Ad ogni modo alcune
considerazioni possono sempre essere fatte, quantomeno sul piano
geopolitico e politico.
Donald Trump,
innanzitutto, non si è rivelato affatto diverso dai suoi
predecessori imperialisti. Anzichè occuparsi del suo Paese come
aveva promesso in campagna elettorale, ha seguitato, attraverso nuove
sanzioni, a destabilizzare ancora una volta l'America Latina
socialista e bolivariana e ha seguitato a creare problemi in
Medioriente, anziché tentare di porre fine ai conflitti e ciò al
fine di compiacere i suoi alleati.
A differenza di Putin che
con Assad, in Siria, ha contribuito seriamente ad arginare e
sconfiggere il terrorismo islamico e che, attraverso una visione
multipolare in linea con le prospettive del filosofo russo Alexandr
Dugin, in America Latina ha siglato importanti contratti con i
governi socialisti.
Governi socialisti, ad
iniziare dal Venezuela, che si sono riconfermati come i più graditi
dalla maggioranza della popolazione, nonostante in Europa si siano
pressoché tenuti nascosti i risultati positivi del fronte socialista
alle elezioni regionali e comunali venezuelane.
Non così invece in
Argentina, che, a causa delle divisioni del fronte peronista, vede
ancora una volta confermarsi al potere - per una manciata di punti
percentuali - l'oligarca liberale Mauricio Macri, il quale sta
togliendo progressivamente diritti civili e sociali ai cittadini, in
linea con le richieste del Fondo Monetario Internazionale.
L'Argentina ha peraltro recentemente pianto la scomparsa, in
corcostanze ritenute misteriose, dell'attivista per i diritti degli
indigeni Mapuche Santiago Maldonado, il quale assieme agli indigeni
si è sempre battuto contro le multinazionali che hanno loro
sottratto le terre.
In Francia, con una
risicatissima maggioranza di voti popolari e sull'onda della paura di
un inesistente "fascismo", le elezioni presidenziali se le
è aggiudicate l'ennesimo prodotto del capitalismo finanziario,
ovvero Emmanuel Macron, da sempre in prima linea contro i diritti
sociali, mentre in Spagna il "popolare" Rajoy ha mostrato
il suo vero volto autoritario, reprimendo nel sangue gli attivisti
indipendentisti e repubblicani catalani.
Quanto all'Italia - ove
sono già previsti aumenti del gas e dell'energia elettrica del 5% -
preferiamo tralasciare vista la totale inconsistenza dei partiti che
si apprestano a gareggiare nell'ennesima campagna elettorale
tutt'altro che entusiasmante e che, come in Francia ed altrove in
Europa, vedrà giustamente prevalere un sano astensionismo di massa
che, purtroppo, oggi, non ha ancora la possibilità di
auto-rappresentarsi nelle istituzioni.
Siamo dunque ancora una
volta alla contrapposizione fra i popoli sfruttati e le élites
dominanti. Popoli sfruttati che, giustamente, guardano ad una visione
geopolitica multipolare e ad una democrazia sempre più diffusa,
diretta e popolare ed élites autoreferenzuali di matrice liberale
che guardano come al solito al tornaconto delle grandi imprese ed
alla crescita economica, proponendo una visione del mondo precaria,
precarizzante e liquida.
C'è chi lamenta
l'assenza di una sinistra vecchio stile, ma in realtà è proprio
quella sinistra ad essere diventata la maggiore sostenitrice del
capitalismo assoluto, come rilevato già in tempi non sospetti da
intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini, Michel Clouscard e,
più recentemente, da Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist.
Occorre invece più
socialismo originario. Meno società dei consumi, meno illusorie
"società aperte" foriere di nuove lotte fra poveri, ma più
socializzazione che superi il precariato attraverso un'economia
condivisa fra tutti. Un'economia fondata principalmente
sull'autogestione e la socializzazione del mezzi di produzione, sul
dono e sul baratto e non sull'ego e sul danaro. Più arcaismo, più
recupero delle tradizioni ancestrali e spirituali di ogni popolo e
meno indistinzione, meno liquidità "all'americana", meno
fondamentalismo.
Più rispetto e
promozione dell'ambiente e della Natura in tutte le sue forme.
Non ius soli, ma
panafricanismo, ovvero sostegno alle lotte di liberazione nazionale e
sociale dei Paesi africani (positiva in tal senso la candidatura di
Seif-al Islam Gheddafi, figlio del grande leader libico socialista
Mu'Ammar, barbaramente ucciso nel 2011, alle elezioni in Libia del
2018) e di tutti i Paesi del Terzo Mondo portatori di una visione
laica, socialista, democratica dal basso contrapposta ad ogni forma
di neocolonialismo, neoimperialismo diretto dal Fondo Monetario
Internazionale e dalle più varie multinazionali.
Multipolarismo,
ambientalismo e socialismo - oltre la destra e la sinistra -
dovrebbero essere le parole d'ordine per gli anni a venire dei popoli
liberi. Non più Europa delle élites liberali, ma più Europa dei
popoli sovrani o, meglio, più Eurasia.
Più unità fra i popoli
fratelli latini, quelli panafricani e quelli eurasiatici contrapposti
ad ogni visione capitalista, universalista, materialista e
oligarchica.
Una possibile Civiltà
dell'Amore può passare anche da qui. Dal superamento dell'ego, del
danaro, del totalitarismo fondamentalista dell'economia di mercato.
Per approdare dove ?
All'essere umano che
divide e condivide con i suoi simili, ma non dei post sui cosiddetti
"social". Che divide e condivide una dimensione sociale e
socialista autentica; una dimensione spirituale e ambientalista; una
dimensione di consapevolezza interiore che gli permetta di
autogestirsi e di autogovernarsi, senza la necessità di nessun
"media" o "medium".
Luca Bagatin