Laddove l'economia
cresce, ovvero vige il regime della domanda e dell'offerta, ovvero il
capitale e l'economia dominano su tutto il resto, la popolazione
invecchia. Le relazioni sociali si riducono a virtualità, divengono
asettiche. Il romanticismo scompare e così, appunto, l'amore. Le
famiglie si disgregano, aumentano i divorzi, le separazioni, le
coppie non fanno più figli.
Il Giappone sembra essere
l'emblema di questo modello asettico, iper-tecnologico,
iper-economicista, iper-capitalista e, dunque, iper-sclerotizzato e
avviato – con il conseguente invecchiamento della popolazione -
verso il declino umano, così come tutti i Paesi ove vige questo
terribile sistema, chiamato, appunto, capitalismo assoluto.
Nel 2015, in Giappone, il
tasso di natalità era di 1,46 figli per donna e, secondo una ricerca
condotta dall'Istituto Nazionale della Popolazione e della Sicurezza
Sociale, il 40 – 45% dei maschi e delle femmine celibi – fra i 18
e i 34 anni - sarebbe afflitto da “apatia sessuale”, determinando
assenza di rapporti sessuali.
Il capitalismo genera
dunque, ancora una volta, crisi. Una crisi che è sempre più umana e
affettiva, e sempre più, quindi, sessuale, compensata in maniera del
tutto bulimica e irrazionale attraverso consumi compulsivi, sesso a
pagamento - addirittura con bambole “sessuali”, oggetto sempre
più in voga in Giappone, oltre che nei nei Paesi capitalisti
occidentali...ove addirittura si arriva persino a “fidanzarsi”
con esse – e addirittura con il suicidio, che è fenomeno
drammaticamente in aumento nei Paesi capitalisti, in particolare il
Giappone, che registra fra i 25 e i 30 mila suicidi all'anno.
Conseguenza di ciò è
anche la mancanza di lavoratori e il governo giapponese che cosa fa ?
Fa arrivare 340.000 immigrati, nell'arco dei prossimi cinque anni.
Altro fenomeno del capitalismo assoluto è, infatti, l'immigrazione e
l'emigrazione, ovvero il costringere (a vario titolo e a vario modo)
le persone – a causa delle drammatiche crisi che genera questo
folle e perverso sistema economico-sociale – a spostarsi,
sradicandosi, impedendo loro di avere rapporti stabili, sicurezze,
identità culturali, sociali, affettive. E generando così, peraltro,
nuove guerre fra poveri e fomentando xenofobie e sciovinismi, prima
del tutto assenti.
L'emigrazione/immigrazione,
dunque, lungi dall'essere un'opportunità, è l'ennesimo strumento
dei potenti - sia dei governi “liberali” che del sistema
economico - non solo per non risolvere nulla se non il loro personale
tornaconto in termini economico-sociali (spostandosi i lavoratori
possono essere meglio controllati e accontentarsi di salari contenuti
e soprattutto avere più difficoltà ad organizzarsi ed associarsi,
anche a causa delle differenze linguistiche fra loro e con i
lavoratori autoctoni, i quali li vedranno, peraltro, come una
minaccia), ma anche per aggravare il problema, che è un problema,
come abbiamo visto, di distruzione alla radice dei rapporti umani e
sociali, generata da un sistema che crea “drogati” dal mercato,
ovvero persone dipendenti dal sistema dei bisogni e dei consumi
indotti (dalla pubblicità, dagli “status symbol”, dagli usi e
costumi “importati” da modelli stranieri – statunitense in
primis - fondati sul capitalismo assoluto e la messa in vendita di
ogni cosa).
Fu lo scrittore e poeta
Yukio Mishima – il quale si definì sempre apolitico e antipolitico
- a denunciare per primo in Giappone la decadenza che stava
attanagliando il suo Paese. E lo fece in modo drammatico e
emblematico, ovvero togliendosi la vita attraverso il seppuku, il
suicidio rituale dei samurai.
Mishima credeva ancora in
quei valori antichi, ove l'amore e l'onore erano anteposti al
disvalore del danaro, del consumo, della messa in vendita dell'essere
umano, della sua mente, del suo corpo.
Il suo Paese non seppe
ascoltarlo.
E così tutto l'Occidente
cosiddetto “liberale”, ove l'unica libertà garantita è quella
di consumare. Senza alcuna consapevolezza di sé e dei veri valori
della vita.
Luca Bagatin
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