venerdì 29 novembre 2019

25 anni fa usciva, in Russia, il primo numero di "Limonka", giornale di avanguardia politica, artistica, letteraria e musicale. Articolo di Luca Bagatin

25 anni fa, precisamente il 28 novembre 1994, usciva – in Russia - il primo numero del giornale “Limonka”, organo del Partito NazionalBolscevico (PNB), editato dallo scrittore Eduard Limonov e con una tiratura di circa 15.000 copie.
Un partito composto da intellettuali e artisti, ma anche da giovani e giovanissimi, provenienti dalle periferie russe, delusi dal crollo dell'URSS e dall'avvento del capitalismo assoluto e dalla conseguente povertà diffusa fra i ceti meno abbienti.
Fondato da tre artisti e intellettuali, ovvero dallo scrittore Eduard Limonov, dal filosofo Aleksandr Dugin e dal chitarrista punk rock Egor Letov, il PNB trasse ispirazione dal nazionalbolscevismo degli Anni '20 di Ernest Niekisch e di Karl Otto Paetel, primi ad opporsi in Germania al nazismo, e a vedere nella Rivoluzione d’Ottobre del 1917 il loro punto di riferimento, fondato sul primato della comunità e dell’operaio-proletario al servizio della stessa, rispetto all’egoismo dell'”homo economicus” della borghesia capitalista, la quale pensava unicamente al proprio egoistico tornaconto personale.
Eduard Limonov, 29 novembre 1994
“Limonka”, sebbene fosse un organo di partito, si occupava principalmente di rock e di letteratura e sulle sue pagine si formarono fior fiore di aspiranti artisti russi. Un giornale underground nella Russia di quegli anni, che poneva i nazionalbolscevichi o nazbol, quale avanguardia controculturale, artistica, oltre che politica, al punto che furono ammirati persino dalla giornalista Anna Politkovskaja, che li difese a spada tratta in vari processi che li videro coinvolti per insubordinazione nei confronti dell'autorità. Per lei erano “giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettevano di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”. Ed allo stesso modo la pensava Elena Bonner, vedova dello scienziato dissidente Andrej Sacharov, che li stimava, pur suggerendo loro di cambiare nome. Non le piaceva, infatti, il termine nazbol.
Egor Letov, famosissimo nella Russia di oggi e di allora, attrasse molti giovani e così Eduard Limonov, pur essendo questi, già negli Anni '90, un uomo sulla cinquantina, ma il cui spirito punk colpì profondamente i ragazzi dell'epoca.
Del PNB, peraltro, iniziarono a far parte anche lo scrittore Zachar Prilepin e il celebre jazzista, musicista e attore Sergey Kuryokhin. Di quest'ultimo, peraltro, si possono ancora ritrovare – su youtube – alcune performance artistiche assieme allo stesso Limonov e a Dugin.
Aleksandr Dugin oggi
Sei giovane, non ti piace vivere in questo paese di merda. Non vuoi diventare un anonimo compagno Popov, né un figlio di puttana che pensa soltanto al denaro, né un cekista. Sei uno spirito ribelle. I tuoi eroi sono Jim Morrison, Lenin, Mishima, Baader. Ecco sei già un nazbol”, questo il provocatorio slogan recitato da Limonov, in quegli anni, per esortare i giovani a entrare nel partito.
Il PNB, ad ogni modo, bollato di “estremismo”, fu messo fuorilegge dalla Procura Generale russa nel 2007, essendo il principale movimento di piazza al governo liberal capitalista di Putin e ciò pur non avendo mai commesso atti di violenza, ma unicamente manifestazioni pacifiche e a carattere goliardico, pur non autorizzate.
Nel frattempo si era già consumata la frattura ideologica fra Dugin e Limonov, il primo maggiormente sostenitore del governo in carica e il secondo decisamente critico.
Egor Letov morì prematuramente, nel sonno, a soli 44 anni, nel 2008. Come prematuramente morì anche Sergey Kuryokhin, a 42 anni, nel 1996, a causa di un sarcoma cardiaco.
Zachar Prilepin, oltre a continuare la sua carriera di romanziere (in Italia è principalmente pubblicato dalla casa editrice Voland), tradotto in 11 lingue, ha combattuto per la Repubblica Popolare di Donetsk ed è stato consigliere del Presidente Zacharcenko.
Dipinto raffigurante Egor Letov
Aleksandr Dugin rimane un filosofo molto rispettato nel mondo, discusso - spesso a torto - nei Paesi liberal capitalisti, teorico della Quarta Teoria Politica, fondamento del superamento e della contrapposizione ai tre totalitarismi novecenteschi: liberalismo, comunismo e fascismo.
Eduard Limonov, invece, oltre a rimanere un romanziere di successo (in Italia, a giorni, uscirà “Il boia”, edito da Sandro Teti), continua a portare avanti la bandiera nazionalbolscevica (con una provocatoria granata al centro, ovvero una “limonka”, simbolo dello storico e omonimo giornale). Egli guida infatti il partito nazionalbolscevico “Altra Russia”, ancora una volta composto per la maggior parte di giovani e giovanissimi e che da anni si batte non solo per un ritorno ad un sistema sociale anticapitalista, ma anche per la libertà di parola e di opinione in Russia, ovvero per il rispetto dell'Articolo 31 della Costituzione. E, per questo, i suoi componenti, vengono continuamente – ancora oggi – vessati dalle autorità.
L'anniversario di “Limonka”, in questi giorni, è molto festeggiato dai componenti di “Altra Russia”, i quali sono l'avvenire di quella sinistra nazionalpatriottica che ancora non si è arresa ad un presente e ad un futuro diverso e alternativo rispetto al totalitarismo liberal capitalista che, dagli Anni '90 ad oggi, comanda imperterrito in Russia e in tutta Europa.

Luca Bagatin


martedì 26 novembre 2019

Evo Morales rinuncia alla sua candidatura, ma denuncia il colpo di Stato razzista e liberal capitalista in Bolivia. Intervista del giornale argentino "pagina12"


Il giornale argentino pagina12 ha intervistato via Skype il "primo Presidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia", come dice ora il suo account Twitter. Evo Morales ha risposto dal Messico, dove si trova in esilio politico insieme al vicepresidente Linera. 

Mentre l'intervista era in fase di elaborazione, nel pomeriggio del 23 novembre, i banchi parlamentari del Movimento per il Socialismo hanno finito di negoziare il progetto per la rapida chiamata a nuove elezioni e i movimenti sociali hanno firmato un accordo affinché cessi la repressione. A quel punto i figli di Evo, Evaliz e Álvaro, erano già arrivati ​​in Argentina come richiedenti asilo dopo un'amministrazione di Alberto Fernández.
"Ringrazio il popolo argentino e coloro che hanno garantito la loro presenza'', ha detto Evo. "Fino alle 4 del mattino, ora boliviana, sono rimasto sveglio per seguire la vicenda passo a passo e fortunatamente non ci sono stati problemi."
- Se i figli di Evo Morales sono già arrivati ​​in Argentina, saranno sicuramente presenti il ​​10 dicembre quando Alberto Fernández assumerà la presidenza. Andrà anche il padre?
- Ho ricevuto un invito pubblico. Che bello sarebbe ... sarebbe un orgoglio e un onore accompagnare la cerimonia di investitura. Consulterò i compagni e decideremo, potrei ringraziare nuovamente la grande solidarietà mostrata dal fratello Alberto Fernández. È stato uno di quelli che mi ha salvato la vita e ha salvato la vita di Álvaro (il vicepresidente) e dell'equipaggio che mi ha accompagnato domenica 10 novembre e lunedì 11. Ho affetto, rispetto e ammirazione per lui. Saremo in grado di commentare nel dettaglio ciò che abbiamo vissuto lunedì 11 novembre, nei sentieri della giungla del Dipartimento di Cochabamba.
- Il Senato ha già approvato un disegno di legge per una chiamata anticipata alle urne.
-Sì, c'è stato un incontro sotto la garanzia delle Nazioni Unite, della Chiesa cattolica e dell'Unione Europea. Il giorno dopo il mio arrivo in Messico, ho chiesto a una conferenza stampa facilitatori dei colloqui e personalità internazionali di tutto il mondo per aiutare la pacificazione della Bolivia. Fortunatamente, quell'incontro è appena avvenuto, a cui ha partecipato il governo de facto di (Jeanine) Añez e il Movimento per il Socialismo che rappresenta i due terzi dei senatori e dei deputati. Faremo del nostro meglio per l'unità e per la pacificazione rinuncio alla mia candidatura.
- Nonostante l'esito delle elezioni del 20 ottobre, quando è il MAS è arrivato primo?
-Sì. Ma voglio aggiungere che questo trionfo ci è stato rubato. Il mio grande "crimine" è di essere un indio e soprattutto di avere nazionalizzato le risorse naturali del paese, come gli idrocarburi. Ricordo perfettamente che l'amico e fratello Néstor Kirchner (il presidente argentino dell'epoca) quando nazionalizzai le imprese e le compagnie private mi dissero che non avrebbero più investito, mi chiamò al telefono e mi disse: "Se le multinazionali del petrolio non investiranno più in Bolivia, lo farà l'Argentina". Ho grandi ricordi della lotta per l'indipendenza degli Stati, per la dignità e l'identità dei nostri popoli.
- Hai parlato della pacificazione.
- Farò del mio meglio per pacificare la Bolivia. Mi dimetto dalla candidatura anche se sono stato in grado di presentarmi come candidato alla presidenza. Dico che rinuncio in modo che non ci siano più morti, né più aggressioni. Fratello giornalista, sai perché ci siamo dimessi quella famosa domenica pomeriggio con il fratello vicepresidente Linera? Perché avevano catturato i miei fratelli leader di partito, i militanti, i governatori dei dipartimenti, i sindaci e avevano detto loro che avrebbero bruciato le loro case se non avessi rassegnato le dimissioni. Al fratello del presidente della Camera dei deputati fu detto: "Se tuo fratello non si dimette, ti bruceremo in piazza". Hanno bruciato la casa di mia sorella a Oruro. Dal razzismo si è passati dal razzismo al fascismo e dal fascismo al colpo di Stato. Questo è quello che è successo in Bolivia. Per questo motivo cerco unità e pacificazione. Così ho detto ai nostri gruppi parlamentari. Ed ho annunciato che questa volta Álvaro (Linera) ed io avremmo rassegnato le dimissioni alle candidature alla presidenza e alla vicepresidenza.

domenica 24 novembre 2019

"Il liberal capitalismo, l'ideologia del mercato, ci sta uccidendo (fisicamente e mentalmente)" Riflessioni brevi di Luca Bagatin

La mentalità di alcune persone è spesso rigida e poco aperta al confronto e a idee diverse, per quanto argomentate. È normale sia così, ci mancherebbe, però trovo che ciò sia un limite.
È quel limite che porta, nel breve ma anche lungo periodo all'odio, anziché all'apertura. E l'odio è quell'aspetto umano che porta a distruggere, anziché costruire.
A distruggere persino legami di lunga data. E ciò, se ci pensate bene, è molto triste e drammatico persino.
Si vive in realtà opulente e ci si bea di questo finto benessere. Senza vedere quanto tale benessere sia effimero.
Però lo si difende. Taluni lo difendono addirittura con accanimento, con rabbia, anche se – in realtà - tale finto benessere è fonte di sofferenza per molti popoli, che vengono sfruttati, deportati, sradicati, vilipesi, proprio per mantenere tale benessere nelle società opulente, liberal capitaliste, borghesi.
E tale benessere effimero, fatto di opulenza materiale, di sfruttamento del lavoro e del salario, di crescita economica, di immigrazione e emigrazione forzata, di apparenza più che di sostanza, è anche fonte di sofferenza per chi vive in questa dimensione di finto benessere. Ovvero in una bolla di apparenti certezze, destinate, presto o tardi a crollare.
E a travolgerci tutti.
Personalmente sono ideologicamente dalla parte opposta rispetto alla destra e alla sinistra, ideologie borghesi nate con la Rivoluzione Francese, totalmente estranee alle Rivoluzioni Socialiste dei secoli successivi, ovvero estranee al proletariato. Personalmente sono per un sistema radicalmente opposto rispetto all'individualismo liberal capitalista, così come ho scritto nel mio ultimo saggio e in numerosi miei articoli di taglio sociopolitico.
Mi definirei un socialista originario, un populista originario, un nazionalbolscevico. Un estremista di centro, perché al centro si trova la Natura, di cui l'essere umano e i suoi simili sono una delle importanti componenti.
Volendo usare i termini destra e sinistra, anche se non amo per nulla farlo, potrei al massimo dire che sono un conservatore di sinistra e un progressista di destra.

Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it

martedì 19 novembre 2019

"Amore e Libertà", saggio contro l'ideologia capitalista, liberale, della crescita illimitata. Per una Civiltà dell'Amore, contro l'odio e l'egoismo

Il mio ultimo saggio - "Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore - è anche un atto di accusa contro l'ideologia capitalista, liberale, della crescita illimitata e del progresso, veri pilastri di una società fondata sull'odio, sull'egoismo e sulla prevaricazione.
La cinica, materialista e economicistica ideologia illuminista e radical chic viene qui analizzata e contrapposta a una Civilità dell'Amore, fondata sull'aiuto reciproco, sul dono, sulla fratellanza e sull'autogestione socialista.
Difendi il tuo diritto/dovere ad amare !
Combatti l'odio dei liberal capitalisti !
Combattilo con Amore e Libertà, in modo democratico diretto, autogestionario, profondamente umanista e libertario !

Luca Bagatin

 
 
Incontro con l'autore LUCA BAGATIN
PRESENTAZIONE DEL LIBRO AMORE E LIBERTA'. Manifesto per la Civiltà dell'Amore

Venerdì 22 novembre ore 19.00
L'Arca delle Arti - via Sebastiano Caboto 18, Pordenone

Negli ultimi anni abbiamo sentito soffiare, ovunque nel mondo, l'onda del cosiddetto “populismo”. Pensiamo ad esempio al fenomeno dei Gilet Gialli francesi o dello spagnolo Podemos, oppure delle recenti rivolte in Ecuador e Cile.
Ma che cos'è, davvero, il populismo? Originariamente, il populismo, fu un movimento di origine contadina e socialista, nato in Russia alla fine dell'800, in opposizione allo zarismo e all'industrialismo occidentale. Successivamente si sviluppò negli USA con il People's Party e in America Latina con i vari movimenti socialisti di origine popolare, proletaria e contadina, i quali traevano peraltro ispirazione anche dai moti risorgimentali e socialisti dei nostri Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, ma finanche dall'anarchismo di Bakunin e di Proudhon.
Di questo e molto altro, ovvero di tematiche di scottante attualità politica (dall'economia globale ai temi etici) – pur attingendo al passato storico ed al presente dell'Eurasia, dell'America Latina e dell'Africa – parla l'ultimo saggio di Luca Bagatin, scrittore e collaboratore di numerose testate nazionali online, dal titolo “Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore”, edito da IlMioLibro (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/490308/amore-e-liberta) e con prefazione del principe A. Tiberio di Dobrynia.
L'unico anti-totalitarismo, l'unico anti-capitalismo e anti-liberalismo possibile è il populismo” - spiega Bagatin, rifacendosi al pensiero populista e socialista originario - “Ovvero la politica di popolo e per il popolo; l'autogestione della comunità; la ripartizione equa delle risorse e il superamento dell'ideologia del danaro, del progresso, del lavoro, del piacere effimero, dell'elettoralismo e della rappresentanza. Il punto di arrivo, che è anche quello di partenza, è l'unione tra l'Amore e la Libertà. Ovvero una società di persone emancipate, che si autogestiscono e si autogovernano, senza necessità di sovrastrutture fondate sull'egoismo. Persone che recuperino l'amore per la Natura e per la semplicità del vivere con poco, che è l'essenza di ogni autentica libertà”.
“Amore e Libertà”, prima di essere un saggio, è un pensatoio che Bagatin ha fondato nel 2013 e che è anche il suo blog www.amoreeliberta.blogspot.it. Ha come simbolo (presente anche nella copertina del saggio) la figura centrale di Anita Garibaldi, “una rivoluzionaria moglie del primo Socialista e Repubblicano senza tessera di partito della Storia”, come scrive l'Autore nel saggio.
“Amore e Libertà” è dunque una critica al liberal capitalismo, ovvero all'ideologia oggi dominante in Europa, contrapposta alla visione comunitaria, sociale, emancipatoria e socialista tipica di pensatori, filosofi e politici che Bagatin cita nel suo saggio, approfondendone il pensiero: da Giuseppe Garibaldi ad Alain de Benoist; da Pier Paolo Pasolini a Thomas Sankara; da Eduard Limonov a Aleksandr Dugin; da Jean-Claide Michéa a Mu Ammar Gheddafi, Evo Morales, Hugo Chavez, Evita e Juan Peron, José “Pepe” Mujica e molte altre figure storiche che hanno incarnato valori di eguaglianza, sovranità, indipendenza ed amore per i rispettivi popoli.
Una presentazione del saggio – con la presenza dell'Autore - si terrà a Pordenone, presso la galleria d'arte “L'Arca delle Arti” in Via Caboto 18, 
venerdì 22 novembre alle ore 19.00.
 
L'Arca delle Arti

sabato 16 novembre 2019

Riflessioni socialiste e garibaldine, opposte alla destra e alla sinistra by Luca Bagatin

Detesto la destra perché è bigotta, difende solo chi è ricco ed è scioccamente moralista (senza avere alcuna morale).
Detesto la sinistra perché è borghese, scioccamente buonista ed è antisocialista.



Dovreste imparare a contrastare la manipolazione semantica dei liberali (una delle tante loro manipolazioni), usando ad esempio il termine "liberale" al posto di "destra", di "fascista" o di "liberista".
Il liberale peraltro può essere di destra o di sinistra, che, anche qui, dovreste comprendere che sono entrambe, storicamente, opposte al socialismo.
Anche il termine "populismo" dovreste imparare a usarlo in senso positivo e corretto, ovvero per indicare il socialismo e l'anticapitalismo.


Anche se inconsapevolmente, il capitalista è complice di un sistema autoritario, egoista e fondato sullo sfruttamento dell'essere umano, delle menti e dei corpi.
Può redimersi, attraverso un percorso di analisi, approfondimento, liberazione autentica.
Dobbiamo avere compassione del capitalista. E' malato, ma non ne è consapevole.



Sono e rimango garibaldino negli ideali, ma penso che anche Garibaldi, oggi, come me, si batterebbe in favore di tutti gli indipendentismi, in quanto si è sempre battuto per l'autodeterminazione dei popoli.
Popoli le cui diversità vanno valorizzate e affermate, quale base per la fratellanza con gli altri popoli.
Popoli che possono autogovernarsi solo attraverso piccole comunità organizzate e autogestite.

Luca Bagatin

venerdì 15 novembre 2019

Gilet Gialli, a un anno dalla loro nascita ancora in piazza contro l'austerità. Articolo di Luca Bagatin

Un anno fa prendeva vita, in Francia, il movimento popolare spontaneo dei Gilet Gialli.
Nato inizialmente dalle proteste contro l'aumento del prezzo del carburante e l'aumento del costo della vita, cittadini francesi, indossando un gilet giallo, simbolo degli automobilisti, hanno iniziato a manifestare – ogni sabato e per un anno, ininterrottamente – per le strade della Francia, contro l'austerità imposta dal governo liberale di Macron.
Nel corso delle settimane il movimento è divenuto trasversale. Singoli cittadini, soprattutto provenienti dalle aree periferiche e rurali, hanno marciato assieme a militanti di ogni colore politico, alternativi al sistema liberale e dell'austerità.
Un movimento con un programma ben strutturato che, purtroppo, in un anno, è riuscito a strappare ben poco rispetto a quanto richiesto, ma la mobilitazione di piazza è stata per la prima volta nella storia d'Europa, un campanello d'allarme per le élite e le oligarchie.
Macron, pur non essendosi dimesso, come richiesto dal movimento, ha comunque dovuto congelare alcune misure di austerità e stanziare 17 miliardi di euro al fine di ridurre le imposte e garantire le prestazioni sociali.
I Gilet Gialli, che, ricordiamo, non hanno mai smesso di manifestare ogni singolo sabato, pur nel silenzio della gran parte dei media, non hanno altresì mai smesso di richiedere quanto segue: richiesta di un salario minimo di 1300 euro netti e di uno massimo a 15.000 euro; aumento dei fondi per i disabili; taglio delle tariffe di luce e gas, con rinazionalizzazione delle società energetiche; lotta alla povertà e eliminazione del problema dei senzatetto; abolizione del Senato e introduzione di una Assemblea dei cittadini; riduzione delle imposte sul reddito e inasprimento delle tasse sulle grandi imprese commerciali (McDonald, Google, Carrefour, Amazon); proibizione delle delocalizzazioni; affrontare le cause della migrazione forzata; divieto di vendita del patrimonio pubblico francese; mezzi adeguati alle forze di polizia e all'esercito, con straordinari pagati; pensioni a 60 anni; introduzione dei referendum popolari in Costituzione; abolizione dell'indennità Presidenziale a vita e altre misure che, ad oggi, nessun partito né della destra, né del centro, né della sinistra, ha mai proposto o attuato. Sia in Francia che in Europa.
Un movimento, quello dei Gilet Gialli, sostenuto peraltro da intellettuali quali Alain De Benoist, Jean-Claude Michéa, Eduard Limonov, Juliette Binoche, Emmanuel Beart, Annie Ernaux, Brigitte Bardot e molti altri artisti e che ha anticipato le rivolte in Ecuador e Cile, contro i governi liberali e per le medesime ragioni e che ha contribuito ad ispirare anche nazionalbolscevichi e comunisti russi, contro le misure di austerità avviate da Putin.
Numerose sono state le vittime fra i Gilet Gialli, causate dalle violenze della polizia. La studentessa di filosofia Fiorina Jacob Lignier e Jerome Rodrigues, feriti dai lacrimogeni, hanno addirittura perso un occhio e l'Alto commissario ONU per i diritti umani – Michelle Bachelet - aveva addirittura sollecitato un'indagine su tali violenze. Indagine che pare, ad ogni modo, non sia mai avvenuta.
In Francia e ovunque, ancora oggi, la disaffezione per questa politica elettoralistica, liberal-capitalista e di potere, contigua a una Unione Europea contraria ai bisogni ed alle necessità dei cittadini, rimane molto alta, al punto che anche alle recenti elezioni europee l'astensionismo è stato molto elevato.
In un'epoca nella quale le politiche di deregolamentazione del lavoro, dei salari e dell'aumento dell'austerità la fanno da padrone, in favore dei più ricchi e degli investitori che giocano in borsa, un esempio come quello dei Gilet Gialli appare ancora oggi storicamente e politicamente rilevante.
A un anno dalla loro nascita, ancora una volta, con il sostegno del 55% dei francesi, i Gilet Gialli scenderanno anche questo weekend in piazza, per celebrare l'anniversario, con un evento chiamato “Atto 53 Gilet Gialli, il compleanno sui Campi Elisi”, che su Facebook ha già raccolto oltre 5mila adesioni e oltre 6mila persone si sono dichiarate interessate. E ciò, nonostante il prefetto di Parigi abbia firmato un decreto di ordinanza per vietare la manifestazione sugli Champs-Elysée nel fine settimana.

Luca Bagatin

mercoledì 13 novembre 2019

AGGIORNAMENTO SITUAZIONE IN BOLIVIA. Colpo di Stato, ma il legittimo Presidente, Evo Morales, in esilio in Messico, resisterà, in nome del socialismo. Articolo di Luca Bagatin

Il 20 ottobre, in Bolivia, il socialista Evo Morales – forte dei suoi successi in campo sociale, economico e politico (drastica riduzione della povertà, dell'analfabetismo, forte aumento del PIL) - aveva vinto per un terzo mandato, le elezioni presidenziali, con il 47% dei consensi. Una cifra che, per la legge elettorale boliviana, avendo battuto il suo avversario di oltre 10 punti percentuali, gli ha garantito la rielezione, senza passare per il ballottaggio.
Ad ogni modo, l'opposizione di centro e di centrosinistra, guidata da Carlos Mesa, ovvero lo sconfitto delle presidenziali con il 35,%% dei consensi, ha sin da subito tentato di fomentare la piazza contro il Presidente eletto.
Nel corso dei giorni si è addirittura arrivati ad una escalation di violenza, con poliziotti ammutinati e gruppi paramilitari guidati dall'opposizione, con il concorso di gruppi razzisti e di estrema destra, pronti a organizzare un golpe per defenestrare Morales. Gruppi che hanno occupato le sedi della tv statale “Bolivia Television”, della radio statale “Radio Patria Nueva” e quella della Confederazione del sindacato dei contadini , catturando e intimidendone i giornalisti, oltre che dando alle fiamme le case di due governatori socialisti e della sorella del Presidente Morales.
Anche qui, come in Venezuela, il copione è il medesimo: destra, centro e centrosinistra uniti – in forme antidemocratiche - contro il socialismo che ha vinto le elezioni e, in tutti questi anni, ha garantito pace sociale e prosperità civile.
Uno scenario che ricorda, peraltro, il colpo di Stato in Cile contro il Presidente socialista Allende, guidato dal dittatore Pinochet nel 1973 e sostenuto dagli Stati Uniti d'America e dagli economisti liberali della “Scuola di Chicago”.
Anche in questo caso, la cacciata di Morales, farebbe comodo agli USA, i quali vorrebbero – come in Venezuela e nel resto dell'America Latina – che a comandare ritornassero le multinazionali statunitensi e i ricchi oligarchi liberal capitalisti.
Una situazione allarmante e pericolosa per la democrazia boliviana, di cui i grandi media parlano poco o nulla, ma segnalata con forza dal Papa dei cattolici Bergoglio, il quale, ha immediatamente esortato a un clima di pace. Pace richiesta immediatamente dal Presidente Evo Morales, il quale, nonostante sia risultato il vincitore, ha annunciato nuove elezioni e il rinnovo dei componenti del Supremo Tribunale elettorale.
Il Presidente Morales ha così richiesto la cessazione di ogni forma di violenza e il rispetto delle famiglie, delle proprietà, delle autorità e di ogni settore sociale. "Tutto ciò che abbiamo in Bolivia è l'eredità del popolo boliviano, possiamo farci del male, quindi chiedo a tutti di garantire una convivenza pacifica, di garantire la fine violenza per il bene di tutti ", ha dichiarato Morales, il quale, costretto dai golpisti a lasciare il Paese, ha ricevuto – nei giorni scorsi - asilo politico in Messico, grazie all'invito del presidente socialista Andres Manuel Lopez Obrador. “Voglio dare il benvenuto a Evo Morales e alla sua delegazione in Messico. E’ un giorno di allegria perché l’asilo che si offre a Morales è effettivo e in Messico sarà protetto”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard.
Evo Morales, ringraziando il Presidente Obrador, ha altresì dichiarato che continuerà la sua lotta per il ritorno in patria e per rivendicare la sua vittoria elettorale, contro gli usurpatori. Morales ha peraltro fatto riferimento all'autoproclamatosi Presidente della Bolivia, ovvero alla deputata liberale Jeanine Anez Chavez, la quale, oltre a rappresentare l'oligarchia ricca e il fondamentalismo evangelico, ha espresso – nei “social” – giudizi razzisti nei confronti della comunità indigena boliviana.
"Si è consumato il golpe più subdolo e disastroso che la storia ricordi. Un senatore di destra si è autoproclamato Presidente del Senato e poi Presidente ad interim della Bolivia senza un quorum legislativo, circondato da un gruppo di complici e guidato da settori della polizia e delle forze armate che reprimono il popolo con la violenza", ha dichiarato Evo Morales, facendo presente che la Anez Chavez si è autoproclamata Presidente in un Parlamento nei quale la maggioranza assoluta dei deputati, ovvero quelli del Movimento al Socialismo, si è rifiutata di partecipare al voto in aula per la sua proclamazione, di fatto, disconoscendola.
Appoggio al Presidente eletto Evo Morales è giunto immediatamente dai governi di Venezuela, Nicaragua, Uruguay, Argentina, Cina, Russia, e Siria, mentre gli USA meditano di utilizzare tale colpo di Stato per tornare nuovamente a destabilizzare i legittimi governi socialisti di Venezuela e Nicaragua.
Il Presidente socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, ha dichiarato a proposito della volontà di Trump di rovesciare i governi socialisti dell'America Latina: "Volete lo scontro ? Andremo a questo scontro per la pace, la Patria, la sovranità e per la rivoluzione bolivariana del Venezuela". Ed ha aggiunto: "La vittoria ci appartiene e lo dimostreremo nelle strade con la nostra unione civico-militare".
Sostegno a Evo Morales anche dal cantautore britannico Roger Waters, cofondatore dei Pink Floyd, il quale – attraverso un video pubblico - gli ha espresso solidarietà politica e umana e totale contrarietà al golpe liberale in corso.
Il socialismo latinoamericano non soccomberà, nemmeno questa volta.
L'amore del socialismo e della democrazia popolare prevarrà anche questa volta, sull'odio dei più ricchi, dei razzisti, dei sostenitori della violenza e dell'autoritarismo liberal capitalista.

Luca Bagatin


martedì 12 novembre 2019

L'AMORE E' LIBERTA' E EMANCIPAZIONE ! Come ha dimostrato e dimostra il Socialismo del XXI Secolo

L'amore si ripaga con l'amore

(José Martì)


Incontro con l'autore LUCA BAGATIN
PRESENTAZIONE DEL LIBRO AMORE E LIBERTA'. Manifesto per la Civiltà dell'Amore

Venerdì 22 novembre ore 19.00
L'Arca delle Arti - via Sebastiano Caboto 18, Pordenone



Negli ultimi anni abbiamo sentito soffiare, ovunque nel mondo, l'onda del cosiddetto “populismo”. Pensiamo ad esempio al fenomeno dei Gilet Gialli francesi o dello spagnolo Podemos, oppure delle recenti rivolte in Ecuador e Cile.
Ma che cos'è, davvero, il populismo? Originariamente, il populismo, fu un movimento di origine contadina e socialista, nato in Russia alla fine dell'800, in opposizione allo zarismo e all'industrialismo occidentale. Successivamente si sviluppò negli USA con il People's Party e in America Latina con i vari movimenti socialisti di origine popolare, proletaria e contadina, i quali traevano peraltro ispirazione anche dai moti risorgimentali e socialisti dei nostri Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, ma finanche dall'anarchismo di Bakunin e di Proudhon.
Di questo e molto altro, ovvero di tematiche di scottante attualità politica (dall'economia globale ai temi etici) – pur attingendo al passato storico ed al presente dell'Eurasia, dell'America Latina e dell'Africa – parla l'ultimo saggio di Luca Bagatin, scrittore e collaboratore di numerose testate nazionali online, dal titolo “Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore”, edito da IlMioLibro (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/490308/amore-e-liberta) e con prefazione del principe A. Tiberio di Dobrynia.
L'unico anti-totalitarismo, l'unico anti-capitalismo e anti-liberalismo possibile è il populismo” - spiega Bagatin, rifacendosi al pensiero populista e socialista originario - “Ovvero la politica di popolo e per il popolo; l'autogestione della comunità; la ripartizione equa delle risorse e il superamento dell'ideologia del danaro, del progresso, del lavoro, del piacere effimero, dell'elettoralismo e della rappresentanza. Il punto di arrivo, che è anche quello di partenza, è l'unione tra l'Amore e la Libertà. Ovvero una società di persone emancipate, che si autogestiscono e si autogovernano, senza necessità di sovrastrutture fondate sull'egoismo. Persone che recuperino l'amore per la Natura e per la semplicità del vivere con poco, che è l'essenza di ogni autentica libertà”.
“Amore e Libertà”, prima di essere un saggio, è un pensatoio che Bagatin ha fondato nel 2013 e che è anche il suo blog www.amoreeliberta.blogspot.it. Ha come simbolo (presente anche nella copertina del saggio) la figura centrale di Anita Garibaldi, “una rivoluzionaria moglie del primo Socialista e Repubblicano senza tessera di partito della Storia”, come scrive l'Autore nel saggio.
“Amore e Libertà” è dunque una critica al liberal capitalismo, ovvero all'ideologia oggi dominante in Europa, contrapposta alla visione comunitaria, sociale, emancipatoria e socialista tipica di pensatori, filosofi e politici che Bagatin cita nel suo saggio, approfondendone il pensiero: da Giuseppe Garibaldi ad Alain de Benoist; da Pier Paolo Pasolini a Thomas Sankara; da Eduard Limonov a Aleksandr Dugin; da Jean-Claide Michéa a Mu Ammar Gheddafi, Evo Morales, Hugo Chavez, Evita e Juan Peron, José “Pepe” Mujica e molte altre figure storiche che hanno incarnato valori di eguaglianza, sovranità, indipendenza ed amore per i rispettivi popoli.
Una presentazione del saggio – con la presenza dell'Autore - si terrà a Pordenone, presso la galleria d'arte “L'Arca delle Arti” in Via Caboto 18, 
venerdì 22 novembre alle ore 19.00.
L'Arca delle Arti

domenica 10 novembre 2019

Coraggio, Evo, il golpe, in Bolivia, non passerà. L'amore del socialismo e della democrazia popolare trionferà ancora sull'odio dei ricchi, dei violenti e dei liberal capitalisti. Articolo di Luca Bagatin

Il 20 ottobre, in Bolivia, il socialista Evo Morales – forte dei suoi successi in campo sociale, economico e politico (drastica riduzione della povertà, dell'analfabetismo, forte aumento del PIL) - aveva vinto per un terzo mandato, le elezioni presidenziali, con il 47% dei consensi. Una cifra che, per la legge elettorale boliviana, avendo battuto il suo avversario di oltre 10 punti percentuali, gli ha garantito la rielezione, senza passare per il ballottaggio.
Ad ogni modo, l'opposizione di centro e di centrosinistra, guidata da Carlos Mesa, ovvero lo sconfitto delle presidenziali con il 35,%% dei consensi, ha sin da subito tentato di fomentare la piazza contro il Presidente eletto.
In questi giorni si è addirittura arrivati ad una escalation di violenza, con poliziotti ammutinati e gruppi paramilitari guidati dall'opposizione, con il concorso di gruppi razzisti e di estrema destra, pronti a organizzare un golpe per defenestrare Morales. Gruppi che hanno occupato le sedi della tv statale “Bolivia Television”, della radio statale “Radio Patria Nueva” e quella della Confederazione del sindacato dei contadini , catturando e intimidendone i giornalisti, oltre che dando alle fiamme le case di due governatori socialisti e della sorella del Presidente Morales.
Anche qui, come in Venezuela, il copione è il medesimo: destra, centro e centrosinistra uniti – in forme antidemocratiche - contro il socialismo che ha vinto le elezioni e, in tutti questi anni, ha garantito pace sociale e prosperità civile.
Uno scenario che ricorda, peraltro, il colpo di Stato in Cile contro il Presidente socialista Allende, guidato dal dittatore Pinochet nel 1973 e sostenuto dagli Stati Uniti d'America e dagli economisti liberali della “Scuola di Chicago”.
Anche in questo caso, la cacciata di Morales, farebbe comodo agli USA, i quali vorrebbero – come in Venezuela e nel resto dell'America Latina – che a comandare ritornassero le multinazionali statunitensi e i ricchi oligarchi liberal capitalisti.
Una situazione allarmante e pericolosa per la democrazia boliviana, di cui i grandi media parlano poco o nulla, ma segnalata con forza dal Papa dei cattolici Bergoglio, il quale, ha immediatamente esortato a un clima di pace. Pace richiesta immediatamente dal Presidente Evo Morales, il quale, nonostante sia risultato il vincitore, ha annunciato nuove elezioni e il rinnovo dei componenti del Supremo Tribunale elettorale.
Il Presidente Morales ha così richiesto la cessazione di ogni forma di violenza e il rispetto delle famiglie, delle proprietà, delle autorità e di ogni settore sociale. "Tutto ciò che abbiamo in Bolivia è l'eredità del popolo boliviano, possiamo farci del male, quindi chiedo a tutti di garantire una convivenza pacifica, di garantire la fine violenza per il bene di tutti ", ha dichiarato Morales.
Il socialismo latinoamericano non soccomberà, nemmeno questa volta. Così come ha resistito in Venezuela, Nicaragua, Uruguay, Argentina.
L'amore del socialismo e della democrazia popolare prevarrà anche questa volta, sull'odio dei più ricchi, dei razzisti, dei sostenitori della violenza e dell'autoritarismo liberal capitalista.

Luca Bagatin

sabato 9 novembre 2019

Socialismo è anticapitalismo

Chi si definisce "socialista", ma non è anticapitalista, in realtà è un liberale. E sicuramente è una persona con i soldi o che, quantomeno, non disdegna il danaro. Diffidare da una persona così, perché la sua mentalità è fondata sull'ego o, peggio ancora, sulla compassione. Che sono l'esatto opposto rispetto all'emancipazione sociale.

(Luca Bagatin) 




Quando la Germania (Est) era ancora democratica e la dittatura del danaro "europeista" non aveva ancora preso il sopravvento

"Qui non solo si prosegue la guerra fredda, ma si vogliono gettare le fondamenta di un'Europa dei ricchi. L'idea della giustizia sociale deve essere soffocata una volta per tutte. Bollarci come assassini serve a questo." 

(Erich Honecker, Segretario generale della SED e Presidente della Repubblica Democratica Tedesca)


Per approfondire consigliamo questo recentissimo saggio:


venerdì 8 novembre 2019

Adrian. Una serie seria

II pubblico televisivo, come gli elettori, è abituato a farsi coccolare e prendere per il culo.
Sono convinto da sempre che la massa ami essere presa per il culo (e non necessariamente fisicamente). Ed essere sottomessa. Per questo in pochi seguono e hanno seguito il programma di Adriano Celentano "Adrian".
Perché lui non mente. Può piacere o non piacere, ma non ti coccola e non te le manda a dire. E ti invita a pensare e a non farti più prendere per il culo.
Personalmente, Celentano, lo seguo da anni, anche con occhio critico e non condividendo tutto (ma quasi tutto sì), e lo preferisco ai tanti "intellettuali" alla Saviano o alla Fusaro o ai tanti insopportabili talk show politici che, quando li trasmettono, o quando ci sono loro in TV, mi costringono a cambiare canale.
Capisco che non vi piaccia.
Non siete ancora pronti per essere liberi.

Baglu 



mercoledì 6 novembre 2019

Presentazione del libro di Luca Bagatin "Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore", presso la galleria d'arte L'Arca delle Arti di Pordenone

Incontro con l'autore LUCA BAGATIN
PRESENTAZIONE DEL LIBRO AMORE E LIBERTA'. Manifesto per la Civiltà dell'Amore

Venerdì 22 novembre ore 19.00
L'Arca delle Arti - via Sebastiano Caboto 18, Pordenone


Negli ultimi anni abbiamo sentito soffiare, ovunque nel mondo, l'onda del cosiddetto “populismo”. Pensiamo ad esempio al fenomeno dei Gilet Gialli francesi o dello spagnolo Podemos, oppure delle recenti rivolte in Ecuador e Cile.
Ma che cos'è, davvero, il populismo? Originariamente, il populismo, fu un movimento di origine contadina e socialista, nato in Russia alla fine dell'800, in opposizione allo zarismo e all'industrialismo occidentale. Successivamente si sviluppò negli USA con il People's Party e in America Latina con i vari movimenti socialisti di origine popolare, proletaria e contadina, i quali traevano peraltro ispirazione anche dai moti risorgimentali e socialisti dei nostri Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini, ma finanche dall'anarchismo di Bakunin e di Proudhon.
Di questo e molto altro, ovvero di tematiche di scottante attualità politica (dall'economia globale ai temi etici) – pur attingendo al passato storico ed al presente dell'Eurasia, dell'America Latina e dell'Africa – parla l'ultimo saggio di Luca Bagatin, scrittore e collaboratore di numerose testate nazionali online, dal titolo “Amore e Libertà – Manifesto per la Civiltà dell'Amore”, edito da IlMioLibro (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/490308/amore-e-liberta) e con prefazione del principe A. Tiberio di Dobrynia.
L'unico anti-totalitarismo, l'unico anti-capitalismo e anti-liberalismo possibile è il populismo” - spiega Bagatin, rifacendosi al pensiero populista e socialista originario - “Ovvero la politica di popolo e per il popolo; l'autogestione della comunità; la ripartizione equa delle risorse e il superamento dell'ideologia del danaro, del progresso, del lavoro, del piacere effimero, dell'elettoralismo e della rappresentanza. Il punto di arrivo, che è anche quello di partenza, è l'unione tra l'Amore e la Libertà. Ovvero una società di persone emancipate, che si autogestiscono e si autogovernano, senza necessità di sovrastrutture fondate sull'egoismo. Persone che recuperino l'amore per la Natura e per la semplicità del vivere con poco, che è l'essenza di ogni autentica libertà”.
“Amore e Libertà”, prima di essere un saggio, è un pensatoio che Bagatin ha fondato nel 2013 e che è anche il suo blog www.amoreeliberta.blogspot.it. Ha come simbolo (presente anche nella copertina del saggio) la figura centrale di Anita Garibaldi, “una rivoluzionaria moglie del primo Socialista e Repubblicano senza tessera di partito della Storia”, come scrive l'Autore nel saggio.
“Amore e Libertà” è dunque una critica al liberal capitalismo, ovvero all'ideologia oggi dominante in Europa, contrapposta alla visione comunitaria, sociale, emancipatoria e socialista tipica di pensatori, filosofi e politici che Bagatin cita nel suo saggio, approfondendone il pensiero: da Giuseppe Garibaldi ad Alain de Benoist; da Pier Paolo Pasolini a Thomas Sankara; da Eduard Limonov a Aleksandr Dugin; da Jean-Claide Michéa a Mu Ammar Gheddafi, Evo Morales, Hugo Chavez, Evita e Juan Peron, José “Pepe” Mujica e molte altre figure storiche che hanno incarnato valori di eguaglianza, sovranità, indipendenza ed amore per i rispettivi popoli.
Una presentazione del saggio – con la presenza dell'Autore - si terrà a Pordenone, presso la galleria d'arte “L'Arca delle Arti” in Via Caboto 18, 
venerdì 22 novembre alle ore 19.00.

L'Arca delle Arti
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Elena Gaglioti

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martedì 5 novembre 2019

Riflessione breve sul razzismo

Il razzismo nasce dalla paura e dall'insicurezza, non certo dall'amore per la propria identità.
Chi ama la propria identità non teme le persone diverse, le rispetta e riconosce l'identità altrui.
Ma chi sente di non avere alcuna identità, o è preda di profonde insicurezze, anche inconsciamente, scade nel razzismo, nella xenofobia, nell'omofobia...

Superare il razzismo significa superare le proprie paure e ritrovare il centro, estremo, del proprio essere.

(Luca Bagatin)

sabato 2 novembre 2019

Pasolini non è morto

Pasolini non è morto.
È morta la coscienza di questa Italia e di questa Europa di merda.
Consumista, capitalista, liberale, mediatica, ricca, opulenta, moderna, ignorante, conformista, volgare e autoritaria.



Superare l'odio. Articolo di Luca Bagaitn

Trovo abbastanza illusorio e un po' sciocco il voler abolire "l'odio" per legge.
I politici vorrebbero normare tutto, senza comprendere nulla.
Come se la “legge”, il “diritto”, fossero in grado di cambiare le persone e persino di “migliorarle”.
L'odio può essere abolito solo dal cuore umano.
Attraverso un percorso di autocoscienza.
L'odio ha origine dall'egoismo. L'essere umano – specie nelle società cosiddette “economicamente avanzate”, ma anche fortemente dogmatiche sotto il profilo religioso - nasce, spesso, con tale nefasto sentimento e la vita terrena dovrebbe essere funzionale a debellare tale sua atavica malattia dell'anima e della psiche.
La dittatura del danaro, il capitalismo, nascono dall'egoismo e l'egoismo si fondata sull'odio. E così l'idea malsana che la propria religione (o il proprio popolo) possa e debba essere migliore delle altre.
Egoismo e odio, anziché essere sdoganati, vanno curati.
Allo stesso modo, egoismo e odio non possono essere puniti, così come non si può sanzionare una patologia.
L'odio, diceva il filosofo indiano Jiddu Krishnamurti, può essere osservato. Egli disse esattamente: “quello che si può fare è osservare l’odio e metterlo gentilmente da parte. Non metterti a fare la guerra all’odio, non star lì a dire che cosa orribile è odiare gli altri. Piuttosto, invece, vedi l’odio per quello che è e lascialo cadere…La cosa importante è non lasciare che l’odio metta radici nella tua mente”.
E a proposito dell'amore, in rapporto all'odio: “Se si potesse insegnare l’amore i problemi del mondo sarebbero molto semplici, no ?… Non è facile imbattersi nell’amore. È invece facile odiare e l’odio può accomunare le persone… Ma l’amore è molto più difficile”.
Secondo Krishnamurti l'importante non è “fare la guerra all'odio”, ma evitare che esso metta radici nella mente umana. Egli, infatti, così prosegue il suo ragionamento a proposito dell'odio: “La tua mente è come un terreno fertile e qualsiasi problema, solo che gli si dia tempo a sufficienza, vi metterà radici come un’erbaccia e dopo farai fatica a tirarla via. Invece, se tu non lasci al problema il tempo di metter radici, allora non sarà possibile che esso cresca e finirà, piuttosto, con l’appassire. Ma se tu incoraggi l’odio e dai all’odio il tempo di mettere radici, di crescere e di maturare, allora l’odio diventerà un enorme problema. Al contrario, se ogni volta che l’odio sorge tu lo lasci passare, troverai che la mente si fa sensibile senza diventare sentimentale”.
L'odio va dunque superato e solo il cuore umano può fare ciò. Non i politici, non le leggi, non le contrapposizioni fra ideologie nuove o vecchie, che non faranno altro che portare e fomentare nuove contrapposizioni, nuove divisioni, nuovo odio.
L'odio, dicevo, nasce dall'ego. Dal perseguimento dell'interesse del singolo, della propria mente egoica, ad ogni costo. E ciò può portare invidia oppure violenza o contrapposizione su base sociale, religiosa, etnica ecc...
E' molto importante osservare tali aspetti, nella propria vita quotidiana, al fine di poterli superare.
La società capitalista, fondata sul danaro e sull'interesse, è forse l'esempio più lampante di società fondata sull'egoismo, sull'individualismo, sull'accumulo di danaro, beni materiali, oggetti alla moda, sullo sfruttamento delle menti, dei corpi, del lavoro.... Sull'invidia sociale, sull'odio di chi è diverso per cultura, estrazione sociale, modo di intendere le cose o altro ancora. Non ci rendiamo conto di quanto pericoloso sia tutto ciò ! Tutto ciò ci può apparire “normale” semplicemente perché, si dice, “fa parte della natura umana”.
Ma una “natura umana” egoistica non può essere “normale”, se questa produce divisioni, contrapposizioni, violenza, odio....
Solo soffermandosi ad osservare tali storture si può iniziare a comprendere l'odio. Per superarlo e lasciarlo cadere, senza che esso possa mettere radici nella nostra mente e nel nostro cuore. Senza giudicare il prossimo, ma osservando semplicemente la nostra quotidianità.
Ho letto, nei cosiddetti “social”, nei giorni scorsi, taluni che si definiscono “socialisti” o “anticapitalisti”, inneggiare all'odio, ad esempio a quello che definiscono “odio di classe”. E a dire che esiste un “odio giusto”, per così dire. Penso non si rendano conto di quanto ciò finisca per farli assomigliare ai liberal capitalisti, con il loro odio (anche inconsapevole !) per i più deboli, la loro volontà di far prevalere il danaro sui rapporti umani, il loro sfruttamento del lavoro a basso costo, le loro speculazioni borsistiche e così via...
L'odio non dovrebbe aver nulla a che vedere con il socialismo, che è ideale di emancipazione sociale, di amore per il prossimo, di condivisione. Ideale che il Presidente socialista e profondamente democratico Hugo Chavez riassunse sia nei suoi discorsi che – simbolicamente e graficamente - in un cuore, con i colori della bandiera venezuelana, oppure rosso con delle scritte bianche - simbolo ripreso peraltro dal suo successore, Nicolas Maduro, attraverso molti cuori colorati usati nella trasmissione televisiva, con la quale dialoga settimanalmente con il suo popolo, “Los Domingos con Maduro”.
Il cuore del socialismo è il cuore del popolo. E il cuore è il simbolo dell'amore, che è il senso ultimo del Socialismo del XXI Secolo latinoamericano, erede dei movimenti indigeni, di quelli populisti ottocenteschi, di quelli teosofici, garibaldini, bolivariani. Oltre le ideologie atee e materialiste della destra e della sinistra, che hanno insanguinato il mondo e che continuano a farlo, oggi in nome del danaro, del capitale, della religione (che è l'opposto rispetto alla spiritualità), della presunta superiorità di un popolo rispetto a un altro.
Ecco dunque perché l'odio deve e può essere superato da ciascuno di noi, che è figlio del popolo. Un popolo che merita una società diversa o, meglio, una civiltà diversa. Fondata sull'emancipazione e sulla giustizia sociale. Fondata sull'amore e sulla libertà di ciascun popolo, affratellato agli altri popoli.

Luca Bagatin