose: “La casta politica che insudicia l’Italia da cinquant’anni, non è capace se non di amministrare la sua propria immondizia, pronta a tutte le turpitudini, pur che sia lasciata fingere di godersi il suo potere impotente”.
D’Annunzio, in questo senso, fu un eroe (anti)politico e, dunque, un eroe della vera democrazia, contro i soprusi e le ruberie del potere e in questo senso non mancherà mai in D’Annunzio il suo appello all’antica Grecia, al mito greco, all’arte e dalla bellezza in tutte le sue forme, quale valori fondanti per l’emancipazione umana. In questo senso egli scorgerà la natura della crisi dei suoi tempi, che poi è anche la natura della crisi economica e sociale dei nostri, ravvisando l’origine del problema nell’espansionismo capitalistico e nell’imperialismo anglosassone e statunitense, ovvero di coloro i quali egli definisce i “divoratori di carne cruda”. A tal proposito D’Annunzio scrive: “La lotta mercantile, la lotta per la ricchezza, porta il pericolo delle più terribili conflagrazioni marziali”.
Ora sappiamo che fu profetico e nelle sue parole non possiamo non scorgere quanto avvenne nella Seconda guerra Mondiale, durante la Guerra fredda e, oggi, nel Medioriente martoriato e dove non vi sono eroi, bensì criminali che uccidono, in ogni dove, vittime innocenti.
Ricchezza e potere all’origine della morte dell'umanità stessa, dunque. Con l'impresa di Fiume possiamo dire che il D’Annunzio concretizzerà i suoi ideali e i suoi principi. Nel 1919, infatti, in opposizione al trattato di Versailles che negava la città di Fiume all’Italia, D’Annunzio – alla testa di un drappello di legionari – la occupò e ne fece una città libera in tutti i sensi, al punto che a Fiume erano tollerate e praticate le libertà sessuali, nonché era tollerata l’omosessualità e, grazie al contributo dell’aviatore Guido Keller e dello scrittore Giovanni Comisso, fu fondato il gruppo Yoga – avente per simbolo la svastica di origine vedica (che nulla aveva a che spartire con il nazismo, anzi) e una rosa a cinque petali, che proponeva una visione esoterica e spirituale della realtà.
Tra l’altro, in collaborazione con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, D’Annunzio redasse la famosa Costituzione di Fiume o Carta del Carnaro, la quale fu un documento avanzatissimo per l’epoca, prevedendo: libertà di associazione, libertà di divorziare, libertà religiosa e di coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori crocifissi nei luoghi pubblici, assistenza ai disoccupati e ai non abbienti, promozione di referendum, promozione della scuola pubblica, risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario, inviolabilità del domicilio e altro ancora che, peraltro, non fu mai garantito nemmeno dalla Costituzione della Repubblica italiana partitocratica, fondata nel 1948. Una Costituzione tanto decantata, ma assai poco approfondita e che poco aveva a che spartire con la vera democrazia della Repubblica romana del 1849 e con la Carta del Carnaro, fondata da spiriti rivoluzionari e non già da canuti uomini politici, servi dei partiti e delle ideologie e che il potere ha reso schiavi.
Un’impresa unica nella storia quella di Fiume, soffocata dall’imperialismo internazionale e dal Governo italiano di Giovanni Giolitti (tutt’altro che un liberale, bensì un famoso ministro della malavita come lo soprannominò Gaetano Salvemini) che, nel 1920, inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate i legionari.
Da non dimenticare frasi come queste, contenute nel “Manuale del Rivoluzionario”, che D’Annunzio lancia quali invettive ai governanti dell'Europa e del mondo di ieri, non dissimili da quelli di oggi. Frasi oggi attualissime, se osserviamo la geopolitica mondiale, europea, oltre che i flussi di migranti che approdano sulle nostre coste, costretti a emigrare a causa di una crisi voluta dai Governi e dal sistema economico-monetario: “In tutta Europa, in tutto il mondo, il potere politico è al servizio dell'alta banca meticcia, è sottomesso alle impostazioni ignobili dei rubatori e dei frodatori costituiti in consorzi legali. Neppure nel peggior tempo dei barbareschi e dei negrieri le genti furono mercanteggiate con così fredda crudeltà. Le nazioni sono cose da mercato. La vita pubblica non è se non un baratto immondo esercitato nel cerchio delle istituzioni e delle leggi esauste. Fino a quando ?”.
Il “Manuale del Rivoluzionario”, che raccoglie gli scritti anarco-libertari, socialisti, internazionalisti e umanitari di D’Annunzio, è certamente una fortunata opera editoriale e il merito va certamente all’ottimo Emiliano Cannone, giovane dottore di ricerca in Italianistica, per averlo curato con un’ottima nota introduttiva e precise note a piè di pagina.
La veste editoriale del saggio, poi, curata dalla Tre Editori, è elegantissima, anche a dispetto dell'economico prezzo di copertina. Da notare che, la fine di ogni capitolo del “Manuale”, reca il simbolo della bandiera della reggenza del Carnaro: un uroboro – ovvero un serpente che si morde la coda – antico simbolo esoterico e gnostico a rappresentare la natura ciclica delle cose, ovvero simbolo di immortalità (Gabriele D’Annunzio fu iniziato alla massoneria della Serenissima gran loggia d'Italia, oggi Gran loggia d’Italia e non ne fece mai mistero), con al centro le sette stelle dell’Orsa maggiore.
Ulteriori spunti su cui riflettere e approfondire attorno a un personaggio poliedrico quale fu Gabriele D’Annunzio, troppo frettolosamente relegato fra i “poeti del nostro Paese”, senza rammentarne (o preferendo piuttosto oscurarne) la portata rivoluzionaria, libertaria, (anti)politica e (contro)culturale.