Quello di Massimo
Stefanetto è un romanzo sul socialismo o, quantomeno, un romanzo
ove i protagonisti sono dei giovani, nati, vissuti e cresciuti
nell'epoca liquida di oggi, affascinati da un passato che non c'è
più. Un passato che vorrebbero ricostruire, dal basso, costituendo
un circolo come quelli che venivano animati da altri giovani come
loro, prima di loro, nelle generazioni passate, negli anni che
furono.
“Il fiore dimenticato”
(edito da YouCanPrint), che è poi il garofano rosso, simbolo che il
Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi prese a prestito dalla
Comune di Parigi del 1871, è un romanzo breve, di analisi politica.
Un'analisi politica che
non condivido, per molto versi, e ne spiegherò le ragioni, ma non
priva di suggestioni e di profonda umiltà e umanità.
Non condivido – forse
perché in passato, nella mia gioventù, vi ho creduto e ho scoperto
quanto ingenuo fosse credere a ciò – il tentativo di mettere
assieme i socialisti con i liberal-radicali, che sono due entità
opposte e contrapposte. Mentre le origini dei primi trovano un
fondamento nell'operaismo e nelle masse contadine, oltre che nel
populismo dell'800, i secondi trovano il loro fondamento nella
borghese e modernista Rivoluzione Francese, quella che escluderà del
tutto il Quarto Stato dalla gestione delle cose e perseguiterà le
masse contadine, che al modernismo non volevano assoggettarsi, specie
in Vandea.
Non è possibile, dunque,
pensare di unire – nemmeno laicamente – i difensori dei più
deboli con la classe media e medio alto borghese. I proletari con i
proletari, i borghesi con i borghesi. Le classi sociali contano, per
quanto possano raccontarvi tutta un'altra storia o raccontarvi che le
classi non esistono. Chi è povero lo sa bene. E di questa
consapevolezza dobbiamo essere grati proprio alla Comune di Parigi e
alla Rivoluzione bolscevica del 1917 che, oltre agli aristocratici,
si contrapporrà anche ai ricchi e ai borghesi, dando corpo alle idee
della Prima Internazionale dei Lavoratori, pur con i vari
stravolgimenti operati dal “politburo”.
Unire e approfondire il
socialismo originario significa unire e recuperare ideali marxisti,
anarchici, repubblicani, che trionferanno nell'epoca odierna non già
in una Europa preda della dittatura dei mercati e trainata dagli USA,
bensì nell'America Latina del Socialismo del XXI Secolo:
bolivariana, chavista, peronista, sandinista, garibaldina.
Significa recuperare gli
ideali d'annunziani di Fiume e nazionalcomunisti del repubblicano
mazziniano Mario Bergamo, di Niekisch e oggi di Limonov. Significa
rompere con l'oligarchia liberale e recuperare il populismo di
Aleksandr Herzen e l'etica di Giuseppe Mazzini.
Ringrazio Massimo
Stefanetto per aver preso a prestito, nella redazione del suo
romanzo, alcune parole tratte da un mio articolo nel quale esponevo
il pensiero del filosofo orwelliano comunista Jean-Claude Michéa, il
quale nei suoi saggi ha chiaramente dimostrato la differenza abissale
fra il socialismo e la sinistra. E, forse, proprio su queste basi
occorre ripartire per una analisi filosofica-spirituale e politica
del socialismo, il quale non ha mai avuto nulla a che spartire con la
tradizione della sinistra, nata durante la Rivoluzione Francese quale
rappresentante della borghesia, contrapposta alla destra,
rappresentante dell'aristocrazia.
Il socialismo ha sempre e
solo rappresentato il Quarto Stato e mai nessun esponente storico di
tale corrente si è mai definito di sinistra (o di destra). Né
Saint-Simon, né Marx, né Engels, né Proudhon, né Bakunin, né
Garibaldi. Il compromesso con la sinistra, purtroppo, nacque quando i
socialisti – in Francia – vollero evitare un colpo di Stato
monarchico, ai tempi dell'affaire Dreyfus. E un po' ovunque, in
Europa, successivamente, vi saranno compromessi con la borghesia,
ritenendo che il parlamentarismo e il “riformismo” borghese
avrebbe permesso ai socialisti di ottenere qualche
riforma....dimenticando che il capitalismo non è riformabile e che
in regime capitalista la pace sociale, ovvero socialista, è
impossibile ed esisterà sempre uno sfruttatore ed uno sfruttato.
Suggestivo, ad ogni modo,
il romanzo breve di Massimo Stefanetto, perché ci permette molte
riflessioni in un'epoca che ha smesso di pensare. Oltre che di amare
e di credere che la Storia possa insegnarci qualche cosa. Mantenere
aperta la mente, lo scambio intellettuale reciproco, è la base per
preservare un presente e un futuro di libertà. Almeno dentro noi
stessi, stringendo un fiore che non dimentichiamo: il garofano della
Comune.
Luca Bagatin