lunedì 29 febbraio 2016

Eduard Limonov: lo scrittore, il politico, l'anti-intellettuale nazionalbolscevico. Articolo di Luca Bagatin

Eduard Limonov, al secolo Eduard Veniaminovich Savenko, non è certo un personaggio facile da inquadrare.
Purtuttavia è un personaggio affascinante proprio per questo. Proprio perché non puoi rimanergli indifferente.
Scrittore anti-intellettuale, politico anti-politico, né comunista né fascista ma nazional-bolscevico.
Cinico e a tratti erotomane. Un duro la cui sensibilità tende a mascherare molto bene. E per questo inevitabilmente emerge e lo porta, nel corso della vita, a prendere decisioni estreme, contraddittorie, provocatorie.
Vista l'avventurosa vita del Nostro, lo scrittore francese Emmanuel Carrère gli dedicò una fortunata biografia uscita in Italia nel 2012 per Adelphi e ciò contribuì a farlo conoscere al grande pubblico anche nel nostro Paese.
Nato povero a Char'kov, città industriale dell'Ucraina, Limonov è assiduo frequentatore sin da ragazzino di bande di teppistelli, ma è anche appassionato di letteratura e poesia. Il suo sogno è infatti diventare un grande poeta e uno scrittore affermato. Volutamente si farà espellere dall'URSS negli Anni '70 per approdare negli Stati Uniti d'America – che disprezzerà per tutta la vita, così come disprezzerà i “grandi intellettuali” russi - ove vivrà di lavori umilissimi e di scrittura, assieme alla moglie di allora, Elena, che ben presto lo tradirà e lo abbandonerà.
Gli abbandoni sentimentali segneranno moltissimo la scrittura e la condotta di vita di Limonov, il cui linguaggio scurrile e a tratti violento e le cui visioni erotiche sono sempre portate all'estremo nei suoi scritti.
Frequentatore di ambienti alla moda in un primo tempo, oltre che di circoli controculturali e punk, ma anche dei bassifondi statunitensi, Limonov è decisamente un eclettico, un autodidatta alla ricerca di notorietà e di un posto nel mondo. Pubblicherà ben presto romanzi che diventeranno celebri in tutto il mondo (un po' meno in Italia) quali “Sono io, Edika”, “Diario di un fallito”, “Il libro dell'acqua” e numerosi altri, collaborando peraltro a diversi giornali quali il comunista “L'Humanité” e a “L'Idiot International”.
Negli Anni '80 sposerà la cantante Natalia Medveva, ma anche lei lo tradirà e lo abbandonerà ben presto.
Negli Anni '90, deluso da quell'ennesimo fallimento sentimentale, parteciperà, a fianco dei serbi, alla guerra civile in ex Jugoslavia e successivamente tornerà nella sua Russia, fondando, nel 1994, il giornale d'avanguardia letteraria e politica “Limonka” ed il Partito Nazionalbolscevico (PNB), i cui attivisti saranno principalmente poveri e sbandati ragazzi di periferia delusi dal crollo dell'URSS e colpiti dalla nuova povertà diffusa, con un programma economico di sinistra (giustizia sociale, proprietà in comune, lavoro collettivo) e una politica di destra (priorità dello Stato e della nazione, espansione della Russia in Europa).
Il Partito Nazionalboscevico - sostenuto anche dalla giornalista Anna Politkovskaja, barbaramente fatta uccidere da Putin nel 2006 - ad ogni modo, come ebbi già modo di scrivere in un altro articolo, è il principale partito di opposizione allo strapotere di Vladimir Putin in Russa e per questo fu messo fuorilegge e molti dei suoi attivisti arrestati, fra cui lo stesso Limonov dal febbraio 2002 al giugno 2003 accusato di traffico d'armi ed attività sovversiva. Nel 2010 il PNB si presentò anche alle elezioni nella coalizione “L'Altra Russia”, assieme a liberali, socialisti, comunisti e nazionalisti, ma questa fu drammaticamente sconfitta.
Eduard Limonov è oggi sposato con l'attrice Ekaterina Volkova, da cui ha avuto due figli e continua la sua attività letteraria e di provocatore attraverso il suo blog www.limonov-eduard.livejournal.com . E' da sempre molto apprezzato - per il suo sincretismo politico/culturale che lo vede ispirarsi alternativamente a Michail Bakunin, a Che Guevara, a Julios Evola, a Pier Paolo Pasolini e a Yukio Mishima – dallo scrittore e filosofo francese Alain De Benoist, animatore della Nuova Destra.
Limonov, come dicevamo all'inizio di questo nostro articolo, non è un personaggio inquadrabile. Forse per questo tenuto ai margini da parte dei benpensanti e della grande stampa, che non ammette autodidatti nella letteratura e nella politica.
Le opere e la vita di Limonov meritano di essere conosciute anche per comprendere l'Est europeo di ieri e la Russia di oggi. E per andare oltre le vecchie categorizzazioni destra/sinistra che, nei fatti, sono sempre state utili ai “ricchi borghesi” (definizione che Limonov amerebbe molto) per sottomettere i poveri ed i popoli.

Luca Bagatin

venerdì 26 febbraio 2016

Un convegno su Randolfo Pacciardi, antifascista garibaldino e mazziniano, all'Università "La Sapienza" di Roma. Articolo di Luca Bagatin

Randolfo Pacciardi, chi era costui ?
Un combattente, un eroe, un antitotalitarista e proprio per questo la sua storia è stata volutamente e scientemente rimossa dalla memoria di quell'Italia libera che egli tentò, a rischio della vita, di edificare.
In nome di Mazzini e di Garibaldi fu audace eroe antifascista della Guerra di Spagna al comando del Battaglione Garibaldi, nonché fu fiero anticomunista, specie dopo aver conosciuto i massacri contro i repubblicani, i socialisti e gli anarchici operati dai comunisti europei su ordine di Stalin.
Guidò il PRI nel primo dopoguerra e fu Ministro della Difesa dal 1948 al 1953. Si oppose alla formula di Centrosinistra e quindi ad Ugo La Malfa che purtroppo lo espulse dal partito negli anni '60.
Espulso dal PRI, Pacciardi fondò il movimento politico Unione Democratica per la Nuova Repubblica, con posizioni nettamente presidenzialiste e solo per questo fu sospettato ingiustamente di simpatia fasciste e golpiste (proprio lui che aveva combattuto il nazifascismo !) e di aver appoggiato il cosiddetto Piano Solo che avrebbe dovuto portare ad una svolta autoritaria nel nostro Paese.
Niente di più falso e vergognoso fu detto su di un personaggio al quale la Repubblica e la democrazia italiana devono moltissimo.
Randolfo Pacciardi fu riammesso nel PRI negli anni '80 e Repubblicano rimase sino alla morte.
Questa, in breve, la vicenda politica del Nostro al quale l'Università La Sapienza di Roma ha dedicato un convegno patrocinato dall'Associazione Mazziniana Italiana e dall'Associazione ex parlamentari della Repubblica nei giorni 24 e 25 febbraio scorsi e che ha visto la presenza di numerosi accademici, studiosi e di ex militanti pacciardiani e repubblicani.
Un ciclo di quattro incontri di ottimo livello accademico, oltre che politico-sociale.
Interessanti in particolare gli interventi di due ex esponenti dell'allora movimento di Pacciardi, l'Unione Democratica Nuova Repubblica (UDNR), ovvero di Antonio De Martini e Renato Traquandi.
Antonio De Martini - curatore peraltro del sito www.corrieredellacollera.com – ai tempi dell'UDNR giovanissimo studente universitario proveniente dal Movimendo Federalista Europeo, ha raccontato la ragione per la quale la figura di Pacciardi è stata così tanto osteggiata. L'allora Presidente del Consiglio Aldo Moro telefonò a tutti i direttori dei giornali italiani invitandoli, dal 1964 in poi, a non parlare di nessuna delle iniziative di Pacciardi e dei suoi attivisti.
Motivo della censura ? L'incessante lotta del combattente antifascista contro la partitocrazia ed il malaffare politico, che sfociò nella sua proposta di Repubblica presidenziale, precorrendo i tempi ed ispirandosi sia al gollismo francese ma, in particolare, alla Costituzione democratica degli USA, con un Presidente eletto e sganciato dal parlamento partitocratico, tendendo così verso una democrazia partecipativa, nel solco di Giuseppe Mazzini.
Aspetto peraltro interessante toccato da De Martini è l'influenza gollista nelle idee in particolare dei giovani pacciardiani, i quali si ispiravano al gollista di sinistra René Capitant, teorico della partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese.
Renato Traquandi, classe 1941, mio caro amico repubblicano mazziniano da moltissimi anni, ha raccontato la sua vicenda personale e l'incontro con Pacciardi. Il padre di Renato era cugino di Nello Traquandi, partigiano antifascista dell'Italia Libera e di Giustizia e Libertà ed il piccolo Renato già nel dopoguerra si trovò a respirare il profumo della lotta politica dell'ambiente azionista e repubblicano, rimanendo in particolare colpito da un manifesto verde e rosso, con le foglie d'Edera, che annunciava un comizio di Pacciardi.
Nel '68, frequentando Parigi, Renato Traquandi entrerà in contatto con l'ambiente gollista e la sua prima esperienza politica in Italia sarà proprio l'adesione all'Unione Democratica Nuova Repubblica, incontrando Pacciardi per la prima volta quando l'antico combattente aveva già 70 anni ed iniziando a collaborare alle testate “Folla” e “Nuova Repubblica” e rimanendo affascinato dal pensiero di Mazzini, che prevedeva l'unione del capitale e del lavoro nelle stesse mani, superando per moltissimi versi in emancipazione sociale il movimento socialista e comunista.
Interessante, all'interno del convegno pacciardiano, l'intervento del prof. Massimo Scioscioli - storico del mazzinianesimo - il quale, fra le altre cose, ha dichiarato che oggi la politica è completamente scomparsa in quanto si è perso completamente ogni senso morale.
Degno di nota l'intervento del prof. Paolo Palma il quale ha ricordato come il Partito Repubblicano Italiano del periodo antifascista fosse un partito a difesa del proletariato e della classe operaia su posizioni anticomuniste e vicino ai movimenti anarchici e di come Pacciardi propugnasse già allora una Repubblica di ispirazione mazziniana, nè bolscevica nè clericale, collocandosi su posizioni ispirate al “socialismo mazziniano” e contrarie ad ogni mentalità parlamentaristica dei piccoli interessi di retrobottega dei partiti e che si reggesse su tre pilastri: federalismo sociale, associazionismo volontario e sulla democrazia diretta.
Al convegno, fra il pubblico, era presente anche una giovane laureata in Scienze Politiche: Valeria Pozzi, autrice di una interessante tesi di laurea su Randolfo Pacciardi.
Ho avuto modo di chiacchierare con Valeria, romana, classe 1989, e sono davvero rimasto molto colpito dal suo inconsueto interesse per un antico combattente senza macchia né paura in un'epoca nella quale i politicanti, peggio di ieri, si spartiscono il potere, comandati dalle fredde leggi dell'economia e dell'interesse.
Giovani studiosi come Valeria, per quanto possano essere pochi, sono, a mio avviso, l'humus, il sale per una nuova umanità di persone oneste e autenticamente libere ispirate al pensiero di Pacciardi. Persone che sappiano battersi, con coerenza e coraggio, anche a costo di essere vilipesi e oscurati.
Perché la verità e la libertà si conquistano, lottando e faticando, ogni giorno.

Luca Bagatin

Unioni civili zoppe, sdoganamento dell'infedeltà di coppia e dichiarazioni massonofobiche di Imma Battaglia. Articolo di Luca Bagatin

Come era prevedibile in un Paese arretrato e bigotto come il nostro, ove ancora vige l'incultura, il maschilismo, il clericalismo e l'ipocrisia di buona parte della classe dirigente, una legge perfetta in favore dei diritti delle coppie di fatto e degli omosessuali (oltre che dei single !) non è uscita.
E' uscito il solito compromesso all'amatriciana che crea coppie di serie A e coppie di serie B. Del resto, quando nella maggioranza di governo ci sono esponenti che ritengono che l'amore valga solo per una parte dell'umanità e non per l'altra, ovvero che il matrimonio sia solo una cosa che vada bene per alcuni e non per altri, era matematico che le cose andassero in questo modo.
E quindi nessun diritto all'eredità e alla reversibilità per le coppie di fatto etero e omosessuali, nessuna adozione per le coppie omosessuali – ritenute quindi incapaci di crescere con amore un figlio (sic !) - inoltre si prevede che le coppie omosessuali possano anche non essere fedeli !
E qui andrebbe aperta una lunghissima parentesi che peraltro vede anche la stragrande maggioranza delle coppie eterosessuali per nulla fedeli (sic !). Un problema che andrebbe seriamente affrontato in sede sociologica, oltre che politica, perché questa è la vera causa della disgregazione dell'istituto della famiglia e delle sofferenze di milioni di bambini.
Ed è una piaga sociale, drammaticamente trascurata.
Chi scrive ritiene che una famiglia sia una istituzione completamente slegata dal sesso dei suoi componenti. L'amore non ha nulla a che vedere con il sesso, per cui una famiglia, giocoforza, può benissimo essere composta anche da una coppia del medesimo sesso (oltre che da un genitore solo ed un solo figlio, oppure da una persona e un animale domestico, sia chiaro !).
La fedeltà, in una coppia stabile e con figli è e deve essere d'obbligo. Mettere in piedi una famiglia composta da genitori (eterosessuali o omosessuali, poco importa) e figli o è vista come una missione, oppure è solo una pagliacciata che, in caso di tradimento, rischia sempre di ledere una delle due parti, oltre che naturalmente i figli.
Questo aspetto, da me molto spesso ribadito in numerosi articoli e dichirazioni, è completamente estraneo alla classe politica che, legiferando senza tenere presente i sentimenti delle persone, finisce per offendere le stesse e non approfondisce le vere problematiche delle famiglie che, in quest'epoca modernista e liberal-capitalista, finiscono sempre più per disgregarsi e creare voragini sentimentali e affettive, spesso incolmabili.
Come giustamente rileva il filosofo francese Jean-Claude Michéa nel suo “Il vicolo cieco dell'economia” (Elèuthera editrice), la società capitalista e modernista obbliga l’individuo ad adattarsi continuamente alle regole dell’economia e del mercato ed in questo senso non può permettersi di invecchiare e di ammalarsi e la sua illusoria eterna giovinezza deve a tutti i costi rappresentare un must di successo, esempio massimo dell’edonismo progressista e della massima fede nel futuro. In tutto ciò l’individuo non è dunque in grado di impegnarsi in relazioni stabili e profonde – in particolare nella sfera sentimentale – stabilendo così con gli altri suoi simili solo relazioni fuggevoli.
E questo aspetto è sotto gli occhi di tutti, senza che la politica dica nulla o ponga un freno a questo (contro)sviluppo insostenibile, con tutte le sue ripercussioni.
Anzi, nel caso di spiecie si stabilisce addirittura che una coppia gay possa anche non essere fedele ! Non solo la si mortifica, ma si sdogana un comportamento socialmente e sentimentalmente riprovevole e che invece andrebbe severamente sanzionato, tanto nelle coppie gay (che andrebbero rispettate e quindi equiparate a quelle etero) che in quelle eterosessuali.
La fedeltà della coppia, dunque, o è alla base di una famiglia – specie se con figli – oppure la coppia del caso non è una vera coppia ed è destinata a creare solo sofferenze all'interno della stessa ed ai figli che avrà o le saranno affidati.
Quindi, cari clericali in difesa della “famiglia” e cari “liberal-capitalisti progressisti”: pensate bene a questi aspetti prima di legiferare !
Vorrei poi aggiungere una cosa che, sempre a proposito di unioni civili all'italiana, mi ha davvero sconcertato, ovvero le dichiarazioni massonofobiche e dal sapore fascisteggiante di Imma Battaglia, attivista del movimento LGBT ed esponente di un partito che si chiama SEL, la quale ha scritto nei social: “L'unica cosa vera e contro natura è l'alleanza renzi - alfano siamo ostaggi di un partito che non raggiunge 1% di voti e della massoneria”.
Mi chiedo che cosa c'entri la Massoneria, istituzione di elevazione morale, spirituale ed intellettuale, con tale questione. Da rilevare peraltro le dichiarazioni dei Gran Maestri delle maggiori Obbedienze massoniche italiane da sempre favorevoli alle unioni civili etero ed omosessuali e la storia stessa della Massoneria italiana e di ispirazione latina, da sempre portatrice di laicità e libertà (scuola laica e gratuita, sostegno alle leggi sul divorzio e l'aborto sia in Italia che in Francia, sostegno ai movimenti di liberazione nazionale e sociale nei Paesi Latinoamericani con esponenti di spicco quali il massone Salvador Allende ed Ernesto Che Guevara e potrei continuare all'infinito, ma rimando ulteriori approfondimenti al saggio che scrissi alcuni anni fa “Universo Massonico” (Bastogi editrice)).
La sig.ra Battaglia, dunque, dovrebbe informarsi meglio ed evitare di diffondere quella massonofobia che, al pari dell'omofobia, andrebbe combattuta perché di matrice razzista e richiama alla memoria quei lager nazisti nei quali i massoni finirono, per quanto la Storia ne parli troppo poro e troppo frettolosamente (accomunandoli ai prigionieri politici).
La data di oggi per la laicità e per la libertà del nostro Paese non è affatto storica: solita sbobba propinata ai cittadini e calata dall'alto in fretta e furia e solo perché l'Unione Europea ce lo impone e dichiarazioni massonofobiche di contorno.
Che triste Paese il nostro !

Luca Bagatin

mercoledì 24 febbraio 2016

La Porta Magica di Roma simbolo dell'Alchimia Occidentale: convegno del Grande Oriente d'Italia (Riceviamo e volentieri pubblichiamo)


Sabato 27 Febbraio 2016 Ore 11.00 presentazione del volume
LA PORTA MAGICA DI ROMA SIMBOLO DELL’ALCHIMIA OCCIDENTALE
di Mino Gabriele (Olschki)
Casa Nathan – Centro Polifunzionale del Grande Oriente d’Italia
(Piazzale Medaglie d’Oro, 44 – Roma)
La Porta Magica di Roma è la sola testimonianza plastica e architettonica dell’intera storia dell’alchimia occidentale. Un monumento di eccezionale rilevanza, unico nel suo genere per il complesso messaggio simbolico che la caratterizza, per il fascino che trasmette la sua vicenda, per l’originale personalità del suo ideatore, il marchese Massimiliano Palombara che la fece erigere nel 1680. Con questo nuovo lavoro, l’autore riprende una ricerca iniziata anni fa. Ora, grazie a nuove scoperte e riflessioni, ha potuto svolgere una prolungata e più approfondita analisi sulla Porta, sulla sua genesi e sui significati, come sulla personalità del Marchese. L’uno e l’altra ne emergono in nuova luce, in un quadro culturale e dottrinario di ampio respiro che ha come perno l’ermetismo e l’alchimia della Roma seicentesca, dove non mancavano presenze rosacrociane. La Porta Magica si può forse considerare la memoria più straordinaria di quel mondo, grazie al sottile sincretismo e alla raffinata concezione filosofica e alchemica che la improntano, ai simboli che vi sono scolpiti. Tutto ciò la rende ancora oggi una presenza enigmatica, un’arcana suggestione, che interroga muta l’intelligenza di chi la guarda.
Interverranno: FEDERICO BARBIERATO (Università di Verona), MINO GABRIELE (Università di Udine), ALESSANDRO ORLANDI (Editore e saggista)
Sarà presente il GRAN MAESTRO STEFANO BISI

martedì 23 febbraio 2016

"The Race for the White House": un videogioco di simulazione elettorale USA. Articolo di Luca Bagatin

La data delle elezioni USA si avvicina inesorabile e intanto, fra un “caucus” e l'altro, fra un'elezionie primaria e l'altra, il pubblico mondiale inizia a conoscere i nuovi candidati in lizza, ma soprattutto si incuriosisce relativamente ad un sistema elettorale assai diverso rispetto a quello europeo.
La principale casa produttrice di serious game, ovvero di videogiochi ludici atti ad educare il pubblico, è certamente la francese Eversim (www.eversim.com), della quale peraltro vi parlammo già in un altro articolo.
La Eversim, infatti, oltre a realizzare interessantissimi simulatori geopolitici, ha realizzato, alcuni anni fa, un simpatico ed utile simulatore elettorale improntato proprio sulle elezioni statunitensi: “The Race for the White House” (www.theraceforthewhitehouse.com).
Un gioco che, sebbene pensato per le elezioni presidenziali del 2012, è comunque di stretta attualità ed interessante a comprendere i meccanismi di voto negli USA, divertendo il pubblico.
Il gioco è interamente in inglese, ma devo dire che è assolutamente giocabile anche da chi ha una conoscenza sufficientemente basica della lingua (come il sottoscritto !).
Il gioco è semplice, appassionante, ma presenta non poche difficoltà ed asperità, così come ci si potrebbe aspettare quando si aspira alla poltrona di Presidente degli Stati Uniti d'America.
Ci troviamo dunque, all'inizio del gioco, a dover scegliere il candidato che vogliamo rappresentare. I candidati, sebbene con nomi leggermente modificati, rappresentano candidati reali: abbiamo infatti in lizza Barack Obama e Mitt Romney. Ma non solo. Possiamo infatti decidere di scegliere un candidato “terzista” fra i numerosi proposti: dal candidato del Partito della Giustizia al candidato del Partito Socialista della Libertà, sino al Refoform Party ed al Partito Verde Statunitense. Tutti verosimili e la cui voce è doppiata alla perfezione dai candidati originali.
Una volta scelto il candidato, comparirà una mappa degli USA e dei singoli Stati (alcuni saranno già stati conquistati dai Democratici e saranno di colore blu, altri dai Repubblicani e saranno dunque di colore rosso) nei quali dovrete recarvi al fine di tenere comizi, oppure fare dichiarazioni in tv ed accrescere, dunque, il vostro consenso popolare. A seconda delle vostre dichiarazioni pubbliche e dunque delle vostre scelte e strategie, avrete la possibilità di attirarvi contemporaneamente i consensi dei delegati necessari a conquistare lo Stato, oppure eventuali critiche, ma anche la possibilità di ricevere generose donazioni da parte delle lobby ed organizzazioni più influenti (e sono numerosissime, come nella realtà !).
Le donazioni in danaro vi daranno dunque la possibilità di acquistare spazi pubblicitari televisivi (e voi avrete la possibilità di decidere lo slogan degli stessi), oppure di costruire nuovi quartier generali (che vi faranno peraltro raccogliere ulteriori fondi), lanciare campagne elettorali in internet, oppure attraverso comizi pubblici o cartelloni pubblicitari.
Parimenti avrete la possibilità di boicottare i comizi dei vostri avversari e vi troverete anche a dover affrontare eventuali boicottaggi ai vostri danni.
Ogni campagna elettorale virtuale dura all'incirca un'ora di gioco e posso assicurarvi che è molto emozionante. In particolare il momento nel quale dovrete partecipare ai celebri dibattiti televisivi...“all'americana”, ovvero vi confronterete con il vostro avversario in diretta tv attraverso le incalzanti domande di un giornalista. Riuscirete a vincere il dibattito televisivo, ad accrescere il vostro consenso e quindi a conquistare il numero di delegati necessari a vincere la partita ?
Davvero entusiasmante scegliere un terzo candidato alla corsa alla nostra Casa Bianca virtuale. E' difficilissimo conquistare Stati e dunque consensi (specie se sceglierete la “campagna realistica”, ovvero quella nella quale il candidato terzista non ha alcuno Stato che lo supporta) e proprio tale ardua sfida rende più accattivante il gioco.
Personalmente mi è capitato di conquistare, con un candidato terzista, una volta uno e un'altra volta un paio di Stati. Ma confesso di essere un principiante. La vera soddisfazione è iniziare nuove partite e provare a conquistarne sempre di più sino a....magari riuscire con un piccolo partito a strappare la poltrona di Presidente degli Stati Uniti d'America ai Democratici ed ai Repubblicani !
“The Race for the White House”, scaricabile sia nel sito che vi abbiamo indicato, sia sulla piattaforma ludica Steam, è peraltro personalizzabile. Potete infatti modificare i nomi dei candidati, i loro slogan, i simboli dei loro rispettivi partiti ed i loro connotati fisici.
Un videogioco adatto a tutti, anche se forse lo è più ad un pubblico adulto ed appassionato di politica internazionale.
Da non perdere !

Luca Bagatin

sabato 20 febbraio 2016

Simon Bolivar El Libertador ed il neo bolivarismo. Articolo di Luca Bagatin

Simon Bolivar, El Libertador. Colui il quale definii in un mio vecchio articolo: “il Giuseppe Garibaldi dell'America Latina”.
Il suo eroismo, infatti, in epoca Romantica, ovvero agli inizi dell'800, contribuì all'indipendenza di gran parte dell'America Latina dall'imperialismo spagnolo.
Le idee di Bolivar, che diventerà anche Presidente delle Repubbliche di Venezuela, Colombia, Bolivia, Ecuador, Panama e Perù, si formarono grazie al contributo del suo precettore – Simon Rodriguez – libero pensatore già attivo nei circoli che cospiravano contro l'Impero di Spagna, che occupava il Venezuela e gran parte dell'America Latina.
E' noto che Bolivar, ventiduenne, giurò solennemente a Roma sul Monte Sacro e pronunciò le seguenti parole: “Giuro per il Dio dei miei genitori, giuro per il mio onore e per la mia Patria, che non darò riposo al mio braccio né pace alla mia anima finché non avrò rotto le catene che ci opprimono per volontà del potere spagnolo”. A vent'anni da quel giuramento, l'Impero spagnolo crollò.
Fu così che inizierà la sua avventura di combattente per la libertà e l'emancipazione del suo popolo ed inizierà così ad organizzare il suo esercito di liberazione contro gli spagnoli, i quali saranno alleati di Napoleone. Bolivar, in quegli anni, a Parigi, entrò in Massoneria e divenne, nel 1806, Gran Maestro della Loggia Madre di San Alessandro di Scozia all'Oriente di Parigi. Forte dei suoi principi libertari, l'anno seguente, rientrò in Venezuela e da allora inizierà quella rivoluzione che porterà, nel corso degli anni – dal 1811 sino al 1830 – all'indipendenza di gran parte dell'America Latina ed alla proclamazione delle Repubbliche di Venezuela, Colombia, Perù e Bolivia (così chiamata in suo onore).
Nel 1812 Simon Bolivar scrisse il “Manifesto di Cartagena” in cui analizzò le prime sconfitte che portarono alla caduta della Prima Repubblica del Venezuela (1810 – 1812); mentre nel 1815 con la “Carta de Jamaica” gettò le basi per il suo progetto di emancipazione sociale dell'America del Sud, fondato su principi repubblicani, libertari, anti-imperialisti ed egualitari.
In qualità di Libertador, ma in particolare di Presidente della Repubblica di Venezuela, Colombia, Bolivia, Ecuador, Panama e Perù, Bolivar abolì la schiavitù, confiscò le terre ai possidenti e le ridistribuì agli indigeni, costruì istituti e scuole per donne, bambini indigeni e figli degli schiavi. Le azioni militari che realizzò, in sostanza, spianarono la strada all'emancipazione sociale.
Il progetto di Bolivar per l'integrazione e l'unità dell'America Latina sfumò ad ogni modo ben presto e ciò portò - nei decenni successivi alla sua morte (1830) - al saccheggio delle terre latinoamericane da parte degli Stati Uniti d'America, i quali sin da allora rinnegarono i principi di libertà ed emancipazione propugnati dal loro Padre fondatore, ovvero da George Washington e dal Marchese de Lafayette (che tanto aveva fatto per la causa statunitense ai tempi della Guerra d'Indipendenza), il quale peraltro fu amico personale e Fratello - in senso massonico - di Bolivar. In questo senso Bolivar scrisse: “Gli Stati Uniti sembrano destinati dalla Provvidenza a riempire l'America di miseria in nome della Libertà”. Si pensi peraltro che il figlio di Washington – George Washington Parke Curtis – fece avere in dono a Bolivar, nel 1826, il medaglione del padre, in segno di ammirazione e comunanza ideale.
Fu fra il 1825 ed il 1830 che il progetto di Simon Bolivar si frantumò definitivamente in quanto le terre da lui liberate finirono ben presto nelle mani degli oligarchi e dei ricchi proprietari terrieri, i quali aprirono alla prima ondata di imperialismo nordamericano. El Libertador morì nel 1830, a soli 47 anni, completamente povero ed il suo corpo fu coperto da una semplice camicia presa in prestito, in quanto quella che possedeva era ormai ridotta in brandelli.
Ci vorranno molti secoli prima che i suoi compatrioti venezuelani possano tornare a conoscere la sua opera ed abbiano, in carne ed ossa, un nuovo Libertador ed un nuovo emancipatore sociale. E ciò avverrà solo negli Anni '90 del XXesimo secolo nella persona del Tenente colonnello Hugo Chavez Frias.
Hugo Chavez, profondo conoscitore dei discorsi e dell'opera di Simon Bolivar, oltre che del nostro Giuseppe Garibaldi, nel 1992, si ribellò alla corruzione dilagante in Venezuela. Ovvero alla corruzione dei partiti e della politica dominante e progettò un golpe, non già autoritario, bensì basato su prospettive bolivariane, fondando appunto il Movimento Bolivariano Rivoluzionario e l'Esercito Bolivariano di Liberazione. Un golpe che purtuttavia fallirà, ma che consacrerà Chavez quale nuovo eroe dell’America Latina per la lotta contro l'oligarchia politica ed economica.
Fra il '94 ed il '95 Chavez lanciò una campagna astensionista contro la corruzione della classe politica venezuelana, compiendo così un atto di rottura con il sistema, ma solo nel 1998 - con il Movimento Quinta Repubblica - diventerà Presidente del Venezuela con il 56% dei voti e – vincendo tutte le successive elezioni alla presidenza - sarà confermato a tale carica sino alla sua prematura morte avvenuta nel 2013.
Ciò permetterà a Chavez di scrivere una nuova Costituzione basata e fondata sugli insegnamenti di Bolivar, ovvero ponendo al centro i diritti umani e via via introducendo norme per la lotta alla povertà ed all’analfabetismo. La politica neo-bolivariana portata avanti da Chavez sarà appunto una politica che porterà il Venezuela ad uscire dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, fonti massime dello sfruttamento speculativo del Paese, oltre che promuoverà leggi sulle unioni civili e contro l’omofobia.
Il neo-bolivarismo chavista diventerà dunque il cosiddetto Socialismo del XXIesimo secolo, secondo una felice definizione dello studioso tedesco Heinz Dieterich, ovvero una nuova prospettiva di emancipazione sociale che contagerà, via via, tutta l'America Latina nelle sue varie declinazioni e che vedranno nuovamente unite sensibilità politiche simili, ma pur diverse: il bolivarismo venezuelano, il peronismo argentino, il sandinismo nicaraguense e così via. Sensibilità che fanno riferimento proprio ai grandi Libertadores di quelle terre: liberatori dall'ingerenza straniera e dalla povertà ed esclusione sociale.


Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it


NOTE A UN ARTICOLO CENSURATO

Questo articolo è nato dalla richiesta di un amico liberale di scrivere un articolo sul bolivarismo ed il neobolivarismo da pubblicare sul suo organo di partito “Rivoluzione Liberale”.
Ho accettato la “sfida” pur sapendo che i “liberali elettoralistici” (oltre che “economici”) non sono e non sono mai stati davvero liberi di esprimere le loro opinioni (così come non lo sono i discendenti elettoralistici dei più vari partiti comunisti).
Avendo peraltro io stesso avuto in passato disavventure con codesti “liberali” (si veda il seguente mio articolo: http://www.opinione.it/politica/2013/07/05/bagatin_politica-05-07.aspx)
qualcuno potrebbe dire che “avrei dovuto aspettarmelo”.
Questo articolo è stato ad ogni modo pubblicato per intero sull'organo del Partito Liberale, dicevamo, ma solo per il breve lasso di tempo della mattina del 19 febbraio 2016 a questo link: http://www.rivoluzione-liberale.it/31801/liber-ale/simon-bolivar-el-libertador.html#comment-5840
Nel pomeriggio ho, con mio sommo disappunto, scoperto che era stato censurato per metà, senza che l'autore – ovvero il sottoscritto – fosse stato minimamente consultato.
Ne ho richiesta o la rimozione totale o la totale ripubblicazione (cosa impossibile per chi si professa “liberale” ovvero “neo-totalitario” in linea con la sua derivazione storica dall'Illuminismo) ed anche che mi fossero fatte pervenire le scuse del direttore responsabile, visto che qui si è mancato totalmente di rispetto sia a me che al mio amico. Oltre che all'intelligenza dei lettori del loro stesso giornale !
La rimozione del testo è avvenuta (come non aspettarselo dai “liberali”, continuatori reali del sovietismo moderno ovvero del centralismo “democratico” da sempre censore con gli eretici), le scuse non sono arrivate, ma rimaniamo in attesa (se arriveranno le pubblicheremo per intero in calce a queste note).
A beneficio dei nostri lettori LIBERI (ma mai “liberali” !) lo abbiamo ad ogni modo e come avete visto, totalmente ripubblicato, così come sarà pubblicato nelle testate nelle quali collaboriamo, liberamente, da oltre dieci anni.

giovedì 18 febbraio 2016

Il vicolo cieco dell'economia. Articolo di Luca Bagatin

Sembra sia arrivato quel momento della Storia nel quale qualsiasi cosa si sia desiderata e immaginata sia possibile, realizzabile, ottenibile. Tanto una Sony o una multinazionale qualsiasi la realizzerà. Sì, ma a che prezzo ? Ad un prezzo al di sopra dei nostri mezzi. A prezzo di un lavoro inesistente o precario o sottopagato; al prezzo di una concorrenza straniera sempre più pressante; a prezzo di una sanità e di una anzianità sempre meno tutelate. A prezzo, insomma, di aspetti che le cosiddette leggi dell'economia non contemplano, perché contrarie alle stesse.
Questa la tesi di fondo de “Il vicolo cieco dell'economia” di Jean-Claude Michéa, filosofo orwelliano, pubblicato dall'ottima casa editrice Elèuthera.
Tesi che ci dicono, fra l'altro, che questa società di matrice capitalista, ovvero liberal-progressista, ci ha inculcato le sue “leggi di mercato” in anni e decenni di lavaggio del cervello attraverso sia la pubblicità commerciale (che crea bisogni inutili e indotti), che attraverso programmi scolastici volti a farci supinamente accettare un'ineluttabile globalizzazionee e una modernità tecnologica totalmente illusoria.
Le radici della società capitalista, Michéa le fa dunque risalire all'Illuminismo, allorquando i filosofi individuarono nel meccanismo dell'interesse egoistico ogni forma di rapporto umano, ovvero nel razionalismo e nell'utilitarismo le basi sulle quali si sarebbe dovuta fondare una società moderna.
Fra i massimi esponenti di tale corrente, il filosofo ed economista Adam Smith, le cui tesi sono tutt'oggi fondamento dell'economia capitalista e di mercato e che obbligano l'individuo ad essere flessibile, ovvero a cambiare continuamente abitudini, lavoro e luogo di residenza (il famoso fenomeno del cosmopolitismo e dell'immigrazionismo) e dunque ad adattarsi ad ogni ordine impartito dalle leggi dell'economia, della concorrenza e del mercato.
L'individuo, lungi dall'essere veramente libero, si trasforma dunque in un atomo che si trova nelle condizioni di non poter ricercare e creare legami stabili (nemmeno sentimentali) con i suoi consimili, al punto che ogni impegno nei confronti degli altri diventa una sorta di ostacolo al perseguimento dei propri interessi e della propria ricchezza materiale.
Michéa rileva, in tutto questo, come la società capitalista e modernista obblighi altresì l'individuo a rimanere giovane per l'eternità. Costretto ad adattarsi alle regole dell'economia e del mercato, in una corsa senza fine, l'individuo non può permettersi di invecchiare e di ammalarsi e la sua illusoria eterna giovinezza deve a tutti i costi rappresentare un must di successo, esempio massimo dell'edonismo progressista e della massima fede nel futuro. In tutto ciò, come peraltro già accennato, l'individuo non sarà in grado di impegnarsi in relazioni stabili e profonde - in particolare nella sfera sentimentale - stabilendo così con gli altri suoi simili solo relazioni fuggevoli.
Jean-Claude Michéa fotografa, così, l'uomo moderno da diverse generazioni a questa parte: le sue relazioni sentimentali fuggevoli; la sua assurda cura del corpo ma non dell'intelletto e dello spirito; la sua mancanza di amicizie nella vita reale, ovvero di finte amicizie: pressoché quasi solo ed esclusivamente virtuali e internettiane.
Uomo moderno, ovvero uomo schiavo della società capitalista, che Michéa dice essere stata sdoganata, in Francia, dalla sinistra – figlia dell'Illuminismo - che si contrapponeva al socialismo delle origini e dunque alla feroce critica di Engels e di Proudhon al modernismo illuminista con il suo individualismo devastante. L'operaismo ed il popolarismo francese, più che marxista, era infatti proudhoniano ed ha sempre proposto una forma di società formata da una comunità di liberi ed eguali.
Jean-Claude Michéa ritiene dunque che sia necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che attinga all'insegnamento socialista, anarchico e populista (il termine “populismo è stato connotato in senso spregiativo in questo secolo proprio dai capitalisti al fine di contrapporsi ai difensori del popolo) del XIXsecolo e dell'insegnamento di George Orwell e che fondi una società basata sul dono, sull'aiuto reciproco e sul senso civico. Ovvero una società che, su tali fondamenta, superi il capitalismo ed il modernismo.
George Orwell, come Michéa spiega ottimamente nel suo saggio, parla infatti di common decency quale aspetto fondante dello spirito del socialismo, ovvero la capacità morale degli individui di impegnarsi reciprocamente. Una virtù umana, in sostanza, contrapposta al calcolo egoista propugnato dal liberalismo economico.
Jean-Claude Michéa, nella sua analisi relativa al socialismo delle origini, non dimentica di riconoscere gli autentici meriti della fondazione del socialismo e del concetto di socialismo all'operaio tipografo francese Pierre Leroux. Già aderente alla Carboneria, Leroux aderì al saint-simonismo e successivamente, distaccatosene, elaborò la sua teoria sul socialismo quale alternativa all'individualismo egoista ed allo statalismo, proponendo una visione di società destinata all'autogoverno.
La critica di Michéa al capitalismo prosegue infine attraverso le sue prefazioni – inserite quali appendice nel saggio “Il vicolo cieco dell'economia” - ai saggi dello storico e studioso Christopher Lasch. Studioso conservatore e socialista, Lasch, al pari di Michéa, si pone in totale antitesi rispetto al capitalismo, al modernismo ed al progressismo che hanno sostanzialmente messo in vendita ogni rapporto sociale, umano e politico in nome dell'incultura del piacere, del desiderio effimero e delle regole di un'economia che ha sempre di più schiavizzato l'individuo e la società nella quale egli vive.

Luca Bagatin

lunedì 15 febbraio 2016

Riflessioni sul liberalismo e sullo statalismo. Ovvero sulla necessità del loro superamento in nome della Civiltà dell'Amore. Articolo di Luca Bagatin

Il 15 febbraio scorso sono stato, in veste di curioso, ad un convegno cosiddetto “liberale” in cui vi erano molti cosiddetti "conservatori liberali", alcuni dei quali hanno affermato che il liberalismo economico significa, in sostanza, essere liberi di fare ciò che si vuole e che i "diritti" sarebbero dei "privilegi".
Ora, da studioso e da osservatore, direi che ciò è completamente errato.
Innanzitutto nel mondo materiale è IMPOSSIBILE essere liberi al 100%. Vivendo nella società e dunque scontrandosi/incontrandosi continuamente con innumerevoli persone e sistemi mentali, economici, psicologici, politici ecc... diversi e/o diversissimi fra loro, è IMPOSSIBILE non dover scendere a compromessi e dunque essere obbligati a rinunciare ad una parte della propria libertà.
In secondo luogo, il liberalismo economico non può non essere identificato con l'egoismo umano. E l'egoismo è antitetico alla società ed al vivere in società.
Puoi essere dunque libero a questo mondo, volendo estremizzare, in due soli modi: ritirandoti completamente dalla società oppure suicidandoti.
Diversamente, ciò che sostengono i liberali economici, è la creazione di un nuovo regime che, lungi dal liberare la società, la schiavizza sempre di più e sdogana, conseguentemente all'egoismo: la schiavitù del lavoro e del salario, oltre che la schiavitù dei bisogni indotti (il cui canale massimo è la pubblicità commerciale, che schiavizza le menti, inducendole ad acquistare prodotti e servizi di cui nella stragrande maggioranza dei casi non hanno alcun bisogno).
Una visione non dissimile, in sostanza, allo statalismo che, lungi dal liberare l'individuo, lo rende dipendente del sistema politico ed economico, qualsiasi sia il sistema economico ed il sistema politico di turno.
Una sana Civiltà dell'Amore, antitetica alla visione capitalistico-borghese-liberale ed alla visione statalista-corporativa, diversamente, si fonda sull'economia del dono. Sul donare e donarsi reciprocamente agli altri, nel rispetto della propria individualità ed essenza. Ovvero su un sistema che privilegi la socializzazione dei rapporti umani che vadano a superare ad ogni livello i rapporti economico-politici.
Ne consegue una sana autogestione consapevole volta al rispetto del nostro simile e dell'ecosistema nel quale vive.
Ne consegue un superamento delle barriere mentali imposte dal sistema mediatico/informatico veicolato dai media trazionali (giornali e tv, sostenute per la stragrande maggioranza da imprenditori e/o politici interessati) e dai cosiddetti “social-network” che di sociale non hanno proprio nulla e che permettono solo ad un manipolo di soggetti di accrescere il loro patrimonio economico.
Ne consegue un nuovo modello di vita che punti alla ricerca della libertà (una ricerca infinita ed incessante) e che giunga infine all'amore universale senza distinzioni.

Luca Bagatin
Presidente e fondatore del pensatoio (anti)politico e (contro)culturale “Amore e Libertà”

domenica 14 febbraio 2016

La Massoneria italiana della Gran Loggia d'Italia degli ALAM apre il suo Tempio al pubblico per presentare un saggio perduto sull'Alchimia. Articolo di Luca Bagatin

Non capita tutti i giorni che un Tempio massonico sia aperto al grande pubblico. E ciò non perché vi sia qualche cosa da nascondere, ma in quanto la Massoneria è un'associazione iniziatica discreta e, come tale, per i suoi lavori rituali, necessita del giusto raccoglimento spirituale.
Ai più la Massoneria apparirà come una cosa assai balzana nell'epoca ipertecnologizzata nella quale viviamo, ad altri apparirà come il luogo degli oscuri complotti politico-economici che muovono i destini del mondo.
Chi ha voglia di apprendere, di capire, di approfondire - cosa rarissima nell'epoca del gossip e dell'ignoranza elevata al grado di saggezza di un popolo sempre più bue e addomesticato dalla televisione e dalla politica – scoprirà che la Massoneria è una istituzione per spiriti coraggiosi e pazienti. Spiriti che amano la gnosi, l'alchimia, la spiritualità, il mistero insito nell'animo umano, nella sua pschiche più profonda: nella sua Anima immortale.
Per questo è e fu osteggiata sia dalle Religioni Monoteiste Istituzionalizzate, che dai regimi totalitari e dittatoriali. La Massoneria è la libertà incarnata nello spirito e nell'animo umano. E solo coloro i quali le si accosteranno con umiltà, pazienza e studio incessante della gnosi potranno trarne beneficio. E saranno pochi, anche fra i massoni e i cosiddetti iniziati, che raggiungeranno tale obiettivo.
Non capita tutti i giorni, dicevamo all'inizio di questo nostro articolo, che un Tempio massonico sia aperto al grande pubblico. E' quanto è avvenuto sabato 13 febbraio scorso a Roma, alle ore 16.00, presso la sede centrale della Massoneria italiana della Gran Loggia d'Italia degli ALAM in Via San Nicola de' Cesarini 3, per la presentazione del rarissimo volume “La Grande Opera” di M. Coutan: testo alchemico del 1775 riportato alla luce grazie al pordenonese Sabato Cerchia.
La presentazione del saggio è avvenuta alla presenza del Sovrano Gran Commendatore Gran Maestro prof. Antonio Binni, il quale ha esordito con un discorso introduttivo dai profondi connotati esoterico-alchemici: “Il testo che presentiamo è un testo francese tradotto dal Caldaico ed è un testo alchemico. L'alchimia è all'origine della scienza moderna e la Grande Opera è appunto la rappresentazione dell'alchimia”. Il prof. Binni ha proseguito il suo discorso citando i grandi filosofi del passato: “Uno dei più grandi filosofi che abbiamo avuto, Hegel, affermava che l'uomo è una natura senza essenza. Pico della Mirandola affermava che l'uomo è un miracolo, in quanto, a differenza degli animali, l'uomo può divenire un santo o un assassino. Platone, del resto, affermava che l'uomo si trova a metà del guado: se egli desidera può trasformarsi, ovvero può evolversi, senza tradire la sua natura di uomo”. Il Gran Maestro ha dunque introdotto il tema centrale della Massoneria, anche come continuatrice della filosofia alchemica: “La Massoneria illumina l'intelletto attraverso l'iniziazione e questa ha, come risultato finale, la trasformazione dell'animo umano, ovvero diventare migliori di come si è. L'essenza della Massoneria è dunque quella di progettare il bene della famiglia umana e la Grande Opera non è altro che la trasformazione dell'essere umano. Nel testo di Coutan, la trasformazione è legata al fenomeno alchemico in quanto l'Alchimia è una profonda esperienza spirituale che può essere accostata alla Massoneria. Gli alchimisti, infatti, erano aperti all'infinito e lo erano attraverso la mutazione della materia: da grezza a pura ed in questo modo essi potevano trasformare la loro anima. Non a caso il grande psicanalista Carl G. Jung ci parla dell'Alchimia come strumento volto al bene della personalità”.
Il prof. Antonio Binni ha dunque spiegato come è stato ritrovato e recuperato l'antico testo alchemico di Coutan e detto a chi andranno i proventi della vendita del medesimo: “”La Grande Opera” è un libro scomparso per moltissimo tempo ed è stato ritrovato e ripubblicato con il contributo della Gran Loggia d'Italia grazie ad un nostro Fratello, Sabato Cerchia, che, dopo numerose ricerche è riuscito a recuperarlo e a farlo tradurre dal francese. Il testo è edito dalla casa editrice barese “L'Arco e la Corte” ed i proventi andranno interamente in beneficenza, come spesso facciamo nell'ambito delle nostre iniziative, senza fare pubblicità alcuna in quanto il dono non deve essere reso pubblico e avere una contropartita. In quanto il dono è frutto dell'amore”, ha così concluso il Gran Maestro dell'Obbedienza prima di dare la parola a Sabato Cerchia, giovane geometra di Pordenone, il quale ha raccontato di essersi avvicinato alla Massoneria e alla Gran Loggia d'Italia tramite internet e di essersi particolarmente interessato di Alchimia e proprio tale sua passione lo ha condotto a ricercare questo antico testo di Coutan, che è riuscito a recuperare, dopo moltissime ed estenuanti ricerche, tramite una libreria antiquaria di Perugia.
Essendo un testo francese e non conoscendo io il francese mi sono fatto aiutare da alcuni miei Fratelli di Loggia” - ha esordito Cerchia. “Per le illustrazioni ho chiesto una mano a Laura Spedicato e con me ha collaborato anche Veronica Mesisca”.
Veronica Mesisca, altra curatrice del testo, con una formazione scientifica alle spalle, è poi intervenuta per dare la sua interpretazione del testo medesimo che, avendo lei una formazione scientifica, all'inizio l'aveva lasciata un po' perplessa.
Il saggio “La Grande Opera” all'inizio mi aveva lasciata un po' perplessa” – ha spiegato la Mesisca - “ma successivamente mi ha appassionata molto. All'inizio, con Sabato Cerchia, pensavamo di realizzarne addirittura un testo per ragazzi, in quanto, pur essendo un testo scritto alla metà del XVIII secolo, è un saggio che desidera trasmettere il pensiero filosofico-alchemico alle persone più semplici, ovvero al popolo.
Per Coutan, infatti, il profano non è il non-Iniziato, ma la parte di ciascuno di noi che si rifiuta di conoscere, di accostarsi alla conoscenza. La sua opera ha dunque un intento formativo e di crescita morale attraverso l'uso della narrazione fiabesca, tipica dei testi alchemici e nella fattispecie tipica di un testo alchemico-divulgativo e per tutti coloro i quali desiderano conoscere ed elevarsi moralmente e spiritualmente.
La verità occulta è presente anche nel testo di Coutan, ma questa è occulta solo in quanto può essere compresa solo intimamente dal lettore stesso”.
Il Gran Maestro prof. Antonio Binni è intervenuto poi nuovamente per un discorso conclusivo nel quale ha affermato, fra le altre cose: “Noi massoni siamo davvero stanchi di essere dipinti per come non siamo. Non si entra in una associazione iniziatica senza avere costumi irreprensibili. Come gli Alchimisti di un tempo, anche noi, oggi, operiamo per il bene della società umana”.
Un discorso che potrebbe essere una vera risposta ai tanti massonofobi sparsi fra gli operatori dei mass-media di casa nostra (vedi anche la massonofoba fiction “Il Sindaco pescatore”, trasmessa recentemente da Rai Uno, tendente a equiparare la mafia alla Massoneria) ed ai politicanti quali Chiara Appendino, candidata dei Cinque Stelle a Sindaco di Torino, la quale ha affermato che, nella sua eventuale giunta, qualora fosse eletta, non vuole massoni. Una cosa che riporta alla mente la messa al bando della Massoneria da parte del nazifascismo.
Il Tempio aperto della Gran Loggia d'Italia degli ALAM, le sue opere discrete, lo studio incessante di simboli e della gnosi parlano da soli. A tutti coloro i quali hanno la capacità di saper ascoltare.

Luca Bagatin

martedì 9 febbraio 2016

Decrescita economica, economia del dono, democrazia: riflessioni ed aforismi by Luca Bagatin

Non è che non credo alla crescita economica. E' che non mi interessa l'accumulo. Lo trovo stupido, dispendioso, inutile.
Crea bisogni inutili, crea eventuali posti di lavoro per gente che, magari, vorrebbe godersi la vita. Oppure che vorrebbe fare un lavoro diverso da quello imposto dal "mercato".
L'unica crescita alla quale credo è quella interiore. L'economia e la politica vanno bene per gente che preferisce avere legami terreni e materiali. Oppure per gente che scopa poco.
Personalmente preferisco tentare, per quanto possibile, di essere libero.

Ecco come risolvere Affittopoli: diamo a tutti case in comodato gratuito o facendo pagare un prezzo simbolico.
Economia del dono, non economia dell appro...fitto.



Le elezioni di per sé non sono un sistema democratico.
Democrazia è quando si dà la parola a TUTTI e non solo agli eletti o a una parte di persone.
Le primarie, che sono una forma di elezione e di americanizzazione del sistema, poi, stanno dimostrando come sia facile taroccare o "cinesizzare" (in senso più o meno figurato, non sta a me dirlo) l'esito del voto.
Quindi la mia proposta è: partito unico (di estremo centro, compendente posizioni anche di destra, sinistra o apartitiche) e comitati popolari, ove chiunque possa dire la sua ! 


Nessuno mi conosce davvero. È più probabile che qualcuno mi disconosca.


L'unico candidato alla Casa Bianca che sosterrò, sarà un povero con le pezze al culo il giorno in cui si candiderà.
Indipendentemente dalle sue idee.


Roma, più che di un Sindaco, necessita di un Educatore esperto in pratiche sadomasochiste.

lunedì 8 febbraio 2016

9 febbraio 1849: nasce l'unica Repubblica che l'Italia abbia mai avuto. Articolo di Luca Bagatin

9 febbraio 1849: nasce l'unica Repubblica che l'Italia abbia mai conosciuto.
L'unica Repubblica, avete letto bene. Perché, se per “res publica” intendiamo “cosa pubblica”, ovvero non cosa dei politici, dei partiti, delle banche, dell'economia e delle istituzioni lontane dai cittadini, allora la Repubblica Romana del 1849 è stata in assoluto l'unica Repubblica che l'Italia abbia mai conosciuto.
Fondata dal Trimumvirato costituito da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, la Repubblica Romana, conquistata con il sangue di patrioti e di garibaldini che fecero fuggire il Papa Re a Gaeta, durò solamente cinque mesi, soffocata brutalmente dai francesi di Napoleone III alleati del Papa. Essa purtuttavia riuscì a dotarsi di una Costituzione avanzatissima per l'epoca, che prevedeva la sovranità del Popolo fondata sull'eguaglianza, la libertà e la fraternità, senza alcun privilegio, nonché sulla piena libertà religiosa e di culto.
Una Repubblica indipendente non solo dal potere religioso-statuale, ma anche da quello monarchico dei Savoia. Una Repubblica che consacrò ad eroina quella Anita Garibaldi che morirà poco dopo.
Una Repubblica dimenticata e la cui memoria fu offuscata persino dall'attuale “Repubblica dei partiti”, fondata nel 1948, la cui Costituzione è nata dal compromesso fra clericali, comunisti e persino fascisti e che oggi è totalmente serva di logiche internazionali: dal Fondo Monetario, alla Banca Centrale Europea.
Solo la Libera Repubblica di Fiume di Gabriele D'Annunzio e Alceste De Ambriis del 1919, riuscirà ad eguagliare lo spirito della Repubblica Romana di mazziniana e garibaldina memoria, persino connotando questa nuova impresa di aspetti libertari, anarco-comunisti, erotici e spiritualisti. Si pensi peraltro che la Costituzione della Repubblica di Fiume, ovvero la Carta del Carnaro prevedeva aspetti avanzatissimi per l'epoca, al punto che nemmeno oggi, alcuni aspetti, sono garantiti dalla Costituzione italiana, ovvero: libertà di associazione, libertà di divorziare, libertà religiosa e di coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori crocifissi nei luoghi pubblici, assistenza ai disoccupati e ai non abbienti, promozione di referendum, promozione della scuola pubblica, risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario, inviolabilità del domicilio.
Anche questa nuova impresa di ispirazione libertaria, garibaldina e mazziniana sarà soffocata dall'imperialismo internazionale e dal governo italiano retto da Giovanni Giolitti che, nel 1920, inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate i legionari di D'Annunzio.
Uno spaccato di Storia italiana ed europea, insomma. Antica e più moderna. Che vide contrapporsi eroi e martiri da una parte e politicanti prezzolati dall'altra.
Mazzini, Saffi, Armellini, i coniugi Garibaldi, D'Annunzio, De Ambriis e molti altri da una parte e i Giolitti, i Nitti, gli Andreotti, i Fanfani, i Togliatti ed oggi i Draghi, i Renzi, le Merkel, gli Hollande e via discorrendo dall'altra.
(Anti)politica nel senso di Alta-politica da una parte e realpolitik nel senso di opportunismo politico affamapoli dall'altra.
La Storia si ripete.
Sveglia ragazze e ragazzi !

Luca Bagatin

giovedì 4 febbraio 2016

Il socialismo non è di sinistra: parola di Jean-Claude Michéa. Articolo di Luca Bagatin


In molti avranno notato da tempo come la cosiddetta sinistra, sia italiana che europea, abbia abbracciato in toto la società di mercato, il capitalismo, la globalizzazione, il totale asservimento alle logiche dell'alta finanza, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

Tutti aspetti che, il socialismo di un tempo, mai avrebbe accettato, dichiarando apertamente che il capitalismo andava superato in nome della socializzazione dei mezzi di produzione da parte della classe operaia e del proletariato.

Oggi, peraltro, per quanto la classe operaia ed il proletariato siano mutati, assistiamo comunque alla presenza di un precariato diffuso in tutte le fascie d'età, ad una disoccupazione in aumento e endemica, a situazioni di nuove povertà che certo la sinistra italiana ed europea non tutelano. Anzi, sembrano addirittura incoraggiare il cosmopolitismo e la ricerca di una fantomatica “fortuna” all'estero.

Coloro i quali, in sostanza, credono ancora in una società libera ed egualitaria, ovvero in una prospettiva socialista, possono ancora definirsi “di sinistra” ?

La risposta è chiaramente no e ce la fornisce chiaramente l'ultimo saggio del filosofo orwelliano Jean-Claude Michéa, pubblicato in Italia da Neri Pozza e dall'emblematico titolo (che richiama alla memoria il celebre romanzo dello scrittore socialista Eugène Sue “I misteri di Parigi”), “I misteri della sinistra”.

Jean-Claude Michéa, filosofo francese con un passato nel Partito Comunista Francese e da tempo lontano da ogni appartenenza partitica, rileva innanzitutto – in Francia come altrove – la totale similitudine programmatica delle forze di destra e di sinistra, unite entrambe dai comuni valori del liberalismo capitalista, ovvero dell'egoismo sociale e del modernismo. Parlando in particolare della sinistra, Michéa rileva come questa abbia abbracciato in toto tesi capitaliste e progressiste, evidenziando come il concetto di “socialismo” e di “sinistra” non abbiano nulla in comune fra loro e a sostegno di ciò egli rammenta come Marx ed Engels, fondatori del socialismo scientifico, oltre che Proudhon e Bakunin, rappresentanti del mondo anarchico, non si siano mai definiti uomini “di sinistra”, ma anzi, lungi dal voler fondare un partito elettoralistico, si siano sempre tenuti lontani dalla sinistra parlamentare rappresentata dai liberal-progressisti borghesi e bottegai, che spesso hanno ostacolato il socialismo francese attraverso sanguinose repressioni, la principale delle quali quella condotta da Adolphe Thiers contro la Comune di Parigi del 1871.

La gran parte dei socialisti e degli anarchici dell'800, difensori dei diritti degli operai e dei proletari, in sostanza, si sarebbe guardata molto bene dal sostenere una fantomatica “unione delle forze di sinistra e progressiste”, scendendo così a compromessi con la borghesia sfruttatrice loro carnefice, che pur si contrapponeva alla destra reazionaria e clericale.

Jean-Claude Michéa
Da notare peraltro che anche l'Italia ebbe il suo Thiers in Francesco Crispi, in quale, tradendo la causa mazziniana e garibaldina operaista, diverrà – dai banchi della Sinistra Storica, sostenitore della causa monarchica e successivamente dell'imperialismo italiano bellicista in Africa e della repressione dei moti operai e socialisti in Sicilia, ovvero i cosiddetti Fasci siciliani.

Jean-Claude Michéa spiega che fu solo nel quadro del contesto del'affaire Dreyfus e solo di fronte alla minaccia di un colpo di stato di stampo monarchico, clericale e reazionario, che i settori operaisti e socialisti rappresentati nel parlamento francese accetteranno un compromesso - detto di “difesa repubblicana” - con i loro avversari della sinistra parlamentare. Compromesso che, purtroppo, non sarà temporeneo e segnerà – come ricorda Michéa – l'atto di costituzione della sinistra moderna, ovvero lo snaturamento e la dissoluzione del socialismo operaista e popolare originario, che si trasformerà in indistinto progressismo e via via nella supina accettazione delle regole del libero mercato, a scapito degli operai medesimi e dei meno abbienti e a tutto vantaggio della cosiddetta “crescita economica illimitata” e del “progresso materiale illimitato”, ovvero dell'industrializzazione ad oltranza, con i conseguenti effetti e danni collaterali nei confronti dell'ecologia.

La visione progressista della sinistra e dei liberali come Adam Smith, con il loro disprezzo per tutto ciò che è “piccolo” e “arcaico”, porterà così via via le classi medie tradizionali e molti piccoli produttori e operai, a rifugiarsi sotto l'ala protettiva della destra conservatrice. Che è poi ciò che stiamo osservando in Francia oggi con l'aumento dei consensi al Front National di Marine Le Pen (che pur ha mutato molto il suo DNA originario) da parte dei settori più poveri della società, al punto che lo stesso Michéa ha affermato più volte che, se oggi Marx fosse vivo e votasse in Francia, voterebbe senza dubbio per la Le Pen, che fra l'altro è una lettrice ed estimatrice dichiarata di Antonio Gramsci.

Jean-Claude Michéa rileva peraltro che, da tempo, a livello mondiale, stanno nascendo diversi movimenti critici nei confronti del capitalismo e tendenti a superarlo quali: il “Movimento dei cittadini” in Corea del Sud, gli “Indignati” in Europa (vedi il partito spagnolo Podemos, in particolare), il “Movimento del 99%” negli USA e, da tempo, l'America Latina è un laboratorio di movimenti per il superamento del capitalismo, i quali, negli ultimi quindici anni, hanno anche dato ottima prova di governo, come ad esempio il Bolivarismo, il Neo-Peronismo, il Sandinismo, che fanno peraltro riferimento a precise figure storiche e carismatiche dell'America del Sud.

Tornando a Marx ed Engels, ovvero ai massimi teorici mondiali del superamento del capitalismo, Michéa tende a ribadire spesso il concetto che entrambi mai si sono esplicitamente richiamati alla cosiddetta “sinistra” in senso politico, ma hanno sempre inteso la “sinistra” e la “destra” unicamente in senso strettamente filosofico, volendo così distinguere gli hegeliani di sinistra, fautori del “Metodo”, dagli hegeliani di destra, fautori del “Sistema”. La medesima cosa, peraltro, vale per Lenin, oltre che per i già citati Bakunin e Proudhon, che certo mai si sarebbero definiti “progressisti”, ovvero a favore della crescita economica, con tutte le sue conseguenze.

Aspetto interessante toccato dal saggio di Michéa è quello relativo alla cosiddetta obsolescenza programmata, aspetto peraltro strettamente legato al concetto di crescita economica imposto dal capitalismo, ovvero quel fenomeno che fa sì che un prodotto duri relativamente poco nel tempo, in modo da far sì che il consumatore finale sia costretto a ricomprarne uno nuovo. L'esempio classico è quello relativo alle lampadine: tecnicamente sarebbe possibile produrre lampadine di una durata superiore alla vita umana, ma, semplicemente, per il fenomeno dell'obsolescenza programmata – previsto dal cartello dei produttori di lampadine costituito dalla Philips, dalla Osram e dalla General Electric sin dal 1925 – queste non vengono messe in commercio. La medesima cosa avviene per ogni prodotto. dalle automobili ai prodotti informatici: le aziende organizzano un vero e proprio sabotaggio metodico dei prodotti in modo che durino nel tempo relativamente poco. Ciò che Michéa definisce “il rovescio più cinico della virtuosa crescita”. Rovescio cinico che, logicamente, ha conseguenze nefaste non solo per le tasche dei consumatori, ma anche per l'ecologia.

A ciò, naturalmente, si somma il fenomeno del battage pubblicitario, operato dai professionisti della pubblicità e di quella che Michéa definisce disinformazione mediatica, i quali hanno il compito di indurre il consumatore ad acquistare gadget e prodotti di cui non ha alcun reale bisogno, in un circolo vizioso senza fine.

Michéa, in sostanza, vuole dunque dimostrare come il processo liberale portato avanti dalla Rivoluzione Francese, non abbia affatto tenuto conto della cosiddetta questione sociale, ovvero abbia evocato un astratto concetto di uguaglianza, senza purtuttavia liberare la società nel suo complesso. Società che, nei fatti, è una comunità che, per poter essere liberata, deve emanciparsi da ogni possibile “calcolo egoistico” che, purtroppo è alla base della società liberal-capitalista legata allo scambio commerciale propugnata dalla Rivoluzione Francese. E qui, Michéa, rileva come le opere relative all'economia del dono scritte dall'antropologo Marcel Mauss abbiano, invece, contribuito a fornire una solida basa al socialismo originario, dimostrando come la logica del dono, ovvero dell'economia del dono - praticata tutt'oggi in molte Società Matriarcali ancora esistenti - rappresenti la trama basilare del legame sociale e sia dunque l'antitesi della società commerciale e capitalista che, nei fatti, distugge ogni comunità umana ed è all'origine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, in nome di una falsa idea di libertà.

Proprio in questo senso Michéa pone a confronto la logica pedagogica del “diritto”, propugnato dagli Illuministi e dai liberali - e quella del “dono”, propugnata dai socialisti delle origini. Se a un bambino - spiega Michéa - si insegnano solamente i suoi diritti e come difenderli e non lo spirito del dono (ovvero saper dare, ricevere e ricambiare), si finirà per trasmettere al bambino il concetto che tutto gli è dovuto. Da qui l'idea liberal-progressista che, per avere successo nella vita, è sufficiente chiedere, ricevere e pretendere. Un'idea edonista ed egoista antitetica rispetto ad ogni forma di società e comunità.

La tesi sostenuta da Michéa nel suo “I misteri della sinistra”, è in sostanza che la società liberale riconosce ufficialmente solo le relazioni basate sullo scambio commerciale e sul contratto giuridico, ovvero sul concetto del “dare e del ricevere”, negando così ogni altro tipo di rapporto disinteressato, sia esso di amore, amicizia, sociale. La società liberal-commerciale, dunque, è fondata su rapporti fittizi che, come rileva lo stesso Michéa, sono il fondamento dei cosiddetti “social”-network quali Facebook e Twitter, che creano relazioni umane “prefabbricate” e “di sintesi”, senza creare una relazione sociale e umana autentica. Tali relazioni “di sintesi” vengono definite giustamente dal filosofo francese con il termine “asociale socialità” e rileva come ciò sarebbe all'origine di molte patologie morali e psicologiche dell'uomo contemporaneo.

Jean-Claude Michéa, in ultima analisi, ritiene che il mondo potrà davvero cambiare in meglio, ma senza alcuna teoria “rivoluzionaria” o “progressista”, ma solamente se ciascuno di noi cercherà di fare la sua parte nella quotidianità della vita di tutti i giorni e se i cosiddetti “rivoluzionari di professione” inizieranno a fare i conti con la propria “volontà di potenza”.

“I misteri della sinistra” è dunque un saggio controcorrente rispetto alla vulgata odierna. E' un saggio che ci riporta alle origini dei nostri rapporti umani e sociali. E' un saggio sul socialismo delle origini e sul nostro inconscio che è stato stravolto da una modernità fondata sull'egoismo e sullo sfruttamento. E' un saggio che dimostra come il liberalismo ed il progressismo non siano affatto sinonimi di libertà, ma di nuove forme di schiavitù: sociali, economiche e mentali.



Luca Bagatin