giovedì 28 febbraio 2019

L'Africa libera agli africani ! Intervista al giornalista e studioso Filippo Bovo a cura di Luca Bagatin

In pochi sanno ciò che accade veramente in Africa da decenni, anzi, da secoli. In molti preferiscono voltare le spalle dall'altra parte, magari rinchiudendosi nel proprio intimo razzismo o nella xenofobia.
Altri invece, preferiscono acriticamente aprire i porti, accogliere tutti. Senza chiedersi se ciò sia davvero giusto, ovvero se sia giusto “deportare” esseri umani nei nostri Paesi, i quali magari finiscono nelle mani sbagliate, nei giri della malavita locale. Senza chiedersi – in sostanza - quali siano le cause delle migrazioni, ovvero aiutare gli africani a riappropriarsi delle proprie terre, della propria sovranità e aiutarli a non snaturarsi, a non disintegrarsi nella cultura occidentalista-capitalista, sempre più preda di un mercato che ha messo in vendita ogni cosa e che incita ad un consumo selvaggio e al conseguente sfruttamento dell'essere umano sull'essere umano.
Ecco che in pochi conoscono la storia di eroi panafricani quali Thomas Sankara, Patrice Lumumba, Kwame Nkrumah, Nelson Mandela, Mu'Ammar Gheddafi e molti altri leader. Tutti di ispirazione socialista, tutti eroi politici democratici che hanno combattuto, nelle rispettive terre, il colonialismo e il neocolonialismo europeo e statunitense. E per questo hanno spesso pagato con la vita.
Come europei dovremmo riflettere su questo. Siamo stati e siamo davvero un popolo civile e democratico, in rapporto a quello africano ?
Perché non cerchiamo di capire e di approfondire ?
Oggi la bandiera panafricana è ripresa in mano da attivisti come Kemi Seba, che nei giorni scorsi, con la sua ONG “Urgences Panafricanistes” ha organizzato diverse manifestazioni in Africa contro il sistema del Franco CFA. La tesi di Kemi Seba è quella di invitare i suoi fratelli africani a non emigrare, ma lottare nella propria terra d'origine, affinché torni ad essere finalmente libera e sovrana. Questa è anche la tesi di Mohamed Konare, che il 2 marzo ha organizzato a Roma, alle ore 10, una manifestazione di pace delle comunità africane italiane che partirà da Piazza dell'Esquilino per arrivare a Piazza della Madonna di Loreto. L'obiettivo è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica relativamente allo sfruttamento dei poteri economico-politici occidentali che depredano l'Africa delle sue risorse e costringono gli africani ad emigrare, imponendo così una “concorrenza al ribasso” fra lavoratori e nuove lotte fra poveri.
Filippo Bovo, giornalista e studioso di politica dell'Africa, nonché autore del saggio “Eritrea, avanguardia di una nuova Africa”, edito da Anteo, può spiegarci meglio il fenomeno panafricano e che cosa sta accadendo in Africa in questo momento.

Luca Bagatin: In Italia e in Europa si parla molto del fenomeno dell'immigrazione africana, ma molto poco delle ragioni di tale immigrazione e della situazione che stanno vivendo i Paesi e popoli africani da decenni. Cosa puoi dirci in merito ?
Filippo Bovo: È indubbiamente una tematica complessa. Riassumendo, potremmo dire che i frutti mai curati del colonialismo - insieme agli ulteriori peggioramenti causati dal neocolonialismo – abbiano, col tempo, prodotto una sempre più incontenibile crescita demografica, frutto delle attuali ondate migratorie. Di tale problematica già ci avvisava una grande figura come il Presidente algerino Houari Boumédiène negli Anni ’70. Già allora, poi, si intravedevano gli enormi pericoli che in futuro sarebbero sorti da gravi problemi climatici come la desertificazione, devastanti per l’autosufficienza alimentare di quei Paesi. Qualche anno dopo, anche un certo Bettino Craxi ci mise in guardia, in tempi decisamente non sospetti, sulla gravità di questa situazione, a suo giudizio prossima ad esplodere. Come Occidente e come Europa, su tutta questa faccenda, abbiamo dunque non soltanto dormito, ma persino proseguito ad oltranza con certi errori pensando che non ci sarebbero mai stati dei limiti di cui rendere conto. La storia è insomma molto lunga e i recenti conflitti causati da una visione “neocolonialista” dei rapporti fra Africa e Paesi occidentali sono stati un fiammifero acceso gettato in un bidone pieno di benzina. Costa d’Avorio, Libia, Congo, Ciad, Niger, Sudan, Sud Sudan, Etiopia-Eritrea, Somalia, Niger, Mali, sono tutte crisi locali o regionali che comunque compongono un più vasto quadro a livello continentale. La povertà e la precarietà che si vivono in molti Paesi africani, poi, hanno facilitato anche la vita a certi fenomeni di crimine organizzato, come le mafie nigeriana o senegalese, che ad un certo punto hanno deciso di colonizzare anche i nostri “mercati”. Ci troviamo dunque di fronte ad una situazione profondamente frastagliata ed eterogenea, non riassorbibile di certo con qualche slogan o frase fatta come qualche politico o governante, tanto in Africa quanto in Europa, crede che invece si possa fare.

Luca Bagatin: I panafricani francesi si stanno battendo in particolare contro il sistema del Franco CFA. Puoi spiegarci questo sistema, più nel dettaglio ?
Filippo Bovo: Il Franco CFA, stampato dalla Banca Nazionale Francese, consente a Parigi di controllare le economie dei Paesi africani un tempo sue colonie, quelli che in Francia ancora chiamano “Françafrique”. Più di metà delle transazioni economiche e commerciali di quei Paesi finiscono quindi alla Francia, per un ammontare che corrisponde grosso modo a 400 miliardi di euro all’anno. Come se ciò non bastasse, se un’impresa estera vuole instaurare con uno di questi Paesi un accordo economico o commerciale di una certa entità, deve prima di tutto ricevere il consenso del Ministero dell’Economia della Francia: non di quel Paese, ma della Francia. Sono dunque Paesi a sovranità limitata, e non solo in senso monetario. Si tratta, insomma, di un sistema di sfruttamento palese e mi meraviglio di chi, in Europa, ancora si ostini a difenderlo, dal momento che ho visto politici e giornalisti nostrani darsi anche a simili bassezze. È anche un sistema pensato per inibire l’iniziativa economica e produttiva locale, perché per esempio se si va in Camerun, tanto per fare un esempio, è impossibile trovare certi prodotti alimentari di produzione locale, dal momento che quelli in vendita sono tutti francesi. Eppure la materia prima abbonderebbe: è che, tra concorrenza sleale da una parte e mancanza di preparazione professionale dall’altra, è quasi utopistico trovare un macellaio che per esempio sappia fare le salsicce. Le salsicce vengono tutte dalla Francia e costano non meno di 10 Franchi CFA, un prezzo abnorme per un consumatore locale. Se fossero prodotte in loco, costerebbero molto meno di un terzo. Mi rendo conto di aver fatto un esempio un po’ “casereccio”, ma era tanto per dare un’idea. Quanto a Kemi Seba, di cui fai menzione, basti pensare che è stato persino incarcerato per aver protestato in pubblico contro il sistema di sfruttamento basato sul Franco CFA. In Senegal fu incarcerato, su impulso della locale Ambasciata Francese, per aver bruciato davanti alla folla una banconota di Franco CFA con l’accendino. Il Senegal, tutti lo sappiamo, non è certo fra i Paesi della “Françafrique” che versano in condizioni peggiori: eppure è potuto succedere questo. Figuriamoci altrove !

Luca Bagatin: Cosa ne pensi delle battaglie storiche e attuali dei movimenti panafricani ?
Filippo Bovo: Il panafricanismo ha goduto momenti d’oro a partire da Kwame Nkrumah, il grande Presidente del Ghana degli Anni ’60, morto poi in esilio in Romania negli Anni ’70 dopo che fu stato spodestato da un golpe “filo-colonialista”. Fu uno dei primi a parlare di Africa unita con un libro, “Africa Must Be United”, che per molto tempo riscosse una grande attenzione fra i giovani intellettuali e rivoluzionari africani e che ancor oggi, mai dimenticato, sta conoscendo un meritato revival. In tanti hanno raccolto o condiviso quella sua lezione. Di leader africani noti o meno noti che hanno detto cose bellissime sull’unità africana ce ne sono stati tantissimi e saggiamente Mu'Ammar Gheddafi aveva voluto che tutti fossero ricordati ed onorati. La sua eliminazione, nel 2011, ha procurato un grave stop a questo processo, che comunque oggi sta conoscendo un nuovo rilancio. Questo fenomeno ci consegna un insegnamento molto importante: si possono uccidere le persone e persino i sistemi che hanno creato, ma non le loro idee.

Luca Bagatin: Il tuo saggio parla dell'Eritrea. Uno di quei Paesi di cui si sente, purtroppo, parlare molto poco nei media nazionali. Che situazione politica sta vivendo attualmente ?
Filippo Bovo: L’Eritrea ha conquistato l’indipendenza nel biennio 1991-1993, dopo trent’anni di guerra per l’indipendenza, dapprima contro l’Etiopia del Negus e quindi contro quella del DERG di Menghistu. Ha instaurato fin da subito un sistema socialista innovativo, che teneva conto delle particolarità locali e degli errori dei sistemi socialisti del passato, da correggere. L’Eritrea di oggi si presenta come un Paese che, avendo investito soprattutto nelle campagne anziché nelle città, ha evitato il doloroso problema delle immense baraccopoli tanto comuni nelle grandi città delle altre nazioni africane e che - sempre rispetto ad esse - vanta non soltanto la quasi autosufficienza alimentare, ma anche ottimi standard, in rapporto al contesto africano, per quanto riguarda la sanità e l’istruzione. È inoltre uno dei pochissimi Paesi in Africa a lottare senza quartiere contro le mutilazioni genitali femminili e a lavorare per garantire pari opportunità fra uomini e donne, dall’esercito agli altri settori dello Stato, fino all’economia privata. Per anni il Paese è stato ingiustamente sotto sanzioni a causa di false accuse in merito al suo operato in Somalia: prove fabbricate dal vecchio governo etiopico, con cui il Paese ha combattuto una guerra fra il 1998 e il 2000 e dall’Amministrazione Obama hanno accusato l’Eritrea di aiutare le milizie di al-Shabaab in Somalia, legata ad al-Qaeda. Nella primavera del 2018 il vecchio governo etiopico, guidato dal Fronte Popolare di Liberazione del Tigray è caduto e al suo posto è arrivata una nuova coalizione, guidata dal 42enne Abiy Ahmed, che al contrario ha subito chiesto la pace con l’Eritrea. Nel 2000, a guerra finita, l’Eritrea aveva sottoscritto tutti i termini della pace con l’Etiopia, rappresentati dal Trattato di Algeri, ma la controparte si era sempre rifiutata. L’apertura dell’Etiopia, imprevedibile fino a pochi mesi prima, ha così dato una tardiva ma importante soddisfazione all’Eritrea, e soprattutto ha avviato un immenso processo d’integrazione regionale, che sta mettendo a collaborare insieme Etiopia, Eritrea, Somalia, Gibuti, Sudan, Sud Sudan, Kenya, ecc, in nome del benessere e della pace di tutta la regione. Già ora Etiopia ed Eritrea stanno collaborando per integrarsi a vicenda, cominciando dalle infrastrutture e non solo.

Luca Bagatin: Pensi che i popoli africani riusciranno a liberarsi finalmente dal neocolonialismo ?
Filippo Bovo: Il percorso è ancora molto lungo, però si vede già una luce in fondo al tunnel. Recentemente è nato il nuovo mercato comune africano, voluto dall’Unione Africana, l’AfCTA. Tra i suoi obiettivi vi sono quelli di far incrementare il commercio fra i vari Paesi africani, oggi davvero attestato a numeri minimi, ma anche quello di arrivare ad una moneta comune, sostitutiva di tutte quelle già esistenti e tra queste, tanto per tornare indietro di qualche riga, vi è anche il Franco CFA. Sappiamo che Nicolas Sarkozy volle la guerra contro Gheddafi anche perché quest’ultimo voleva introdurre una nuova valuta panafricana, il Dinaro agganciato all’oro, in luogo delle altre vecchie valute africane, cominciando proprio da quella “cartastraccia” di produzione francese. Il lascito di Gheddafi e degli altri panafricanisti che l’hanno accompagnato, dunque, è ancora molto forte, persino in istituzioni che a prima vista potrebbero sembrare un po’ troppo “abbottonate” come l’Unione Africana, ma che comunque nacque per volere proprio di Gheddafi. Il mercato comune africano può essere uno strumento per facilitare la “decolonizzazione” dell’Africa, sottraendola dalle vecchie potenze coloniali e neocoloniali. In ciò avranno sicuramente un ruolo importante le potenze e le economie emergenti, dalla Cina all’India fino alla Russia e non solo, che oggi vengono accusate di “colonialismo” soprattutto da quei Paesi che, il colonialismo vero, in Africa l’hanno fatto sul serio. Il volano di tutto questo meccanismo, in ogni caso, si è già messo in moto: al di là di tutte le polemiche, da oggi in poi i risultati li vedremo in maniera sempre più consistente.

Luca Bagatin

mercoledì 27 febbraio 2019

"Il Giorno dei Sentimenti". Poesia/canzone di Luca Bagatin

Il Giorno dei Sentimenti
poesia/canzone di Luca Bagatin
Foto di Antonio Rodríguez
Modella: María José Peón Márquez

Questi sono i tuoi occhi
Questo è il tuo bel viso
Del mio cuore senti i rintocchi
Quando osservo il tuo sorriso

Lassù una stella ci guarda
Lassù una stella ci guida
Lo vediamo dalla nostra mansarda
E' così da toda la vida

Da toda la vida

Ti accarezzo ora i capelli
Ti accarezzo ora le labbra
Sono sempre morbidi e belli
Sia alla luce che nella penombra

Che nella penombra

Nel tuo letto seduta tu stai
E mi parli di molti argomenti
Il mio sguardo è rapito come non mai
Questo è il gioco dei sentimenti

Dei sentimenti
Dei sentimenti
Sono questi i nostri argomenti
I nostri argomenti

Ed è così che un altro giorno è passato
Ed è così che un altro giorno è terminato
Ed è così che ti dico ancora di sì
E tu sei sempre lì, sei il mio buondì

Luca Bagatin

Videomessaggio d'Amore e Libertà (contro il golpismo, per il rispetto del diritto internazionale) del cantautore Roger Waters sul Venezuela



"Voglio essere nella trincea della vita
Io non voglio essere al quartier generale, io non voglio essere seduto in un albergo da qualche parte a guardare il mondo che cambia, voglio cambiarlo io.
Voglio essere impegnato.
Probabilmente, in un modo che mio padre forse approverebbe"

(George Roger Waters)

Zjuganov (Partito Comunista Russo) denuncia il prevalere del capitalismo sui diritti dei lavoratori. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Il Partito Comunista della Federazione Russa (KPFR) è il maggior partito di opposizione presente nel Parlamento russo, la Duma. Si è molto distinto, sin dall'estate scorsa, nella guida delle manifestazioni antigovernative contro l'aumento dell'Iva e dell'età pensionabile e, alle elezioni amministrative dell'autunno scorso, ha visto aumentare considerevolmente i suoi consensi, passati dal 13% delle parlamentari del 2016, sino ad attestarsi alle amministrative fra il 17% e il 27% e superare il 30% in alcune realtà e vincere in importanti regioni, come ad esempio la Chakassia, conquistata dal trentenne comunista Vladimir Konovalov.
Al Centro di formazione politica dei giovani comunisti russi, che si sta tenendo in questi giorni a Mosca, il Presidente del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa Gennady Zjuganov ha preso la parola, dichiarando che – nell'attuale epoca moderna – vi è un aumento del peso del capitale rispetto ai diritti dei lavoratori. Ovvero che la globalizzazione, guidata dall'imperialismo statunitense, sembra prevalere sulla volontà dei popoli, rafforzando la sua politica antisociale.
In tale situazione – ha dichiarato Zjuganov – i comunisti di tutto il mondo devono sostenere le richieste dei lavoratori e tutelare i loro interessi, sostenendo altresì tutti coloro i quali stanno lottando per una vita dignitosa.
Per due settimane, gli studenti del Centro, frequenteranno conferenze sulla filosofia marxista-leninista, i fondamenti dell'economia politica, la critica alla falsificazione della storia dell'URSS e altre discipline. Oltre alle lezioni, il programma di formazione del Centro prevede workshop sull'apprendimento delle tecniche agricole, tecniche di comunicazione sui social network e in pubblico.
Zjuganov si è altresì espresso, in questi giorni, sulla situazione in Venezuela, condannando ogni tentativo di intervento politico e militare negli affari di uno Stato sovrano e chiedendo il sostegno di tutte le forze socialiste e democratiche del mondo in favore del governo legittimo di Nicolas Maduro.

Luca Bagatin

domenica 24 febbraio 2019

Manuela Saenz, Eroina latinoamericana: un'intervista alla studiosa Maddalena Celano a cura di Luca Bagatin

Le Storie d'Europa e d'America Latina, per molti versi, sono intersecate fra loro. Lo sono, purtroppo, tristemente, se pensiamo ai milioni di Nativi sterminati dai colonizzatori europei nel XVI, XVII e XVIII secolo. Ma, ad ogni modo, il XIX ed il XX secolo, vedranno la nascita – in quelle terre – di nuovi liberatori ed emancipatori dei Nativi e delle classi oppresse.
Di alcuni di questi ci parla Maddalena Celano, studiosa di America Latina e di lotte per l'emancipazione femminile, la quale ha dato di recente alle stampe due saggi relativi all'eroina latinoamericana Manuela Sáenz (1797 -1856), ovvero Manuela Sáenz: l’altro volto dell’Indipendenza latinoamericana”, edito da Edizioni Accademiche Italiane e “Manuela Sáenz Aizpuru – Il femminismo rivoluzionario oltre Simon Bolívar”, edito da Aras. Opere che furono peraltro da me recensite al seguente link http://amoreeliberta.blogspot.com/2018/11/manuela-saenz-eroina-latinoamericana.html
Ho avuto dunque, in questi giorni, la possibilità di intervistare Maddalena Celano per parlarci, più nel dettaglio, dei suoi studi in merito e dell'evoluzione delle lotte d'emancipazione in America Latina.

Luca Bagatin: Come hai scoperto il personaggio storico di Manuela Sáenz ?
Maddalena Celano: Quando qualche tempo fa mi recai a Cuba, a La Habana, conobbi la professoressa Acela Caner Román, autrice del saggio “Voci di donne cubane. La Tia Angelina e le altre”. Acela mi regalò un fumetto dal titolo “Manuelita”. Le chiesi dunque chi fosse “Manuelita” e lei mi rispose che si trattava di un personaggio storico, conosciuta comel'amante dell'eroe indipendentista latinoamericano Simón Bolívar”, detto “Il Libertador”. Un’eroina che riuscì finanche a sventare un complotto contro di lui e a salvarlo da un attentato il 25 settembre 1828 a Bogotà, in Colombia. Da allora fu soprannominata "Libertadora del Libertador". Dunque, la mia curiosità crebbe sempre più e decisi così di proseguire le mie ricerche, scoprendo così che tutta la Storia del continente ispano-americano è pervasa di personaggi femminili forti, straordinari e assolutamente inusitati.

Luca Bagatin: Che cosa ti ha affascinato di più di questa eroina latinoamericana ?
Maddalena Celano: Il suo temperamento rivoluzionario e indomito. Le donne, nell'ambito dell'indipendenza delle Americhe, sono state tradizionalmente rappresentate come sarte, fabbricanti di uniformi e bandiere, cuoche, prostitute, infermiere, spie. In realtà vi furono diverse donne a capo della guerriglia, come nel caso della messicana Antonia Nava, chiamata Generalessa, la quale aizzò alla rivolta un intero esercito, alla testa del quale ha combattuto con coraggio esemplare. Oppure la figura della cilena Javiera Carrera, la quale non solo ha provveduto al sostentamento dei suoi fratelli, ma ha anche organizzato il Primo Consiglio di Amministrazione nel suo Paese. Manuela Sáenz si è distinta invece sia come stratega militare che come attivista politica. Ha operato, alla pari degli uomini più noti del suo tempo, nell'ambito di cospirazioni e intrighi, come dimostra anche una lettera di Francisco Antonio Sucre, indirizzata al Libertador, del 10 dicembre 1824. La forte personalità di Manuelita Sáenz, ha prevalso sui suoi nemici, facendoci intravedere la forza di un personaggio in grado di rompere barriere sociali, morali e di genere. Manuela Sáenz fu coraggiosa anche nell'ambito della sua vita privata. La relazione che intrattenne con il Libertador fu all’insegna della passione ideale. Entrambi furono amanti della libertà e totalmente al servizio della lotta per l'indipendenza.

Luca Bagatin: Se escludiamo “Libertadora ! Storia di Manuela Sáenz” di Toni Klingendrath edito da Stampa Alternativa nel 2010, i tuoi saggi sono gli unici editi in Italia che raccontano le gesta dell'”Anita Garibaldi equadoriana”. Come mai pensi che Manuela Sáenz sia così poco raccontata e celebrata ?
Maddalena Celano: Direi che, nel corso della sua vita, fu molto invidiata e calunniata. Tale potrebbe essere la principale ragione. Fu nominata - per ordine di Bolívar - membro dello Stato Maggiore dell'Esercito di Liberazione e, successivamente, le fu attribuito il grado di Colonnello. Aspetto che attirò le invidie del Vicepresidente della Gran Colombia, il Generale Francisco de Paula Santander, il quale protestò vivamente, ritenendo che fosse degradante elevare agli onori militari una donna. Successivamente, Manuela scoprì i piani di cospirazione del Generale contro il Libertador. Santander aveva costruito una vera e propria macchina del fango, sia contro il Libertador che contro di lei. Sicuramente Bolívar non morì durante l’attentato, ma l'esperienza di tale brutale attacco segnò il suo declino spirituale e la sua salute ne rimase influenzata in modo significativo. Nel dicembre 1830 Bolívar morì e da allora la Gran Colombia iniziò a disgregarsi e vani furono i tentativi di Manuela Saánz di evitare che ciò potesse accadere. Fu arrestata e detenuta con degli schiavi e, successivamente, espulsa dal Paese. Decise quindi di tornare in Ecuador, ma l'allora Presidente Vicente Rocafuerte la respinse. Calunniata e isolata, morì in esilio a Paita, in Perù.. Tutto il suo operato venne svilito ed offuscato dal discredito. In America Latina fu riscoperta solo a partire dal 1988 e ciò grazie al ritrovamento dei suoi scritti, creduti scomparsi.

Luca Bagatin: Ritieni che le lotte di Manuela Sáenz e Simon Bolívar siano ancora attuali e, se sì, perché ?
Maddalena Celano: Certamente. Ritengo che in questa fase storica di profonda crisi economico-politica internazionale - che vede prevalere forme di neoimperialismo, neocolonialismo, classismo, razzismo, misoginia ed omofobia – il pensiero bolivariano – recuperato da Hugo Chavez e dal governo successivo di Maduro in Venezuela - possa costituire una delle poche forme di eguaglianza e inclusione sociale. E' un'eredità storica che oggi è stata rifondata sul rispetto dei diritti dei popoli nativi e i diritti di cittadinanza, sotto il dominio della legge, fondamento del diritto. Quando Bolívar ad Angostura, nel 1819, chiese la libertà per gli schiavi, propose un progetto di inclusione sociale e di uguaglianza, che è ciò che hanno fatto oggi i governi bolivariani in Venezuela e quelli socialisti dell'America Latina, ovvero l'inclusione delle masse che storicamente sono sempre state escluse. Lo hanno fatto introducendo, innanzitutto, una sanità e un'istruzione gratuita e garantita a tutti. L'eredità di Bolivar e di Chávez è, a parer mio, fondata sull'amore per le classi popolari, l'onestà, il coraggio, la lotta per la verità. Così come la lotta dei popoli oppressi contro gli oppressori, il primato e le priorità governative conferite agli indigeni, alle donne e alle classi subalterne. Si parla da diverse settimane della "crisi" venezuelana, ma è impossibile capire cosa sta accadendo in Venezuela se non ci rendiamo conto che il popolo venezuelano sta pagando il medesimo prezzo di tutti i popoli che - nella Storia - hanno osato fare delle rivoluzioni. Da Spartacus a Gesù Cristo sino ai primi cristiani; dalle ribellioni dei popoli nativi americani come quelli guidati da Tupac Amaru, sino ai combattenti per le lotte d'Indipendenza in ogni parte del mondo. E' anche per questo che ritengo che le lotte di Bolivar e di Manuela Sáenz siano di strettissima attualità.

Luca Bagatin

giovedì 21 febbraio 2019

Amore e Libertà, ovvero quando i valori umani e spirituali non sono in vendita. Frasi e citazioni

Io sono, disse la vita quando nacque in un'esplosione di bellezza.
Io sono, dissero la donna e l'uomo e nessuno prevaleva sull'altro perché io voleva dire noi.
Noi siamo la vita.
Poi l'uomo disse io ho, e nacque l'infelicità.

(Adrian, da "Adrian - la serie")


Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore.

(Karl Marx, da "Miseria della filosofia")

Non sono e non potrei mai sentirmi di sinistra (ciò non significa non essere anticonformista, così come lo fu Kerouac, che infatti era un conservatore).
Sono fondamentalmente un tradizionalista e un conservatore. Mi piace la tranquillità e la stabilità della vita e delle persone. Gli eccessi e i cambiamenti inutili servono solo a mettersi in mostra.
Se sono socialista originario, non materialista, con una visione trascendentale e spirituale della vita (anche dopo la morte), è proprio perché mi piacerebbe che tutti potessero avere una vita stabile e tranquilla.
Senza destabilizzazioni, senza sofferenze o, quantomeno, che queste possano essere limitate il più possibile.

(Luca Bagatin)

"Da tempo i grandi partiti del blocco liberale […] non hanno più altro ideale concreto da proporre
se non la dissoluzione continua e sistematica dei modi di vivere specifici delle classi popolari stesse – e la dissoluzione delle loro ultime conquiste sociali – nel moto perpetuo della crescita globalizzata, sia essa ridipinta di verde o coi colori dello sviluppo sostenibile, della transizione energetica e della rivoluzione digitale"

(Jean-Claude Michéa, da "Il nostro comune nemico")

Il piacere che danno una conversazione animata, un pranzo tra amici, un buon ambiente di lavoro, una città dove ci si sente bene, la partecipazione a questa o quella forma di cultura (professionale, artistica, sportiva ecc.), e più in generale tutte le relazioni con gli altri. La maggioranza di questi “beni”, la cui base per eccellenza è la vita sociale, esistono soltanto se se ne gode insieme. Il “relazionale” è la parte migliore delle gioie (e dei dolori) dell’esistenza. 

(Serge Latouche) 

"Cercherò di esprimermi con parole semplici: il mondo è un ... è un.. un insieme di.. di corporazioni, che formano tutt'intorno alla crosta terrestre come un.. uno spessore di merda, stratificato su tutte le nazioni; e questa merda l'avete messa voi! Da principio avete formato i partiti, ognuno sotto un nome altamente ideologico, altrimenti come si potevano imbrogliare i popoli? "Dobbiamo essere tutti uguali" dice qualcuno di questi partiti, "nessuno deve essere inferiore all'altro; solo così non ci saranno più poveri". Ma se nessuno è inferiore vuol dire che non ci sarà mai uno superiore, quindi dobbiamo essere tutti alti uguali, tutti grassi uguali, tutti con gli occhi celesti o con gli occhi castani. (Rivolto ad un nano in piedi accanto ad uno spilungone) Tu intanto hai già sbagliato posto (risa generali)! In questo caso cosa dovremmo fare per ottenere la famosa uguaglianza? Tagliare le gambe al gigante e attaccarle al nano? (sempre rivolto al nano) Tu te la sentiresti di andare in giro con le sue gambe? No, non te la sentiresti perché ti deriderebbero e tutti direbbero: "Và quel gigante lì, che nano che è!!" (risa generali) Perciò è una ipocrisia quella dei partiti quando dicono che vogliono eliminare i poveri; certo, loro vogliono eliminarli, e infatti i russi e gli americani è questo che stanno studiando, stanno vedendo se possono eliminarli in un colpo solo. Allora voi mi direte: "La colpa è tutta dei partiti"... No amici, la colpa è solo vostra! I partiti all'inizio sono tutti in buona fede, perché nascono sotto la spinta di un purificante momento di chiarezza, che poi svanisce col subentrare di uomini sbagliati chiamati ad amministrare questi partiti. Ma dove sono questi uomini sbagliati? In mezzo a voi sono questi uomini sbagliati, in mezzo a voi del popolo e voi non li riconoscete, anzi vi confondete con loro perché voi per primi siete dei criminali e dei disonesti e non avete voglia di lavorare e volete il divertimento facile e incolpate i vostri capi che vi governano pur sapendo che in loro si rispecchia la vostra criminalità e il vostro modo di essere! Il capo di un popolo è come il titolo di un libro nel quale è racchiuso il significato di tutte le sue pagine. Per cui se io ho un libro fatto di pagine bianche dove su ogni pagina non c'è scritto niente, il titolo giusto sarà "NIENTE", perché solo con un titolo del genere è possibile rappresentare il significato di quelle pagine, perché non c'è scritto niente! Quindi, se i vostri capi che vi governano saranno dei criminali non saranno altro che i rappresentanti di una espressione criminale radicata nel popolo! Voi adesso siete lì, uno dopo l'altro, e dalle vostre case mi state ascoltando e mi guardate come uno che ha la fortuna di recitare davanti a tanta gente e, lo so, invidiate il posto che occupo, senza badare al senso delle parole che da questo posto vi sto dicendo. Ma sappiate che non me ne frega proprio niente della vostra ammirazione e dell'impalcatura che secondo voi mi avete costruito! Non me ne frega niente di avere dei seguaci i quali reputo disonesti! Voi li avete scelti con meticolosa attenzione i vostri leader, obbligandoli a pensare come voi, e quando non la pensavano come voi li avete uccisi come avete ucciso CRISTO!! E lo uccidereste ancora se lui fosse qui, anche per molto meno di trenta denari. BANG, BANG, BANG (Joan Lui viene freddato con tre colpi di pistola)

(Adriano Celentano, dal film "Joan Lui - Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì")

Sarà Bernie Sanders a porre un freno all'imperialismo USA ? Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Già sul finire del XIX secolo e nei primi anni del XX, fu lo scrittore Mark Twain a denunciare il carattere imperialista del suo Paese, ovvero gli Stati Uniti d'America. E sin dai tempi della guerra di invasione delle Filippine. Ciò porterà il noto umorista ad aderire alla Lega Antimperialista e a scrivere numerosi articoli irriverenti contro l'imperialismo a Stelle e Strisce, denunciandone il neocolonialismo del biennio 1898-1899 a Cuba, Guam, Portorico, nelle Hawaii, nelle Samoa, oltre che nelle già citate Filippine.
Da allora in poi note saranno le invasioni e i tentativi di destabilizzazione di Paesi sovrani operati dalla sedicente "più grande democrazia del mondo". E ciò sia da parte di Presidenti "democratici" che da parte di Presidenti "repubblicani".
Laddove a dominare è la logica del danaro, ove l'unica libertà veramente concessa è quella di "fare soldi" e di "consumare", laddove a dominare sono le lobby e le corporation a dispetto della volontà dei cittadini sempre più anestetizzati da un sistema mediatico a senso unico e dal sistema della pubblicità commerciale, oltre che da un sistema scolastico sempre più al ribasso, è assai difficile parlare di democrazia.
E' più facile imporre la propria volontà e il proprio sistema ad altri Paesi. In fondo i Nativi americani sterminati sono un po' la tristissima e macabra metafora di questo triste modello di inciviltà.
E così c'è stata le guerra in Vietnam, la dittatura di Pinochet in Cile (una volta defenestrato Allende), l'imposizione di dittature militari in Uruguay, in Argentina (una volta defenestrato Perón), l'invasione di Grenada, i numerosi tentativi di destabilizzazione della Cuba socialista e il conseguente embargo, le destabilizzazioni nei Paesi africani a guida socialista, la guerra in Jugoslavia, quella in Iraq, l'invasione della Libia, la guerra in Siria e, oggi, il tentativo di sostenere l'ennesimo colpo di Stato nel Venezuela socialista.
L'elenco è peraltro ancor più lungo e, guarda un po', riguarda sempre il tentativo USA di destabilizzazione di Paesi laico socialisti, spesso fomentando i fondamentalismi, le divisioni etniche, religiose, culturali, così faticosamente tenute a bada dal socialismo che, in nome della laicità dello Stato e dell'eguaglianza fra gli esseri umani, è riuscito a garantire quel minimo di benessere e di giustizia sociale che il sistema liberal capitalista ha spesso negato, ampliando le diseguaglianze fra i ricchi e i poveri, imponendo l'apartheid (anche non dichiarandolo esplicitamente), distruggendo il sistema dell'istruzione scolastica e imponendo modelli televisivi e mediatici che, nei fatti, hanno spento ogni senso critico ed ogni discussione pacata, fondata sul ragionamento e sul dibattito che prescinda da ogni interesse egoistico, materiale e monetario.
Ecco che il problema non è necessariamente Trump, che è solo l'ennesima conseguenza di un sistema non democratico, non pluralista, non multipolare.
I Bush, i Clinton e gli Obama non si sono certo comportati in maniera differente da Trump in politica estera e nell'ambito dell'imposizione dei loro modelli economico-militari. E prima di loro i Roosevelt, i Truman, i Kennedy, i Nixon, i Carter, i Reagan e via discorrendo.
Solo due candidati direi che hanno saputo puntare il dito contro questo tipo di sistema. Uno fu candidato indipendente dei "repubblicani" e l'altro fu candidato indipendente dei "democratici".
Il primo è il libertario Ron Paul, il quale ha più volte denunciato al Congresso la politica estera espansionistica degli USA, in spregio alla loro stessa Costituzione e citando il motto del Padre Costituente Thomas Jefferson: "Pace, commercio e amicizia con tutte le nazioni, nessun vincolo d’alleanze”. Ron Paul, purtroppo, è stato sconfitto ogniqualvolta ha presentato una sua candidatura alle primarie del Partito Repubblicano USA. Assai boicottato dal sistema mediatico, nonostante avesse ricevuto il plauso ed il sostegno del regista Oliver Stone.
Il secondo candidato a voler prospettare un orientamento diverso degli USA è Bernie Sanders, il quale addirittura osa definirsi "socialista" in un Paese che giudica tale termine quasi una bestemmia.
Che Bernie Sanders sia un autentico socialista nel senso originario del termine direi che questo è assai esagerato, ma, quantomeno, la sua visione è orientata al sociale e a una politica estera non imperialista, il che non sarebbe comunque poco.
Sanders, già candidato come indipendente del Partito Democratico USA alle scorse primarie - raccogliendo milioni di consensi - ci riprova ancora e annuncia dal suo Stato di riferimento, ovvero il Vermont, che intende ricandidarsi alle primarie in vista delle elezioni presidenziali del 2020, al fine di battere Trump.
Come Ron Paul, Sanders, non è più giovanissimo, ma, alla bellissima età di 77 anni dimostra di avere quel senso di umanità e di responsabilità che candidati più giovani hanno ampiamente dimostrato di non avere.
Sanders, fra le altre cose, propone un programma di assistenza sanitaria gratuita (e ciò, se fosse attuato, renderebbe finalmente gli USA un Paese civile), un sistema universitario pubblico gratuito (e non garantito solo ai super ricchi, come avviene oggi, ove peraltro il sistema scolastico pubblico negli USA è lasciato allo stato brado), e un salario minimo orario a 15 dollari (una proposta che sembra addirittura mutuata dal programma del Partito Comunista di Marco Rizzo, che lo propose alle ultime elezioni politiche italiane).
E' chiaro che, in un sistema politico-economico come quello statunitense, ove a prevalere sono le logiche delle corporation e delle lobby - come ampiamente dimostrato da studiosi del calibro di Noam Chomsky - sarà assai difficile far passere proposte e prospettive di tale portata.
Ad ogni modo Bernie Sanders, ad oggi, negli USA, sembra rappresentare l'unica speranza di civiltà e democrazia. Chissà se, effettivamente, sarà così.

Luca Bagatin

lunedì 18 febbraio 2019

Bolsonaro il distruttore: dall'Amazzonia ai diritti degli indigeni. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Bolsonaro è come Macron, ovvero è la destra liberalcapitalista.
Questa l'ottima definizione che diede il filosofo francese Alain De Benoist in un'intervista al sito Boulevard Voltaire nel gennaio scorso, denunciando peraltro una serie di aspetti del nuovo governo brasiliano, fra cui la riduzione delle tasse ai più grandi gruppi industriali, la privatizzazione quasi totale delle imprese pubbliche, il ritiro del Brasile dall'accordo di Parigi sul clima e i progetti di Bolsonaro di distruzione ambientale, fra cui la decisione di voler costruire un'autostrada attraverso l'Amazzonia.
Oltre a ciò, De Benoist, faceva notare come la politica estera di Bolsonaro fosse tutt'altro che nazionalista, ma del tutto piegata agli interessi di USA e dei sui alleati: Arabia Saudita e Israele in primis, e di totale ostilità nei confronti di Europa, Russia e Cina.
La simpatia di Bolsonaro nei confronti della dittatura militare dal 1964 al 1985 ne completano peraltro il quadro. De Benoist lo definì “umanamente vuoto e senza scrupoli” e, esattamente come Macron, politicamente liberale. Facendo peraltro notare come: l'uomo forte del suo governo, Paulo Guedes, sia un liberale cresciuto alla Scuola di Chicago, laureato con Milton Friedman e fondatore della banca d'investimento BTG Pactual; il suo Ministro degli Esteri, Ernesto Araùjo, sia un anti-ecologista legato agli interessi dell'agro-business e il suo Ministro dell'Agricoltura, Tereza Cristina, sia rappresentante dei latifondisti.
Bolsonaro, in questi giorni, in barba ai diritti dei popoli indigeni del suo Paese, ha smontato le funzioni principali della Fondazione che si occupa di loro, ovvero la FUNAI, il cui compito principale era quello di demarcare e proteggere i territori abitati dai popoli nativi sopravvissuti alla colonizzazione, ovvero coloro i quali più di tutti dovrebbero avere il diritto di essere chiamati brasiliani e abitare quelle terre.
Bolsonaro sta dunque tentando, attraverso i suoi primi atti di governo, di demolire sia la legislazione ambientale che culturale del Paese, così faticosamente costruita nel trentennio successivo alla dittatura militare da lui ignobilmente tanto amata. Legislazione che, grazie anche al contributo del sindacalista ambientalista Chico Mendes, ha garantito quel minimo di protezione sia alla foresta Amazzonica che al popolo che la abita.
Bolsonaro sarà anche stato eletto “democraticamente”, ma le sue politiche sono l'esatto opposto della democrazia. Peccato in Europa siano in pochi a denunciare tale triste fenomeno, ma preferiscano accanirsi contro il socialismo dell'America Latina, sia in Venezuela che in Nicaragua e altrove. Proprio quel socialismo che ha liberato i poveri e i popoli indigeni dall'oppressione coloniale e liberal capitalista.
Un giorno, forse, chissà, apriremo finalmente gli occhi. Speriamo non sia troppo tardi.

Luca Bagatin

venerdì 15 febbraio 2019

Alcuni pensieri di Alain De Benoist contro il liberalismo e la società consumista, per una civiltà democratica e sociale

«Penso, come John Milbank, che il liberalismo sia innanzitutto un “errore antropologico”, in breve, che la sua concezione dell’uomo sia errata. Ora, è questa antropologia che si trova alla base di tutte le forme di liberalismo: l’idea di un uomo che non è naturalmente sociale e politico, ma che cerca costantemente di massimizzare il suo interesse privato, il dominio economico è quello in cui si suppone sia in grado di godere al meglio della sua libertà.
L’uomo liberale è l’homo oeconomicus, un essere autosufficiente, il proprietario di se stesso, indifferente per natura a qualsiasi nozione di bene comune»
«Ogni forma di liberalismo è nemica della comunità»
«Come ha detto e ripetuto Jean-Claude Michéa, il liberalismo economico di destra e il liberalismo sociale di sinistra non sono in definitiva che due forme derivate dalla stessa ideologia – e che si completano a vicenda.»
«Ovviamente non esiste una ricetta miracolosa. D’altra parte, c’è una situazione generale che evolve sempre più rapidamente e che ora mostra i limiti del sistema attuale, che si tratti del sistema politico della democrazia liberale o del sistema economico di una forma-capitale confrontata con l’immensa minaccia di una generale svalutazione del valore.
Il futuro è locale, dei circuiti brevi, della rinascita delle comunità umane, della democrazia diretta, dell’abbandono dei valori esclusivamente mercantili.
L’antidoto sarà stato scoperto quando i cittadini avranno scoperto che non sono solo dei consumatori, e che la vita può essere più bella quando si ripudia un mondo in cui nulla ha più valore, ma dove tutto ha un prezzo»

(Alain De Benoist. Da Breizh-info.com intervista di Yann Vallerie) 

Vedi anche:
http://amoreeliberta.blogspot.com/2017/08/populismo-lultimo-saggio-di-alain-de.html
http://amoreeliberta.blogspot.com/2018/02/alain-de-benoist-eretico.html
http://amoreeliberta.blogspot.com/2018/10/oltre-il-moderno-la-denuncia-di-alain.html

Recensione di Luca Bagatin a "Oltre il moderno" di Alain De Benoist sull'ultimo numero de "Il Pensiero Mazziniano"

 

lunedì 11 febbraio 2019

"Tutto si vende ! Tutto si compra ! (ma non l'Amore che il tuo Spirito incontra)". Poesia/ballata/canzone/rap di Luca Bagatin


Se l'unica libertà che conosci
è quella di guadagnare
Se l'unica libertà che conosci
è quella di accumulare
Se l'unica libertà che conosci
è quella di consumare
Forse hai perduto la capacità di amare.

Tutto si vende
Tutto si compra
E' una malattia mentale !
Tutto si vende
Tutto si compra
E' la malattia del capitale !
Tutto si vende
Tutto si compra
Produci ! Produci ! Produci !
Consuma ! Consuma ! Consuma !
E' una legge innaturale
Tutto si vende
Tutto si compra
Produci ! Produci ! Produci !
Consuma ! Consuma ! Consuma !
E' una legge un po' immorale.

Produci ! Produci ! Produci !
Consuma ! Consuma ! Consuma !
E immetti nel mercato.
Produci ! Produci ! Produci !
Consuma ! Consuma ! Consuma !
Che è già un po' drogato.
Tutto si vende
Tutto si compra
Ridistribuire a chi mangiare non ne ha ?
Non se ne parla e non, ahimè, se ne parlerà !

L'ideologia della crescita
è una grande mescita
L'ideologia della crescita
e la fine di ogni rinascita (del cuore)
L'ideologia della crescita
è quella che mi fa più paura
Perché rende la vita decisamente meno pura
e ancor più dura.

Nasci/produci/consuma/crepa
Crepa
Crepa
Crepa
La crepa è ormai nel tuo cuore.
La crepa è la fine del tuo amore.
La crepa impedisce ogni rinascita
Spirituale
Che mai tradisce
ma sempre stupisce.

Non cedere al mercato
Non cedere al potere
Non cedere al consumo
Non cedere al profumo
del danaro.
Credi.
Credi sempre
che esista qualche cosa.
Dentro di Te c'è il Divino
C'è l'Amore
C'è il Cammino
Spirituale che ci libera
da ogni male.
Che ci libera
da ogni violenza.
Questa è l'unica vera Scienza.

Credi che l'Amore
dentro Te
non sia mai morto.
Egli è lì
è sempre lì.
E' il Cristo Risorto.
Per noi.
Noi siamo qui
che lottiamo
per l'Amore e la Libertà
del cuore.
Noi siamo qui
che lottiamo,
ovvero siamo qui
che amiamo
e di continuo rinasciamo.
Sino a quando scopriremo il Paradiso
in noi
e così capiremo
che la Verità è racchiusa proprio lì.
Proprio lì dentro.
Nel nostro Eterno Centro.

Luca Bagatin

Ambroise Croizat, il Ministro operaio simbolo delle lotte sociali di un'Europa opposta rispetto a quella odierna. Articolo di Luca Bagatin

L'11 febbraio 1951 moriva, per un cancro ai polmoni, a soli 50 anni, forse uno degli ultimi rappresentanti francesi ed europei delle lotte per le conquiste sociali, ovvero il Ministro Ambroise Croizat.
Vale la pena ricordarlo, in un'Unione Europea che oggi sanziona il socialismo nell'America Latina e che sta distruggendo i diritti sociali conquistati negli anni delle lotte civili e democratiche; che sta distruggendo la sovranità degli Stati nazionali e in una Francia odierna che preferisce annientare nel sangue ogni protesta, come quella dei Gilet Gialli, che chiede da mesi unicamente più democrazia e meno austerità.
Ambroise Croizat nacque in Savoia nel 1901. Nel 1917 si iscrisse all'organizzazione dei giovani socialisti francesi e, l'anno successivo, aderì al Partito Socialista (quando era ancora un partito operaio e non il partitino liberal-capitalista di Hollande). Fu operaio metallurgico, guidò i grandi scioperi di Lione e sostenne l'affiliazione della Sezione Francese dell'Internazionale Operaia (SFIO) all'Internazionale Comunista.
Dal 1920 al 1928 guidò la Lega dei Giovani Comunisti, quando ancora il Partito Comunista Francese si definiva semplicemente comunista e non, indistintamente, “di sinistra”, in quanto non partito borghese ma squisitamente partito operaio e socialista.
Nel 1936 divenne Segretario Generale della Federazione dei Metalmeccanici della CGT, ovvero della Confederazione Generale del Lavoro, maggiore sindacato francese e parteciperà alle lotte che porteranno alle ferie pagate, alla riduzione dell'orario di lavoro a 40 ore settimanali e alla legge che introdurrà i contratti collettivi nazionali.
Negli Anni '40, nella Francia occupata dai nazisti, fu arrestato assieme a molti suoi compagni comunisti e condannato a 5 anni di carcere nella colonia d'Algeria.
Dopo la Liberazione, Croizat, sarà eletto all'Assemblea Costituente e, successivamente, all'Assemblea Nazionale.
Diventerà Ministro del Lavoro del Governo De Gaulle dal 21 novembre 1945 al 26 gennaio 1946; successivamente Ministro della Previdenza Sociale dal 26 gennaio al 16 dicembre 1946 nei governi Gouin e Bidault e, infine, dal 22 gennaio al 4 maggio 1947 nel governo Ramadier.
Nel pur breve periodo del suo mandato introdusse e attuò: il sistema di protezione sociale; l'assicurazione sanitaria; il sistema pensionistico; raddoppiò l'importo degli assegni famigliari e migliorò il diritto del lavoro introducendo i consigli di fabbrica, la medicina del lavoro, la regolamentazione degli straordinari; lo statuto dei minori; la legge sugli infortuni sul lavoro.
Tutti aspetti, negli anni, via via sempre più attaccati e smantellati dai governi successivi, tanto pseudo gollisti che pseudo socialisti, per non parlare del liberale Macron e dei suoi attacchi al sistema sociale francese e ad ogni richiesta di maggiore democrazia diretta.
Celebre la frase pronunciata da Ambroise Croizat all'Assemblea Nazionale nel suo ultimo discorso, nell'ottobre 1950: “Non tollereremo mai la negazione di uno dei vantaggi della sicurezza sociale. Difenderemo sino alla morte e con tutte le forze, questa legge umana e di progresso”.
In un mondo che sta mettendo in vendita ogni cosa e ogni valore interiore e ove la libertà e la democrazia sembrano sempre più esistenti unicamente sulla carta, le idee di Ambroise Croizat ci illuminano ancora, come un faro, a dare nuovamente vita a quel Sol dell'Avvenire di garibaldina e socialista memoria.

Luca Bagatin

venerdì 8 febbraio 2019

"Solo l'Amore ci può salvare". Poesia di Luca Bagatin ad A.

In questo mondo che cade
E decade
Mi rimane un pensiero
Verso di te
Sei l'unica Donna
Che riesco a indentificare con l'Amore.
L'Amore e la Libertà
Di amarti
Senza mai avertelo detto.
Senza mai, forse, nemmeno avertelo fatto capire.
In questo mondo che rende il mio cuore triste
E che comprendo sempre meno
Mi rimane un pensiero
Verso i tuoi occhi
Verdi
Puliti
Fieri
Verso le tue labbra
Rosse
Verso i tuoi capelli
Neri.
Verso il tuo sorriso
Un sorriso a volte triste,
certo, può capitare.
Ma io sono qui.
E non me ne andrò.
Questa volta non più.
In questo mondo sempre più tetro e freddo
Vorrei poterti riscaldare.
Vorrei poter dire
Di sapere ancora amare.

Luca Bagatin