domenica 10 novembre 2019

Coraggio, Evo, il golpe, in Bolivia, non passerà. L'amore del socialismo e della democrazia popolare trionferà ancora sull'odio dei ricchi, dei violenti e dei liberal capitalisti. Articolo di Luca Bagatin

Il 20 ottobre, in Bolivia, il socialista Evo Morales – forte dei suoi successi in campo sociale, economico e politico (drastica riduzione della povertà, dell'analfabetismo, forte aumento del PIL) - aveva vinto per un terzo mandato, le elezioni presidenziali, con il 47% dei consensi. Una cifra che, per la legge elettorale boliviana, avendo battuto il suo avversario di oltre 10 punti percentuali, gli ha garantito la rielezione, senza passare per il ballottaggio.
Ad ogni modo, l'opposizione di centro e di centrosinistra, guidata da Carlos Mesa, ovvero lo sconfitto delle presidenziali con il 35,%% dei consensi, ha sin da subito tentato di fomentare la piazza contro il Presidente eletto.
In questi giorni si è addirittura arrivati ad una escalation di violenza, con poliziotti ammutinati e gruppi paramilitari guidati dall'opposizione, con il concorso di gruppi razzisti e di estrema destra, pronti a organizzare un golpe per defenestrare Morales. Gruppi che hanno occupato le sedi della tv statale “Bolivia Television”, della radio statale “Radio Patria Nueva” e quella della Confederazione del sindacato dei contadini , catturando e intimidendone i giornalisti, oltre che dando alle fiamme le case di due governatori socialisti e della sorella del Presidente Morales.
Anche qui, come in Venezuela, il copione è il medesimo: destra, centro e centrosinistra uniti – in forme antidemocratiche - contro il socialismo che ha vinto le elezioni e, in tutti questi anni, ha garantito pace sociale e prosperità civile.
Uno scenario che ricorda, peraltro, il colpo di Stato in Cile contro il Presidente socialista Allende, guidato dal dittatore Pinochet nel 1973 e sostenuto dagli Stati Uniti d'America e dagli economisti liberali della “Scuola di Chicago”.
Anche in questo caso, la cacciata di Morales, farebbe comodo agli USA, i quali vorrebbero – come in Venezuela e nel resto dell'America Latina – che a comandare ritornassero le multinazionali statunitensi e i ricchi oligarchi liberal capitalisti.
Una situazione allarmante e pericolosa per la democrazia boliviana, di cui i grandi media parlano poco o nulla, ma segnalata con forza dal Papa dei cattolici Bergoglio, il quale, ha immediatamente esortato a un clima di pace. Pace richiesta immediatamente dal Presidente Evo Morales, il quale, nonostante sia risultato il vincitore, ha annunciato nuove elezioni e il rinnovo dei componenti del Supremo Tribunale elettorale.
Il Presidente Morales ha così richiesto la cessazione di ogni forma di violenza e il rispetto delle famiglie, delle proprietà, delle autorità e di ogni settore sociale. "Tutto ciò che abbiamo in Bolivia è l'eredità del popolo boliviano, possiamo farci del male, quindi chiedo a tutti di garantire una convivenza pacifica, di garantire la fine violenza per il bene di tutti ", ha dichiarato Morales.
Il socialismo latinoamericano non soccomberà, nemmeno questa volta. Così come ha resistito in Venezuela, Nicaragua, Uruguay, Argentina.
L'amore del socialismo e della democrazia popolare prevarrà anche questa volta, sull'odio dei più ricchi, dei razzisti, dei sostenitori della violenza e dell'autoritarismo liberal capitalista.

Luca Bagatin

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