mercoledì 30 novembre 2022

Muore a 96 anni Jiang Zemin, il leader comunista che modernizzò la Cina. Articolo di Luca Bagatin

E' morto a Shanghai l'ex Segretario Generale del Partito Comunista Cinese (PCC) dal 1989 al 2002 e Presidente della Repubblica Popolare Cinese dal 1993 al 2003, Jiang Zemin, all'età di 96 anni.

Jiang fu successore del leader riformista Deng Xiaoping e ne proseguì, ampiliandole, le riforme in campo sociale ed economico.

Nato nel 1926 a Yangzhou, nel 2000 elaborò la sua teoria delle “Tre Rappresentatività”, che delineò il nuovo ruolo del PCC, rendendolo, sostanzialmente, un partito interclassista e aperto a tutte le categorie della società, comprese le forze produttive, culturali e artistiche.

Nel corso degli Anni '90 introdusse riforme fiscali, che stabilirono una distinzione fra imposte locali e nazionali, oltre che rafforzò la legislazione in ambito societario, rafforzando lo spirito imprenditoriale delle imprese, adeguandolo al management moderno.

Durante i suoi mandati fu garantito il diritto alla proprietà privata, che venne costituzionalmente riconosciuta come parte fondante dell'economia cinese, pur mantenendo l'assetto socialista della società e dell'economia, frenando le spinte all'individualismo selvaggio e correggendo gli aspetti più deleteri dell'economia capitalista occidentale, in primis la disoccupazione.

Nel 1998 lanciò la campagna delle “Tre Attenzioni”, ovvero: “prestare attenzione allo studio”; “prestare attenzione alla politica”; “prestare attenzione alla rettitudine”, campagna che avrebbe dovuto ulteriormente modernizzare il “socialismo con caratteristiche cinesi” lanciato da Deng Xiaoping nel corso degli Anni '80, oltre che frenare le spinte all'immoralità e alla corruzione, generate dall'individualismo, causato dall'eccessivo benessere economico che stava pervedendo la Cina di quegli anni.

La lotta alla corruzione fu, infatti, uno degli aspetti fondanti della politica portata avanti dall'amministrazione guidata da Jiang Zemin.

In politica estera, Jiang Zemin fu il primo a parlare di multipolarismo o multilateralismo, ovvero lanciò la prospettiva di un mondo che, nel rispetto delle reciproche differenze, cooperasse al fine di mantenere equilibrio all'interno della comunità internazionale. Un sistema atto, in sostanza, a mantenere pace e prosperità nel mondo. Tale posizione è peraltro ancora oggi alla base della politica estera della Cina guidata da Xi Jinping.

Della politica di Jiang Zemin, oltre che del suo predecessore e del suo successore, Hu Jintao, parla peraltro diffusamente il saggio “Quarant'anni di Cina” della prof.ssa Daniela Caruso, docente di Studi sulla Cina presso l'Università Internazionale per la Pace delle Nazioni Unite con sede a Roma.

Il ruolo di Jiang Zemin – come riportato dall'ANSA - è stato ricordato anche dal Segretario Generale dell'ONU Antonio Guterres, che, dicendosi "profondamente rattristato" per la sua scomparsa, ha ricordato come "Sotto la guida di Jiang Zemin, nel 1995 la Cina ha ospitato la storica Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne e nel settembre 2000 ha partecipato al Vertice del Millennio delle Nazioni Unite a New York", aggiungendo "Non dimenticherò mai il suo calore e apertura personali, così come l'eccellente collaborazione di cui ho goduto in qualità di premier del Portogallo per garantire la transizione senza intoppi del passaggio di consegne alla Cina dell'amministrazione di Macao".

Luca Bagatin

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venerdì 18 novembre 2022

Si apre a Caracas un incontro del Forum di San Paolo, che riunisce socialisti e comunisti latinoamericani. Articolo di Luca Bagatin

Il Forum di San Paolo (FSP), conferenza che riunisce i partiti socialisti e comunisti dell'America Latina e dei Caraibi, fondato nel 1990 dal Partito dei Lavoratori brasiliano (PT) - guidato da Lula - e dal leader cubano Fidel Castro, terrà la sua assise il 18 e 19 novembre a Caracas, in Venezuela, alla presenza di circa 90 delegati.

Insediatosi presso l'Università Internazionale delle Comunicazioni, il gruppo di lavoro intende “lavorare su un piano strategico e promuovere l'unità dei popoli dell'America Latina”, ha sottolineato il Vicepresidente degli Affari Internazionali del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Adán Chávez, durante il suo discorso inaugurale.

L'incontro vuole rinnovare il cammino di libertà, solidarietà e sovranità rivoluzionaria e socialista – contro ogni tentativo esterno di destabilizzazione - intrapreso a partire dagli Anni '90 dai Paesi latinoamericani del Socialismo del XXI secolo, che hanno peraltro recentemente riconquistato sia il Brasile, con la recente vittoria di Lula, che la Colombia, con l'elezione di Gustavo Petro.

Luca Bagatin

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sabato 12 novembre 2022

Il socialismo di Napoleone III. Articolo di Luca Bagatin

Personaggio certamente contraddittorio, ma spesso calunniato e diffamato, persino nella sua Francia, Luigi Napoleone Bonaparte (1808 – 1873), nipote di Napoleone Bonaparte, fu personaggio chiave della modernizzazione e dell'emancipazione della Francia nel XIX secolo, passando alla Storia come Secondo Imperatore dei Francesi, con il nome di Napoleone III.

Ma chi era, in realtà, Luigi Napoleone Bonaparte che, dopo i suoi falliti tentativi di colpo di Stato per spodestare la monarchia orleanista, si presentò alle prime elezioni presidenziali francesi del 1848 e riuscì a stravincere con il 74% dei voti, sconfiggendo i vari candidati moderati, socialisti, socialdemocratici, liberali e monarchici e - nel 1852 - riuscì a farsi nominare Imperatore dei Francesi, dando così vita al Secondo Impero?

Figlio di Ortensia de Beauharnais (1783 - 1837) e del Re d'Olanda Luigi Bonaparte (1778 - 1846), fratello di Napoleone Bonaparte (1769 - 1821), Luigi Napoleone, esiliato dalla Francia dal 1816 e educato da Filippo La Bas a ideali rivoluzionari e democratici, aderì giovanissimo, con il fratello, alla Carboneria italiana.

Non sappiamo dire se fu affiliato alla Massoneria, come l'illustre zio, ma non è improbabile, visto che la gran parte dei carbonari erano anche iniziati alla Massoneria.

Quel che è certo è che, nei primi anni della sua vita, fu fervente rivoluzionario, in particolare in Italia, ove partecipò ai primi moti insurrezionalisti - contro il regime pontificio e asburgico - e strinse amicizia con il repubblicano mazziniano Francesco Arese, membro della “Giovine Italia” e che gli rimase amico per tutta la vita, anche quando divenne Imperatore.

Luigi Napoleone sviluppò, negli anni, grazie alla sua formazione, alle sue amicizie e alle sue letture, una coscienza socialista sansimoniana. Nella sua biblioteca, infatti, era possibile trovare – fra le altre - opere di Thomas More (1478 – 1535), Saint-Simon (1760 – 1825) e del socialista britannico Robert Owen (1771 - 1858).

Certo, si trattava di un socialismo pre-marxista, non ancora intriso di lotta di classe e di contrapposizioni fra borghesi e proletari.

Un socialismo sviluppato da pensatori della fine del XVIII secolo e dell'inizio del XIX, i quali si interrogavano sulla questione operaia e, dunque, sullo sfruttamento degli operai all'inizio della prima Rivoluzione industriale.

Il socialismo di Saint-Simon e di Owen, che farà proprio anche Luigi Napoleone, partiva da concezioni filantropiche, umanitarie, associazionistiche e comunitarie.

Il movimento delle forze produttive, l'intervento della comunità rappresentata dallo Stato, l'associazionismo-cooperativismo dei lavoratori-produttori, avrebbero potuto – secondo tali pensatori - alleviare la povertà e generare lo sviluppo della comunità stessa.

E' tale movimento che il filosofo, editore e scrittore francese Pierre Leroux (1797 – 1871) chiama, per la prima volta nella Storia, “socialismo”, coniando un termine all'epoca ancora sconosciuto. E lo fa in un articolo del 1833, che diverrà molto popolare all'epoca, dal titolo “De l'individualisme et du socialisme”.

Luigi Napoleone Bonaparte, imprigionato nella fortezza di Ham, a seguito del secondo colpo di Stato bonapartista contro Re Luigi Filippo d'Orleans il 6 agosto 1840 (il primo è del 30 ottobre 1836), decide dunque di dare corpo alle sue aspirazioni e di spiegare al popolo francese dell'epoca come già suo zio, Napoleone il Grande, fu un socialista ante-litteram.

Nel 1839, in prigione, scrive dunque un'opera molto importante, ovvero “Le idee napoleoniche”, nella quale egli intende presentarsi quale erede diretto dell'autorevole zio e, quindi, aspirante al trono francese.

La sua sembra dunque essere una concezione imperiale-socialista-rivoluzionaria e giustifica tale conceazione parlando, nel testo, delle riforme attuate da Napoleone Bonaparte. Un Imperatore che – come spiega Luigi Napoleone - ha difeso gli ideali democratici della Rivoluzione Francese, ma riconciliando le classi popolari con quelle aristocratiche, spogliando queste ultime di quell'assolutismo che tanto le aveva rese invise al popolo.

La concezione bonapartista, dunque, si pone quale trait-d'union fra classi popolari e aristocrazia, contrapponendosi al liberalismo, che rappresenta la borghesia e il nascente capitalismo industriale.

Napoleone III, non a caso, se da una parte ha inviso la reazionaria monarchia orleanlista-borbonica, ha parimenti inviso la visione degli Stati Uniti d'America, che considera una società priva di un centro politico e in balìa dei potentati economici.

Nel 1844, Luigi Napoleone Bonaparte, pubblica “L'estinzione del pauperismo”, un testo che viene considerato da autorevoli storici francesi, in particolare da Jean Sagnes, che molto si è occupato dell'argomento, una piccola Bibbia del socialismo luigi-napoleonico o bonapartista.

Jean Sagnes, storico francese in particolare di movimenti socialisti e operai, ha scritto in merito due saggi, purtroppo reperibili solo in francese e non tradotti né pubblicati in Italia, ovvero: “Les racines du socialisme de Louis-Napoleon Bonaparte” e “Napoleon III – Le parcours d'un sainst-simonien”.

Nei saggi vengono descritte le influenze di Luigi Napoleone, i suoi viaggi in Italia e in Inghilterra, nella quale conoscerà per la prima volta le tristi condizioni alle quali era sottoposta la classe operaia.

Pur non essendo un filosofo, come lo saranno invece Marx ed Engels, egli sviluppa una prima coscienza sociale e autogestionaria, vedendo nell'associazione dei lavoratori e nell'organizzazione del lavoro, le prime basi per l'emancipazione socale delle classi più povere e sfruttate.

Tali esperienze, assieme alle sua amicizie con massoni, carbonari, sansimoniani, repubblicani e montagnardi, rafforzeranno tale visione, che egli tenterà poi di portare allorquando giungerà al vertice governo del della Francia, prima come Presidente della Repubblica e, successivamente, come Imperatore.

Luigi Napoleone, come spiega Sagnes, è molto popolare fra le classi operaie e popolari, tanto che i voti al partito bonapartista sono raccolti in particolare fra quei ceti, in quanto i bonapartisti sono veri e propri sostenitori della trasformazione sociale del Paese. E, in tal senso, riescono facilmente a raccogliere la maggioranza assoluta dei seggi dell'Assemblea legislativa, lasciando le briciole ai monarchici orleanisti e ai repubblicani.

Il programma bonapartista è, infatti, in gran parte ispirato alle teorie socialise dell'epoca. In particolare l'attuazione di grandi opere grazie all'azione diretta dello Stato.

Sotto i governi di Napoleone III viene, infatti, introdotto il suffragio universale; abolito il lavoro la domenica e i giorni festivi; vengono creati crediti per aiutare gli agricoltori; create società di mutuo soccorso; introdotti gli ispettori del lavoro; viene creato il pensionamento per i dipendenti pubblici; vengono concesse onoreficenze a operai e donne; vengono istituiti ospedali e asili per disabili; vengono rimboschite le brughiere della Guascogna; viene attuata l'idea di associazione capitale/lavoro nel feudo di Solferino di proprietà di Napoleone III; i sindacati vengono autorizzati e viene introdotta una legge sulle società cooperative; vengono introdotte le scuole primarie gratuite anche per le ragazze.

Queste solo alcune delle riforme attuate dall'Impero di Napoleone III dal 1852 al 1870, anno della sua caduta, a causa della sconfitta nella guerra franco-prussiana della Francia.

E tutto ciò, come spiegato anche nei saggi di Jean Sagnes, contribuì ad innalzare il tenore di vita della popolazione francese.

Sagnes non tace gli aspetti più repressivi dell'Impero di Napoleone III, ma sottolinea come tale repressione non sia mai stata diretta contro la classe operaia, in quanto non è considerata affatto pericolosa.

Napoleone III, dunque, cerca di unire nel suo governo: giustizia sociale, autorità, armonia e sovranità nazionale, attraverso una saggia amministrazione.

Marx sarà un acceso critico di Napoleone III e della sua ascesa al potere, così come lo sarà anche del socialismo sansimoniano e di Robert Owen, che classificherà come “utopista”.

Ad ogni modo, sarebbe ingeneroso non considerare Luigi Napoleone Bonaparte, il Principe-Presidente-Imperatore, pur con tutti i suoi limiti e contraddizioni (non ultima l'invasione e deposizione della democratica Repubblica Romana, di ispirazione mazzinana e garibaldina del 1849) come parte integrante della Storia del socialismo e dell'emancipazione delle classi oppresse nella Francia del XIX secolo.

Luca Bagatin

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venerdì 11 novembre 2022

Il liberalismo ha fallito


"Il liberalismo ha fallito, e per una buona ragione.
Troppo spesso è stato compromesso dalle persone che lo rappresentavano"

(Hunter S. Thompson)

lunedì 7 novembre 2022

Il 7 novembre 1917 nasce l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Articolo di Luca Bagatin

Il 7 novembre 1917 (25 ottobre secondo il calendario giuliano allora vigente in Russia), i bolscevichi, guidati da Vladimir Lenin e animati da ideali socialisti e marxisti, fecero irruzone nel Palazzo d'Inverno, ponendo fine al dominio dell'oligarchia zarista.

Gettando così le basi per un governo guidato da proletari che, in pochi anni, lottò contro l'analfabetismo, promosse sanità e scuola pubblica e gratuita, promosse divorzio, aborto, emancipazione sessuale e pari diritti fra donne e uomini. Oltre che sviluppo economico e sociale.

Nacque così l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sorelle fra loro, senza quelle discordie e divisioni che, purtroppo, le hanno percorse a partire dalla caduta del socialismo ad Est, ovvero 1992 ad oggi.

Repubbliche sorelle unite nel socialismo e nei consigli dei contadini e degli operai.

Un governo certamente non perfetto, ma perfettibile.

Questo scrisse, in proposito, il Maestro dell'Himalaya, Mahatma Morya, in una lettera consegnata all'artista e diplomatico russo Nikolaj Konstantinovič Rerich per Lenin ai ministri Lunacharsky e Tchitcherin della neonata Repubblica Sovietica:

"Nell’Himalaya, sappiamo ciò che tu stai compiendo. Hai abolito la chiesa, che è diventata una fucina di menzogne e di superstizione. Hai distrutto la borghesia che è diventata agente di pregiudizi. Hai distrutto le scuole che erano diventate delle carceri. Hai condannato l’ipocrisia della famiglia. Hai eliminato l’esercito, che guida degli schiavi. Hai schiacciato i guadagni degli avidi speculatori. Hai chiuso le case di tolleranza. Tu hai liberato il Paese dal potere del denaro. Hai riconosciuto che la religione è l’insegnamento della materia universale. Hai riconosciuto l’irrilevanza della proprietà privata. Hai previsto l’evoluzione della comunità. Hai posto l’accento sull’importanza della conoscenza. Ti sei prostrato davanti alla bellezza. Hai riservato tutto il potere del Cosmo per i bambini. Hai aperto le finestre dei palazzi. Hai visto l’urgenza di costruire case per il Bene Comune. Hai fermato la rivolta in India, perché era prematura, ma abbiamo riconosciuto la tempestività del tuo intervento, e vi mandiamo tutto il nostro aiuto, affermando l’Unità dell’Asia".

Luca Bagatin

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venerdì 4 novembre 2022

L'America Latina punta all'integrazione dal basso con un incontro in Argentina. Articolo di Luca Bagatin

Il 5 e 6 novembre si terrà a Buenos Aires, l'Assemblea per un'America Latina Plurinazionale, ovvero per la costituzione dell'”Unasur de Los Pueblos” (l'Unione delle Nazioni Sudamericane dei Popoli, che sarà chiamato Runasur), iniziativa fortemente voluta dall'ex Presidente socialista della Bolivia Evo Morales.

Nel 2019, infatti, Morales formulò la proposta di emancipazione dei popoli latinoamericani, fondata sulla difesa della democrazia, della pace, dell'identità culturale, della sovranità, dell'anticolonialismo, dell'anticapitalismo e dell'antimperialismo di tutti i popoli indigeni, afro-discendenti, delle organizzazioni sociali, sindacali, territoriali e di tutti i movimenti sociali nel continente.

Morales ha avuto tale intuizione al fine di “risolvere il debito storico che i popoli devono affrontare in un contesto di crisi economica, sociale, culturale e, soprattutto, di vita”.

Tale Assemblea si terrà presso la sede del Club Atletico Banco Nación, nel dipartimento Vicente López, provincia di Buenos Aires ed è prevista la presenza di oltre cento rappresentanti di movimenti sociali, sindacali, indigeni e afrodiscendenti di Venezuela, Argentina, Bolivia , Ecuador, Cile, Perù, Uruguay, Paraguay, Brasile, oltre a Guatemala, Panama, Nicaragua e Messico.

L'ex Presidente Morales incontrerà, inoltre, il Presidente peronista argentino Alberto Fernández e la Vicepresidente Cristina Kirchner e per questo si è detto “Molto grato e onorato per questa possibilità di rafforzare ulteriormente i legami di amicizia, lavoro e solidarietà con le autorità di un Paese fratello”.

Luca Bagatin

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mercoledì 2 novembre 2022

La Cina tra identità nazionale e globalizzazione nel saggio della prof.ssa Daniela Caruso. Articolo di Luca Bagatin

In un'epoca di drammatiche quanto insensate divisioni, di nuove povertà e di diritti dei lavoratori sempre più minacciati, al XXesimo Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, tenutosi il 16 ottobre scorso, il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, nonché rieletto Segretario Generale, ha sottolineato come “La Cina è un Paese socialista di democrazia popolare sotto la guida della classe operaia basata su un'alleanza di lavoratori e agricoltori; tutto il potere dello Stato in Cina appartiene al popolo. La democrazia popolare è la linfa vitale del socialismo ed è parte integrante dei nostri sforzi per costruire un Paese socialista moderno sotto tutti gli aspetti. La democrazia popolare a tutto processo è la caratteristica distintiva della democrazia socialista; è la democrazia nella sua forma più ampia, genuina ed efficace”. Aggiungendo che “Faremo affidamento con tutto il cuore sulla classe operaia e miglioreremo il sistema di gestione democratica nelle imprese e nelle istituzioni pubbliche, che prende forma fondamentale nella forma di congressi dei lavoratori, in modo da proteggere i diritti e gli interessi legittimi dei lavoratori”.

Proprio di modernizzazione, impresa e di rapporti economici e di dialogo fra popoli differenti parla l'ultimo saggio della prof.ssa Daniela Caruso, docente di Studi sulla Cina presso l'Università Internazionale per la Pace delle Nazioni Unite con sede a Roma.

Nel suo “La Cina tra identità nazionale e globalizzazione”, edito da Eurilink University Press (casa editrice dell'Università non statale legalmente riconosciuta a vocazione internazionale, Link Campus University), la prof.ssa Caruso riannoda i fili dei rapporti economici e culturali fra Cina e Occidente, nonostante i tentativi anticinesi dell'amministazione Biden, che attualmente guida gli USA..

Proprio a partire dai rapporti bilaterali di amicizia fra Italia e Cina, il 2022 - pandemia permettendo – è l'anno della cultura e del turismo dei due Paesi.

Nel saggio della prof.ssa Caruso si sottolineano gli sforzi della Cina, a partire in particolare dal 2001, di investire massicciamente in cultura e ciò sia a rafforzamento della propria identità culturale e nazionale, che al fine di farsi meglio conoscere al resto del mondo, instaurando rapporti di mutuo scambio di relazioni fondate sulla cultura e l'arricchimento reciproco.

La Cina, dal 1912 in poi, è diventata una repubblica ed è riuscita a liberarsi dal governo autocratico della dinastia Quing, che durava dal 1644.

Come spiega la prof.ssa Caruso, la Cina ha sempre avuto una vocazione pacifica e rispettosa della legge e si è sempre e solo difesa, nel corso della sua Storia, fatta anche di dominazione coloniale europea, dalla quale riuscì faticosamente a liberarsi ed affrancarsi.

Sin dalla sua fondazione, la neonata repubblica cinese, non ancora comunista, si fondò sull'eguaglianza dei cinque gruppi etnici che la componevano e, dal 1919, sull'onda della leninista Rivoluzione d'Ottobre in Russia, iniziarono a svilupparsi correnti di liberazione e emancipazione nazionale, che miravano a liberare il Paese da tutte le forze imperialiste, al fine di raggiungere la piena indipendenza e unità nazionale del popolo cinese.

La prof.ssa Caruso sottolinea, infatti, come il primo a usare il termine “nazione cinese” sia stato Mao Tse-Tung proprio nel 1919 e questo fu il compito principale del Partito Comunista Cinese, da lui guidato e fondato nel 1921.

Il saggio della prof.ssa Daniela Caruso, prosegue nello spiegare come la Cina, profondamente influenzata dal pensiero del filosofo Confucio, abbia raggiunto la modernità molto prima rispetto all'Occidente.

La secolarizzazione, l'eguaglianza educativa, una burocrazia fondata sul merito, una società civile autonoma, una lingua unificata e il multiculturalismo, infatti, furono raggiunti dalla Cina molto prima rispetto ai Paesi occidentali. Al punto che, come spiega la prof.ssa Caruso, i primi ad ammirare le cultura cinese furono filosofi Illuministi europei quali Voltaire, Leibniz e molti altri.

Il socialismo cinese (o “socialismo con caratteristiche cinesi, come viene definito in Cina), dunque, oltre alle influenze marxiste-leniniste, deve moltissimo al pensiero confuciano e la Cina moderna è esattamente una fusione fra marxismo-leninismo e confucianesimo, orientati entrambi alla modernità e al dialogo verso tutte le altre culture, nella valorizzazione della propria identità e nel reciproco riconoscimento.

Non a caso, come spiega il saggio della prof.ssa Caruso, i moderni leader socialisti cinesi, da Jiang Zeming a Xi Jinping, hanno voluto coltivare e diffondere il socialismo prendendo come base la cultura tradizionale cinese.

Xi Jinping, da ultimo, ha voluto sottolineare nel 2014, presso il Quartier Generale dell'UNESCO, l'eguaglianza di tutte le civiltà, rifiutando fermamente il concetto di “scontro di civiltà”, che fu spesso un leitmotiv dei neocon statunitensi: “Tutte le civiltà umane hanno lo stesso valore, e tutte hanno i loro rispettivi punti di forza e di debolezza. Nessuna singola civiltà può essere giudicata superiore alle altre”.

La prof.ssa Caruso riporta inoltre un passo del discorso del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi del 2017 in cui egli scrive: “Fin dalla sua fondazione il nostro partito ha strettamente combinato sia il benessere del popolo cinese che il bene dei popoli del mondo, ed è stato consapevole dell'importanza dello spirito dell'internazionalismo. Questa è l'importante distinzione tra il nostro partito e i partiti politici di altre nazioni. Ha origine dal profondo patrimonio della cultura tradizionale cinese (...)”.

Il saggio approfondisce, inoltre, gli aspetti relativi agli investimenti attuati dalla Cina in questi ultimi anni in ambito culturale, dai musei al comparto radiotelevisivo, sino alle partnership economico-culturali e turistiche con altri Paesi del mondo, fra i quali, in particolare, l'Italia.

Sottolineando, in questo ultimo caso, come il turismo cinese in Italia sia fortemente trainante, in particolare nelle città d'arte quali Roma, Venezia e Firenze.

Si fa inoltre riferimento a come la cooperazione fra Italia e Cina sia stata lodata anche dal Presidente della Repubblica Sergio Matteralla, in un'intervista del 2019, riportata dal saggio stesso, nel quale, il Presidente, sottolinea come “L'Italia è sinceramente votata ai valori della pace, del multilateralismo fondato su regole e i nostri due Paesi sono tra i maggiori contributori al sistema delle Nazioni Unite, sia in termini di risorse finanziarie sia nell'ampiezza della partecipazione e dell'impegno nelle operazioni di mantenimento della pace (…)”.

E, mai come oggi, è necessario rinnovare dialogo e multilateralismo, magari partendo proprio dallo studio delle culture del mondo e dagli investimenti in ambito culturale, come sottolineato dalla prof.ssa Daniela Caruso nel suo saggio.

Luca Bagatin

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